Questa è una storia le cui radici affondano in fatti realmente accaduti
Siamo nel XII sec. periodo di transizione per il genere umano. Abelardo ed Eloisa vengono ricordati dalla storia per la loro romantica avventura che ha scaldato i cuori del pensiero del tempo fino a giungere ai nostri giorni, ma questa passione dovette fare i conti ben presto con la cruda realtà.
L’ambientazione è quella parigina, Abelardo era un insegnate di teologia e rispettato da tutti e nel 1113, quando conobbe Eloisa, aveva 37 anni mentre lei, era poco più di un bel fiore che stava sbocciando. Pietro il Venerabile la ricorda come una ragazza che in tenera età riusciva a padroneggiare latino, greco, ebraico, geometria e astronomia.
Quando si conobbero lei aveva compiuto 17 anni e lo zio, Fulberto, decise di affidare la sua cultura al più importante insegnante della capitale Francese: Abelardo. Dopo i primi incontri scriverà:
«Eloisa aveva tutto ciò che più seduce gli amanti»
Mosso dalla passione, ancora non consumata, chiese allo zio di Eloisa di poter continuare le lezioni presso la sua abitazione e con grande stupore e felicità, Fulberto diede il suo consenso. Cosa si può voler di più nella vita che avere sotto il proprio tetto il più grande teologo? La sua grandezza derivava anche dal fatto che sembra sia stato lui il primo ad utilizzare la parola “teologia”, ma passiamo ai fatti. Non passarono molti giorni che i loro cuori si unirono in quel sentimento travolgente e infatti si lasciarono subito andare e Eloisa ricorderà con queste parole quegli eventi:
«Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all’amore, lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d’amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi; la mano correva più spesso al seno che ai libri… il nostro desiderio non trascurò nessun aspetto dell’amore, ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa di insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo a essi senza stancarci».
Nonostante gli eventi i due provavano sentimenti diversi, per lui infatti era solo erotismo mentre per lei fu amore, solo e puro amore.
«Il mio cuore non era con me ma con te»
I giorni passavano e gli orgasmi battevano il tempo di ogni respiro che si fondevano e confondevano dentro i loro cuori e preso dalla passione, Abelardo, scrisse rime in prosa che ben presto in tutta Parigi, raggiunsero i cuori più sensibili. Tutta la città sapeva di quelle parole, di quei pensieri che dovevano rimanere un segreto. Naturalmente il tutto giunse alle orecchie dello zio che non prese bene questa passione, cacciando il teologo dalla loro casa. Ma la forza dei due era così travolgente che portò ben presto Abelardo ad intrufolarsi nell’abitazione per portare via la sua dolce amante in direzione nord-ovest della Francia, più precisamente nel paese natale di lui, Pallet. Una fuga riuscita perfettamente e ben presto coronarono il loro sogno d’amore mettendo alla luce il loro primo figlio, Astrolabio (rapitore delle stelle).
Ma i sensi di colpa iniziarono ad offuscare il cuore del giovane teologo e in gran segreto, chiese a Fulberto di poter sposare la sua giovane amata, senza che nessuno venisse a saperlo. Lui aveva una profonda paura che la sua carriera potesse andare a pezzi, perché non dobbiamo dimenticare che era pur sempre un uomo di chiesa e questo creava indiscutibilmente un conflitto interiore. Senza dimenticare che per i potenti saggi che lo circondavano, questa storia sarebbe stata sbagliata fin dall’inizio ed era diventata una situazione a cui bisognava rimediare, costi quel che costi. Naturalmente la notizia del loro matrimonio dopo qualche giorno spopolò per le vie della città e furono proprio i parenti della ragazza a far divulgare la notizia. La giovane era comunque contraria al matrimonio, perché aveva una profonda paura che la carriera del suo amato potesse spezzarsi, in fin dei conti non dobbiamo dimenticare che anche lei era una profonda conoscitrice delle arti liberali e sapeva dei rischi. Quando la notizia del matrimonio si diffuse i due negarono il fatto e decisero che Eloisa sarebbe dovuta andare nel monastero di Argenteuil dove era stata educata. Ma ormai il loro amore stava cedendo il passo a quei tristi eventi e i baci, i corpi nudi, gli abbracci e i palpiti d’amore, stavano diventando solo un ricordo lontano. A far precipitare gli eventi ci pensarono i parenti di lei, mossi dall’idea che lui l’avesse fatta rinchiudere e una notte, mentre lui dormiva, lo zio con altri due suoi compari, decisero di intrufolarsi nella stanza per castrarlo. Questo evento seppellirà ogni idea di riavvicinamento per i due innamorati infatti, non si incontreranno mai più, fino alla fine dei loro giorni. Gli aggressori furono scoperti ma mentre i due compari subirono la legge del taglione, ovvero ricevettero lo stesso trattamento, lo zio riuscì ad evitare la condanna essendo un uomo fin troppo rispettato.
Abelardo dopo la castrazione, tornò alla sua vita ecclesiastica e a quella accademica mentre lei prenderà i voti e trascorrerà la sua vita in un convento. In questo periodo i due continuarono a scriversi varie lettere ma mentre lui ormai aveva abbandonato ogni idea mossa dalla passione, lei continuerà a vivere nel ricordo di quei giorni.
«Non ho voluto soddisfare la mia volontà e il mio piacere, ma te e il tuo piacere, lo sai bene»
I giorni passavano e nel frattempo Abelardo, era diventato un grande maestro rispettato da tutti, ma mosso dalla ragione e non dall’amore, costruì con le sue mani un eremo per Eloisa e le monache che erano state sfrattate dal vescovo di Saint Denis. Ma il tempo trascorse inesorabilmente e quel giovane fiore, conosciuta presso l’abitazione dello zio, diventò donna e dopo aver compiuto 35 anni ancora non si arrese all’idea che il tutto fosse solo un ricordo. Quando Abelardo venne a conoscenza del suo pensiero le ordinò di non scrivergli più lettere e di abbandonare ogni speranza di un possibile riavvicinamento, definendo il loro rapporto una colpa dettata dalla sua superbia. Sulla soglia della nera morte, che ormai si era avvicinata alla sua porta, Abelardo scriverà:
«Mi vedrai presto, per fortificare la tua pietà con l’orrore di un cadavere e la mia morte, ben più eloquente di me, ti dirà che cosa si ama quando si ama un uomo»
Naturalmente con queste parole vuole intendere che l’amore verso l’uomo (ovvero la sua fede) era più grande. Successivamente chiese alla donna di voler essere seppellito presso il cimitero del Paràclito. A dare il triste annuncio alla ragazza ci pensò Pietro il Venerabile:
«Cara e venerabile sorella in Dio, colui al quale dopo il legame carnale, siete stata unita dal legame più elevato e più forte dell’amore divino, colui col quale e sotto il quale avete servito il Signore, questi… Lo riscalda nel suo seno e nel giorno della sua venuta… Lo custodirà per rendervelo con la sua grazia»
Lui morì nel 1142 e lei lo seguì nel 1164 e chiese di essere seppellita vicino al suo amato, ma una romantica leggenda vuole che il giorno del loro riavvicinamento, che avvenne solo con la loro morte, le braccia della statua scolpita sopra la sua tomba si aprissero verso la deposizione del cadavere della donna. Ma anche da morti, dovettero fare i conti con la vita e soprattutto con le varie guerre, infatti il loro feretro fu spostato più volte e con la rivoluzione francese la loro tomba fu distrutta per sempre. Oggi ne esiste una copia nel luogo originario dove fu posta la prima pietra, ma la forma e le decorazioni originarie sono andate per sempre perdute ma si pensa che quella esistente, sia la versione che più si avvicina a quella originaria. Magra e triste consolazione che neanche nella morte abbiano potuto trovare quel riposo tanto sognato in vita.
Ma dopo tutti questi eventi una domanda ancora rimane in sospeso: che fine ha fatto il frutto del loro amore? Che fine ha fatto Astrolabio, il rapitore delle stelle?
«Solo tu hai il potere di rendermi triste o donarmi gioia e conforto. Il mio amore ha raggiunto tali vette di follia che rubò a se stesso ciò che più agognava… Ad un tuo cenno, subito cambiai il mio abito e i miei pensieri, per dimostrarti che sei tu l’unico padrone del mio corpo e della mia volontà»
Enea Rotella
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