Pitagora nacque nell’isola di Samo nel 570 a.C. circa, ma nel 532 emigrò nella Magna Graecia, a causa della minaccia persiana. Nel 530 fondò a Crotone una “Scuola” che influenzò la vita politica della città, dando un’impronta aristocratica al governo della stessa. Una rivolta democratica rovesciò il regime politico di Crotone, con il conseguente incendio della Scuola che costrinse Pitagora a fuggire prima a Locri, poi a Taranto ed infine a Metaponto, dove morì intorno al 490 a.C.. Intorno al personaggio di Pitagora aleggiano numerose leggende che lo rendono misterioso ed affascinante. Di lui si narra, innanzitutto, che viaggiò molto: in Egitto, a Babilonia, nel territorio caldeo ed in altre zone del Mediterraneo orientale. In Egitto apprese la geometria, l’arte dei sacrifici ed i complessi sistemi rituali delle cerimonie religiose; a Babilonia e nella Caldea approfondì l’aritmetica e la logica, mentre dai Fenici imparò l’astronomia. E’ importante sottolineare che Pitagora non lasciò nulla di scritto e tutti i testi che gli sono attribuiti appaiono di natura pseudoepigrafica. La figura di Pitagora, come dicevo in precedenza, fu, già negli anni immediatamente successivi alla sua morte, avvolta da un alone leggendario ed enigmatico. Si narrava che il sapere gli fosse stato rivelato da una divinità e che nessuno ne potesse modificare i contenuti. Il motto pitagorico, tradotto in lingua latina, suona come “ipse dixit” (l’ha detto proprio lui) ed esprime l’autorevolezza del pensiero espresso da Pitagora e l’impossibilità di metterne in discussione gli insegnamenti. Si pensa che i primi scritti pitagorici ad essere conosciuti siano stati quelli di Filolao, uno dei più giovani discepoli, fuggito in Grecia dopo la rivolta democratica. Il movimento che derivò dal Grande Maestro prese il nome di “Pitagorismo”, configurandosi come un’associazione filosofica, politica e religiosa. Nell’ambito dell’organizzazione era possibile distinguere diverse categorie di discepoli: gli acusmatici che dovevano mantenere il silenzio ed ascoltare gli insegnamenti, mentre i mathematici potevano chiedere spiegazioni ed intervenire nelle discussioni. Questi ultimi erano coloro che avevano l’accesso alla conoscenza delle dottrine più segrete della Scuola. Nelle fonti si trovano menzionate anche altre distinzioni: i discepoli esoterici, ossia i veri e propri iniziati che erano anche ammessi alla presenza di Pitagora, mente gli essoterici erano i novizi che potevano ascoltare il Maestro ma non vederlo. Una particolarità della setta pitagorica, rispetto ad altre associazioni antiche, era il fatto che era ammessa la presenza delle donne, in aggiunta all’obbligo del celibato e della comunione dei beni. Tutti gli adepti erano tenuti a rispettare determinate pratiche, come la purificazione del corpo e ad indossare certi capi di abbigliamento nei templi durante le funzioni religiose. La storiografa moderna tende a distinguere il Pitagorismo antico, che si può collocare tra il VI e il IV secolo a.C. ed il Neopitagorismo che si sviluppò intorno al I secolo a.C.. Per quanto riguarda il pensiero pitagorico, è necessario ricordare che l’originaria dottrina del Maestro era segreta e la norma che ne vietava la divulgazione era severamente rispettata. Pertanto, non si dispongono di fonti dirette della sua filosofia e quanto sappiamo deriva dagli scritti dei suoi discepoli che, con ogni ragionevole probabilità, mescolarono le proprie personali convinzioni con quelle del grande Maestro. In quest’ottica è quasi impossibile distinguere l’originaria dottrina di Pitagora da quella dei Pitagorici. Gli studiosi ritengono, però, che l’unico insegnamento che si può far risalire sicuramente a Pitagora è quello della metempsicosi. Essa è la cosiddetta trasmigrazione delle anime fino alla purificazione finale. Il Maestro fu profondamente influenzato dall’orfismo, ritenendo che l’anima dell’uomo sia immortale e che dopo la morte entri nel corpo di una animale. Il ciclo si compirebbe in tremila anni, dopo che l’anima sia trasmigrata in tutte le specie animali della terra, del mare e dell’aria. Si tratta di una teoria che, con alcune differenze, fu ripresa anche da Platone. Un altro insegnamento che la tradizione fa risalire a Pitagora è la “teoria dei numeri”, intesi come la sostanza delle cose. Secondo tale teoria, i principi della matematica si impongono come i principi del tutto. In riferimento alla teoria dei numeri si parla anche di “metafisica”, in quanto il numero può essere considerato anche come modello originario, o “archè”, misura prima di tutte le cose. La teoria dei numeri sarà superata da Aristotele, secondo il quale il numero non è altro che un principio “materiale”. Nel merito delle scoperte matematiche di Pitagora, si ritiene che il famoso teorema fosse già noto ai Babilonesi e agli Egizi e che il Maestro l’abbia appreso durante uno dei tanti suoi viaggi. Ai Pitagorici si deve la concezione del numero come un insieme di più unità, peraltro rappresentato anche nelle sua dimensione spaziale. Per quest’aspetto peculiare, molti studiosi parlano della matematica pitagorica come un’aritmo-geometria. I numeri racchiuderebbero in sè proprietà morali, cosmologiche e magiche, anche se lo sviluppo dell’aritmo-geometria subisce una battuta d’arresto con la scoperta delle grandezze incommensurabili, cioè il rapporto tra la diagonale ed il lato di un quadrato. Di conseguenza, per risolvere il problema dell’infinito e del continuo, la matematica si separa dalla geometria. La prima si dedica all’analisi dei rapporti numerici, mentre la seconda alla scoperta del continuo spaziale. Per quanto riguarda l’elaborazione delle teorie astronomiche e cosmologiche, esse sono attribuite a Filolao, già menzionato come uno dei discepoli di Pitagora più attivi. Secondo la sua visione, l’universo ha come centro un Fuoco che determina il movimento degli astri. Intorno al Fuoco si muoverebbe un’Antiterra, che spiegherebbe le eclissi, la Terra, la Luna, il Sole, i cinque pianeti e le stelle fisse. La somma dei corpi celesti darebbe il numero “dieci”, sommamente sacro per la dottrina pitagorica. Al di là della ricostruzione fantasiosa che, in quell’epoca, non poteva avere a disposizione metodi scientifici, quello che è importante della dottrina cosmologica pitagorica è il fatto che tende a spiegare l’universo secondo un ordine razionale, rinunciando a spiegazioni di carattere mitologico, ponendosi, altresì, come prima bozza per un sistema eliocentrico. Per i Pitagorici, il tempo ha un’impostazione ciclica, poichè, trascorso un determinato periodo, ogni evento si ripete come in precedenza. Anche in tale convinzione, si evince la ricerca della razionalizzazione dei concetti di finito, di limitato e di ordinato, in contrapposizione all’idea del caos abbracciata da altri pensatori dell’antichità. Peraltro, la visione del tempo con struttura ciclica esprime anche una valutazione politica della setta pitagorica nel ritenere inutile la credenza che una rivoluzione sociale possa essere definitiva, in quanto sempre destinata a mutare nel ripetersi del ciclo storico. Di grande importanza e destinata ad avere grande influenza sulle scuole filosofiche ed iniziatiche successive, è la funzione etica in Pitagora e nei suoi seguaci. L’etica è essenzialmente fondata sulla giustizia, che è rappresentata simbolicamente dal numero quattro, ossia il prodotto dell’eguale con l’eguale. Il fulcro della credenza etica pitagorea consiste nell’affermazione della superiorità della vita contemplativa rispetto a quella pratica. Le discipline del sapere si estendono dalla matematica alla geometria, dall’astronomia alla cosmologia, dalla musica alla medicina, dalla poesia alle arti divinatorie. Per i Pitagorici, l’iniziazione e la purificazione, che permettono il raggiungimento dell’ideale contemplativo, si possono ottenere soltanto con l’acquisizione di un adeguato livello di conoscenza. L’amore per il sapere, cioè la filosofia (Pitagora è il primo ad usare questo termine) è lo strumento più importante per arrivare ad una completa purificazione. In quest’ottica, la filosofia è una disciplina sacra e deve essere riservata solo a pochi iniziati che mostrino di possedere le capacità per comprendere il mondo, oltre l’apparenza delle esperienze tangibili. Il Pitagorismo esoterico che si sviluppò qualche secolo dopo la morte del Maestro, si basava sui cosiddetti “versi aurei”, che non possono essere direttamente attribuiti al filosofo, ma costituiscono una sorta di compendio dei dogmi della scuola italica, messi per iscritto dai seguaci del Maestro, allo scopo di istruire i discepoli delle generazioni successive. Si trattava dell’unico strumento che permetteva agli adepti di seguire la via divina e di elevare lo spirito, per conseguire l’estinzione delle sofferenze umane, mediante l’unione dello spirito individuale con Dio, considerato come unica fonte dell’intera realtà. L’ermetismo pitagoreo è stato fonte di ispirazione per tante organizzazioni delle epoche successive: dai Templari alle Logge massoniche, anche se si tratta di un tema che richiederebbe una trattazione a sè stante. Alle comunità pitagoriche risale, comunque, l’usanza della rigida preparazione dei novizi, che dovevano attraversare quattro gradi di preparazione iniziatica per poter essere ammessi all’applicazione delle dottrine apprese nei gradi precedenti.
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