Prefazione
L’articolo che segue risale al 2009. Lo scrissi al termine di un periodo nel quale, frequentando sia alcuni newsgroup, sia vari siti web dedicati, mi ero posto come fine quello di capire qualcosa di più del c.d. fenomeno ufo. Mi avevano affascinato soprattutto la sua elusività e l’apparente contraddizione fra la totale mancanza di prove da un lato e l’enorme mole di segnalazioni dall’altro. Ne scaturì questo lavoro che oggi vi presento, opportunamente riadattato, allo scopo di ripresentare sostanzialmente le conclusioni alle quali giunsi allora, tenendo tuttavia conto del fatto che, nel frattempo, ho avuto modo di affinare parecchio taluni aspetti teorici. Le aggiunte odierne sono in forma di note rientrate e con il testo di colore blu.
Il conflitto psichiche/materia.
In fisica classica con materia genericamente si indica qualsiasi cosa che abbia massa e occupi spazio o alternativamente la sostanza di cui gli oggetti fisici sono composti.
La psiche è un termine con cui tradizionalmente si usa individuare l’insieme di quelle funzioni cerebrali, emotive, affettive e relazionali dell’individuo, che esulano dalla sua dimensione corporea e materiale. (http://it.wikipedia.org/wiki/Psiche)
Uno dei pilastri della posizione dominante riguardo al rapporto psiche/materia è la netta, monolitica divisione fra oggettività e soggettività. In forza di tale divisione, si afferma che qualsiasi fenomeno per potersi dire reale deve essere oggettivo, ossia deve fondarsi su dati o fatti concreti, veri, sperimentabili, dati o fatti direttamente connessi al mondo reale e tangibile della materia. Tutto ciò che non può essere in qualche modo ricondotto alla materia, è, di conseguenza, definito come ‘soggettività’.
Il mondo delle idee, delle emozioni, delle intuizioni, delle sensazioni, l’intero ambito onirico e qualsiasi altra cosa riconducibile alla vita psichica ricade, senza eccezioni, nell’ambito della suddetta soggettività, ossia in un regno sostanzialmente precluso all’indagine scientifica (i.e. alla vera conoscenza). Non a caso la c.d. psicologia non rientra nel novero delle ‘scienze’ ed è descritta, piuttosto, come una disciplina che studia il comportamento degli individui e dei loro processi mentali ma che giunge a conclusioni per le quali, data la dubbia applicabilità del metodo scientifico, è sostanzialmente non rendibile un giudizio di verità. Sotto questo profilo, lo psicologo più che ad uno scienziato assomiglia ad un artigiano (un artista se è molto bravo) che, come tale, armeggia (con tanto di ‘mestiere’) con fenomeni destinati a rimanere in gran parte oscuri e sostanzialmente incompresi.
Non m’interessa qui discutere i guai della psicologia occidentale. Tuttavia, se questi esistono sono persuaso che derivino proprio dalla premessa sopra esposta. Per più di cent’anni gli psicologi sono partiti dall’assunto che tutto quanto andavano investigando fosse recluso nel mondo della soggettività individuale e questo li ha portati a trattare ogni singolo fenomeno osservato come un sostanziale parto della mente del singolo, una storia personale, magari drammatica, ma sempre chiusa fra gli spalti della mente. Da qui alla scelta della chimica come panacea di tutti i ‘disturbi psichici’ non c’è stato nemmeno bisogno di fare un passo.
Tuttavia e durante lo stesso periodo nel quale la psicologia ufficiale evolveva (si fa per dire), il mondo ha conosciuto e sperimentato un’altra realtà. Una realtà parallela, per molti aspetti disturbante e che si pensava morta e sepolta sotto secoli di razionalismo, s’è nuovamente mostrata all’uomo occidentale ed è cresciuta vieppiù, nonostante lo sguardo dei sapienti fosse pervicacemente rivolto altrove. Sto parlando di tutti quegli aspetti attribuiti al sovrannaturale dalla ‘cultura popolare’ e che hanno condito (e seguitano a condire) l’esistenza di molti. Fra questi certamente l’ESP, ma anche le out of the body experiences (oobe), i sogni lucidi e, infine, l’intero fenomeno UFO (con la sua brava coda fatta di abduction). In altre parole, una serie d’eventi inspiegabili o anche solamente strani che s’infilano nell’esistenza (di veglia e non) delle persone il più delle volte senza chiedere permesso.
Nota: in keter (già pubblicato su questo sito) ho superato la definizione di ESP, proponendone una diversa (USP, Ultra Sensorial Perception) enfatizzando il concetto che, per quanto strana, non esiste una percezione extra sensoriale. Ciò ha importanti implicazioni sia teoriche, sia pratiche.
Il presente lavoro si basa su due articoli precedenti nei quali ipotizzavo l’esistenza del Multiverso (cosa per niente nuova, in effetti) e per il quale avevo abbozzato anche un’ipotesi di struttura. L’idea di fondo era, oltre l’esistenza di creazioni diverse dalla nostra, poiché basate su un corredo dimensionale diverso, quella di quattro ambiti psichici in rapporto progressivo di contenuto a contenente: Inconscio Personale (IP, coincidente con la singola consapevolezza dove per consapevolezza s’intende una singola coscienza separata dal tutto, come può essere il sig. Mario Rossi oppure un alieno abitante su un diverso pianeta in quest’universo o in un altro universo) contenuto in un Inconscio Collettivo (IC, relativo a tutti i terrestri e coincidente con il nostro pianeta), Inconscio Universale (IU, relativo a tutte le consapevolezze esistenti nel nostro universo, ne consegue che ogni ipotetica ‘razza’ esistente nel nostro universo avrà un suo IC contenuto dell’IU di quell’universo) e Inconscio Multiversale (IM, relativo a tutte le consapevolezze esistenti nell’intero multiverso, perciò ad ogni creazione è attribuito un proprio IU). L’idea progrediva nella formulazione dell’ipotesi d’esistenza di un network psichico, trasversale a tutte le creazioni, capace di permettere fra queste una comunicazione di tipo, appunto, psichico.
Ciò che, quindi, si renderebbe responsabile di una tale comunicazione non sarebbero le “strutture” dei singoli universi (cosa esplicitamente esclusa dalla M-teoria), bensì le consapevolezze eventualmente esistenti in tali universi, assumendo che alcune di queste consapevolezze abbiamo imparato a viaggiare nell’IM. Stiamo parlando d’ipotetici viaggiatori dimensionali, ossia di ‘individui’ che hanno appreso il modo per spostarsi fra le diverse creazioni esistenti per motivi che, almeno per il momento, non c’interessa investigare.
Ora, assunta l’esistenza di altri universi e, all’interno di questi, di altre consapevolezze diverse da noi, è facile concepire l’insieme di tutte le creazioni come un tutto unico dotato di consapevolezza, nonché e di conseguenza la ‘materia’ che costituisce questo tutto come espressione della stessa matrice.
Il punto centrale, dunque e per quel che ci riguarda, sarebbe non tanto di stabilire un primato fra psiche e materia. Quanto, piuttosto, di presupporre l’esistenza di un ‘mattone’ capace di descrivere il Multiverso in ogni sua parte. Forse proprio ciò che i fisici hanno chiamato Bosone di Higgs (http://it.wikipedia.org/wiki/Bosone_di_Higgs).
Ora e senza entrare nelle specifiche fisiche del bosone (un po’ perché me ne manca la competenza, un po’ per una sorta di timido pudore), quando immagino questa particella penso ad un componente talmente flessibile e dinamico da porsi come costituente primario di qualsiasi creazione esistente sia che questa si basa su una sola dimensione, oppure su undici dimensioni. Una particella capace di descrivere qualsiasi ‘stato della materia’ solo cambiando opportunamente il proprio stato vibrazionale (in sostanza, quel che farebbero le stringhe nella M-Teoria).
Materia, abbiamo detto. E il significante, nel caso del nostro universo, ci indica con una certa precisione il suo significato: qualcosa che occupa uno spazio, che ha una massa, un colore, una temperatura, oltre a talune specifiche proprietà meccaniche e fisiche. Insomma qualcosa che se ti cade in testa te n’accorgi, senza meno.
Tuttavia, se il riferimento per ciò che chiamiamo ‘materia’ è un universo basato su di un corredo dimensionale diverso da quello che caratterizza il nostro (intendo dimensioni diverse in tipo e in numero) mi chiedo se abbia ancora un senso pensare la ‘materia’ nei termini nei quali l’abbiamo descritta.
Non sarebbe più ‘logico’ pensare che, presupposto un diverso stato vibrazionale del mitico bosone (o delle stringhe, fate voi), anche la ‘consistenza’ e, più in generale, tutte le proprietà della materia sono destinate a cambiare?
Ancora, sarebbe eccessivamente ardito ipotizzare che una simile particella sia in grado di esprimere il tipo di materia che normalmente chiamiamo psiche? In tal caso ‘psiche’ e ‘materia’ non sarebbero che diverse manifestazioni del medesimo componente fondamentale.
In generale, quindi e nell’ipotesi prospettata, stati vibrazionali diversi genererebbero densità diverse della ‘materia’ e (perché no?) diversi stati dell’essere.
Undici dimensioni la cui esistenza è stata dimostrata matematicamente (magari tra un po’ scopriremo che sono di più ma, per il momento, va bene così) e che, in base al calcolo combinatorio semplice, possono generare 2048 creazioni (Vedi: Keter, capitolo sul Multiverso), tutte espresse dal medesimo ‘mattone’ che, per ciascuna creazione, esiste ad uno specifico stato vibrazionale e che, per questo, è capace di esprimere mondi a noi incomprensibili e nei quali la ‘materia’ continua ad esistere anche se in modo profondamente diverso da come siamo abituati a pensarla. E, in ciascuna creazione, altre consapevolezze. Consapevolezze aliene, appunto (qui il bestiario malanghiano rischia di allargarsi un tantino perché ci vuol poco a vedere che proprio questa potrebbe essere la fonte della realtà ‘altra’ che è con l’uomo sin dalla sua origine).
Mentre qui, da noi, quello stesso mattone costruisce indifferentemente sassi e sogni. Materia (fisica) e Psiche, due mondi in apparenza separati ma, in realtà, frutto della stessa fonte. Due mondi all’interno dei quali il singolo ‘percettore’ può provare a sperimentare lo stesso, identico livello di oggettività.
Niente più soggettività e oggettività, dunque? Non è necessario estremizzare in questo modo. Un ambito soggettivo verosimilmente permane anche se solo in una dimensione concettuale certamente ridotta rispetto a come siamo stati abituati a pensare.
In questo modo, tuttavia, molte difficoltà scompaiono. Magari sostituite da altre, come no. Il punto è, però, che se solo ciò che è fisico è ‘reale’ mentre tutto il resto è irreale ogni porta si chiude e una grande parte fenomenica è semplicemente perduta perché concettualmente non conveniente da investigare. Fenomeni come l’ESP, le c.d. oobe, i sogni lucidi, gli ufo, le abduction e il ‘sogno di Michele’ sono relegati in una soggettività che, nella migliore delle ipotesi, comporta un vero suicidio speculativo, tagliando fuori l’uomo da uno spettro di possibilità di conoscenza potenzialmente sconfinato. Ma vediamolo, questo ‘sogno’.
Il sogno di Michele (su concessione della stessa persona che lo ha sognato. Il sogno è stato postato dall’utente ‘Michele’ sul newsgroup ‘it.discussioni.sogni’, gerarchia ‘usenet’, in data 21 giugno 2009)
Il sogno inizia con me che cammino per strada, in direzione di casa. Sono solo, ed è tardo pomeriggio, ma c’è ancora sole, quindi il periodo dell’anno è quello attuale. Ad un certo punto sento qualcuno alle mie spalle. Mi volto, e a poca distanza da me, c’è una donna, dall’aspetto giovane, che spinge un passeggino, che mi sembra vuoto. Guardo meglio, ed effettivamente non c’è nessun bambino, né sulla carrozzina, né in braccio alla ragazza. Non credo di conoscerla, però inizio a provare una brutta sensazione, molto strana, tanto che faccio fatica a descriverla.
E’ un misto di paura e ansia, insieme a quella che potrei definire come la percezione del male, che dai miei sensi viene tradotta con una sensazione di freddo, quasi gelo. Avvertito questo forte disagio, che per quanto ne so poteva anche non essere mio, ma della donna, volto immediatamente lo sguardo e proseguo per la mia strada. Sono quasi arrivato a casa, quando la scena cambia bruscamente, uno stacco insomma. Mi trovo all’interno di una stanza, ma è completamente buio, non filtra neanche il più piccolo spiraglio di luce, tanto che non sono in grado di orientarmi. Ma c’è qualcun’altro con me e maneggia qualcosa di metallico. Mi rendo anche conto di essere nudo, almeno fino alla cintola dei pantaloni. L’altra persona mi si avvicina, è dietro di me.
Non è la donna di prima, direi che si tratta di una presenza maschile. Ho paura. Qualcosa di freddo si poggia sulla mia pelle, all’altezza dei reni. Non è una lama, si tratta di una superficie piatta. Inizio ad agitarmi, e contemporaneamente mi sveglio. Ci ho messo qualche secondo per capire che era notte fonda, e che mi trovavo nel mio letto. Poi mi sono riaddormentato, ed al mattino seguente, non mi ricordavo più del sogno. Tutta la giornata scorre tranquillamente, fino alla sera, quando torno a casa e mio padre mi chiama per dirmi che qualcuno mi ha cercato.
Gli chiedo chi fosse, e lui inizia con la descrizione che mi ha fatto tornare alla mente il sogno della notte. Era una donna, con un passeggino, che dal punto in cui si trovava lui (stava lavorando in cortile), sembrava vuoto. Pare abbia chiesto di me, pronunciando proprio il mio nome, e mio padre, non sapendo se io fossi in casa o no, l’ha invitata a bussare. Io non c’ero, ma dentro casa era presente mia madre, che però non ha visto né sentito bussare nessuno. Al che mi si è gelato il sangue, e sono corso in camera, per chiamare tutte le ragazze che conosco, che hanno un bambino piccolo, e che quindi potessero andare in giro con un passeggino. Fortunatamente non sono tante, quindi ho dovuto fare solo 5 telefonate, e manco a dirlo, nessuna era passata a casa mia.
Interpreto sogni da molti anni e quando ho letto il post di Michele ho escluso subito che si trattasse di un sogno ordinario. Sul punto, mi rendo conto, le opinioni potranno essere le più diverse. Tuttavia, io parto dal presupposto, per me fondamentale, che un sogno è sempre vero, autonomo e coerente. Vero perché verificabile riguardo alla storia personale del sognatore, autonomo perché si presenta come un’unità compiuta e capace da sola di incidere sulla psiche del singolo e coerente perché totalmente auto-esplicativo, ossia qualcosa che è possibile leggere in modo del tutto consequenziale senza, cioè, poter rilevare contraddizioni logiche al suo interno. Ecco, il sogno di Michele mancava, almeno in prima lettura, di coerenza. Mi riferisco alla ‘percezione del male’ e all’incoerenza di questo elemento con il resto della scena onirica. L’elemento appariva posticcio, slegato dal contesto se non per il fatto che, come elemento disturbante, proseguiva nella seconda parte del racconto (ancorché in forma diversa).
Certo, la donna con la carrozzina vuota avrebbe potuto simboleggiare la madre del sognatore e la carrozzina vuota, in specifico, avrebbe potuto far pensare al trauma dell’abbandono, m a questa ipotesi, parlando con Michele, non sembrava giustificata dalla sua storia personale. Il sogno, quindi, oltre che incoerente non sembrava nemmeno vero. Tuttavia, ciò che spiazzava era la coda della vicenda, tutta vissuta in real-life, con il padre che riferisce di quello strano episodio e che scatena in Michele il ricordo del sogno che aveva completamente dimenticato (probabilmente, censurato).
Eliminato il possibile, restava l’impossibile. Restava l’ipotesi che l’avventura onirica di Michele fosse stato l’incontro con un visitatore multidimensionale (o multiversale). Una consapevolezza aliena, venuta da chissà dove, in cerca di lui e che il padre, verosimilmente grazie al profondo rapporto che ha con il figlio, aveva ‘visto’. Certo, vi è un buco temporale dato che Michele sogna la notte precedente e il padre vede la donna il pomeriggio successivo. Ma questo non credo abbia grande peso perché il padre, per ‘vedere’ la donna e sempre ammesso che tutto ciò abbia un senso, aveva dovuto modificare la sua percezione. In altre parole, si era dovuto mettere (inconsciamente e a sua volta) in uno stato ‘onirico’ giacché l’immagine che aveva percepito esiste e agisce in quella dimensione, proprio grazie all’ausilio della ‘materia psichica’. Una dimensione nella quale il tempo (e chi ha dimestichezza con i propri sogni lo sa bene) spesso sembra non esistere affatto.
In effetti, si potrebbe anche pensare che il sogno sia stato premonitore e che Michele abbia visto in sogno quel che sarebbe accaduto solo il giorno successivo. Tuttavia, la seconda parte dell’evento onirico mi fa dubitare di questo perché lì il sognatore sperimenta un contatto drammaticamente diretto con la presenza sconosciuta. Sembra, quindi, che ciò sia avvenuto realmente durante il sogno. Tuttavia e anche qualora l’episodio del contatto nella stanza buia fosse stato generato dalla paura sperimentata alla vista della donna, resta l’episodio narrato dal padre e del quale gli unici testimoni furono il padre stesso e i suoi cani (particolare soggiunto solo in seguito da Michele) non avendo la madre, pur essendo presente, visto né sentito alcunché.
Il fatto è che eventi onirici come quello di Michele sono tutt’altro che infrequenti. L’ho scelto solo perché è l’ultimo in ordine di tempo fra tutti quelli, e non sono pochi, che ho conosciuto nel corso degli anni. Senza contare l’intera casistica in tema di abduction che, a oggi, appare talmente vasta da essere persino preoccupante.
Continua…
Honros
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