Un utero artificiale in grado di ricreare le condizioni biologiche del ventre materno, dal liquido amniotico al battito cardiaco della madre. Per dare a bambini gravemente prematuri – nati addirittura prima delle 22 settimane – una chance di sopravvivenza che oggi è pari a zero. È questo l’obiettivo di un gruppo di ricercatori olandesi, destinatari di un finanziamento europeo da 2,9 milioni di euro. Un obiettivo che se da un lato può rappresentare una svolta per le gravidanze pretermine, dall’altro solleva dubbi e perplessità dal punto di vista etico, facendo intravedere scenari di gestazione “alternativa” a quella naturale.
I ricercatori della Eindhoven University of Technology, hanno già sviluppato un modello destinato a diventare un prototipo funzionante da utilizzare in clinica. A differenza delle incubatrici attuali, il prototipo avvolgerà il bambino nel liquido e gli fornirà ossigeno e nutrimento tramite una placenta artificiale che sarà collegata al loro cordone ombelicale.
Guid Oei, professore all’università olandese e ginecologo presso il vicino centro medico Maxima, ha spiegato che gli attuali approcci sono problematici poiché i bambini prematuri non hanno ancora polmoni o intestini completamente sviluppati, il che significa che tentativi di fornire ossigeno o sostanze nutritive direttamente a tali organi possono provocare danni. Un utero artificiale rappresenterebbe una svolta. “Una volta immersi di nuovo nel liquido, i polmoni possono maturare, e il bambino riceverà ossigeno tramite il cordone ombelicale, proprio come nell’utero naturale”, ha detto.
Il team conta di realizzare un prototipo funzionante di utero artificiale pronto per l’uso in cliniche entro cinque anni, il che significa che potrebbe essere il primo al mondo. Il finanziamento proviene dal programma UE Horizon 2020.
Finora i risultati più avanzati, in fatto di uteri artificiali, sono stati conseguiti dai ricercatori del Children’s Hospital di Philadelphia, che nel 2017 hanno dimostrato che un utero artificiale, chiamato “biobag” (biosacca), poteva tenere in vita agnellini nati a un’età gestazionale equivalente alle 23 settimane di una gravidanza umana. Durante le settimane, all’interno delle biosacche, gli agnellini hanno continuato a svilupparsi, per poi crescere normalmente una volta tirati fuori.
Qui, però, siamo a un altro livello perché si sta parlando di costruire un prototipo in grado di sostituire l’utero di un essere umano. Il modello – ha spiegato ancora Oei – sarà sviluppato utilizzando repliche stampate in 3D di bambini umani dotate di una serie di sensori. In questo caso, poi, l’utero artificiale non sarà una semplice biosacca di plastica, ma dovrà ricreare l’esperienza di essere nell’utero, incluso il suono del battito del cuore materno. “Quando si troveranno in questo ambiente – ha assicurato il ginecologo – i bambini sentiranno, vedranno e odoreranno gli stessi stimoli presente nel grembo materno”.
Quella di ricreare in laboratorio il microcosmo del ventre materno è una sfida che da tempo occupa gli scienziati in varie parti del mondo. Diversi sono anche gli scopi con cui i vari gruppi conducono le loro ricerche. Recentemente, ad esempio, è stato pubblicato uno studio sulla prestigiosa rivista Nature che ricostruisce la realizzazione del primo modello di utero artificiale a scopo di ricerca. In questo caso, i ricercatori dell’Università del Michigan hanno ricreato il primo ambiente controllato nel quale poter seguire tutte le fasi dello sviluppo embrionale: una finestra sulle prime settimane dopo il concepimento, quelle più delicate in cui possono verificarsi malformazioni ed è alto il rischio di aborti spontanei. “Il nostro sistema può aiutare a colmare le lacune critiche nella conoscenza delle prime fasi dello sviluppo dell’embrione umano”, spiega Jianping Fu. “Questa ricerca – aggiunge – potrebbe fornire una finestra sul periodo cruciale, ma a malapena osservabile, compreso tra due e quattro settimane dopo il concepimento. Si tratta di un momento in cui si verificano molti aborti spontanei e possono formarsi gravi malformazioni. Dobbiamo comprendere meglio questi processi se vogliamo sviluppare misure preventive”.
Quali potrebbe essere la riuscita di questa invenzione lo sapremo con certezza nel giro di un decennio; il dubbio è: quale sarà l’imprinting con cui nasceranno questi bambini e quali le differenze con gli attuali nati da uteri biologici.
Fonte: www.huffingpost.it
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