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Un destino ineluttabile? No, qualcuno può sottrarsi; anche se non sono molti, purtroppo.
Vediamo di proseguire con la nostra neonata Totalità. Siccome è dotata d’organi genitali maschili, i genitori decidono di chiamarla Nick. Accolgono il piccolo nella loro casa e cominciano subito a darsi da fare per “tirarlo su”.
Durante le prime settimane di vita Nick è come un piccolo sole, una palla d’energia incandescente, con quasi nessuna traccia di consapevolezza e con tutta l’energia all’interno del corpo fisico (non a caso è in grado d’incantare tutte le femmine del gruppo).
Il suo grappolo, nonostante l’impronta lasciata dal parto, è in condizioni di massima fluidità e ciò lo rende ancora molto vicino allo stato di primitiva innocenza vissuto nel ventre materno.
Tuttavia, per Nick è iniziata l’avventura. Il bimbo è saturato dal fuoco di fila di parole, gesti e atteggiamenti prodotti da papà, mamma, nonni, zie e chissà chi altri al fine specifico di “insegnargli” un linguaggio. In altre parole, questi soggetti si comportano come veri e propri stregoni che focalizzano sul bambino la loro attenzione, dirigendola in modo da reiterare determinati messaggi.
Ciò, secondo la qualità e la durata di tali reiterazioni, ha effetti che possono variare notevolmente. Tramite il suono della voce e il contatto fisico (purtroppo, spesso eccessivo) Nick subisce modificazioni profonde e che, in termini generalissimi, possono essere esemplificate dalla seguente osservazione: il grappolo perde progressivamente fluidità giacché le Monadi che lo compongono sono costrette, dall’azione educativa degli adulti, nelle forme specifiche che più sopra abbiamo chiamato Golem.
Intendo, quindi, per Golem un gruppo di due o più Monadi indotte ad unirsi dall’intensità delle esperienze di vita. Tali gruppi si formano nei bambini durante il c.d. processo educativo e possono presentare numerose e diverse caratteristiche che vedremo. Tuttavia per ammettere che l’educazione abbia come conseguenza la formazione dei Golem dobbiamo postulare che “educare” equivale a parlare di morte. Formalmente, educare (lat. ex ducere, “condurre, portare fuori”) indica per l’appunto l’azione di portare fuori dell’individuo qualcosa che sta dentro l’individuo stesso: l’energia psichica.
Si fa questo per uno scopo preciso: fissare uno o più solchi che servano al piccolo da riferimento per ogni occasione futura, tanto da rendere automatiche le reazioni che dovrà avere durante la vita.
E’ evidente che per compiere questo, l’azione educativa deve simulare la violenza che il bambino incontrerà durante l’esistenza. E’ questo il senso intimo della punizione che viene dal padre e che veicola violenza, anche se in modo lecito, ma anche il senso del perdono che viene dalla madre e che veicola indulgenza.
Con ciò l’educazione equivale a un parlare di morte, ossia un avvezzare la Totalità al meccanismo che l’accompagnerà durante l’intera esistenza.
Questo è un fatto enorme e vede la formazione progressiva di numerosi Golem sino al raggiungimento di un numero che, al termine dell’adolescenza, può variare molto ma che assai difficilmente scende sotto i 160.
Per rendere conto delle grandezze ricorderemo che, a fronte di un’educazione equilibrata e sempre che si tratti d’individui sani di corpo e di mente, potremo avere un numero di Golem che va da un massimo di 375 (per 384 Monadi ciascuno) all’accennato minimo di 160 (per 900 Monadi ciascuno).
Dentro questa fascia sta l’uomo come noi lo conosciamo, in altre parole il prodotto di una selezione attentiva in corso da 12.000/15.000 anni.
A confronto con la distinzione operata da Gurdjieff si ha il seguente schema:
- Uomo n. 1 o Uomo Fisico (da 375 a 300 Golem);
- Uomo n. 2 o Uomo Emotivo (da 288 a 225 Golem);
- Uomo n. 3 o Uomo Intellettuale (da 200 a 160 Golem).
Per apprezzare come questo accada osserviamo l’esempio seguente.
Nick ha poche ore di vita. Non ha ancora preso il primo latte dal seno della madre ed ora comincia a sentire lo stimolo della fame. Sta avvertendo tutto il disagio derivante da uno stomaco vuoto, così come dalla mancanza assoluta di mezzi per risolvere un simile problema.
La Morte è ancora con lui e lo incalza da tergo. Ognuno sa che, a questo punto, Nick comincia ad urlare come una sirena.
Una reazione naturale, certamente. Il punto, però, è che Nick non si mette a berciare perché sa che in questo modo qualcuno verrà con del cibo per lui. Non ha conoscenza e consapevolezza sufficienti per questo.
In realtà, Nick sta ripetendo ciò che ha già fatto durante il parto, in altre parole sta nuovamente fuggendo dalla Morte. Solo che, non potendosi spingere altrove fisicamente (invano, le gambine si agitano nell’aria) è costretto a farlo in altro modo.
Bene, in questo caso potremmo addirittura affermare che il bambino sta subendo un trauma e che, quindi, reagisce piangendo. Certo, diremmo il vero ma, in realtà, che significa “subire un trauma”?
In termini psicoenergetici (nonché psicochimici) equivale alla formazione progressiva di diversi fenomeni.
Momento centrale di tali fenomeni è la Monade e, per esteso, i Golem con il loro specifico modo di reagire agli eventi esterni, dai più blandi ai più difficili.
Poche ore dopo la nascita sono 72.000 i Golem presenti, ognuno di essi è formato da due Monadi e ognuno è dotato di un’energia specifica (che gli deriva dalle Monadi che lo compongono) usata per l’interazione con l’esterno. Stiamo parlando dei Golem che, durante l’intera l’esperienza, occupano a turno il “luogo fra gli occhi”, la sede della coscienza.
Ora, come Nick comincia a sentire i morsi della fame, sul centro mentale aumenta la pressione che dalla Totalità è vissuta come angoscia.
In realtà, Nick vive l’angoscia di quell’instante prima di tutto attraverso l’esperienza del Golem che in quell’istante occupa “il luogo fra gli occhi” (e che chiameremo “Golem Osservatore”). Tal esperienza Golemica a livello della Totalità diverrà un tutto unico per effetto dell’attività fantastica, ma questo è un fatto successivo e assolutamente peculiare.
In termini assoluti, per Nick l’esercizio del Golem Osservatore costituisce il paradigma dell’esperienza dell’intera Totalità in relazione ad ogni suo profilo rilevante: intellettuale, emozionale, sensitivo, intuitivo e mnemonico.
In tal caso si afferma che sul Golem sta agendo la c.d. Angoscia-Forza, ossia la forza generata dalla paura della Morte.
In verità, ogniqualvolta l’Angoscia-Forza si scatena la Totalità è spinta a tacitarne la fonte giacché questa genera ciò che chiamiamo Angoscia-Dolore e che, a sua volta, costituisce un limite oggettivo e difficilmente superabile dalla Totalità stessa.
Sotto questo profilo, Angoscia-Forza e Angoscia-Dolore costituiscono i limiti all’interno dei quali nasce, si sviluppa e termina l’esperienza umana propriamente detta.
Oltre questi limiti l’uomo, come lo conosciamo e ammesso che siano superati, cambia radicalmente sino a divenire qualcosa di profondamente diverso.
Tuttavia, per rimanere in ambito umano affermeremo che Nick, se da un lato è spinto a cambiare dall’angoscia generata dalla presenza della morte, dall’altro è ostacolato in tale cambiamento proprio dall’Angoscia-Dolore, ossia dalla resistenza che la vita (il Soma, la Materia) oppone alla morte.
Tutto questo si svolge in base alla Legge delle Tre Forze, come nel seguente schema:
1 | Forza Attiva | Morte | Angoscia-Forza |
3 | Forza Passiva | Vita (Materia, Soma) | Angoscia-Dolore |
2 | Forza Neutralizzante | Lotta (Sofferenza) | Consapevolezza |
Possiamo pensare al pianto come ad uno degli effetti della lotta fra forza attiva (Morte) e forza passiva (Vita).
In questo senso, se la lotta è forza neutralizzante all’interno della triade, la consapevolezza ne costituisce il frutto. Un frutto concreto e misurabile ma che, nella psicochimica di questa triade, non sembra poter mai andare, in termini quantitativi e qualitativi, oltre una determinata soglia.
Per questo abbiamo chiamato l’esistenza un “processo controllato”.
Controllore del processo è la sofferenza giacché, oltre certi limiti, minaccia di distruggere l’individuo.
Si tratta di un fatto, ancora una volta, del tutto peculiare all’uomo e dovuto esclusivamente alla presenza della mente, in particolare al suo specifico modo di reagire alla lotta.
Se pensiamo alla mente come ad una moneta (un sistema a sé) possiamo vederne le due facce: la prima prende il nome di presunzione, la seconda quello d’autocommiserazione.
In termini psicochimici potremmo pensare alla presunzione come all’aspetto esotermico del Sistema Mente (aumenta l’entropia del sistema esterno, diminuendo quell’interna), viceversa l’autocommiserazione ne costituisce l’aspetto endotermico (diminuisce l’entropia esterna, aumentando l’interna).
Vi è da ricordare che presunzione e autocommiserazione sono processi propri di quello che abbiamo chiamato Sistema Mente e, siccome tali, sconosciuti nel mondo animale per il solo fatto che gli animali sono privi di un centro intellettuale.
Ma vediamo come agiscono. In particolare, la presunzione assicura due cose:
- Il mantenimento del Sistema Mente, perché il senso d’importanza personale (che è alla base della presunzione) da solo è sufficiente a giustificare l’esistenza del Sistema stesso e, quindi, a legittimare il lavoro necessario a mantenere in vita la Totalità;
- L’immediata reazione del Sistema Mente a fronte di una qualsiasi minaccia esterna.
A questo punto, l’autocommiserazione pilota la reazione del Sistema trasformando in senso di sofferenza la frizione della lotta e, quindi, ponendo paletti ferali alle possibilità d’evoluzione.
In effetti, come l’individuo prende ad autocommiserarsi non ha che una scelta: abbandonarsi, in modo più o meno grande, all’indulgenza (uno psicologo parlerebbe di “processo compensativo”).
In effetti, indulgere significa propriamente attuare modi d’essere compensatori dell’offesa appena subita dal Sistema Mente da parte della Morte.
Nick, non conoscendo altro modo, si ficca il pollice in bocca.
Da notare che tale comportamento è già osservabile nel feto. Tuttavia, crescendo, l’individuo ne svilupperà certamente di nuovi che, per lo più, saranno la sintesi sia di quanto determinato dalla sua essenza, sia di quanto appreso dagli educatori.
Buttarsi a capofitto nel lavoro, collezionare francobolli, ingozzarsi di cioccolata, masturbarsi, darsi all’alcool, diventare violenti, petulanti, tossicodipendenti, anoressici, bulimici o, più in generale, compulsivi nei confronti di un determinato modo d’essere e sino agli estremi della patologia (in sostanza, uno qualsiasi dei sette peccati capitali in una delle sue innumerevoli forme), sono tutti modi d’indulgere adottati per compensare il torto subito dalla pressione della Morte e per dimenticare la Morte stessa.
Tutti modi per impegnare il Sistema Mente in qualcosa che abbia il potere di calmarlo, di allontanare l’angoscia, facendogliela dimenticare.
Con ciò è bruciata un’enorme quantità d’energia, perduta la quale il processo di trasformazione di tal energia in consapevolezza non può che fermarsi.A livello Golemico questo ha un significato molto preciso.
Supponiamo che il Golem ogniqualvolta la pressione esterna aumenta impegni, per farvi fronte, un determinato quantitativo della propria energia. In teoria e in assenza di complicazioni, tutta l’energia impegnata si trasformerebbe in consapevolezza.
Bene, questo è reso impossibile dal meccanismo (triade) “presunzione-autocommiserazione-indulgenza” poiché un quantitativo molto importante, anche se non tutto, d’energia viene irrimediabilmente perduto per il fatto che l’individuo è ricorso al suo specifico modo d’indulgere (è facile vedere che presunzione, autocommiserazione e indulgenza costituiscono una triade in cui la presunzione è forza attiva, l’autocommiserazione è forza passiva e l’indulgenza è forza neutralizzante).
Egli può avere messo mano alla bottiglia, così come può avere iniziato a picchiare il convivente (compresi i figli); per i nostri fini non è importante sapere qual è lo specifico modo d’indulgere. Ciò che importa è che, quando il “momentaccio” sarà passato, solo una minima parte dell’energia impegnata dai Golem interessati alla vicenda avrà subito la trasformazione in consapevolezza.
Il resto sarà andato perduto.
Ciò è fondamentale, giacché assicura che il processo di produzione di consapevolezza rimanga entro un confine preciso e mai pericoloso per Ihoah-Abraxas.
A ben guardare, su questo s’impernia il meccanismo del “perdono dei peccati”. Dopo avere caricato i mangiatori del frutto proibito del “senso di colpa”, Ihoah-Abraxas manda il Figlio a mondare i peccati del mondo. Risultato? Libertà di peccare.
Insomma: un “atto di dolore” e due “pater ave gloria” ed è tutto a posto. Quale senso ha tutto questo? Semplice: la possibilità di peccare (d’indulgere) è d’importanza vitale per il mantenimento del nostro sonno.
Se peccare divenisse impossibile (leggi: imperdonabile) noi tutti saremmo costretti a svegliarci e Ihoah-Abraxas sarebbe a Sua volta costretto a sterminarci.
Sotto questo profilo e in perfetta linea con la tradizione martiriologica cristiana, il sacrificio (la croce, il dolore) nella forma d’autocommiserazione sublimata diviene, per i cattolici, sinonimo di consapevolezza assoluta.
Dobbiamo a quest’esiziale meccanismo la nostra assoluta dedizione (sto parlando, in questo caso, d’occidentali in generale e di cristiani/cattolici in particolare, ma ritengo la considerazione perfettamente applicabile a musulmani, ebrei e buddisti) all’idea del sacrificio come perfetto strumento di santità.
In verità, non abbiamo alcunché da farci perdonare. Al contrario, proprio quest’assurdo senso di colpa ci spinge a adorare il dolore come mezzo di liberazione quando non è che strumento di schiavitù.
Andiamo oltre. Abbiamo detto che gran parte dell’energia impegnata nel processo di vita è perduta nell’indulgere. Tuttavia, dell’energia trasformata in consapevolezza che possiamo dire ancora?
La trasformazione suddetta genera due conseguenze rilevanti:
- La prima è chiamata Cristallizzazione Inferiore Esterna e tende, in ordine a specifici accadimenti, a portare determinati quantitativi d’energia all’esterno del corpo fisico;
- La seconda prende il nome di Cristallizzazione Inferiore Interna ed ha come risultato la progressiva formazione dei Golem.
Ora, se il secondo fenomeno struttura ciò che, per ora, chiameremo la personalità dell’individuo (caratterizzandone, quindi, anche gli eventuali disturbi), il primo, oltre a costituire la vera “cifra” dell’essere umano in quanto produce il tipo più alto di consapevolezza, determina un progressivo svuotamento del corpo fisico del suo contenuto energetico.
Vediamole distintamente.
CRISTALLIZZAZIONE INFERIORE ESTERNA (CIE).
In sostanza, accade che, come l’età dell’individuo avanza e si accumulano le esperienze da questo vissute, all’esterno del corpo fisico (ma all’interno dell’uovo luminoso) si forma una sorta di struttura puntiforme, quasi una ragnatela di punti lucenti ognuno dei quali corrispondente ad una specifica esperienza di vita; un’esperienza durante la quale l’individuo ha avuto, sotto la spinta della Morte, occasione di trasformare un certo quantitativo d’energia in consapevolezza, tanto che adesso quella consapevolezza è quel punto di luce.
Ci si chiede come possa l’individuo conservare memoria dei ricordi passati se questi non risiedono più nel cervello. La risposta è la seguente (e presuppone la presenza d’alcune cose in colui che sta leggendo): la funzione della memoria non ha sede nel cervello, bensì risiede fuori del corpo fisico (anche se all’interno dell’uovo luminoso) cristallizzata nei punti di luce della consapevolezza.
Appare, quindi, evidente come memoria e consapevolezza siano strettamente legate, tanto che il meccanismo di “recupero dei ricordi” passa proprio attraverso uno sforzo consapevole. Chiamiamo quest’azione “sforzo” poiché il centro mentale deve attivare canali sottili per giungere ai singoli ricordi che, altrimenti, rimangono isolati e virtualmente perduti.
Se taluno potesse “vedere” un vecchio noterebbe l’uovo luminoso saturo di quei punti di consapevolezza, mentre nessun’energia potrebbe essere notata all’interno del corpo fisico, poiché questa è stata usata tutta durante la vita. Ormai, il vecchio vive solo dei suoi ricordi.
Questa la differenza fra un infante ed un vecchio. Nel primo avremo tutta l’energia all’interno del corpo fisico e nessuna consapevolezza all’esterno, nel secondo il contrario. In questo è anche il senso profondo del dettato evangelico “tornate come bambini”.
CRISTALLIZZAZIONE INFERIORE INTERNA (CII).
Si tratta, come abbiamo detto, del processo sotteso alla formazione dei Golem.
In forza della pressione esercitata dalla minaccia della Morte (minaccia veicolata, in sostanza, da ogni situazione di vita e, in particolare, dalle situazioni c.d. “difficili”, così come dal processo educativo) si assiste all’aggregazione progressiva delle singole Monadi nelle “formazioni meccaniche” che abbiamo chiamato Golem e che sono dotate d’energia propria.
Con il procedere dell’individuazione (intesa in senso junghiano), i Golem tendono a disporsi in strutture mandaliche.
In effetti, l’origine dei c.d. mandala (figure geometriche e/o artistiche, espresse perlopiù in disegni ma anche in forma di danza o canto, da millenni presenti in ogni cultura religiosa. Com’è noto si deve a Jung l’aver legato ai mandala la rappresentazione del Sé) sta esattamente qui, fra i Golem disposti geometricamente e/o artisticamente all’interno del Sistema Mente.
Accade che, a seguito d’eventi traumatici o anche solo ripetitivi, gruppi di Monadi stabiliscano fra loro legami durevoli, di solito indissolubili.
Legami, a loro volta, meccanici ma che hanno come risultato di generare nel Golem la consapevolezza d’essere una singola individualità. In sostanza, nel momento di formazione dei Golem questi prendono il luogo delle Monadi che li compongono. A loro volta, i Golem sono regolati, sulla base della struttura mandalica, dalla “chiave di volta” dell’individualità umana: la Mente (anche se è bene ricordare che questo vale solo per la veglia ordinaria giacché, durante il sonno fisico, il Centro Intellettuale, inteso com’entità autonoma, è disattivato; una parziale eccezione a questa regola è costituita dai sogni lucidi). Tutto questo è ciò che è chiamato il Sistema Mente.
In sostanza, i mandala costituiscono l’espressione del tremendo bisogno d’ordine che affligge la Mente stessa. Essa non ha altro modo che questo per legittimare la propria effimera esistenza. E’ come se la bellezza o, più semplicemente, la pulizia della disposizione armonica dei Golem potesse, da sola, sostenere l’immortalità del Sistema stesso.
Una pia illusione giacché i Golem, per definizione “entità senza spirito”, non possono sopravvivere alla morte e quando questa giungerà sì sgraneranno…tornando polvere.
La CII è un processo continuo ma che può avere durata diversa, secondo l’individualità cui è legata. Mediamente e in condizioni normali si può affermare che duri per tutta la prima parte della vita, ossia fino ai quarant’anni. Tuttavia questa non è una legge ferrea, anzi. Ammette molte eccezioni e solitamente non vale per coloro che, pur senza essere “guerrieri”, conducono un’esistenza fuori dei canoni. Ciò non significa per nulla che condurre un’esistenza di questo tipo sia necessariamente una cosa buona o utile. Al contrario e per chiunque desideri solo vivere la propria vita, la cosa migliore è quella di seguire il più possibile la tradizione.
Ma torniamo al giovane Nick. Alle soglie dell’età adulta Nick non conosce alcunché della struttura della psiche. Egli, in questa fase, ha una visione veramente ristretta di se stesso e passa l’intero tempo di veglia ordinaria completamente identificato con le cose che lo circondano e considerando i fatti che accadono entro l’area della sua percezione.
Ecco cos’è la vita di Nick: identificazione e considerazione.
Stiamo parlando di due caratteristici modi d’essere del “Sistema Mente”, in altre parole di due attività (si tratta di concetti già introdotti da Gurdjieff) che letteralmente riempiono la vita di ciascun mortale.
In particolare l’identificazione consiste nel subire passivamente il fascino di un oggetto, di una situazione o di una persona nella loro esistenza apparente e senza un importante coinvolgimento emotivo; la mente è perduta (identificata) in una di queste cose che agiscono su di lei in modo ipnotico.
La quasi totalità degli individui passa l’intera esistenza in tale stato di semi-sogno.
La considerazione, invece, attiene al modo con cui la mente gestisce il rapporto della Totalità con altre Totalità, il c.d. “rapporto con gli altri”. In essa rilevano elucubrazioni del tipo “gli piaccio?” o “che penserà di me?”.
E’ evidente che si tratta di un’attività capace di scatenare le passioni più forti, giacché s’innesta sull’aspetto più profondamente emotivo dell’individuo, nonché sui suoi aspetti più vulnerabili e delicati (sensi d’inferiorità, blocchi di natura diversa, etc.).
L’identificazione genera l’attività fantastica propriamente detta (oltre ad alcune emozioni negative), mentre la considerazione genera quasi tutte le emozioni negative (odio, livore, rancore, violenza, ecc). Ovviamente l’una non esclude l’altra, anzi, questi due modi d’essere della mente sono entrambi sempre presenti negli individui.
Come potenti guardiani, impediscono a ognuno il risveglio nel modo più semplice ed efficace.
In effetti e tramite loro, la mente versa in un continuo stato di saturazione, ossia in uno stato in cui il ricorso all’indulgenza risulta sempre naturale e immediato, uno stato in cui l’attenzione è costantemente e completamente assorbita dall’identificazione o dalla considerazione in atto.
Chiamiamo questo fenomeno sonno fattuale e lo distinguiamo dal sonno strutturale, ossia dal sonno derivante dalla struttura a grappolo sopra descritta.
In effetti, il sonno fattuale impedisce alla mente di interrogarsi sullo stato di sonno strutturale rendendo quest’ultimo semplicemente perenne.
Ora, però, dobbiamo occuparci di un altro aspetto inquietante della Totalità. Il cancro psichico che affligge ogni vivente prende il nome di morbosità.
Generatrice di malattie sia fisiche, sia psichiche così come di tutti i guai dei primati (dall’unghia incarnita, alla follia omicida) la morbosità è un tarlo che non risparmia alcuno.
Tizio beve? Il fratello si droga? Lo zio è un pedofilo? La madre abusa di Tizio? Il padre aspetta il suo turno? Il sacerdote, durante la confessione, insiste per sapere dai ragazzini come fanno a toccarsi? Il funzionario dell’Istituto Nazionale degli Infortuni sul Lavoro gode nel falcidiare un risarcimento? L’agente della Polizia Stradale va in visibilio durante il tempo in cui vi sta elevando una contravvenzione perché vi ha pescato mentre, alla guida della vostra automobile, vi stavate facendo fare un pompino dalla vostra amante (proprio davanti alla foto di vostra figlia, una di quelle foto con la didascalia “non correre papà”)?
Potremmo continuare all’infinito e la causa d’ogni abiezione sarebbe ancora e sempre una: morbosità, ossia una condizione psicologica espressa da un attaccamento eccessivo e malato alle persone o alle cose.
Questa è la base d’ogni degradazione fisica e psichica. Una base che Ihoah-Abraxas ha inserito in ognuno di noi e sulla quale, nel corso dell’esistenza, è destinato a crescere un mostro.
Ebbene, giunti a questo punto della lettura ritengo possa essere facile vedere che la Totalità è morbosamente predisposta per divino volere.
I cattolici chiamano questo “peccato originale” ma, come abbiamo visto, è chiaro che si tratta di un imbroglio, un raggiro del Tiranno tutto giocato sull’ignoranza determinata dal sonno nel quale, in forza della struttura della psiche, Egli tiene i primati.
Ora, la predisposizione morbosa della Totalità genera, durante il corso dell’esistenza, ciò che Jung chiamava “Ombra” e che un tizio di nome Gold chiama Cronico o, anche, Coccodrillo (E. J. Gold, fondatore di un gruppo di mattacchioni chiamato “I Viaggiatori del Labirinto”. Attualmente credo viva da qualche parte in California).
Per la verità le posizioni di Jung e Gold risultano diverse soprattutto nella valutazione globale di tal entità. Tuttavia e dando per scontata la conoscenza della teoria junghiana degli archetipi, nonché il fatto che in Gold è dato rilevare un approccio “guerriero” più deciso a tale problematica, tratteremo brevemente soltanto di quest’ultimo.
In sostanza e secondo Gold, il Cronico è una presenza oggettiva all’interno dell’individuo. Non solo, è anche una presenza potente, in grado di determinare comportamenti specifici.
Dunque, dice Gold, è sempre il Cronico a spingere la Totalità ad indulgere in specifiche “debolezze” e, quindi, a determinarne la sostanziale schiavitù tramite la reiterazione dell’indulgere.
Vero. Il Cronico è il “frutto agente” della morbosa predisposizione della Totalità. Questo significa che la sua nascita ed evoluzione dipendono dal patrimonio monadico specifico di una data Totalità.
Ne consegue che, secondo l’intensità di tale predisposizione, l’individuo conoscerà il suo destino di demonio, di santo o di persona comune. Ma cosa determina ciò che abbiamo chiamato “patrimonio monadico”?
Per questa domanda esiste, almeno al nostro livello, una risposta solo parziale. Ciò che si può inferire è che tutte le Monadi esistenti (derivanti, vale a dire, dalla somma di quelle legate a tutte le Totalità esistenti e di quelle sospese nell’attesa della “chiamata”) sono Ihoah-Abraxas. Questo significa che il Tiranno può essere efficacemente “descritto” dal simbolo che segue.
Ciò che il simbolo mostra è l’immagine scissa, duale di Ihoah-Abraxas.
Positivo e Negativo, Luce e Nerezza, Sole e Demonio; questo mostra il simbolo e questo è ciò che tutti noi vediamo ogni volta che volgiamo gli occhi al mondo circostante (ma anche dentro noi stessi).
Non solo, come tante marionette “prendiamo parte”, mettendoci a tifare per l’una o per l’altra fazione senza capire che: “Ogni cosa chiesta al Dio Sole genera un atto del Demonio. Ogni cosa creata col Dio Sole dà al Demonio il potere di agire. Questo è il terribile [Ihoah-]Abraxas” (C. G. Jung, Septem Sermones ad Mortuos – 1916).
Tante Monadi Positive richiedono un eguale numero di Monadi Negative, viceversa l’intero Gioco perde di significato.
Concezione manichea? Non posso negarlo, ma ci avvicina ulteriormente al problema della doppiezza di Dio.
Tuttavia e tornando alla questione della “predisposizione morbosa della Totalità”, quanto detto ci porta alla seguente considerazione: ogni Totalità si forma (in termini di componenti positive e negative) in modo da rispettare un equilibrio che, con evidenza, riguarda l’intera storia dell’uomo, in modo che alla “fine del tempo” (oggi) la sommatoria di positivo e negativo presente nel mondo (Cosmo) dovrà essere eguale a zero. Con ciò il Ciclo Umano giunge a compimento.
Una precisazione. Più sopra abbiamo descritto il Pleroma come il Nero in cui è immersa la pozza di luce che chiamiamo vita. Bene, è importante non confondere la parte Negativa di Ihoah-Abraxas con il Pleroma, sarebbe un errore poiché il Pleroma non può in alcun modo essere descritto e quando, in questo lavoro, è accaduto è stato solo per descrivere il Suo effetto sulla Creatura.
Il fatto è che, almeno per ora, dobbiamo accontentarci di pensare al Pleroma come “eterno-indifferenziato”, ossia privo di qualità.
(Continua …)
Honros
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