Un importante Flare solare di classe X2.1 (R3-Strong blackout radio) è scaturito dalla Regione Attiva 2297 alle ore 16:22 UTC di oggi 11 marzo 2015. L’evento ha avuto inizio alle ore 16:11 ed è terminato alle ore 16:29 UTC.
Di Type II (velocità stimata di 1.461 km/s) con emissioni di Type IV sono stati associati all’evento. Le emissioni di tipo IV si verificano in associazione a importanti eruzioni sulla superficie solare e sono tipicamente associati con forti Espulsioni di Massa Coronale (CME) e tempeste di radiazioni solari.
Inoltre, una radio 10 cm della durata di 3 minuti, con picco di flusso a 160 SFU si è associato all’evento. Una raffica Radio 10 cm indica che il burst elettromagnetico associato ad un brillamento solare alla lunghezza d’onda 10 cm è doppio o maggiore di quella iniziale 10 cm radio. Questo può essere indicativo di un significativo disturbo radio in associazione ad un brillamento solare. Questo disturbo è generalmente di breve durata, ma può causare interferenze a ricevitori sensibili, tra cui radar, GPS, e le comunicazioni satellitari.
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Che una tempesta solare stia arrivando sulla terra è ormai dato certo. Quello che non si sa ancora con precisione è quali aree verrano interessate e quanto intensamente saranno colpite. Ma delle diagnosi e previsioni già sono state realizzate. A quanto dicono gli esperti, infatti, le zone maggiormente colpite dovrebbero essere quelle più vicine ai poli poiché proprio in quelle aree la configurazione del campo magnetico permette la penetrazione degli sciami di particelle solari. “Per questo motivo l’Europa occidentale e quella meridionale, compresa l’Italia, non sono di norma interessate in modo significativo” spiega Mauro Messerotti, dell’osservatorio astronomico di Trieste dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.
L’arrivo della tempesta era stato previsto dagli esperti della task force internazionale SolarMax che lo hanno annunciato, alcuni giorni, fa sulle pagine della rivista scientifica Physic World esortando i governi mondiali ad adottare da subito misure di sicurezza. La tempesta infatti potrebbe provocare danni gravissimi, paralizzare le linee elettriche con lunghi blackout, far saltare i satelliti Gps e quelli delle telecomunicazioni. Secondo i ricercatori di Solar Max la tempesta potrebbe avere esiti catastrofici e produrre danni le cui conseguenze dureranno a lungo nel tempo.
Ma come difendersi a questo disastro ambientale o ad altri?
Esiste un vademecum che potrebbe essere utile
Nel caso in cui la nostra società andrebbe incontro ad un disastro tecnologico la priorità sicuramente riguarderebbe la nostra sicurezza, la nostra incolumità e l’adempimento dei nostri bisogni (mangiare, bere, dormire). Tutto il resto perderebbe di importanza: casa, soldi, macchina, oggetti… la vita al di sopra di tutto.
Questa piccola guida che leggerete può tornare sempre utile nel caso in cui un disastro naturale (simico, vulcanico, maremoto, inondazione, nubifragio, uragano… ) o umano (guerra, terrorismo, incendi o incidenti) danneggi la rete elettrica provocando un blackout prolungato o il disfacimento dei servizi essenziali.
Le norme della sopravvivenza rimangono quasi sempre le stesse di quelle adoperate in un ambiente selvaggio:
VOLONTA‘: la determinazione di voler vivere è alla base della sopravvivenza essa viene prima di tutto. Mai rinunciare alla lotta, mai pensare di avere fatto tutto il possibile, mai arrendersi, pensare sempre positivo. L’impatto psicologico ha un peso enorme sulla nostra mente e sul nostro fisico. Bisogna sempre mantenere la paura sotto controllo perché non si trasformi in PANICO. Molto spesso non è lo sfinimento fisico che fa cedere un uomo ma è quello psichico. La paura è un emozione molto intensa che si scatena quando percepiamo un pericolo che potrebbe danneggiarci (i pericoli possono anche non essere reali, come ad esempio la paura del buio), quindi la paura è un campanello d’allarme che ci dice ad esempio: “scappa… se rimani qui potresti morire”. Il terrore che si scatenerebbe nella popolazione in caso di tempesta solare sarebbe soprattutto derivato dall’incapacità di capire qual è il pericolo e di come difendersi da esso, di quali mosse attuare per salvaguardare la propria incolumità. La paura molto spesso cresce quando non conosciamo il tipo di pericolo o quando esso si manifesterà.
RIPARO e FUOCO: trovare un riparo ma soprattutto accendere un fuoco è determinante per la sopravvivenza. A seconda del luogo in cui ci si trova si può costruire un riparo sfruttando quello che si trova, oppure si può sfruttare un riparo già esistente. Molto importante è esplorare il territorio e riuscire a subito a capire cosa ci può servire o tornare utile. Accendere un fuoco è utile per mille cose (riscaldarsi, illuminare, cuocere i cibi, far bollire l’acqua o la carne per uccidere i batteri, asciugare i vestiti…). In questo caso il riparo può rimanere la nostra abitazione. Potremmo rispolverare dalla cantina vecchie lampade, candele, fornelli a gas. I metodi per accendere un fuoco in città sono praticamente infiniti, anche senza rete elettrica e gas possiamo trovare praticamente ovunque materiale da bruciare e oggetti che ci aiutano a creare la scintilla che accenderà il nostro fuoco. Sta solo a noi decidere quale sistema utilizzare, a seconda delle nostre conoscenze, esigenze e materiali a disposizione (ad esempio utilizzare una batteria; vedi capitolo fuoco). Se il disastro capita nella stagione invernale o si abita in zone fredde si può scegliere una delle stanza più piccole dell’abitazione e isolare le finestre o eventuali spifferi con coperte dopidiché può bastare anche qualche candela (a seconda delle dimensioni della stanza) per mantenere ideale la temperatura nella stanza. Se si è più persone conviene dormire tutti quanti nelle stessa stanza. In caso di caldo torrido rifugiarsi nelle stanze più in basso (vanno bene anche garage, cantine, taverne) o con le pareti non esposte al Sole durante il giorno, l’obbiettivo in questo caso è sudare il meno possibile data la poca disponibilità d’acqua.
ACQUA: l’uomo è composto dal 60% di acqua, e normalmente ne deve assumere dai 2 ai 3 litri giornalieri. C’è da tenere conto che la richiesta di acqua aumenta, in presenza di clima caldo o umido e di fatica, anche dai 5 fino agli 8 litri al giorno. In caso di sopravvivenza è essenziale riuscire a bere almeno un 1 litro di acqua al giorno, razionandola e bevendola a piccoli sorsi bagnandosi prima le labbra per sfruttare al massimo ogni goccia. Trovare acqua in città potrebbe essere possibile anche senza elettricità; certo che più è grande la città più sarà difficile accontentare il fabbisogno giornaliero di tutti. Immaginate una metropoli come New York con più di 8 milioni abitanti, sarebbe impossibile per lo stato (anche con interventi mirati) mantenerli tutti. In città abbiamo comunque una vastità di oggetti, utensili e materiali (che non abbiamo ad esempio se dobbiamo sopravvivere nella giungla) che ci aiutano più facilmente a raccogliere acqua piovana, a potabilizzare acqua sporca o nel caso anche urina. In caso di nevicate o si abita in zone fredde si avrà la possibilità di ottenere acqua in abbondanza riscaldando la neve in un pentolino, NON ingerite direttamente la neve, vedi capitolo acqua.
CIBO: si può resistere a digiuni prolungati anche fino a 40 giorni in condizioni di riposo, ma i crolli psicologici per la mancanza di cibo possono uccidere molto prima. A seconda del territorio in cui ci si trova ci si può sempre cibare di qualcosa, se uno sa dove cercare può trovare cibo anche nel deserto. Certo, in un ambiente urbano diventa difficile trovare cibo soprattutto se ogni casa abbandonata, negozio, supermercato, industria alimentare sono stati saccheggiati. Diventa quindi necessario uscire dalla città per sfruttare le risorse di madre natura. Paradossalmente se in una normale situazione di sopravvivenza l’obbiettivo è raggiungere la civiltà qui è il contrario! Dove la competizione per la sopravvivenza diventa vitale e non ci sono più regole, si può anche uccidere per una bottiglietta d’acqua o per un pezzetto di carne. Una volta esaurite le scorte, dovremmo vivere alla giornata… come nei tempi antichi. Ogni giorno ci dovremo preoccupare di avere un pasto in tavola (1 pasto al giorno in condizioni di sopravvivenza è già sufficiente) e come in diversi film post-apocalittici cibarsi di ratti potrebbe divenire realtà. Cacciare o fare trappole per cibarsi di piccoli animali, realizzare un orto per avere frutta e verdura, allevare animali domestici come ad esempio galline, fare economia delle provviste e consumare anche gli avanzi (non potremmo più permetterci gli sprechi), scambiare i viveri con altre persone (ci si può mettere daccordo con il quartiere chi produce ad esempio olio, formaggio chi coltiva verdura chi pianta alberi per la frutta ecc…). Cooperare con altre persone piuttosto che ammazzarsi a vicenda per derubarsi le provvigioni, permetterebbe sicuramente a tutti di vivere molto più a lungo. L’homo sapiens è un animale sociale, cioè per sopravvivere (ma soprattutto per preservare la specie) deve interagire con gli altri. Aiutarsi l’uno con l’altro, dividersi i compiti sono principi basilari nella fondazione di una società.
SEGNALAZIONE: in questo caso possiamo toglierla in quanto l’obiettivo non è sopravvivere fino all’arrivo di una squadra di salvataggio ma è sopravvivere e basta! Nel caso in cui la tempesta solare ci metta in condizione di pericolo tanto da non potercela cavare da soli possiamo provare a richiedere aiuto sfruttando segnali acustici o visivi, dai un’occhiata qui.
Arrangiarsi questa sarà la parola dominante se tutti gli agi, i vizi e le comodità a cui ci ha abituato la tecnologia ci venissero tolti all’improvviso. Dovremmo capire da soli se una tecnologia inutile senza corrente ci potrebbe tornare utile, come dice un vecchio proverbio latino la necessità aguzza l’ingegno. Ad esempio la dinamo di una bicicletta collegata ad una ruota potrebbe fornirci elettricità, potremmo sfruttare i rifiuti per creare i più disparati oggetti (potremmo creare delle serre per la coltivazione con delle vaschette di plastica). Bottiglie, lattine, contenitori di alluminio, di plastica, di vetro, scatole, cartoni, stoffe, legno, ferro… tutto potrebbe servirci, il riciclaggio che attuiamo ai giorni nostri ci insegna molto. Un programma televisivo francese intitolato “D comme débrouille” (in Italia trasmesso con il nome “L’arte di arrangiarsi”), condotto da Sébastien Perez, mostrava come nei paesi meno ricchi le popolazioni facevano dei rifiuti una vera e propria materia prima per creare i più disparati arnesi. In una puntata ambientata in Messico si vedeva come da alcuni rottami di bicicletta riuscivano a creare lavatrici e, ancora, come da camere d’aria di vecchi pneumatici plasmavano imbarcazioni per il commercio.
Fonte:
http://www.retenews24.it
www.attivitasolare.com/
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