Che cos’è “Veramente” il Tàijíquán?
Il Tàijíquán è un’Arte Marziale molto famosa, ma non tutti sanno che è anche la più sofisticata e micidiale tra tutte quelle conosciute dalla massa, nonostante si parli di movimenti dolci, che rispettano la fisiologia del corpo umano, e sia un vero toccasana per chi la pratica.
Addirittura in Cina è considerata alla stregua di una medicina.
Il Tàijíquán è un’Arte Marziale Esoterica e la parte nascosta di questa disciplina, molto misteriosa, è quella che preferisco.
Innanzitutto possiamo dire che per Arte Marziale non intendo un’accozzaglia di calci e pugni alla rinfusa, ma un vero e proprio stile di vita basato su alte qualità morali.
Con impegno quotidiano, fisico e mentale si comprendono i valori del coraggio, della lealtà e del rispetto verso gli altri e per se stessi.
In altre parole si diventa dei Guerrieri.
Diventare un Guerriero è il primo passo da fare verso l’Illuminazione.
Come dice la parola stessa, l’Arte Marziale è proprio una forma d’arte, come possono esserlo la pittura o la scultura, la musica o ancora meglio la danza, dove il movimento del corpo è la cosa che più li accomuna.
Esistono delle regole da rispettare, sono stati fatti degli studi specifici sulla funzionalità del corpo e ci sono movimenti precisi e prestabiliti, che conferiscono ad ogni stile una caratteristica diversa.
Si può chiamare “arte” qualsiasi cosa sia fatta con passione, costanza, impegno, precisione, abilità, bravura e maestria, che suscita in noi stessi e/o negli altri un’emozione, ossia quando arriva a “toccare” almeno uno dei 6 sensi, che la natura ci ha dato a disposizione.
Andando nello specifico, il Tàijíquán lo possiamo considerare esoterico, perché sfrutta le “Energie Sottili” dell’essere umano e dei “movimenti” degli “elementi”, che lo costituiscono.
Il Tàijíquán è conosciuto in Cina come la più famosa delle Arti Marziali Interne.
La parola “interna” sta a indicare l’uso della struttura ossea, della muscolatura profonda e, appunto, del corpo energetico.
La differenza principale tra l’Arte Marziale Esterna e quella Interna è che, nella prima, la mente comanda il corpo fisico direttamente, mentre, nella seconda, il comando mentale va al corpo energetico, che farà muovere il corpo fisico.
L’intenzione muove il Qì e il Qì fa muovere il corpo (il Qì sarebbe il Ki dei giapponesi e il Prana degli Indiani, per intenderci).
Questo passaggio in più, all’inizio potrà rallentare i movimenti, ma col tempo si diventerà sempre più abili e veloci, e questo passaggio sarà quello che farà la differenza.
Stiamo parlando di pura “alchimia interna“: un processo di trasformazione del piombo in oro, da un corpo rigido e goffo, una mente confusa e uno spirito debole, a un fisico che sfrutta quasi al 100% le sue possibilità, una “Mente Chiara” e uno spirito Guerriero.
Una cosa importante è risvegliare l’intelligenza corporea, che è rimasta sopita troppo a lungo, a causa di una vita molto sedentaria.
Bisogna rinvigorire il fisico con degli esercizi specifici, per dare consistenza ai muscoli, ai tendini e alle ossa.
Dopo poco tempo l’allenamento renderà il corpo più sciolto, i muscoli più tonici e la pelle più spessa e resistente al dolore.
In seguito si faranno esercizi di allungamento e “metamorfosi” dei tendini e dei legamenti, per renderli forti, come cavi d’acciaio.
Più avanti, anche grazie alla visualizzazione, si farà scorrere l’energia nelle ossa, per renderle più compatte e condensate, robuste, come fossero barre di titanio.
All’interno del nostro corpo, nell’addome, a circa tre dita sotto l’ombelico, c’è il famoso campo dove si coltiva il “Cinabro”, chiamato Dān Tián dai cinesi (che corrisponderebbe all’Hara dei giapponesi e al Chakra ipogastrico degli indiani).
In quel punto si possono far confluire le nostre energie con la forza della mente, e da lì far partire il movimento, che non sarà il movimento isolato di una singola parte del corpo, ma sarà un movimento, che coinvolgerà il fisico nella sua interezza.
Tutti i muscoli si attiveranno in successione, come in un domino, dal centro alla periferia, dall’interno all’esterno, per poter avere con un singolo pugno una potenza fluida, ma dirompente come uno tsunami.
Dall’esterno si vedrà solo un movimento armonioso, dolce e gentile…
Ma l’effetto di un colpo del genere nei confronti di un avversario può risultare veramente distruttivo, soprattutto se viene fatto con “intenzione omicida”.
Si possono colpire dei punti, che fanno perdere conoscenza, paralizzano o possono rovinare irrimediabilmente gli organi interni… una vera e propria condanna a morte.
In questa Arte Marziale Esoterica si usano forze nascoste e bisogna usarle con intelligenza e sempre e solo per necessità.
Con gli occhi si percepisce solo una minima parte di quello, che succede nel corpo del praticante, perché è all’interno che avviene il lavoro più impegnativo, invisibile agli occhi dei profani.
Guardando un Maestro, si potrebbe pensare che sia troppo vecchio o troppo piccolo o troppo magro per essere forte, ma si sa che spesso l’apparenza inganna.
Per chi ha familiarità con queste cose, avrà certamente sentito le parole “acciaio (o ferro) ricoperto di cotone”.
Questo si dice del corpo di un praticante di Tàijíquán, che, sfruttando la muscolatura profonda e rilassando quella superficiale, riesce a raggiungere uno stato di rilassamento generale, che gli permette di eseguire i movimenti in maniera fluida e continuativa, come un fiume in piena, senza interruzioni, sempre costante, pressante, incontenibile e inarrestabile.
Ma questa morbidezza non deve trarre in inganno.
Infatti è proprio grazie alla morbidezza che si riesce a essere più veloci, e tutti sanno che, aumentando la velocità, si aumenta anche la forza dell’impatto dei colpi.
Dovete ricordarvi che, anche se normalmente ci si allena con movimenti lentissimi (per allenare la precisione e la concentrazione), questa rimane pur sempre un Arte Marziale, quindi necessita anche di allenamento in velocità, in modo da saper sfruttare quest’ultima, in caso di necessità.
Nel Tàijíquán si usa anche una tecnica di Qìgōng, chiamata “camicia di ferro”, dove il praticante, grazie a una potente compressione interna, causata da un forzato abbassamento del diaframma (che viene spinto verso il basso durante un’inspirazione “inversa” (ma comunque mantenuto in quella posizione anche nelle altre fasi respiratorie), riesce a resistere, senza subire danni evidenti, a colpi inferti all’addome e alla schiena, colpi, che senza questa “Camicia di Ferro” potrebbero risultare mortali.
Si dice che alcuni maestri riescano addirittura a portare il Qì protettivo su qualsiasi altra parte del corpo, diventando quasi invulnerabili, come dei veri e propri supereroi dei fumetti.
Nel Tàijíquán bisogna essere costantemente concentrati, non solo su quello che succede intorno a noi, per essere sempre preparati a un eventuale attacco, ma anche e soprattutto su quello che succede dentro di noi (interno ed esterno sono strettamente ed esotericamente connessi), rendendo necessaria l’attenzione sia alla muscolatura superficiale che a quella profonda.
Con la pratica quotidiana, la Consapevolezza Corporea si affina talmente, che si riesce a comandare ogni singolo muscolo del nostro corpo, a percepire i principali organi interni e a “Vedere” lo scorrere dell’energia lungo i canali energetici (quindi anche a tenere sotto controllo la salute).
In qualsiasi momento, il maestro deve essere concentrato e vivere in armonia con il mondo, rispettando i valori del Tàijí, l’equilibrio tra lo Yīn (il principio femminile, il lato della montagna che rimane in ombra) e lo Yáng (il principio maschile, il lato della montagna esposto alla luce del sole).
La Legge dell’Eterno Equilibrio vige in qualunque luogo sulla Terra e per qualsiasi essere vivente.
Si dice che, se una farfalla si posa sulla spalla di un Grande Maestro, il corpo si adatta a quel piccolo peso, per potersi di nuovo equilibrare, poiché sfrutta proprio questa sensibilità, per capire dove c’è più forza e dove ce n’è meno e agire di conseguenza, con una precisione degna di un bilancino da orefici. Quando un Maestro arriva ad alti livelli, può percepire la minima variazione di forza e capirne la direzione.
Per esempio, nel ricevere una spinta, lui può utilizzare la forza dell’avversario contro l’avversario stesso.
È possibile addirittura “Vedere” l’energia di chi si ha davanti e scoprire i percorsi, che la forza utilizza all’interno del corpo.
Si può “Vedere”, quindi, dove c’è carenza di energia, per colpire proprio in quel punto, facendo il massimo danno con il minimo sforzo.
Esistono delle tecniche, che servono proprio a togliere energia all’avversario, per poi usarla contro di lui. Più l’avversario mette forza e più l’effetto è devastante.
Con la Concentrazione si può essere così impegnati, da dimenticarsi il freddo, la fame, la sete, il sonno e addirittura il dolore. Infatti con il passare del tempo e con il crescere delle abilità si può anche arrivare a spegnere alcuni contatti nel cervello, in modo da non sentire più il dolore, neanche sotto tortura.
Normalmente davanti a un avversario la nostra mente va in tilt e mille pensieri girano vorticosamente nella testa, facendoci perdere la Centratura e l’Equilibrio Psicofisico. Abbiamo paura di sentire dolore, paura di perdere la nostra dignità, paura di morire.
L’Artista Marziale, al contrario, allenato sia fisicamente che mentalmente a questo tipo di situazioni, concentrandosi al 100% su quello che sta facendo, può unire mente, corpo e spirito, per calmare i suoi pensieri, acquietando le acque della mente e lasciando depositare il fango sul fondo, in modo da far tornare l’acqua trasparente e limpida, come dovrebbe essere sempre. Il corpo deve eseguire gli ordini della mente senza obiezioni e senza tentennamenti.
Basterebbe una minima distrazione, una piccola indecisione, per mandare tutto all’aria.
Grazie alla costante “osservazione” di se stessi e delle leggi che governano il mondo, si possono sfruttare le forze presenti in natura, che sono a disposizione di tutti (anche se non tutti riescono a utilizzarle).
Sfruttando la forza di gravità e la forza centrifuga o centripeta, si riesce a essere molto efficienti.
L’energia dell’avversario (non solo quella cinetica, ma anche proprio la sua energia vitale), può essere “divorata” e usata contro di lui, ottenendo risultati incredibili.
Per esempio, potrebbe succedere che un Maestro ti scaraventi per terra, senza apparente sforzo, spiegandoti che non ha usato la forza muscolare (perlomeno non solo quella…), ma la forza “presa in prestito” dal Cielo o dalla Terra. Alcuni parlano addirittura di forza, che alcune entità immateriali ti possono dare, quando vengono evocate (sicuramente non gratis).
Queste cose sembrano assurde, ma sono reali e tangibili, altrimenti non si spiegherebbe come una persona vecchia ed esile, con un piccolo movimento, riesca a spostare brutalmente e per parecchi metri un uomo giovane e di corporatura robusta, in una maniera così sorprendente.
Grazie a una continua Concentrazione protratta nel tempo, quando si praticano le cosiddette “forme” del Tàjíquán, si potrebbe benissimo parlare di Meditazione in Movimento, per questo i benefici di questa pratica sono molteplici.
Uno dei principi cardini del Tàijíquán è la rilassatezza muscolare abbinata alla tranquillità mentale. Queste caratteristiche non possono esserci, se le emozioni scendono in campo a giocare contro la nostra squadra.
Bisogna trovare la quiete in mezzo alla tempesta, anche quando siamo bersagliati dai colpi dell’avversario, come la quiete che c’è nell’occhio di un ciclone. Non si deve aver paura e nemmeno rabbia. Bisogna cercare di rimanere distanti dalla confusione e guardare il tutto come un osservatore esterno, come quando si guarda un film e si sa che non si può interagire, in maniera distaccata.
Le mosse escono all’improvviso, senza premeditazione, come se fosse un’altra persona ad eseguirle, perché la mente si è estraniata da tutto, si è messa da parte per far posto a una “mente diversa”, molto più profonda.
Allora non sarà più la mente superficiale, quella che impartisce gli ordini (che con i suoi ragionamenti è molto lenta a “processare” i pensieri), ma si bypasseranno tutti i pensieri, andando a usare direttamente il cervello rettile, che è di gran lunga il più veloce.
Sì, ci si può allenare ad agire senza pensare, cercando di entrare in quella condizione di “Pace Interiore”, che deriva da quello stato mentale, che i cinesi chiamano “Wú Wéi”, che vuol dire “non agire”.
La condizione per avere una reazione spontanea, senza ripensamenti, senza incertezze, senza riflessioni, è raggiungere il “Wu Wei”, dove tu non sei arrabbiato con l’avversario, non hai paura dell’avversario, ma riesci in qualche modo ad armonizzarti con lui e diventi un tutt’uno con lui e così smetterà di essere un problema. Riuscirai a prevedere qualsiasi movimento esso farà e ogni tua tecnica sarà perfetta e imprevedibile, adatta alla situazione e appunto armonizzata alla mossa del tuo avversario, incredibilmente efficace e potente, e la eseguirai quasi senza fatica.
Per far questo però bisogna prima affrontare, combattere e “vincere” i tuoi più temibili nemici, le tue emozioni.
Devi capire quali sono i tuoi limiti e cercare di superarli.
Questa è la strada, che percorre il Guerriero, che ha capito che il vero nemico non è là fuori ma è dentro di sé, anzi… che ha capito che non esiste nessun nemico. In poche parole mettendo l’Ego da parte, l’avversario smetterà di essere definito tale e in questo modo ci si potrà avvicinare alla comprensione del famoso concetto del “Ritorno all’Uno”.
Blackstar (29/08/2016)
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