Se ti fermi a guardare nel profondo dei loro occhi riuscirai a riconoscere l’inferno, quello vero, dove l’unica via d’uscita è costituita dal suicidio
Strappate all’improvviso alle loro vite e alle loro famiglie; i loro uomini brutalmente assassinati; caricate come capi di bestiame su sudici cassoni di camion sgangherati per poter essere condotte in deprecabili mercati e lì rivendute come schiave; picchiate, insultate, stuprate fino a 30 volte al giorno perché diverse, perché Yazidi.
No, non è la trama di un film drammatico, quanto appena descritto corrisponde a nient’altro che realtà.
Sinjar, Agosto 2014
Sono già passati più di 2 anni dall’inizio dell’orrore per la comunità Yazida stanziata nel nord dell’Iraq. Il sedicente stato islamico ha da poco conquistato Mosul e avanza baldanzoso verso Ovest, verso Sinjar, dove è maggiormente concentrata la minoranza etnica. Quella che all’inizio sembra un’azione militare per impadronirsi di vasti territori, ben presto svela il suo volto più oscuro, il volto della bestia, una bestia che ha come obbiettivo la distruzione di una cultura millenaria, che affonda le sue radici fino alla civiltà Sumera.
«Prendi le loro donne e distruggerai il loro popolo.» É il significato, neanche troppo implicito, contenuto nel manuale dello stupro, che ogni buon miliziano del Daesh deve conoscere per poter concludere al meglio il sudicio e disumano piano di pulizia etnica voluto contro la minoranza Yazida.
I calcoli sono approssimativi, ma è certo che migliaia di donne sono state rapite e rivendute come schiave sessuali dallo Stato Islamico a partire dalla data poc’anzi menzionata.
Ad oggi, ancora 3800 mancano all’appello e giacciono nelle mani di criminali assassini completamente ignari dei più basilari canoni di rispetto della vita umana.
Alcune hanno scelto il suicidio durante la prigionia altre dopo, anche quando sono state liberate. Altre ancora hanno scelto la via del kalashnikov.
Al richiamo dello slogan <Loro ci violentano e noi li uccidiamo> sono diventate ormai centinaia le ragazze Yazidi entrate a far parte di un battaglione di sole donne per poter gridare forte il loro diritto alla vita e alla libertà.
Aventi compiti di protezione della popolazione locale ricevono direttamente sostegno dalle persone che proteggono contro gli attacchi del Daesh, che in più di un’occasione si è ritirato al solo udire il loro grido di battaglia, perché, sì, venire ucciso da una donna in combattimento fa decadere il buono di 72 vergini in paradiso…
Sono efficienti, coraggiose, determinate. Rappresentano uno dei nemici più difficili da affrontare, perché non si ritirano, combattono fino all’ultimo. Con loro portano sempre una granata, da usare quando anche l’ultimo colpo è stato sparato. Sì, preferiscono morire piuttosto che tornare ad essere schiave degli uomini del califfato.
Sono le Sun girls, le guerriere del sole.
Il loro angelo, Melek Taus, veglia su di loro, fornendo a queste ragazze una forza sconosciuta a molti guerrieri di sesso opposto.
In uno dei luoghi a più alto coefficiente maschilista, queste meravigliose anime stanno dando vita ad una delle più alte forme di emancipazione femminile che il mondo abbia mai conosciuto.
Vale la pena conoscere il volto della nostra prima linea di difesa contro il nero terrore dello stato islamico, un volto splendido, forte e coraggioso e che probabilmente sta già affondando le radici per poter edificare un mondo nuovo sulle ceneri di uno vecchio e malandato.
Un mondo di luce, un mondo di anime luminose, dove la donna può e deve riavere il suo giusto ruolo al fianco della controparte maschile.
Max Massa
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