“Un ideale che canta nell’anima degli imbecilli”
In passato si è molto discusso sulla legittimità di Renzi nel governare il paese: perché non è stato eletto democraticamente o anche perché il periodo di crisi economica richiedeva un governo tecnico. Ma se così fosse, fin dalla prima Repubblica, l’Italia ha vissuto periodi di crisi profonda eppure, non sempre si è giocata la carta dei tecnici…o meglio. Tecnici, giuristi, saggi, professori e dottoroni, da sempre, pur se non eletti hanno avuto le mani in pasta nella “cosa” politica. Cattiva abitudine che ha portato ad una evidente sospensione della democrazia nel nostro paese. Ma facciamo un passo indietro. Siamo a metà degli anni ’70 e un equipe di giuristi e consiglieri politici del Quirinale sta studiando un progetto per il “miglior funzionamento delle istituzioni” o più semplicemente, la classica riforma costituzionale. L’onorevole Giovanni Leone, in un’intervista rilasciata al “Giorno” ha detto: <<Al tempo d’oggi, una Costituzione non può essere un tabù. C’è un sistema parlamentare che dovrebbe essere rivisto. Si tratta di problemi che impegnano una severa riflessione>>. Sarà, ma l’impressione è che questa severa riflessione sia arrivata fino ad i giorni nostri e che parole, idee, concetti, siano resistiti passando sulle ceneri di scandali, crisi, corruzione e tangenti. Tra i punti della riforma vi sono le elezioni primarie per la scelta dei candidati infatti, i capi gruppo parlamentari approvarono all’unanimità l’impegno ad attuare una riforma parallela al finanziamento dei partiti. Altro punto, la riforma del Senato, anche questo tema di estrema attualità. L’onorevole Leone, parlando al consiglio nazionale della Dc il 19 aprile del 1967, ha sostenuto che il bicameralismo doveva essere superato per via del “va e vieni” di leggi tra Camera e Senato perché questo crea difficoltà per poter legiferare. La paura più grande era che il Senato si potesse trasformare in un’assemblea neo-corporativa. Su questo punto, come ha ricordato il giornalista Massimo Caprara sull’Espresso del 5 gennaio 1975, in molti hanno evidenziato le parole di Benedetto Croce che, esaminando la proposta di affidare gli affari politici ad una “sorta di aereopago di saggi”, la definì <<un ideale che canta nell’anima degli imbecilli>>. Altra riforma affidata ai saggi del tempo, era quella della magistratura e del Consiglio superiore, ovvero: riorganizzazione dell’accusa pubblica; composizione dell’organo disciplinare. Altro punto era quello che coinvolgeva Regioni e Comuni. Per le regioni era stata proposta l’elezione popolare diretta del presidente e per i comuni, un cambiamento che avrebbe dovuto trasformarli in aziende, o almeno questo era il parere dei consiglieri dell’allora presidente della Repubblica Giovanni Leone. In particolare nei comuni andava inserita una figura denominata “city manager” che doveva essere designata dal sindaco. Insomma, da sempre i governi in Italia hanno utilizzato la carta dei tecnici e Renzi, è solamente l’ultimo di una lunga lista che oggi come ieri, ha proposto riforme costituzionali che non hanno nulla di innovativo perché chi detiene il potere, non punta allo sconvolgimento dello status quo anzi, lo protegge dalle intemperie del tempo per piegarlo ai propri bisogni.
Enea Rotella
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