Plutone, l'ultimo avamposto del sistema solare e la misteriosa fascia di Kuiper
Il lontanissimo Plutone è stato scoperto solo in epoca recente, nel 1930 da Clyde Tombaugh. Per alcuni decenni è stato considerato il nono pianeta del sistema solare, ma la sua catalogazione in vero e proprio “pianeta” è stata messa in discussione già all’inizio degli anni Novanta, quando nella fascia di Kuiper furono individuati oggetti di dimensioni simili o addirittura più massicci di Plutone, come Eris. A seguito di tali valutazioni, l’Unione Astronomica Internazionale nel 2006, non senza il disaccordo di eminenti studiosi, ha declassato lo status di Plutone in “pianeta nano”, in quanto non gli sarebbe riconosciuto il requisito di dominare la propria orbita, allontanando dal proprio territorio altri corpi celesti. Plutone, pertanto, condividendo la sua orbita con altri oggetti trans-nettuniani, ha perso lo status di pianeta, nonostante le vibrate proteste di molti scienziati. Già nella prima metà del diciannovesimo secolo, si erano susseguite continue scoperte di “piccoli pianeti” come Cerere, Vesta, Pallade et cetera.. Gli astronomi decisero di classificarli come “asteroidi” per distinguerli dai grandi corpi celesti conosciuti. In epoca più vicina ai nostri giorni, invece, la scoperta di oggetti più o meno delle dimensioni di Plutone ha determinato la nascita della categoria dei “pianeti nani”, una sorta di specie intermedia tra il pianeta e l’asteroide, in cui inserire questi anomali corpi celesti. Attualmente i cosiddetti pianeti nani del sistema solare sono cinque (Cerere, Plutone, Haumea, Makemake ed Eris), ma il numero è destinato inevitabilmente ad aumentare con le future osservazioni mirate.
Al di là della categoria che si vuole attribuire a Plutone, esso rimane un corpo celeste pieno di fascino e di sorprese, da noi parzialmente ammirato grazie alle immagini della sonda New Horizons, in grado di rivelarci un mondo multiforme e complicato.
Per arrivare alla scoperta di Plutone, fu necessaria un’esatta valutazione di alcune presunte perturbazioni delle orbite di Urano e di Nettuno. Successivamente, però, gli studiosi capirono che non era la massa di Plutone ad essere responsabile delle perturbazioni di tali orbite, ma che esse erano dovute semplicemente ad alcuni errori di calcolo. L’unica missione che ci ha rilevato informazioni piuttosto attendibili su Plutone, è stata quella relativa alla già citata sonda spaziale New Horizons che, lanciata nello spazio nel 2006, ha impiegato ben 9 anni prima di avvicinarsi al pianeta Plutone e, precisamente, a circa 12500 km dalla sua superficie. Per l’enorme distanza dalla Terra, le immagini hanno impiegato più o meno un anno, prima di tornare indietro. Tra le caratteristiche più importanti di Plutone vi è la tipologia di orbita che si presenta molto più inclinata sull’eclittica, in rapporto agli altri pianeti del sistema solare, nonché la sua evidente eccentricità, al punto che in alcuni periodi, Plutone risulti più vicino al Sole che non Nettuno. Il periodo orbitale di Plutone è di circa 249 anni terrestri, mostrandosi alquanto caotica, anche se diversi fattori le consentono di mantenere una certa stabilità e di evitare collisioni planetarie. A metà del secolo scorso, analizzando le curve di luce di Plutone, si riuscì a stimare per la prima volta il suo periodo di rotazione in 6,39 giorni, con l’approssimazione soltanto di qualche minuto. In seguito, fu accertato che il suo periodo di rotazione, che avviene in senso retrogrado, è in realtà di 6,387 giorni terrestri. Per spiegare le piccole dimensioni di Plutone furono avanzate molteplici ipotesi, tra cui inizialmente risultava predominante quella che riteneva che il pianeta fosse in realtà un ex satellite del gigante Nettuno, espulso poi dalla sua orbita a causa di una perturbazione gravitazionale. L’astronomo Gerard Kuiper notò, a tal proposito, notevoli similitudini tra le caratteristiche atmosferiche e geologiche di Plutone e quelle di Tritone, uno dei maggiori satelliti di Nettuno. Questa ipotesi fu abbandonata, quando fu accertato che Plutone e Nettuno non si avvicinavano mai fra loro e quando, oltre l’orbita di Nettuno, furono scoperti altri corpi celesti ghiacciati simili a Plutone. La comunità scientifica ritiene che Plutone possa essere considerato un frammento del disco protoplanetario nel corso della formazione del sistema solare, ma che la sua crescita autonoma non fu adeguata. affinchè diventasse un pianeta vero e proprio. Inoltre, secondo il modello di Nizza, elaborato da un gruppo di astronomi dell’osservatorio della Costa Azzurra, all’inizio dell’attività del sistema solare, Urano e Nettuno orbitavano in posizioni più vicine al Sole, spinti in seguito più lontano da un fenomeno di risonanza orbitale creatosi tra Giove e Saturno.
Quando Nettuno si sarebbe avvicinato alla protofascia di Kuiper, piena di oggetti che allora tracciavano orbite abbastanza regolari e poco eccentriche, ne avrebbe catturato uno, Tritone, mentre ne avrebbe bloccato un altro, Plutone, modificandone in parte l’orbita.
Come già detto, le dimensioni di Plutone sono ridotte rispetto agli altri pianeti del sistema solare ed anche rispetto ai grandi satelliti come Ganimede, Titano, Io, Europa, Tritone e la stessa Luna. Si stima che la sua superficie sia circa per il 10% inferiore a quella del Sud America. I dati raccolti dalla sonda New Horizons hanno consentito di conoscere meglio la sua morfologia. La struttura interna di Plutone si presenta in maniera differenziata: materiale roccioso circondato da ghiaccio. Alcuni studiosi dell’Università della California considerano possibile che sotto lo spesso strato di ghiaccio di Plutone vi sia un oceano liquido dello spessore medio di 150 km. Si tratta, al momento, di speculazioni che non possono essere vagliate direttamente dalla Terra.
Le immagine inviate dalla sonda New Horizons hanno regalato intense emozioni.
Non ci aspettavamo che un pianeta così lontano dal Sole potesse presentare una varietà così ricca di colori, dal nero carbone, all’arancione, all’ocra e al bianco intenso. Di grande impatto visivo è apparsa una grande area scura chiamata il Cuore o anche Whale, perchè la sua forma rievoca quella di una balena, così come le Brass Knuckles, alcune aree scure situate tra il “cuore” e la presunta “coda” della balena. La New Horizons è riuscita a rilevare, con una buona dose di approssimazione, che la tenue atmosfera di Plutone è composta da azoto, metano e monossido di carbonio, mentre la pressione è 100.000 volte inferiore a quella terrestre. Nel periodo in cui Plutone si avvicina al Sole, avviandosi verso il perielio, si assiste ad uno spettacolo straordinario: la temperatura della superficie aumenta ed i suoi ghiacci si sublimano in gas. L’ atmosfera plutoniana provoca anche una sorta di foschia blu che appare al tramonto e probabilmente anche in altri orari del lungo giorno del pianeta.
Se potessimo ammirare il Sole dalla superficie di Plutone, esso ci apparirebbe puntiforme, anche se più luminoso di quanto appaia la Luna piena dalla Terra. L’illuminazione del Sole su Plutone, tuttavia, è ovviamente molto più scarsa rispetto a quella che filtra sul nostro pianeta, potendosi paragonare alla luce diffusa al crepuscolo sotto l’orizzonte.
A Plutone sono riconosciuti cinque satelliti naturali, il più importante dei quali è senza dubbio Caronte, scoperto nel 1978 ed avente un raggio che misura poco più della metà rispetto a quello di Plutone. Quando fu scoperto, Caronte appariva come una protuberanza del disco di Plutone, ma considerata la periodicità e la posizione mutevole di esso, ben presto si comprese che si trattava di un altro corpo celeste. Per il fatto che le dimensioni di Caronte sono di poco inferiori a quelle di Plutone, alcuni astronomi preferiscono parlare di “sistema binario”, in quanto i due oggetti si muovono intorno al medesimo centro di gravità esterno a Plutone. Un altro aspetto singolare è che Caronte ruota su sé stesso con un movimento sincrono, offrendo sempre la stessa faccia a Plutone, come succede con la Luna nei confronti della Terra. Ma nel caso specifico, avviene che anche Plutone rivolga sempre lo stesso emisfero a Caronte, rappresentando un elemento unico in tutto il sistema solare.
Secondo alcuni studiosi, Caronte si sarebbe formato dopo la violenta collisione di Plutone con un asteroide. Sono conosciuti altri quattro satelliti minori di Plutone: Notte, Idra, Cerbero e Stige, tutti di modeste dimensioni e scoperti nell’ultimo ventennio.
Come è noto, il pianeta Plutone è associato ad Ade della mitologia greca (Plutone in ambiente latino), figlio del titano Crono e di Rea, la Madre Terra. Secondo la narrazione tradizionale, questi fu divorato dal padre insieme ai fratelli e alle sorelle, Estia, Demetra e Poseidone, ad eccezione di Zeus che con l’aiuto della madre li trasse in salvo. A Plutone, dopo aver aiutato i suoi fratelli a detronizzare il padre, toccò il mondo sotterraneo, unitamente al destino di regnare sulle anime dei morti, mentre a Zeus toccò la superficie terrestre e a Poseidone il mare. Poichè nella mitologia greca era presente anche la figura di Pluto, il dio della ricchezza, questa si fuse con Ade e con la divinità latina Plutone, comprendendo sia la signoria sul regno dei morti che sulle ricchezze. Per accedere nel regno degli inferi, era necessario attraversare due fiumi, lo Stige e l’Acheronte, a guardia dei quali vi era il terribile Caronte pronto a traghettare i defunti verso il giudizio di Plutone. Non stupisce, pertanto, che al pianeta più lontano del sistema solare sia stato attribuito il nome del signore degli inferi ed ai suoi satelliti denominazioni, comunque, connesse con il regno dei morti.
In ambito astrologico, Plutone ha il domicilio nel segno dello Scorpione, mentre si esalta nel segno dei Gemelli. La sua presenza vuole indicare la grande trasformazione interiore che può attraversare ognuno di noi. Il transito di Plutone è spesso foriero di eventi luttuosi e negativi che lasciano il segno ma, nel contempo, ci spingono a separarci da elementi inutili che non permettono la nostra evoluzione e la nostra espansione spirituale. In questo senso Plutone è come se tirasse fuori le nostre parti peggiori, per poi esortarci a mostrare il meglio di noi stessi. Nel significato traslato socio-politico, Plutone rappresenta il potere oscuro, le ambizioni più nascoste, l’influenza sulle masse. Nel campo della psicologia si può associare al rinnovamento delle generazioni, ma in senso negativo può essere un pericoloso trampolino di lancio per comportamenti rivoluzionari, fanatici e violenti. In genere, essendo il pianeta del sistema solare più lontano dalla Terra, si pensa che Plutone sia quello meno interessante e che abbia meno influssi sul nostro mondo. Ed, invece, il lento ed inesorabile movimento orbitale di Plutone che, come abbiamo visto in precedenza, si compie in circa 249 anni, è da mettere in rapporto con il trascorrere della nostra esistenza, diretta in maniera inevitabile verso la fine. Il lontanissimo Plutone è un grande punto di riferimento soprattutto per coloro che credono nell’esistenza di qualcosa oltre la morte fisica, sia dal punto di vista filosofico che religioso, ponendosi simbolicamente come guardiano del passaggio tra il mondo visibile e quello invisibile.
Come tutti gli altri pianeti del sistema solare, anche il remoto Plutone, fin dalla sua scoperta ha acceso la fantasia degli appassionati di fantascienza, diventando uno dei più popolari, proprio per il fatto di essere il corpo celeste più lontano dal Sole. In particolare, molti cultori delle opere fantasiose hanno voluto vedere in Plutone il pianeta Yuggoth, raccontato dal celebre Lovecraft, al punto che, mentre la sonda New Horizons si avvicinava al pianeta, a determinate aree della sua superficie si attribuirono nomi popolari, trattati dai citati scritti, come la regione battezzata Cthulhu. Nei primi decenni del ventesimo secolo, si credeva che i pianeti più esterni del sistema solare fossero anche quelli abitati in epoca più antica e da civiltà molto evolute, come quella descritta nel romanzo The Psycho Power di R. R. Winterbotham, pubblicato nel 1936. Nella seconda metà del Novecento, quando si cominciarono a raccogliere informazioni più attendibili sul lontanissimo astro, esso venne considerato un residuo del pianeta Minerva, distrutto a causa di una guerra, come nell’opera Lo scheletro impossibile, il primo libro della pentalogia, Il Ciclo dei Giganti di James P. Hogan, pubblicato nel 1977. In epoca più recente, già negli anni duemila, Plutone diventa protagonista nel romanzo Mass Effect Revelation, il primo della saga Mass Effect, elaborata dallo scrittore canadese Drew Karpyshyn. Ho trovato questo libro particolarmente suggestivo, per il fatto che il pianeta nano è presentato come una sorta di “ancora gravitazionale”, collegata al suo satellite più importante, Caronte, a sua volta avente la funzione di portale galattico secondario per accedere al grande portale verso la stella Arturo.
Il cinema non si è occupato granchè di Plutone, a differenza della letteratura, a parte qualche cortometraggio realizzato più che altro per scopi scientifici e divulgativi.
Nel mondo televisivo, invece, Plutone è stato inserito in varie serie a puntate, come Space Patrol, prodotto agli inizi degli anni Sessanta, dove si cerca di veicolare il calore da Mercurio verso la lontanissima colonia situata sul pianeta nano, quando la situazione diventa sempre più preoccupante, nel periodo orbitale di maggiore allontanamento dal Sole; in Doctor Who, in uno egli episodi andati in onda negli anni Settanta, Plutone è descritto come ricoperto da grandi città riscaldate da fonti energetiche artificiali controllate da un’oligarchia avida e corrotta.
Nella parte introduttiva abbiamo accennato alla controversa classificazione di Plutone come pianeta o come asteroide, fino alla salomonica decisione di considerarlo “pianeta nano”, una nuova categoria che è destinata a ricomprendere un numero sempre maggiore di corpi celesti in epoca futura. Plutone, come detto, rientrerebbe nella fascia di Kuiper, costituita da corpi minori del sistema solare ed estesa dall’orbita di Nettuno tra le 30 e le 50 UA di distanza dal Sole, vale a dire tra i 4,5 miliardi ed i 7.5 miliardi di km (una Unità astronomica corriponde a 150 milioni di chilometri). Questo vastissimo territorio del sistema solare sarebbe 20 volte più esteso rispetto alla fascia principale degli asteroidi e notevolmente più massiccio. Nella fascia di Kuiper sono stati individuati oltre mille oggetti con diametro superiore ai 100 km e formati, principalmente, da sostanze congelate, come l’ammoniaca, il metano e l’acqua. Tra i corpi celesti scoperti, il più grande è Plutone, ma gli astronomi ritengono che il numero di 1000 sia destinato a crescere in maniera smisurata, anche fino a 100.000.
Tra gli oggetti più interessanti della fascia di Kuiper si possono riportare i seguenti: Ixion o Issione, composto per lo più da carbonio e da altri elementi, la cui orbita lo porta spesso ad avvicinarsi a Plutone; Varuna che presenta la particolarità di avere la densità pari a quella dell’acqua, scoperto soltanto verso la fine del 2000; Makemake con la sua superficie ricoperta di ghiacci di metano, etano ed azoto, sufficientemente luminoso per poter essere osservato nella costellazione della Chioma di Berenice ed il cui nome richiama una divinità dell’isola di Pasqua; Haumea, considerato delle stesse dimensioni di Plutone ed il cui nome ricorda una dea della fertilità hawaiana, con un misterioso anello che lo circonda; Orcus che, con le sue miscele di ghiaccio d’acqua e di residui carbonosi, richiama un’altra divinità degli inferi; il già citato Eris, secondo pianeta nano dopo Plutone, formato per lo più da metano ghiacciato e che offre lo spettacolo di una superficie dal particolare colore grigio.
Anche se già negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, astronomi come Leonard, Leuschner e Edgeworth intuirono che oltre l’orbita Nettuno vi fosse una grande area occupata da piccoli corpi che non riuscirono a condensarsi durante la formazione del nostro sistema planetario, perchè troppo distanti dal Sole, fu Gerard Kuiper nel 1951 a studiarne la formazione con più marcata sistematicità.
L’origine e la morfologia della fascia di Kuiper non è stata ancora del tutto chiarita, anche se la comunità scientifica propende per ritenere i corpi celesti in essa contenuta, come frammenti del disco protoplanetario intorno al Sole che miliardi di anni fa non riuscì a trasformarsi in pianeti veri e propri, rimanendo di modeste dimensioni. I calcoli matematici hanno dimostrato come Giove e Saturno abbiano influenzato l’attuale posizione della fascia di Kuiper, spingendo più verso l’esterno le orbite uraniane e nettuniane e di conseguenza i corpi celesti più lontani.
Alcuni studi pubblicati nel 2012 azzardano la presenza nella fascia di Kuiper anche di corpi celesti di notevoli dimensioni, perfino come Marte o la Terra, anche se la maggior parte dei planetologi si è mostrata scettica su tale ipotesi.
L’influenza di Nettuno sugli oggetti compresi nella fascia di Kuiper è considerata di notevolissima importanza, creando significative e continue risonanze orbitali.
Nel corso dell’intera esistenza del sistema solare, Nettuno ha avuto sempre la capacità di destabilizzare le orbite degli oggetti che entrano nel suo campo gravitazionale, mandandoli verso il sistema solare interno o spingendoli nel disco diffuso della fascia di Kuiper o addirittura nello spazio interstellare.
Qualche astronomo ha affermato che se volessimo conoscere tutti i segreti dell’equilibrio del sistema solare, dovremmo approfondire meglio le nostre nozioni sulla fascia di Kuiper. Simili valutazioni hanno portato gli scienziati ad ipotizzare l’esistenza di una seconda regione di spazio ancora più esterna rispetto alla fascia di Kuiper e piena di altri corpi celesti trans-nettuniani, chiamandola nube di Oort. Una parte più ardita di ricercatori ha evidenziato come alcuni dei corpi celesti presenti nella fascia di Kuiper non rispetti le regole del modello fisico tradizionale proposto per spiegare la formazione del nostro pianeta solare, nonché il posizionamento, nel corso del tempo, dei pianeti e degli asteroidi (modello di Nizza). E’ stato, infatti, dimostrato che gli oggetti con orbite quasi circolari situati più o meno sullo stesso piano delle orbite dei principali pianeti, non si accordano con il modello di Nizza, mentre quelli che compiono orbite irregolari, ne seguono lo schema.
Negli ultimi anni, a seguito dell’analisi delle immagini provenienti dalla sonda New Horizons, in particolare dando importanza al colore arancione-rossastro della sua superficie, gli astronomi hanno suggerito che Plutone possa nascondere geyser attivi, i cui getti d’acqua furono fin dal lontano passato spinti verso lo spazio. La NASA ha scoperto segni di ammoniaca nell’acqua ghiacciata, soprattutto nei pressi di un’area denominata Fossa di Virgilio, lasciando aperta l’ipotesi che sotto la crosta di Plutone vi possa essere un oceano completo. Ammoniaca e ghiaccio combinati insieme, a parere degli astrobiologi, avrebbero potuto consentire lo sviluppo di forme di vita che, se non avessero attecchito sullo stesso Plutone, avrebbero potuto viaggiare verso altre aree del sistema solare e, perchè no, attraverso la combinazione con altri piccoli corpi celesti, dirigersi addirittura verso la Terra. Plutone, dominatore dell’oltretomba e simbolo delle profondità del nostro inconscio, potrebbe essere stato perfino corresponsabile della formazione delle prime forme di vita nel nostro mondo.
L’astrofisico britannico Brian Cox, seguendo l’ipotesi dell’esistenza di un oceano liquido nelle profondità di Plutone, ritiene possibile la presenza di vita extraterrestre, ma non in forma “complessa” come potremmo immaginarla noi.
Così come nei confronti di Plutone, non mancano speculazioni sulla possibilità che vi siano forme di vita su altri corpi celesti della fascia di Kuiper, anche se con gli strumenti attuali, in considerazione delle enormi distanze, è pressochè impossibile ottenere dati certi.
Plutone, considerato a lungo l’ultimo avamposto del sistema solare, ci spinge ad osare sempre di più, andando oltre il limite del possibile, per soddisfare la nostra sete di conoscenza. E le scoperte scientifiche recenti hanno dimostrato che il pianeta dedicato al re degli inferi non è che uno tra i tanti oggetti che formano la cosiddetta fascia di Kuiper, collocati oltre l’orbita di Nettuno, considerato al momento l’ottavo ed ultimo vero e proprio pianeta del sistema solare. Ma, come già emerge da alcune osservazioni e da specifici calcoli matematici, gli astronomi hanno stabilito che il sistema solare non termina neanche nella sconfinata regione della fascia di Kuiper, individuando un territorio ancora più lontano, la nube di Oort, ai confini con lo spazio interstellare, e supponendo perfino l’esistenza di un ulteriore misterioso pianeta, da chiamare IX o X, a seconda della classificazione che preferiamo del signore delle profondità, Plutone.
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