Siete sempre attaccati al cellulare? Vi piace tenervi informati grazie alle varie app? Avete un occhio al lavoro, al pupo e l’altro alle notifiche?
Forse allora dovreste provare a smetterla coi social media, suggerisce Cal Newport.
Professore universitario di informatica e autore di numerosi libri tradotti in più lingue, Cal offre una lettura non convenzionale del nostro rapporto con le moderne tecnologie, proponendo una riflessione sulla mente umana e sulle sue potenzialità.
Il presente articolo riassume le sue argomentazioni a partire da come egli stesso ha avuto modo di presentarle durante un TED Talks del 2016 (TED è l’acronimo di un’associazione che organizza conferenze su tecnologie e scienze).
Secondo Cal i social media non sono soltanto inutili, ma addirittura dannosi, e l’uomo starebbe meglio se le evitasse. Per sostenere tale affermazione egli articola la sua tesi rispondendo alle più comuni obiezioni che ad essa potrebbero venir mosse.
Prima obiezione:
I social media sono la tecnologia fondamentale di questo secolo. Rifiutarli sarebbe come andare al lavoro a cavallo o come usare un piccione viaggiatore per comunicare. E poi, sarei un eremita.
Risposta:
I social media non sono una tecnologia fondamentale. I social media in realtà sono simili alle slot machine: sono delle fonti di divertimento. Ti intrattengono in cambio di qualcosa: non monetine, ma tanta attenzione e dati che impacchettono e rivendono.
Non utilizzare i social media dunque non dovrebbe essere un problema, è un divertimento come un altro: non si tratta di una posizione di natura politica, alla stregua di chi preferisce vedere le serie su Netflix invece della televisione, non c’è nulla di scioccante nel non adoperare tali fonti di intrattenimento (e come rimarca ironicamente, non utilizzare social media non significa essere svitati e rinunciare a una vita ricca e intensa, anzi forse il contrario).
In effetti, non si tratta nemmeno di una tecnologia del divertimento del tutto innocente. Il termine addictive la qualifica, e in questo senso l’analogia con la slot machine è calzante, poiché è ormai noto che gli igegneri dei social media soventemente sono gli stessi che progettano i casino. Lo scopo è comune: rendere la gente dipendente da quel dispositivo.
Seconda obiezione:
Cal, se non sono sui social fallirò. Senza social non posso promuovere la mia attività, nessuno mi troverà e perderò il lavoro.
Risposta:
Questo è un non senso. Ciò che il mercato valuta, e per cui tutti noi paghiamo volentieri, è un prodotto raro e di grande valore. E come ogni prodotto di grande valore, richiede lavoro e concentrazione, capacità che in effetti mal si conciliano con la perenne distrazione tipica della bolla dei social. Qualunque sia la tua abilità, se sei capace di produrre qualcosa di prezioso, che sia una pagnotta o un algoritmo, una poesia o un’arringa giudiziaria, ti verranno a cercare, non sarai tu a doverti vendere. Viceversa i social media rivendono contenuti dozzinali, che non richiedono particolari abilità, che chiunque può duplicare.
Terza obiezione:
Forse hai ragione. I social non sono affatto importanti, né il mio successo e la mia carriera dipendono da essi. Però sai, è divertente, potrei perdermi qualcosa se non li uso, vorrei mettermici, cosa ci sarà di male nel provare qualcosa di nuovo?
Risposta:
Attenzione, questo probabilmente è il punto più importante. I social media non sono innocui, come si tende a credere: essi veicolano danni numerosi, rilevanti e ben documentati a livello scientifico.
Prima di abbracciare queste tecnologie e lasciarle entrare nelle nostre vite, sarebbe dunque il caso di riflettere un attimo su questi danni. Uno di questi rischi si collega al punto precedente: il successo professionale. Come è stato argomentato, la capacità di produrre qualcosa di veramente significativo e pregno di valore è direttamente proporzionale alla qualità e alla durata della nostra concentrazione. Ma quest’ultima è severamente danneggiata dallo stato di frammentazione dell’attenzione in cui ci relega la dipendenza dai social media.
C’è una crescente mole di studi che testimoniano tale condizione: viviamo in uno stato di attenzione totalmente atomizzata. Se per molte, troppe ore al giorno, ci interrompiamo una quantità interminabile di volte per controllare per qualche istante facebook, instagram e via dicendo, la nostra capacità di CONCENTRAZIONE ne risulterà permanentemente danneggiata. E in tale stato danneggiato la nostra mente sarà capace di focalizzarsi su quello che ci preme, continuamente a vagare senza alcuno scopo preciso, mosso solamente dagli sterili input del mondo derealizzato dei social. Lo sforzo mentale di concentrazione che ha permesso a grandi artisti e scienziati, ma non solo a loro, di creare qualcosa, diventa nell’uomo dominato dai social praticamente impossibile da mettere in atto. A livello sociale, economico e politico, l’uomo incapace di concentrarsi diventa marionetta degli impulsi esterni.
Vi sono anche dei rischi psicologici ben documentati: notoriamente la gente condivide solo le cose positive della propria vita, falsandone il racconto. Dentro ai social, nei momenti in cui ci si sente soli e isolati, si rischia così di cadere nel paragone e alimentare un abisso di depressione e disperazione.
Una mente esposta costantemente, per tutte le ore di veglia, a stimolazioni di questo tipo rischia letteralmente di andare in tilt, in corto circuito elettrico.
Un conto è andare a Las Vegas e passare una giornata intera davanti alla macchinetta, per poi ritornare a casa ubriaco di divertimento: la mente ha il tempo di resettarsi. Viceversa, dai social non ci si stacca mai veramente, se non per dormire.
Gli esperti di salute mentale affermano che nei college americani, parallelamente all’esplosione dell’utilizzo degli smartphone vi è stata un’esplosione di ansia e crisi di panico.
Dunque c’è un prezzo da pagare per l’utilizzo dei social media, nonostante la loro presunta gratuità, ed è un costo forse incommensurabile, difficile da quantificare.
Dovrei usarli o no?
Dovrei forse accettare il baratto tra un divertimento che crea dipendenza e la mia capacità di concentrazione, di esserci, di non vagare come uno zombie nella mia realtà? Dovrei barattare una triviale popolarità con una vita veramente intensa?
A voi la scelta.
Articolo scritto da: Valentina C.
SE VUOI SAPERNE DI PIU' SULLA NOSTRA ORGANIZZAZIONE E IL PERCORSO CHE PROPONE, TI INVITIAMO A CONSULTARE LE SEGUENTI SEZIONI:
Se vuoi saperne di più sulla nostra organizzazione e il percorso che propone, ti invitiamo a consultare le seguenti sezioni:
Puoi anche contattarci al seguente indirizzo: info@centrokuun.it.SE TI E' PIACIUTO L'ARTICOLO CONDIVIDILO SUL TUO SOCIAL PREFERITO
QUALCHE PICCOLO CONSIGLIO DI LETTURA