“Ci sono più cose in cielo e in terra di quelle che la Vostra immaginazione possa concepire”
Shakespeare
Era una piovosa notte d’inverno e la luna piena si affacciava tra i nuvoloni mossi dal vento. Ero quasi arrivato a casa, allorquando all’altezza della stalla sentii i cavalli nitrire nervosamente. Guardai l’orologio: mancavano due minuti a mezzanotte, All’improvviso un rumore di passi attirò la mia attenzione. Mi voltai e vidi un lupo mannaro, che ululava e agitava le braccia. Mi rifugiai su una scala, perché mi avevano detto che questi esseri non possono salire più di tre gradini. Quando poi feci il segno della croce, egli si rotolò per terra nelle pozzanghere e dopo scappò. Questo finché il lupo non arrivò ad un crocevia; solo allora il male gli passò.
Questa non è la descrizione di una scena di Wolf, il film interpretato da Jack Nicholson che con enorme successo ha fatto leva sulla psicosi ancestrale del lupo mannaro, ma è una delle tante testimonianze raccolte da racconti popolari: essa documenta come il mito del licantropo, ripescato dalla cinematografia, non sia affatto sopito nella mentalità collettiva.
Vale dunque la pena di riflettere sugli aspetti di questa credenza, per comprendere la quale è necessario scavare nella natura misteriosa dei lupo. Il lupo, la bestia per eccellenza, che ci accompagna e ci tormenta fin dall’infanzia. Sin da quando ascoltiamo per la prima volta la terribile favola di Cappuccetto Rosso o studiamo sui banchi delle elementari l’incredibile leggenda di Romolo e Remo. Spesso identificato con il Male o con il Maligno, resta uno degli arcani più inquietanti dell’immaginario collettivo. Il lupo ha, nei suoi significati simbolici, un aspetto duplice: terribile e sotterraneo da un lato, benefico e apportatore di vita dall’altro.
Esso è innanzitutto un animale psicopompo, cioè accompagnatore delle anime nell’Aldilà. La figura dello psicopompo è una figura centrale di molte mitologie e religioni antiche, e trova anche corrispondenze nelle religioni monoteistiche (talvolta per integrazione di miti antecedenti; si pensi per esempio al Caronte dantesco). Sovente è in coppia con un’altra divinità maggiore creatrice del mondo nella misura in cui lo psicopompo è un’entità neutrale, un messaggero dell’aldilà, una sorta di demiurgo tra il mondo sensibile ed il mondo sovrasensibile. Lo psicopompo non è quindi una divinità in senso proprio, poiché non giudica gli uomini ma si limita a traghettarli nel mondo ultraterreno. Data l’importanza della riformulazione della morte come passaggio (trasformazione) nelle religioni e nelle mitologie, non stupisce che lo psicopompo sia in genere una figura di rilievo (nelle religioni politeistiche si tratta quasi sempre di una figura importante del relativo pantheon). Nel culto Vudù, esso è rappresentato dalla figura del Baron Samedi, divinità creata durante la deportazione degli schiavi africani nelle Americhe. Avevano l’attributo di psicopompo Ermes presso gli antichi Greci, Osiride presso gli Egizi, Lug presso i Celti, Odino presso i Germani.
La sua veste di psicopompo è attestata sia da un canto funebre rumeno, secondo cui un lupo conduce il morto “per la via piana verso il Paradiso”, sia da un mito dei Pellirosse Algonchini, che lo presenta come il fratello di Menebuch, il quale domina sul regno dei trapassati.
Di pelle di lupo era vestito Ade, il Dio greco degli Inferi ed orecchie di lupo aveva il dio etrusco della Morte.
In tutta la tradizione nordica il lupo è temuto come divoratore di astri, in quanto la sua gola profonda inghiotte l’astro luminoso per eccellenza, cioè il Sole. Da questa credenza deriva l’espressione proverbiale “tempo dei lupi” per indicare la notte, l’inverno, l’assenza del sole.
Dall’altra parte, però, ad attestare la sua sconvolgente positività, si accampa proprio il suo carattere luminoso (suggerito dal fatto che esso è capace di vedere nel buio) e celeste (Lupo celeste viene chiamata la stella Sirio).
Il lupo, che rappresenta il Cielo, è il compagno della cerva bianca, che rappresenta la Terra: da queste sacre nozze nascono, secondo i Mongoli, gli eroi, come il potente Gengis Khan. Proprio da questi miti scaturiscono sia la credenza nel potere fecondatore del lupo, che le donne dell’Anatolia invocano per vincere la sterilità, sia quella nella sua dirompente forza che lo fa assurgere a prototipo dell’indomabile ribelle.
Il lupo, dunque, nell’immaginario onirico e collettivo, indica qualcosa che passa e che muta, che va da un luogo ad un altro, che cambia anche status e caratteristica, che si impone con la forza del titano e dell’anticonformista.
La credenza che un essere umano possa fisicamente trasformarsi in belva è antica e diffusa in tutto il mondo. Per limitarci alle sole tradizioni occidentali, la figura del licantropo viene talvolta confusa con gli elementi del vampirismo e della stregoneria, mantenendo vivo il folklore di alcuni retaggi del paganesimo, e persino d’una più antica adorazione totemica degli animali.
Uno studioso attento come Antonio Zencovich non ha potuto far a meno di intervenire sulla questione dando un’acuta e personale interpretazione delle caratteriste magiche connesse alla figura del LUPO MANNARO, caratteristiche che egli reputa un retaggio dell’antichissima CULTURA SCIAMANICA.
Altra considerazione è poi l’approccio al fenomeno quale mera malattia mentale: già nel II° secolo il medico Galeno definiva la licantropia come “una forma di melanconia cerebrale”.
Il termine “licantropo” trova origine dal greco lykos, che significa lupo, unito ad anthropos, uomo, mentre “lupo mannaro” risale al latino lupus hominarius, cioè lupo come mangiatore d’uomini, oppure anche “simile all’uomo”.
In inglese e nelle lingue germaniche, la parola werewolf si compone di wer, ovvero uomo (vir in latino) e wolf per lupo. Il francese loup-garou trova forse un’equivalenza fra garou e wer nel senso di uomo, attraverso più antichi termini quali warouls, warous o vairout. In svedese avremo varulven, mentre in russo volklulaku.
La mitologia greca vede nella condanna divina le origini della trasformazione in licantropo, con l’esempio di Licaone, crudele re dell’Arcadia, che viene da Zeus tramutato in lupo per punizione del suo oltraggioso consumo di carne umana.
Secondo certo folklore europeo, invece, per trovare un tale destino sarebbe sufficiente il nascere alla mezzanotte di Natale, addormentarsi a volto scoperto sotto la luna piena o altri simili incidenti, fino all’incorrere nella maledizione di una fattucchiera.
Se non di origine ereditaria o di natura subita, la licantropia può essere volontariamente ottenuta con mezzi magici.
Come per il versipellis dell’epoca romana, così chiamato poiché si riteneva che il pelo del lupo gli crescesse verso l’interno del corpo, rivelandosi nella trasformazione come il rivoltarsi d’una pelliccia. Un tipico versipelle si trova nel Satyricon di Petronio Arbitro, già straordinariamente moderno nel riportare i più caratteristici luoghi comuni sul lupo mannaro.
Gli incantesimi necessari a un tale scopo possono comprendere l’uso di erbe, unguenti di macabra composizione, o la confezione di amuleti e oggetti speciali come cinture o vesti.
Per i guerrieri nordici, che in nome di Odino si abbandonavano alla più folle esaltazione della battaglia, la trasmutazione metaforica in Lupo: Ulfhedinn od Orso: Berserk, avveniva per mezzo di camicie fatte delle corrispettive pelli, indossate in luogo dell’armatura.
Altri fattori, in aggiunta al magico, sono l’idolatria del Maligno o il suo diretto intervento.
Col diffondersi dei processi per stregoneria, nel XV secolo, crebbero infatti anche quelli per licantropia, proiettando sulle Streghe il presunto potere, concesso dal diavolo, di mutarsi in forme animali.
Infine, la diffusione della licantropia potrebbe aver luogo per Contagio, attraverso il MORSO del lupo mannaro secondo le più diffuse leggende (in realtà, assai più cinematografiche che popolari).
La vittima sopravvissuta si troverà in questo caso soggetta alle fasi lunari, senza possibilità di controllo sulle proprie metamorfosi durante le notti di plenilunio, soprattutto nelle fasi iniziali della sua nuova soprannaturale carriera.
Nella trasformazione, il corpo del licantropo si ricopre di pelo sino al palmo delle mani, gli occhi si fanno rossi e ardenti, la voce diventa un ringhio gutturale e il soggetto tende a perdere la postura bipede eretta.
Sia nella completa forma fisica di lupo che in una condizione ibrida fra questa e la conformazione umana, l’udito, la vista e l’olfatto si fanno più acuti, e l’uomo lupo acquisisce tutti i sensi e le abilità del predatore.
A queste caratteristiche si aggiunge una straordinaria capacità rigenerativa, che gli permette di guarire da ferite e lesioni con estrema e innaturale rapidità. Tornato in sé nella sua forma diurna, egli non serberà solitamente memoria delle proprie azioni, ritrovando però sul proprio corpo ogni residua grave ferita subita nel corso del suo stato di mannaro.
Vi sono alcuni segni esteriori che, tradizionalmente, indicano la licantropia nelle persone: i peli sul palmo delle mani sono uno dei più tipici, insieme alle sopracciglia unite e all’insolita lunghezza del dito anulare.
Alcuni animali, come i cani o i cavalli, non sopportano la vicinanza dei licantropi, in qualunque forma essi siano, e reagiscono con terrore alla loro presenza.
Le capacità di guarigione del licantropo sono forse all’origine della diceria che lo vuole invulnerabile alle armi comuni, argomento controverso fra le diverse fonti.
Per uccidere uno di questi esseri, il metodo più classico è l’utilizzo di lame o proiettili in argento, elemento puro e fortemente simbolico, introdotto nel mito probabilmente da fonti cristiane.
Metallo, tuttavia, troppo tenero per essere forgiato in efficaci strumenti di offesa: una pallottola d’argento, per esempio, troverebbe ben scarso impatto e penetrazione a una normale distanza di tiro. Altri sistemi sono la decapitazione e la privazione del cuore, procedure altamente consigliabili ad applicarsi anche dopo una canonica uccisione tramite argenteria, avendo poi cura di dare alle fiamme i resti della creatura come ulteriore margine di sicurezza.
Che il lupo mannaro sia soggetto agli esorcismi, o all’esibizione di simboli sacri come nel caso del vampiro, resta un’ipotesi assai dubbia. Benché non si escluda che esemplari d’inclinazione particolarmente religiosa possano risultare sensibili a tali espedienti.
Esistono, piuttosto, alcuni tipi di piante ed erbe cui si attribuiscono caratteri protettivi contro il cosiddetto “mal di luna”, o persino il potere di mantenere gli uomini lupo a distanza.
Tra queste il vischio, il frassino, e l’aconito detto anche luparia.
“Anche l’uomo che ha puro il suo cuore
E ogni giorno si raccoglie in preghiera
Può diventar lupo, se fiorisce l’aconito
E la luna piena risplende la sera”
(Versi dal film L’uomo lupo, versione italiana di The Wolf Man, 1941)
Licantropi e Vampiri
In realtà, nulla dovrebbe legare queste due specie, ma il Vampiro nelle sue trasformazioni, secondo la leggenda, può trasformarsi in Lupo.
I lupi sono compagni nella notte del Principe delle Tenebre, in molte testimonianze questo rapporto viene mostrato ed enfatizzato, non soltanto infatti il Vampiro si trasforma, ma è proprio il signore dei lupi, li comanda ed essi a lui obbediscono eseguendo perfettamente i suoi voleri.
Entrambe queste creature sono considerate demoniache e figlie dell’inferno, partorite della magia: come accade per il Vampiro, anche il Licantropo può essere il frutto di un incanto di un potente Stregone, che così si trasforma allo scopo di procurarsi il piacere di uccidere o di vendicarsi.
Secondo alcune tradizioni il Licantropo utilizza però a proprio vantaggio, o dei propri cari, la sua trasformazione per avere più forza nei lavori manuali o per procurarsi carne fresca per la cena.
Secondo molte leggende riportate dalle più lontane parti del mondo, i Vampiri che si trasformano in animali lo fanno per aumentare la loro abilità nella caccia. Quindi la licantropia per un Vampiro è una condizione quasi necessaria per nutrirsi. Sia i Vampiri che i Licantropi sono suscettibili all’amore come “punizione” per la loro condizione, subiscono il fascino della mortalità e dell’umano, ma il loro essere distrugge ogni possibilità di relazione e di poter coltivare questo sentimento, per entrambi l’amore è senza speranza alcuna. Un altro aspetto che accomuna queste due categorie di esseri è l’immortalità, per entrambi la morte è difficile da raggiunge, ma sarebbe la liberazione ultima dalla loro condizione.
Medicina e licantropia
Fa parte della branca delle teriantropie (di cui rappresenta certamente la variante più diffusa) ovvero una rara psicopatia di natura isterica che costringe chi ne soffre a credersi un animale di una specie in particolare o meno (sono numerosi infatti i casi in cui i teriantropi non sono coscienti di una specifica identità animale ma si credono semplicemente degli Animali-Umani).
Gli individui colpiti simulerebbero, solitamente nei periodi di luna piena, il comportamento e l’ululato tipico di un lupo. Questo riconoscimento da parte della scienza ufficiale dimostra soprattutto due cose:
· In primo luogo che, qualunque sia la spiegazione che se ne voglia dare, un fenomeno “licantropia” esiste
· In secondo luogo che tale fenomeno deve essersi manifestato nella storia con una certa frequenza, se si è arrivati a contemplarlo nei manuali di medicina.
Testi scritti e leggende tramandate oralmente facenti riferimento ai cosiddetti “lupi mannari” abbondano in tutti i periodi storici e in tutte le aree geografiche e non possiamo dimenticare che per valutare l’attendibilità di un mito non si può prescindere dalla sua diffusione in periodi e contesti diversi.
Sostanziale concordia c’è anche sulla spiegazione del fenomeno: la licantropia è una sorta di possessione, operata da spiriti demoniaci che si diffondono da un corpo all’altro tramite una linea di sangue.
Il demone si palesa soprattutto nelle notti di luna piena, ma risiede sempre nel corpo del posseduto, per cui non è corretto dire che nelle notti di luna piena egli diventa licantropo. In realtà una volta posseduto egli è sempre un uomo-lupo. Certo, vi sono periodi di quiescenza in cui il lato umano prevale, ma la bestia è sempre presente e può essere scatenata anche da fattori diversi dal ciclo lunare. Al riguardo, secondo l’interpretazione che ci pare più corretta, la notte di luna piena non è altro che il momento di massima forza del demone, in cui non solamente la mente ma anche il corpo passano sotto il suo totale controllo.
L’unico rimedio ad oggi conosciuto consiste nell’uccisione del posseduto. In tal modo il demone non può trasferirsi tramite il sangue ad altra persona e, abbandonato il corpo dell’ospite, torna alla dimensione spirituale.
Fonte importantissima per chiarire molti aspetti di questo fenomeno sarebbe sicuramente il leggendario “Manoscritto di Assisi”.
Questo resta tuttora uno degli oggetti più emblematici e controversi della tradizione mistica mondiale, al punto da indurre gli stessi studiosi dell’occulto a dubitare della sua esistenza. Secondo la tradizione, S. Francesco di Assisi avrebbe lasciato, scritte di suo pugno, le proprie memorie.
L’importanza di tale opera, se autentica, è quindi evidente, come è evidente l’interesse delle Chiesa a negarne l’esistenza, visto il carattere rivoluzionario ed eversivo del messaggio di Francesco. Secondo alcuni tale manoscritto sarebbe custodito e protetto da una setta segreta di frati Francescani, con lo scopo di divulgarne il contenuto solamente quando il mondo sarà pronto. Secondo altri, invece, a tenerlo nascosto, se non addirittura ad averlo distrutto, sarebbe proprio la Chiesa cattolica, che vedrebbe in esso e nel suo dissacrante contenuto una minaccia per la sua stessa sopravvivenza.
Ad ogni modo proprio nel Manoscritto si avrebbe la più autorevole conferma dell’esistenza dell’uomo-lupo. Il famoso episodio di S. Francesco che ammansisce il lupo, trasmessoci dall’iconografia cattolica nei toni rassicuranti di una fiaba, altro non sarebbe stato in realtà se non un esorcismo operato dal Santo nei confronti di un soggetto affetto da licantropia.
Se confermato, questo sarebbe l’unico caso documentato di liberazione di un lupo mannaro senza la sua morte. I licantropi meglio conosciuti come lupi mannari o anche uomini lupo, si dice siano esseri alti circa due metri, dall’ aspetto di grossi cani lupo; gli inglesi li chiamano anche Devil’s Black Dogs (cani neri del diavolo), si mostrano soprattutto intorno o all’interno di cimiteri isolati o zone sperdute nella brughiera o tra fitti boschi.
In genere, appaiono e scompaiono nei pressi di una siepe, un cancello o un ponte, ovvero in luoghi ove simbolicamente si situa il passaggio fra questo mondo e l’aldilà.
Sono sempre descritti grossi come vitelli, scuri e ricoperti di pelo, con grossi canini e occhi ardenti che brillano nell’oscurità. Questi esseri sono conosciuti in tutto il mondo, e i loro avvistamenti risalgono già a prima del Medioevo, in molti casi questi esseri si sono mostrati con la loro ferocia massacrando interi greggi di pecore o bestiame, in altri invece hanno attaccato e ucciso anche l’uomo. Con gli anni si sono cuciti addosso una tale fama di assassini da entrare nel folklore e nelle leggende più spaventose nell’intero globo.
TEORIE scientifiche sulla LICANTROPIA
TEORIA 1: Nel passato numerose persone sono state messe al rogo e processate perché ritenute Lupi Mannari, talvolta accusate ingiustamente o per “comodo” o semplicemente malate, colpite da una rara malattia: l’ipertricosi, rara malattia in cui una crescita spropositata di peli avvolge il corpo della persona tralasciando solo i palmi delle mani e le piante dei piedi dando appunto l’impressione del Lupo Mannaro. Nei circhi del passato dove gli uomini lupo hanno fatto mostra di se, erano tutti soggetti colpiti da questa rara malattia.
TEORIA 2: Un’altra malattia che causa spiccata sensibilità degli occhi alla luce solare con un arrossamento delle unghie e dei denti è la porfiria che costringe chi ne è colpito a muoversi solo di notte.
TEORIA 3: La licantropia è una malattia psicologica che causa nella persona colpita la credenza di essere un lupo mannaro spingendola a comportarsi come tale, situazione reale del nostro secolo.
Differenza tra Licantropi e lupi mannari
Molti pensano che i Licantropi e i Lupi mannari siano la stessa cosa ma si sbagliano perché secondo alcune teorie:
· Licantropi si nasce
· Lupi mannari si diventa
Il Licantropo è un essere metà uomo e metà lupo. Solitamente viene colpito da questa sorte di malattia magica il più giovane di una famiglia di sette figli; ciò è dovuto ad un gene recessivo portato dai genitori.
Generalmente il Licantropo si presenta magro e giallognolo di carnagione. Nelle notti di luna piena si trasforma in lupo e attacca persone o animali. Prima dell’alba cerca un cimitero dove possa trasformarsi in uomo.
Un Lupo Mannaro, invece, è un umano morso da un Licantropo o da un altro Lupo Mannaro sia trasformato che in sembianze naturali, non ha poi bisogno di un cimitero per trasformarsi in uomo, può farlo dove vuole, e non ha paura del fuoco come, invece, ne sono terrorizzati i Licantropi.
Fisicamente distinguere un Licantropo da un lupo mannaro è impossibile perché si trasformano nello stesso animale peloso, ritto su le due zampe posteriori, quasi sempre sono semi chinati come per uno scatto mortale, gli artigli sono affilati e molto resistenti, denti aguzzi e taglienti.
I Licantropi e i Lupi Mannari, una volta trasformati non sanno salire le scale.
Il modo migliore per far allontanare un Licantropo o un Lupo Mannaro da un luogo è quello di mettere sulla parete una stella a cinque punte (pentacolo), con ai lati due candele bianche. Un’ altro è quello di spargere del sale grosso a terra, perché nel caso il Licantropo o il Lupo Mannaro arrivi, si fermerà a contare i granelli di sale e non si preoccuperà più di ciò che gli succede in torno, ma quando finirà sarà meglio fuggire a gambe levate.
Per curare un Lupo Mannaro morso da un Licantropo basta pungerlo con un ago d’argento e fargli uscire una goccia di sangue, ma bisogna farlo prima della sua prima luna piena.
Lupi e Licantropi nella letteratura antica
Il lupo mannaro ha come già accennato un’insospettata tradizione letteraria. Sin dall’antichità, sia poeti attenti al mistero, sia scienziati, che tentavano di fornire delle risposte attendibili, si sono interrogati sull’arcana figura del licantropo.
Iniziamo da un brano di Virgilio, considerato nel Medioevo il Mago per eccellenza.
“Meri in persona mi diede queste erbe e questi veleni: spesso lo vidi grazie ad essi trasformarsi in lupo e nascondersi nelle selve, spesso lo vidi evocare le anime dai profondissimi sepolcri e trasportare le messi da un campo all’altro”. (Bucoliche, VIII, 95-99).
Questi versi, oltre che fornire una spiegazione della trasformazione in lupo mediante potenti erbe, chiariscono anche quali sono le azioni dei lupi mannari. Esse sono due, una, correlata evidentemente alla realtà ctonia ed occulta consistente nell’evocazione delle anime dei defunti; in tal caso lo stesso lupo mannaro è una variante dello stregone; la seconda azione rimanda a una pratica rituale tipica del “mondo magico” mediterraneo, il gioco della falce, un combattimento fra un uomo mascherato da animale e dei mietitori, fra cui primeggiavano coloro che erano assistiti da poteri magici, rappresentati dalla falce, attrezzo simbolicamente relazionato, per le sue due estremità appuntite, alla Luna, che domina sovrana nella licantropia.
Il carattere occulto emerge anche da un passo del Satyricon di Petronio, che definisce forte come il diavolo (“tamquam Orcus”) il militare che si trasforma in lupo mannaro, il quale, tra l’altro, viene chiamato con un termine singolare, versipellis, perché si pensava che i peli gli crescessero all’incontrario dentro la pelle. Ma i particolari misteriosi non finiscono qui nel racconto petroniano, il quale infatti sottolinea che la metamorfosi in lupo si verifica quando il licantropo si avvicina a delle “stele” funerarie.
E passiamo poi alla Naturalis Historia di Plinio il Vecchio, che, rispetto a Virgilio, rigetta il mito del lupo mannaro, eppure si rivela un informatore prezioso per la dovizia di particolari forniti sulle capacità “formidabili” dei lupi mannari (come ad esempio, la capacità che ha di togliere la voce all’uomo da esso guardato per primo) e sul carattere magico della coda di quest’animale, che conterrebbe un talismano amoroso. Evidente è l’allusione erotico-sessuale della coda, in cui si concentra la virilità intesa anche come forza. Concluderemo questa breve carrellata sulle fonti letterarie del lupo mannaro e sul simbolismo del lupo con le tesi esposte da Artemidoro nel Libro dei sogni.
Interessante è lo strano nesso lupo/fiumi/anni: egli scrive che gli anni venivano chiamati lucabanti, cioè che camminano come lupi, a causa di una caratteristica di questi animali, poiché attraversano i fiumi uno dopo l’altro, come le stagioni completano l’anno susseguendosi l’una all’altra (II, 12).
I 3 elementi della licantropia
Proprio la duplicità del simbolismo spiega come i tre elementi della Licantropia cioè:
1. La trasformazione di un Uomo in Lupo
2. Il vagabondaggio notturno
3. Il ruolo salvifico della croce
Segnino un percorso che lascia intravedere un’interpretazione del mistero. Dal primo elemento, quello della trasmutazione ferina, deriva etimologicamente l’espressione lupo mannaro o vermenaro (da lupus hominarius), una cui variante è o’ lupenare.
Il secondo elemento, il vagabondaggio notturno, ci introduce in un’ottica psicoanalitica; il fatto stesso che esso si verifica solo di notte ci riconduce alla sfera dell’incubo.
Tipico infatti è il sogno del “viaggio” che può simboleggiare un desiderio rimosso, tra cui quello di ribellione e di indipendenza rispetto al padre.
Secondo le testimonianze popolari, è il lupo mannaro colui che nasce nella notte di Natale: si tratterebbe di una violazione della norma, in quanto questo giorno è riservato alla nascita di Cristo, rispetto a cui si stabilisce una peccaminosa indipendenza.
La terza e ultima fase è quella della “reintegrazione nella norma”, che è realizzata dalla Croce di Cristo, nei cui confronti il licantropo sa di aver peccato di ybris o tracotanza. É per questo che sia il lupo mannaro sia le sue potenziali vittime ricorrono alla Croce per “proteggersi” dalla “malattia” della licantropia.
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