L’anno scorso, come messaggio per la quaresima, Papa Francesco estrasse dal cilindro ecclesiastico uno dei conigli preferiti dai seguaci della sfera religiosa. Quella frase che scalda i cuori e, come per magia, pretende di riportare l’uomo peccatore sulla retta via: «Il denaro è la radice di tutti i mali». È un evergreen, una frase sicura, una collina tranquilla della provincia di Ipocrisia, frazione di Falsità, gemellata col comune di Finzione.
Nel 1973, mentre Papa Bergoglio veniva nominato rettore della Facoltà di teologia e filosofia a San Miguel e “Il Padrino” di Coppola vinceva il premio Oscar nella categoria “Miglior film”, i Pink Floyd avevano appena inciso il loro nome in quella pietra in continua espansione che è la storia. “The Dark Side of the Moon” non è solo il disco di approdo di tutte le sperimentazioni dei Pink Floyd, né tantomeno un fenomeno circoscritto al solo ambito musicale.
Il “Lato Oscuro” della band britannica ha abbattuto il muro del classico concept album e si è sistemato in una stanza tutta sua, dove, ancora oggi, continua a fare a botte con quella che, fondamentalmente, è la base della nostra condizione di uomini: la bugia. Perché è questo che gestisce il rapporto interiore e ci impedisce di saltare in aria con tutti i nostri dubbi. E più sei bravo a mentirti, tanto più velocemente approderai alla pace dei sensi, alla negazione dell’errore, all’inconscia e agognata alienazione mentale.
Money, dal punto di vista testuale, è uno dei figli più puri di Roger Waters. Un figlio che (e qui sta il genio dei Pink Floyd e uno dei motivi del successo di questo singolo) distribuisce le sue strofe su un tempo irregolare, 7/4, caratteristica ben nota ai gruppi rock anni ’70, ma, fino ad allora, sconosciuta alla band britannica. Il testo è al centro della canzone, ad esaltare le parole di Waters dopo molti album in cui le musiche la facevano da padrone.
Dietro, invece, ci siamo noi. Noi e le nostre piccole menzogne quotidiane.
Noi che sporchiamo le nostre vite per avere qualcosa da pulire; noi che desideriamo più il fallimento altrui che il nostro successo; noi che siamo pronti a salvare tutto il mondo, purché l’indomani ci sia il nostro nome nel titolo del giorno.
Noi e i soldi. Il centro del diagramma delle nostre vite. La fetta più grossa. Spendere, spendere, spendere per farti vedere che io posso farlo. Un mese di lavoro per una bottiglia di vino e un’ostrica marcia. Tre mesi di lavoro per andare su internet prima di te. Per essere meglio di te. Un anno di lavoro per far brillare il mio polso, accecarti e mandarti a sbattere. Cinque anni di lavoro per farti sparire in un puntino lontano e lasciarti al semaforo. Cinque anni per arrivare un quarto d’ora prima di te. Andy Warhol bruciato sulla linea di partenza. Quello che conta non è il valore, bensì il successo. Non è nemmeno il lavoro che importa più: è il salario. Perché, ad osservare bene, quelli che guadagnano davvero (salvo rare eccezioni, s’intende) sono, ormai, quelli che un lavoro non ce l’hanno affatto.
Allora Money assume tutto un suo particolare significato. Descrive il mondo per svegliarlo. Per svegliarci.
È tutta politica, tutto pensiero umano volto a risollevare il genere. Elevati. Deshi basara. Esci dal recinto in cui sei e cerca qualcosa di meglio dei corsi per assomigliare alle icone. Puoi tornare uomo solo se ti rendi conto di cosa sei diventato. Money è un monito. Fuori dal mondo dei ricchi degli ABBA e dai soldi gratis e facili dei Dire Straits (il messaggio, poi, è sempre quello).
Possiamo farcela, forse non siamo ancora spacciati definitivamente. Forse c’è ancora uno piccolo spiraglio di luce in questo che è il migliore dei mondi possibili. Devi essere pronto allo scherno, alla derisione. Devi giocare secondo regole che qualcuno ha cancellato. Devi pagare ogni cosa. E non si parla di money. La scelta è tua, è mia. È di tutti.
Puoi anche restare nel Dark Side, nessuno lo vieta, anzi, probabilmente, è la scelta più comoda.
«E che bello è un uomo, quando è uomo davvero», Menandro. Uno che, ne siamo certi, avrebbe ascoltato i Pink Floyd.
scritto da: Nicolò Peroncini
fonte:www.artspecialday.com/9art/2018/10/23/money-denaro-un-crimine-economia-morale-secondo-pink-floyd/
VIENI A CONOSCERE LA NOSTRA ORGANIZZAZIONE - Clicca sui loghi qui sotto -
SE TI E' PIACIUTO L'ARTICOLO CONDIVIDILO SUL TUO SOCIAL PREFERITO
QUALCHE PICCOLO CONSIGLIO DI LETTURA