Più osserviamo l’Universo e più ci appare strano
Oggi, fisici e astronomi sono impegnati ad affrontare tutta una serie di ostacoli per comprendere alcuni aspetti sull’origine e il contenuto dell’Universo. Qui di seguito, esaminiamo con l’aiuto di alcuni scienziati cinque problematiche che sembrano inspiegabili e ci chiediamo che cosa si cela dietro di essi.
Nell’oscurità
È noto che uno dei problemi più profondi della moderna cosmologia riguarda il misterioso contenuto dell’Universo: stiamo parlando della materia scura e dell’energia scura che costituiscono entrambe circa il 95 percento del totale. Le loro densità sono approssimativamente uguali, il che rappresenta una situazione così improbabile che i cosmologi l’hanno definita “il problema delle coincidenze cosmiche”. La domanda è: si tratta davvero di un paradigma? Intanto, dobbiamo dire che mentre la materia scura, che esercita un’attrazione gravitazionale come la materia ordinaria, rappresenta quasi il 27 percento del contenuto materia-energia dell’Universo, l’energia scura, che si ritiene responsabile dell’espansione cosmica accelerata, rappresenta poco più del 68 percento rispetto al totale.
Da qui si vede che i due contributi non sono del tutto uguali. Ma i valori sono ancora abbastanza vicini per creare delle perplessità e, secondo il modello standard della cosmologia, questa somiglianza è relativamente nuova. «L’Universo primordiale fu dominato dalla materia scura», spiega Nicolao Fornengo dell’Università di Torino. «A quell’epoca, la densità di materia scura era 95 ordini di grandezza superiore alla densità di energia scura». Ma la densità della materia scura si ridusse nel corso dell’espansione cosmica, mentre si ritiene che la densità dell’energia scura sia rimasta pressoché costante nel corso del tempo, rendendola così sempre più importante. Alcuni miliardi di anni fa, l’energia scura divenne più densa della materia scura, causando un’accelerazione dell’espansione cosmica. Sembra, dunque, che oggi viviamo in un’epoca speciale dove nessuna delle due entità è in grado di dominare l’altra. «Questa età dell’oro ebbe inizio circa tre miliardi di anni fa e durerà per almeno altri sei miliardi di anni», dice Andrew Pontzen della University College di Londra. «Ma se andiamo avanti ipoteticamente per dieci miliardi di anni nel futuro, la materia di cui siamo fatti sembrerà come una ciocca di capelli in un universo che sarà completamente dominato dall’energia scura. Questa situazione durerà per il resto del tempo».
E’ uno dei misteri legati alla costante cosmologica. La densità di energia della materia ordinaria decresce ma man mano che l’Universo si espande (linea rossa). L’equivalente densità di energia è rappresentata dalla costante cosmologica che è fissata (linea blu). Come mai oggi, dato il diverso comportamento, i due valori quasi coincidono? Forse ciò è legato al princìpio antropico oppure è l’indicazione del fatto che esiste un qualche meccanismo fisico che ancora non conosciamo. Credit: C. Ruscica/Idee sull’Universo/Macro
Forse, l’attuale equilibrio si può spiegare più facilmente se ci si appella a qualche variante del principio antropico: in altre parole, la nostra esistenza dipende da un pianeta, da una stella e, quindi, da una galassia dove viviamo e la loro esistenza in quest’epoca dipende dal bilancio tra la materia scura e l’energia scura. O, forse, non c’è alcuna coincidenza. Secondo Fornengo, è possibile che le due entità siano di fatto due facce della stessa medaglia. «Così come le particelle interagiscono, è possibile che materia scura ed energia scura interagiscano», aggiunge Fornengo. Se l’energia scura si trasformasse gradualmente in materia scura, ciò porrebbe un freno alla diminuzione di densità della materia scura facendo sì che il “brodo cosmico” non diventi mai troppo diluito. Ma queste interazioni richiedono nuovi modelli cosmologici, per il fatto che essi permettano che la densità dell’energia scura cambi nel corso del tempo. «Se aggiungiamo questi fattori, si cambia in maniera drammatica l’evoluzione dell’Universo», fa notare Fornengo. «Ciò genera tutta una serie di fluttuazioni alla temperatura del fondo cosmico dando luogo alla formazione di strutture visibili su larga scala». I dati che saranno ottenuti dai telescopi di nuova generazione, e che saranno in grado di esplorare sempre più in profondità l’Universo primordiale, dovrebbero fornirci preziosi indizi per discriminare tra diversi modelli. «Al momento, però, non c’è niente che suggerisca la presenza di qualche deviazione dal modello standard della cosmologia, il che rappresenta una coincidenza inspiegabile», dice Pontzen.
L’asse del male
Oggi dovremmo osservare un fondo di radiazione proveniente in maniera uniforme da tutte le direzioni. Non c’è alcuna direzione privilegiata per la radiazione cosmica di fondo e perciò anche i termini di dipolo, quadrupolo e ottupolo delle anisotropie della temperatura non dovrebbero mostrare alcuna direzione privilegiata nello spazio. Ma questo non è quello che si osserva, in particolare dai dati ottenuti dal satellite Planck, fino al 20mo termine dell’espansione armonica. In altre parole, i termini dell’espansione armonica hanno i propri assi preferenziali allineati con il piano del Sistema Solare (eclittica). Dato che non c’è alcuna spiegazione nell’ambito del modello standard della cosmologia, questo problema è noto come ‘asse del male’ o ‘asse del diavolo’.
Individuato già nel 2005 nella mappa della radiazione cosmica di fondo, si tratta di un allineamento peculiare dove non ci si aspetta nulla, tranne che causalità. Il termine attribuito ha un’origine melodrammatica se pensiamo che svia la nostra attuale visione dell’Universo. Nel cuore del nostro modello standard della cosmologia sta un principio detto, per l’appunto, principio cosmologico: l’Universo appare uguale su larga scala indipendentemente da dove osserviamo.
Questo è ciò che ci si aspetta a seguito di un’esplosione, come quella da cui ha avuto origine l’Universo dal Big Bang, con tutte le costituenti che emergono, mescolate in maniera casuale a formare una sorta di “zuppa” omogenea. Ma la realtà, così sembrava, è diversa e nonostante l’accuratezza delle misure ottenute nel corso degli anni da una serie di esperimenti condotti da terra e dallo spazio, il famigerato “asse del diavolo” si è rifiutato di scomparire.
Il cosmologo Jonah Miller dell’Università di Guelph in Ontario è alquanto affascinato dall’apparente evidenza anche se rimane scettico per quanto riguarda il suo significato fisico. «Studiare l’asse del diavolo è certamente utile», dice Miller. «Ad ogni modo, non credo rappresenti una grossa falla nella nostra comprensione dell’Universo primordiale». Lo scienziato ritiene che questo “asse” sia proprio un esempio di quello che accade quando si analizzano dei dati casuali: è possibile che emergano per caso delle particolari figure a noi familiari e che non vogliono dire nulla. Il fatto è che non sono solo le distorsioni visibili nella banda delle microonde che sembrano essere strane.
Wen Zhao, un fisico della University of Science and Technology of China a Hefei, ha raccolto altri dati che pare si allineano con l’asse del diavolo: tra questi sono inclusi il movimento delle galassie così come la direzione in cui ruotano le braccia delle galassie a spirale. Ma non è tutto. Le misure di fenomeni non correlati, come la temperatura della radiazione cosmica di fondo, il valore della costante di struttura fine responsabile della struttura atomica e persino l’accelerazione dell’espansione cosmica, sembrano tutti variare se ci muoviamo lungo l’asse. Ma la cosa più strana di tutte è che questi allineamenti puntano nella direzione in cui si sta muovendo nello spazio il Sistema Solare. Se tutto ciò è vero, allora bisognerà parlare non più di “asse del diavolo” bensì di “asse del tutto”. «Se si tratta davvero di proprietà reali dell’Universo, vuol dire che il principio cosmologico, che sta alla base della cosmologia moderna, diviene violato», afferma Zhao. Anche se sono stati proposti altri modelli cosmologici, la maggior parte non tengono conto degli ultimi risultati ottenuti dal satellite dell’ESA Planck che, in realtà, suggerisce che l’Universo sia più o meno omogeneo.
Tuttavia, c’è un’altra teoria che prende in esame l’idea dell’asse del diavolo: il fatto, cioè, che l’Universo potrebbe ruotare attorno a un asse. Sostenuta da Michael Longo dell’Università del Michigan, questa rotazione dello spazio impartirebbe alle galassie un momento angolare quando si formano, il che le aiuterebbe a ruotare attorno ad una direzione privilegiata. Ora, più bizzarre diventano le coincidenze e più sembra che esista qualcosa di banale alla loro base. Secondo Zhao, gli allineamenti mostrano che stiamo avendo a che fare con qualcosa che risulta consistentemente sbagliato con le nostre misure. «Altrimenti diventa difficile capire come mai questi assi cosmologici preferenziali coincidano con il movimento del Sistema Solare», sottolinea Zhao.
In equilibrio da 13,8 miliardi di anni
Proviamo un attimo ad immaginare di mantenere in equilibrio una matita sulla punta. Saremo in grado di farlo per meno di un secondo. Questa semplice analogia ci permette di capire come anche il nostro Universo stia cercando di mantenersi in una sorta di equilibrio gravitazionale e lo stia facendo da circa 13,8 miliardi di anni. Il trucco sta nella geometria dello spaziotempo. Secondo la teoria della relatività generale, materia ed energia curvano lo spazio e il tempo e il contenuto di materia-energia determinerà il destino ultimo dell’Universo. Se l’Universo sarà abbastanza denso per curvare su se stesso lo spaziotempo, allora tutta la gravità lo farà collassare verso il nulla. Ma se la densità di materia-energia dell’Universo sarà bassa, lo spaziotempo si curverà verso l’esterno e l’attrazione gravitazionale sarà talmente debole che lo spazio si espanderà per sempre. Il fatto è che l’Universo sembra non rientrare in nessuno dei due casi precedenti. Il test più potente per verificare il tipo di geometria che caratterizza lo spaziotempo è la radiazione cosmica di fondo. Secondo le misure effettuate sulla luce più antica che siamo in grado di osservare, la densità di materia e di energia sono tali che l’Universo non curva in alcun modo: in altre parole, appare perfettamente piatto.
Dopo un periodo estremamente lungo, la sua espansione dovrebbe arrestarsi senza un conseguente collasso gravitazionale. Questa situazione si è ulteriormente consolidata quando verso la fine degli anni ’90 gli astronomi osservarono una particolare classe di supernovae distanti, dette di tipo Ia, che inspiegabilmente apparivano più deboli di quanto ci si aspettava. Ciò suggerì che l’espansione dell’Universo stava accelerando piuttosto che rallentare. Dunque, per spiegare questo risultato, gli scienziati proposero che un’enorme porzione di Universo deve esistere sottoforma di energia scura che permette allo spazio di rimanere ancora piatto e di espandersi molto velocemente. Ma formulare una teoria che descriva quest’enigmatica componente è un’impresa molto ardua. «Non c’è al momento alcun candidato naturale che possa spiegare il fenomeno», dice Andrew Pontzen. La nostra idea migliore è che si tratti dell’energia del vuoto, cioè di quel tipo d’energia permessa dalla teoria dei quanti che risulta dalla produzione di particelle virtuali. Tuttavia, alcuni calcoli ci dicono che questo fenomeno quantistico dovrebbe produrre una quantità di energia scura almeno 120 ordini di grandezza superiori al valore misurato attualmente, un risultato che avrebbe già dovuto disintegrare l’Universo da tempo. «È come se fossimo bloccati senza sapere quale strada prendere», aggiunge Pontzen. «A meno che qualcuno non abbia un flash per spiegare tutto questo, credo che stiamo andando avanti senza una meta».
Ma c’è un’altra possibilità: il fatto cioè che l’intensità dell’energia scura possa essere variata nel corso del tempo. «Se questo fosse il caso, allora ci troveremmo in una situazione molto diversa», continua Pontzen. «In questo modo, si potrebbe accorciare la lista dei candidati per capire che cosa può essere effettivamente l’energia scura». Per toglierci da quest’impasse, abbiamo bisogno di raccogliere nuovi dati. In tal senso, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) sta costruendo il telescopio Euclid che dovrebbe essere lanciato nel 2020.
L’osservatorio spaziale avrà lo scopo di mappare le galassie esplorando lo spazio fino a 10 miliardi di anni-luce. Osservando come l’energia scura influenzi la forma e l’evoluzione delle galassie, la missione dell’ESA rappresenterà la nostra migliore chance per capire se l’azione esercitata dall’energia scura sia effettivamente cambiata nel corso del tempo. Solo allora inizieremo a capire come agiscono tra loro diversi fattori che stanno mantenendo la geometria dell’Universo stranamente piatta.
La mappa della temperatura della radiazione cosmica ottenuta dal satellite Planck. Credit: Planck/ESA
Ovunque la stessa temperatura
Sappiamo che la temperatura della radiazione cosmica di fondo è abbastanza uniforme. Essa varia di una quantità pari a meno di 0,001 gradi rispetto al valor medio che risulta di 2,725°K. Anche se tutto questo può sembrare alquanto naturale, in realtà questo dato di fatto rappresenta un vero e proprio puzzle. Se consideriamo, infatti, due regioni ampiamente separate dello spazio, il calore necessario per raggiungere in esse l’equilibrio termico ha bisogno di molto tempo per propagarsi da una regione all’altra. Ma anche se ciò avviene alla velocità della luce, l’Universo risulta troppo giovane per far sì che si verifichi questo evento. I cosmologi tentano di spiegare questa uniformità della temperatura dello spazio mediante il modello dell’inflazione cosmica.
Secondo questa teoria, subito dopo il Big Bang, l’Universo subì una rapida espansione esponenziale che diede forma e volume allo spazio. Questa rapida fase d’incremento delle dimensioni dell’Universo, avvenuta con una velocità anche superiore a quella della luce, ha iniziato quando le dimensioni dello spazio erano inferiori a quelle di un atomo e perciò c’è stato tutto il tempo necessario per rendere uniforme la temperatura in tutte le sue parti. «Analizzandola più da vicino, l’inflazione sembra un’idea totalmente folle, in quanto sostituisce una coincidenza con una visione completamente senza senso di quello che doveva essere l’Universo primordiale», dice Pontzen.
Tuttavia, sembra funzionare. Inoltre, la rapida espansione esponenziale dello spazio spiegherebbe come mai l’Universo osservabile appare piatto. Un po’ come la curvatura della superficie terrestre diventa visibile solo quando viene osservata su larga scala, allo stesso modo anche la complessa geometria dello spaziotempo può apparire appiattita agli osservatori che vedono soltanto una frazione dell’intero spazio. In più, l’inflazione cosmica spiega la formazione delle strutture, come le galassie, emerse dalle minuscole fluttuazioni quantistiche che si sono amplificate nel corso del tempo formando i propri siti gravitazionali. Ma non tutti sono d’accordo. «Anche se il paradigma dell’inflazione è in buon accordo con i dati, rimane soggetto a qualche problema concettuale», spiega Robert Brandenberger della McGill University a Montreal. L’ostacolo principale è che nessuno è in grado di trovare un meccanismo, nell’ambito della fisica che conosciamo, che dà il via all’inflazione.
«Ci sono diversi modelli di prova che tentano di descrivere l’inflazione», continua Brandenberger, «e non è chiaro se essi abbiano delle solide basi scientifiche». Per far partire l’inflazione, qualcosa deve necessariamente trasferire un’enorme quantità di energia nel vuoto. Pare che il colpevole possa essere identificato con un processo già noto, detto bariogenesi, che si ritiene sia stato anche il responsabile di una maggiore produzione di materia che di antimateria, un problema noto come asimmetria barionica. Ma dato che nessuno è in grado di sapere esattamente come è iniziato tutto ciò, siamo di fronte a mere ipotesi. E anche se identificheremo il meccanismo che dà il via all’inflazione, rimane aperta un’altra questione: come mai l’inflazione stessa non abbia continuato per sempre la sua azione?
C’è, però, un altro fattore che è stato preso in considerazione dai cosmologi: stiamo parlando della possibile variazione del valore della velocità della luce. Se ipotizziamo che la luce si sia propagata più velocemente nel passato, allora il calore si sarebbe potuto trasferire tra regioni remote dello spazio in un tempo necessario tale da permettere loro di raggiungere l’equilibrio termico. Il problema è che oggi misuriamo un valore costante della velocità della luce, perciò il suo valore deve o decrescere ad un ritmo sempre più lento o la sua variazione potrebbe essere cessata qualche tempo fa. Ma come per l’inflazione, anche in questo caso nessuno è in grado di trovare una spiegazione teorica che possa descrivere questo strano comportamento della luce.
Sull’orlo di un precipizio
L’Universo esiste da quasi 14 miliardi di anni ma potrebbe svanire in un battito d’occhio. Questo perché il tessuto dello spaziotempo si troverebbe in una situazione di precaria instabilità, ciò che i fisici chiamano falso vuoto, facendolo collassare in qualsiasi momento. «Se in prossimità del nostro Universo apparisse una bolla di vuoto vero e si espandesse, includendo l’Universo stesso, saremmo già spacciati», afferma Sean Carroll, fisico teorico del Caltech.
Esempio di collasso del falso vuoto in un sistema metastabile:
1- La configurazione è inizialmente stabile (minimo locale di energia);
2- regione di alta instabilità): il sistema compie una transizione.
3- Il sistema collassa a uno stato di massima stabilità (energia minima).
La chiave per capire quanto sia stabile il vuoto è il bosone di Higgs e il suo campo che pervade tutto lo spazio fornendo la massa alle particelle elementari. Oggi sappiamo che la massa del bosone di Higgs, la cui scoperta venne annunciata a Luglio del 2012, risulta pari a circa 125 GeV. Anche se le particelle elementari acquisiscono la loro massa interagendo col campo di Higgs, la massa del bosone di Higgs dipende altrettanto dalle particelle. La particella più pesante, che conosciamo attualmente, è il top-quark che ha l’impatto maggiore sulla massa del bosone di Higgs. Partendo, dunque, dalle misure recenti di entrambe le masse del top-quark e di Higgs, i fisici possono ora utilizzare le proprietà del campo di Higgs per dedurre lo stato fisico del vuoto dello spaziotempo. Ma la notizia non è poi così buona: infatti, il nostro Universo potrebbe trovarsi sull’orlo di un precipizio.
Se il top-quark fosse stato leggermente più pesante del bosone di Higgs, l’Universo sarebbe già collassato molto tempo fa. Credit: G.Degrassi et al. 2013 (https://arxiv.org/abs/1205.6497)
Così come una pallina rotola verso la valle di una collina, alla fine anche il vuoto si sposterà verso uno stato d’energia più basso possibile. Se, però, a metà strada andando verso valle si trova una piccola radura la pallina potrebbe anche fermarsi. Tuttavia, essa avrebbe ancora una sorta di stabilità ma sarebbe ancora capace di rotolare verso valle. Pare che l’Universo si trovi esattamente in questa situazione. «Se le masse del top-quark e del bosone di Higgs fossero leggermente diverse, potremmo trovarci o in uno stato di vuoto completamente stabile o in uno stato di vuoto instabile che sarebbe decaduto molto tempo fa», continua Carroll.
«La cosa interessante è che l’Universo si trova in una sorta di confine e non sappiamo dire con precisione se il nostro vuoto sia stabile o meno». Il problema sta nell’equazione che predice la massa di Higgs e che dà un valore più alto di quello che è stato misurato da LHC. Per risolvere questa discrepanza, i fisici devono cancellare con un significativo grado di precisione tutti i termini che correlano le interazioni tra le particelle e Higgs, a meno che non esista qualcosa che non è stato ancora osservato.
In altre parole, possiamo pensare a una teoria che vada al di là della supersimmetria che per lungo tempo è stata la favorita degli scienziati per superare questo problema. La supersimmetria raddoppia il numero di particelle del modello standard assumendo che per ogni particella nota esista una corrispondente particella più pesante, detta superparticella, così che possano essere cancellati i termini nella suddetta equazione. Ma gli esperimenti condotti al CERN no hanno fornito ancora indizi dell’esistenza di superparticelle, il che ha fatto sollevare una serie di dubbi sull’attendibilità di questa teoria. Questi dubbi hanno acceso un interesse per un’altra ipotetica particella, chiamata assione, per cui nuovi calcoli mostrano che essa potrebbe interagire sia con il top-quark che con il bosone di Higgs in modo da evitare che la massa di Higgs possa acquisire un valore più alto.
L’assione venne proposto inizialmente per risolvere altri problemi nell’ambito del modello standard ma la sua versatilità ne fa un target prioritario. Se poi si scoprirà che non esistono affatto assioni, allora dovremo per forza rivolgerci al concetto di multiverso per cercare una via di fuga. In una realtà permeata da infiniti universi, ognuno costituito da particelle di massa arbitraria e governato da regole ben precise, il fatto che viviamo in un Universo caratterizzato da determinate leggi e costanti fisiche diventa una condizione estremamente plausibile.
Fonte: https://astronomicamens.wordpress.com/2016/11/02/luniverso-sullorlo-di-un-precipizio/
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QUALCHE PICCOLO CONSIGLIO DI LETTURA
danairu 02
è una mia impressione o è quest’ asse a dare un filo di comunicazione all’ uomo per sostenere il samsara? e poi se parliamo di materia parliamo di ciò che riusciamo a vedere oggettivamente materialmente, se osserviamo i movimenti della parte materiale e vediamo che tutti i movimenti della materia a noi visibili coincidono con questo sistema solare tramite quest’ asse sembra che ”tutto ruoti intorno alla terra”… ovvero ciò che vediamo e ciò che sta fuori e si dice dentro perchè nel nostro interno abbiamo modo di regolare sempre dal nostro punto di vista materiale….mh?