IL SEGNO ZODIACALE DELLO SCORPIONE
Il lavoro che mi appresto a presentare verterà sull’analisi del segno zodiacale dello Scorpione, inteso come simbolo appartenente alla psiche collettiva e facente capo alla tradizione astrologica, scienza che nell’età classica ha assunto notevole rilievo e importanza stante l’unione di aspetti naturalistici e aspetti dotti, che ne hanno consentito l’adattabilità alla sfera psicologica, in particolare alla psicologia del profondo nella sua connotazione analitica archetipica.
Prima di addentrarci nell’analisi e nello scioglimento del simbolo, occorre prestare attenzione a quanto l’astrologia comunica, ed ha comunicato attraverso i suoi studi millenari.
Affrontando il tema dello Scorpione, non possiamo non rifarci alla monumentale opera del massimo esponente dello junghismo italiano Luigi Aurigemma, autore nel 1976 del testo “Il segno zodiacale dello Scorpione nelle tradizioni occidentali”.
Nell’introduzione Aurigemma delinea il quadro di riferimento entro cui l’Astrologia si è sviluppata, ponendo in risalto quanto questa abbia risentito dell’attribuzione erronea di pratica “magica”, che ha comportato una profonda inibizione verso i contenuti da lei espressi nel corso dell’evoluzione culturale, fino ad essere ritenuta vera e propria arte oggetto di giudizi sferzanti, tendenti allo sminuimento.
Al contrario, l’astrologia può essere considerata come un tentativo attraverso cui dare una spiegazione delle motivazioni alla base del comportamento umano, nonché un tentativo di delineare caratteri distintivi dell’uomo aventi basi psichiche inconsce. L’interesse che la psicologia analitica-archetipica ha, è rivolto alle fonti che, nel corso dei secoli, hanno superato la censura. Tesori attraverso i quali dare forma ad un affresco importante ai fini dell’analisi di immagini che compaiono nelle dinamiche oniriche dei pazienti.
Come afferma Aurigemma, il compito che ogni studioso deve porsi dinanzi ai problemi dell’astrologia, rimanda alla decifrazione del particolare linguaggio che la contraddistingue, importante per poter effettuare un’analisi delle immagini da questa prodotte, rintracciandone l’effettiva efficacia avuta sulla cultura e sulla crescita dei popoli del passato. Ovviamente il linguaggio che noi oggi andiamo a vivisezionare, è per lo più sconosciuto ed ha la possibilità di trasformarsi in un ottimo mezzo attraverso cui acquisire conoscenze.
“Affrontare il problema della decifrazione di questo linguaggio è compito enorme e di grande impegno. Quasi tutto resta da fare, a cominciare dal riconoscimento e dalla classificazione dei materiali che lo costituiscono. Dietro questo lavoro di base si delineano le questioni capitali: qual è il tempo, o quali sono i tempi di vita dei simboli astrologici? E qual è la loro densità emozionale, ossia da quale tonalità emozionale sono accompagnati? Qual è la forza agente di simili emozioni e di simili affetti in rapporto con la forza agente di altri fattori socioculturali – politici, economici, geografici, razziali – ai loro livelli di presenza storica, nelle loro permanenze e nelle loro variazioni? In altri termini, quali sono le condizioni di durata e di rottura dei loro significati? Oppure non ci sono rotture e i simboli astrologici si manifestano in un tempo talmente lungo e testimoniano densità della psiche collettiva talmente profonde ed estese da condurci assai vicino all’universalmente umano, ai confini dell’atemporale?”i. Per rispondere ai quesiti posti dallo studioso junghiano è necessario uno sfoltimento delle fonti che consenta di raggruppare aspetti psicologici e somatici riconducibili alla natura dello Scorpione, o meglio alla caratterologia del segno zodiacale dello Scorpione. Ogni periodo storico corrisponde ad un’analisi astrologica indipendente che si riflette nella tradizione culturale in cui avviene l’osservazione astrologica, a sua volta rispondente a processi sia individuali che collettivi. L’indagine che il nostro autore ha condotto, verte sulla realtà psicologica dello Scorpione, ovvero l’insieme di valori, caratteristiche ascrivibili al ruolo svolto nella psiche individuale e collettiva dalla creatura aracnide. (AURIGEMMA LUIGI, IL SEGNO ZODIACALE DELLO SCORPIONE NELLE TRADIZIONI OCCIDENTALI, PG 4-5, 1976 GIULIO EINAUDI EDITORE S. P. A., TORINO)
LO SCORPIONE NELLA TRADIZIONE GRECO-LATINA
Mitologia e concretezza
La comparsa dello Scorpione nell’astrologia greca coincide con il mito del cacciatore Orione, che cadde preda dell’animale a causa di quel che i commentatori latini definiscono magnum scelus nei confronti della Dea Artemide. Le fonti da cui Aurigemma può trarre informazioni inerenti al simbolo rimandano ad una delle versioni più accreditata quale quella di Arato di Soli. Riporto integralmente il testo del pensatore stoico contemporaneo di preti caldei: “ i meandri del fiume sono condannati, all’arrivo dello Scorpione, a gettarsi nei regolari flutti dell’Oceano; tale arrivo fa anche fuggire l’immenso Orione. Che Artemide ci perdoni! Una tradizione degli Antichi Greci Orione il Forte prese per il lembo della veste la Dea, al tempo in cui egli colpiva con la pesante clava tutte le bestie di Chio, cercando con la caccia di rendersi gradito ad Enopione. Subito la dea spaccò nel mezzo le colline dell’isola, buttandole a destra e a sinistra, e suscitò contro di lui una bestia nuova, uno scorpione, che lo ferì e lo uccise nonostante la sua forte corporatura, mostrandosi, malgrado tutto il più forte, giacchè Orione aveva osato oltraggiare la stessa Artemide; questa è la ragione, si dice, per cui all’arrivo dello Scorpione, Orione fugge alle estremità della Terra”.
Il magnum scelus di cui Orione è colpevole è un affronto amoroso. Arato pone in risalto sia la novità della generazione di una nuova bestia, sia l’azione subitanea della nuova bestia, tanto celere quanto mediata da una riflessività annientante. Gli attributi che tanto Arato quanto Germanico (anch’egli astronomo) pongono in risalto, si possono rintracciare in tutti i racconti mitologici riguardanti lo Scorpione. Interessante è la modalità attraverso cui questa nuova bestia del mondo infero si manifesta nel mondo materiale: lo fa dopo che Artemide ha percosso con il piede il terreno. Lo Scorpione si connota come forza ancestrale custodita nell’alveo della Terra, della Grande Madre Terra, che dispensa la sua forza qualora vi sia un attentato all’incolumità della Dea vergine, Artemide.
Anche i racconti provenienti da altri astronomi, sono concordi nel porre in risalto quanto sia distruttiva la potenza dello Scorpione dinanzi ad Orione, reo di troppa loquacità.
Tutte queste versioni possono essere ricondotte alla versione del mito pervenutaci da Esiodo, secondo cui il cacciatore Orione soleva sbeffeggiare Diana che per punizione lo fece uccidere dalla nuova bestia.
La maestosità terrifica dello Scorpione è evidente in ogni versione del mito, che pone in essere l’esemplarità di tale animale, capace di fuoriuscire dalla terra e, attraverso un colpo velenoso, annientare chi si macchia di oltraggi. Nell’immaginario onirico, lo scorpione rappresenta l’energia primordiale, una forma di libido formante e trasformante. Se prendessimo in esame sogni in cui compare l’aracnide, noteremmo quanto la subitaneità e l’ irriverenza mista a regalità con cui agisce, pongano in risalto il potere della dynamis libidica.
Nella tradizione astrologica greca tale segno occupa uno spazio molto importante, in quanto la caratterologia dello scorpione viene associata alla stagione autunnale, in cui si uniscono forze che rasentano al contempo la infinita potenza plasmatrice e la tragicità di ogni atto di una costellazione pronta a sacrificare essa stessa pur di salvaguardare la prole.
A questo punto risulta possibile leggere lo scorpione, a mio avviso, come quell’immagine che, associata all’autunno, meglio pone in risalto la permanenza in uno stato aperto di confronto con il mondo infero, condizione che in Alchimia possiamo definire della Terra Alba, in cui tutto quanto di regale è racchiuso nello Scorpione, null’altro rappresenta che la possibilità di un’apertura a successivi cicli di rinnovamento/cambiamento. Certamente questa intuizione, suffragata dalla astrologia poetica, va confermata, in quanto l’astrologia razionalistica, come afferma Aurigemma, basandosi sulle correlazioni analogiche, ha individuato aspetti causali importanti unenti caratterologia, animale e uomo. La principale analogia è naturalistica; prendendo in esame i SATURNALIA, si possono leggere appellativi della bestia come espressione del potere germinativo del SOLE MORENTE (TRATTATO DEI DODICI SEGNI DI IPPARCO), come attributo della semina e partecipante ai lavori agricoli. Di qui l’analogia tra il pungiglione dello scorpione e l’aratro. Ancor più evidente appare l’analogia da me individuata con la fase dell’Albedo alchemica, ove l’intervento subitaneo del fuoco e dell’anima lunare rendono possibile un primo bozzetto di cambiamento. Riporto il passo di Ipparco: “Questo segno fu [chiamato] Scorpione o per il fatto che partecipa a tutti i lavori dell’agricoltura allorchè il sole nasce in questa posizione e si semina la terra, ovvero per il fatto che, così come gli scorpioni volgono il pungiglione verso la ferita, parimenti il contadino dirige l’aratro verso la terra” (Ipparco, Trattato dei dodici segni, prima metà del IV sec. a. C.).
Il supporto fornito dalla caratterologia fondata sull’empiria, ha connotato la radice naturalistica del segno dello Scorpione che ben evidenzia la tipologia psicologica dell’uomo abbracciato da questo segno. Gli attributi legati allo scorpione sono i seguenti: anfibio, acuto, muto, selvaggio, squamoso, fecondo, ricurvo, pustoloso, pieno di scaglie e infine che genera pidocchi. Gli attributi appena elencati riguardano la natura animale. Più strettamente connessi ad aspetti psicologici umani abbiamo aggettivi quali: che provoca dolore, velenoso, ingannatore, immutabile, munito di pungiglione, collerico e, infine, difforme. Negli attributi dati alla bestia vengono ad unirsi la reazione dovuta alla base naturalistica dell’astrologia e la reazione, prettamente umana, dinanzi all’animale, ovvero l’insieme di emozioni e sensazioni afferenti alla percezione dello Scorpione. Sostanzialmente lo Scorpione viene vissuto come un insieme di pericoli incombenti sul creato. La sostanza terrifica dello scorpione tipica della primitiva astrologia e della nascente civiltà greca, si struttura come cerniera, anello di congiunzione con l’astrologia dotta, nonché con la mole di studi in riferimento al simbolismo dell’aracnide. Nell’Antica Grecia in definitiva lo scorpione veniva vissuto con un’aura di timore, in quanto connotato da una subitaneità nell’apparire e nello sferrare l’attacco. Un aspetto da notare, come già scritto, è il legame con la terra, con la madre terra: esso dimora nel ventre della terra e nel ventre della terra ritorna. Nella sua doppia accezione, lo Scorpione è procreativo e destrutturante. Nei sogni si connota anche della funzione di Psicopompo, fratello gemello del serpente. Da questo osservatorio privilegiato, l’immagine di costui nei sogni, nelle visioni, si staglia su un affresco in cui il cambiamento è in fieri, poiché sono unite in lui forze che rimandano al vuoto fecondo e alla possibilità di riflessione dello spirito imbiancato.
LO SCORPIONE: L’ARACNIDE INSETTO TRA GLI INSETTI.
Un’analisi del simbolo dello Scorpione non può non trattare l’argomento degli insetti come immagini portatrici di cambiamento, esprimenti volontà creativa atta a modificare il punto prospettico da cui parte lo sguardo del navigante, ovvero dell’individuo visitato dagli insetti nei sogni
L’etimologia fa derivare il sostantivo insetto da insectum, appartenente ad una classe di nomi utilizzati nell’età classica della cultura latina, solamente al plurale. A sua volta tale sostantivo deriva da in-secare, tagliare, nello specifico tagliare le ferite, lasciando spurgare il materiale poroso, e infliggere ferite.
Si può notare come già l’etimologia metta in risalto la valenza terrificante degli insetti; la connotazione che viene conferita alle piccole bestioline, sia che esse striscino, sia che esse si arrampichino è sempre negativa perché vi è un rimando al cosmo infero in cui impera la notte, impera il valore destrutturante dell”energia libidica inscritta nelle membra di ogni singolo insetto.
Scrive Hillman “Cominceremo così a guardare dentro i sogni per liberare le bestioline [bugs] che in essi compaiono dalle cornici del mondo diurno in cui sono state fissate,”pinned and wrigling on the wall (“con spilli alla parete ma dimenantesi ancora”) (T.S. Eliot) – e per bestioline intendo tutti gli esseri che strisciano e si arrampicano, senza escludere ragni, coleotteri, pidocchi, falene, formiche, api, vespe, mosche, larve, oltre a certe creature non classificate dagli entomologi tra gli insetti.
La nostra Storia è un buio completo, tutto un pregiudizio nei confronti di queste creature. Un LOCUS CLASSICUS del punto di vista della nostra cultura che risale fino alla Bibbia, è il passo del Faust di Goethe (II, 2,1) in cui un coro di insetti saluta Mefistofele, cantando: […] (Hillman, J., Animali del sogno, pag. 88, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1991).
Gli insetti appartengono al Diavolo, che li ritiene fondamentali in quanto veicolanti energia prodotta dalla terra: tutte le creature delle profondità della terra sono generate, e quindi figlie di Satana. Da ciò nasce la credenza che ascoltare lo strepitio delle zampette di un aracnide o di un grillo, o guardare l’operosità delle formiche, equivale all’ascolto delle tenebre; comunicare con le tenebre è comunicare con gli strati profondi della psiche. È ovvio che anche nell’immagine dello Scorpione sono rintracciabili tali connotazioni “demoniche”, che caratterizzano in modo altamente definito le qualità dello Scorpione come psicopompo.
Qualità della bestia creata da Artemide è l’attraversamento dello Stige: intendo affermare che non vi è bestia meglio equipaggiata per attraversare una ferita che lo Scorpione; questo sta a significare che l’habitat psicologico che questi frequenta, è propriamente adatto all’evoluzione caratterizzante l’individuo detentore della ferita. Qualora si diradino le connotazioni negative frutto delle zavorre culturali appese al collo dell’individuo dalla moralizzante religione cristiana, è possibile notare quanta sia la forza propulsiva presente nell’insetto Scorpione e in tutti i miliardi di insetti presenti sulla terra. Un’estinzione degli insetti equivarrebbe alla distruzione del sistema ecologico del sistema terra; oggi si propende verso una massificazione che rende possibile la cementificazione di ogni spazio che diventa non luogo agente il disfacimento delle identità, disgregate dinanzi al potere distruttivo delle credenze, che regolano l’agire umano in base ad assiomi che poggiano su verità escludenti la vita, che non viene più ritenuta un valore primario. Non riconoscendo l’importanza degli insetti, non riconosciamo l’importanza del rispetto della natura e delle sue mille manifestazioni.
Una qualità molto importante dell’insetto è la possibilità di far deviare la strada (si potrebbe dire in termini prettamente analitici far divenire ciò che si è) all’individuo, che risente del potere stesso dell’insetto in quanto esprime la ferma volontà caratterizzante l’assunzione di responsabilità. Noi tutti temiamo gli insetti, anche i meno spaventevoli in quanto sono espressione di qualità inferiori che rimandano ad un sostrato che incute terrore. A mio avviso propriamente il terrore sta a simboleggiare il potere trasformativo insito in queste piccole creature. Ciò che meglio descrive quanto appena scritto è il riferimento anche al Briccone degli insetti.
Vi sono molte leggende su Signori degli insetti che si muovevano fra le popolazioni mesoamericane ; il più conosciuto, come riportato da James Hillman, è il BE’GOTCIDI: Questa divinità era solita toccare i seni delle ragazze e poi avere con loro rapporti sessuali. La sua bellezza era notevole, raccontano gli antropologi a tal punto che costui, seppur travestito da donna, riusciva ad abusare di loro.
È il signore degli insetti, è colui che li chiama a sé, colui che pone in essere l’autogenerarsi medesimo degli insetti. Anche l’insetto tra gli insetti, come da me è ritenuto lo Scorpione, si autogenera. È palesante la forza inscritta nelle sue movenze in quanto è fortemente irriverente per gli antri dove si nasconde e per le condizioni climatiche che riesce a dominare. Ancora una volta viene risaltata la duttilità del simbolo dello Scorpione. Psicologicamente chi ha in sé aspetti scorpioneschi, vive la possibilità di sapere mediare e al contempo vivere con ardore ogni ideale e ogni aspetto della vita. La natura ci pone davanti aspetti che risultano invalidanti per la crescita medesima dell’individuo e del sistema in cui questo è inserito. Essere parte di una modalità scorpionica d’agire, equivale a far tesoro della propria natura ergendosi anche a difensore di ideali che spesso non comportano l’adesione del collettivo, timoroso di talune personalità votate al sacrificio: ecco un aspetto saliente dell’insetto aracnide. Sappiamo che la parte negativa del materno (la Grande Madre divorante) da Jung è ritenuta essere detenuta dal ragno, esattamente dalle otto zampe che rimandano alla conformazione del mandala. A mio avviso l’interpretazione potrebbe vertere su altri presupposti. In primis non è totalmente vero che il lato sconosciuto sia totalmente umbratile; in secondo luogo se diamo uno sguardo dal punto di vista naturalistico, non v’è perfezione più soggetta all’adattamento che la meticolosità con cui il ragno tesse la tela; in terzo luogo lo scorpione sacrifica sé medesimo perchè la prole possa sopravvivere. A suffragare questa mia interpretazione, ancora una volta viene in soccorso, la mitologia, specificamente l’epopea di Marduk: alle porte degli inferi vi sono dei Guerrieri Scorpione: ecco ancora una volta l’alto valore pro-creativo del simbolo e dell’insetto stesso. L’insetto è agente intenzionale volto al cambiamento, che mostra in sé un fine corrispondente all’attuazione del proprio progetto: l’individuo che si lascia “insegnare” dall’insetto è un individuo capace di far fronte, con le proprie energie, ai cambiamenti che avvengono all’interno del sistema sociale in cui egli si trova a vivere.
Una delle caratteristiche più importanti che definiscono gli insetti è l’intenzionalità: le immagini di insetti nei sogni hanno in sé sempre uno scopo a cui sono diretti. È interessante notare come ciò che lo scorpione afferma nella dinamica psichica è il supporto diretto all’affermazione dell’unicità dell’individualità. L’immagine dell’insetto reca in sé le istruzioni cui deve ricorrere il sognatore che viene solertemente allertato dall’incombente pericolo che la creatura dimostra di sapere apportare. Da un punto di vista analitico, gli insetti sono i compagni più fidati che indicano la percorrenza della via, il raggiungimento del senso attraverso il riconoscimento della valenza creativa insita nella psiche volta al cambiamento. D’accordo con Jung si può affermare che gli insetti, in particolare lo Scorpione, nelle immagini dei sogni di pazienti, mostrino la devozione al processo di individuazione e rappresentino al contempo l’interezza della psiche, ovvero rappresentano il Sè, che topograficamente non ha confini, ma coincide nell’unità dell’uno con il Tutto.
Oggi la psichiatria ha ascritto alle bestioline la caratteristica di agenti allucinatori, perchè associati alla schizofrenia o comunque allo stato allucinatorio della psiche; in realtà l’immagine dell’insetto, dello Scorpione, rappresenta il contatto con gli strali più profondi della psiche, ove vige la relazione tra gli elementi base della vita e la chimica del nostro Universo. Proprio nell’azione coagulante espressa dall’intenzionalità dell’insetto, lo scorpione si erge a psicopompo atto a modificare il punto di vista su cui è basata la vita dell’analizzando. Essendo agenti dell’individuazione, questi si ergono a sentinelle pronte al sacrificio dell’individualità oggetto d’attenzione in quanto, indicando la via, instradano l’individuo sulla linea liminale su cui poggia ogni esistenza votata alla conoscenza di sé medesima.
Lo Scorpione è il DAIMON, è colui che ponendosi come SPIRITUS RECTOR, indica al sognatore, all’individuo pervaso dalle caratteristiche scorpionesche, che è il momento di riferirsi alla saggezza: è questo il compito dello Scorpione; apportare accettazione e consapevolezza attraverso la conoscibilità di un mondo in cui ontogenesi e filogenesi si fondono e rendono atto ciò che in potenza è scritto negli alvei più profondi della personalità dell’individuo.
Lo Scorpione è conoscenza, è saper misurare il comportamento in base alla situazione; ciò comporta anche aspetti propriamente machiavellici di tali personalità. Pensiamo ad esempio al ruolo che svolge il veleno dello scorpione in relazione alla ferite, al cancro o allo stesso veleno dei serpenti: questo si pone come agente coagulante avente come fine l’affermazione di uno status quo che si connota come dichiarante aspetti individuali riconducibili al rispetto della stessa vita dell’iniziato, il quale rispettando se medesimo rispetta il mondo in cui è inserito riconoscendo il rispetto dovuto alla natura generante la vita stessa. Da un punto di vista propriamente socio-politico-culturale, a mio avviso nel modus operandi della personalità baciata dal simbolo dello Scorpione quale Psicopompo, Briccone, Daimon che sia, è ravvisabile la capacità di saper dimorare nella ferita. Dimorare nella ferita equivale all’adattamento ambientale, alla sopravvivenza ai moti cosmici che mutano. Lo Scorpione sa dimorare in un NON LUOGO, quel non luogo tanto caro a Zygmut Bauman, realtà sociale cara alla massificazione voluta e cercata dal non fare della politica, delle istituzioni e della società civile.
Lo scorpione è autonomia, è direttività del proprio agire senza strumentalizzazione di qualsivoglia genere.
Scrive Hillman “L’insetto vive nella ferita, la ferita vive come un insetto: una ferita vivente, una vita ferita”(Hillman, J., ANIMALI DEL SOGNO, pag. 103, Raffaello Cortina editore, 1991, Milano).
L’insetto rappresenta colui che dà vita al processo di trasformazione alchemica, dà vita alla putrefactio del corpo consistente nella possibilità del cambiamento. Il cambiamento psicologico vive là dove vige un costante pericolo dovuto ad una continua iniezione di veleno da parte dell’aracnide, che comporta il ricordo che al centro di ogni processo volto alla trasformazione, vi è il vissuto della ferita, inteso come vita che viene nutrita dal sangue medesimo, apportante l’humus artefice della ricerca di senso. Lo Scorpione è simbolo che tende a racchiudere in sé un fine, ben rappresentato dall’espressione hillmaniana esprimente la potenza racchiusa in un minuscolo corpo, potenza che plasma l’individualità che incontra nei viaggi onirici questa immagine d’animale appartenente alla sfera terrena, che nasce dalla terra, torna alla terra nutrendo la volontà individualità, avvicinandola al centro vitale, al Sè.
Si è affermato nel corso dell’intero studio relativo al simbolo dello Scorpione, che appartenga alla fase della Luna, ritenendo questa come il momento fondamentale attraverso cui si dipana ogni moto circolare dell’esistenza dell’individuo. A tal riguardo è possibile ritenere le immagini di insetti, particolarmente le immagini di insetti aventi strutture primordiali, metafora di sintomi, sintomi appartenenti, residenti, dimoranti negli antri più nascosti della psiche.
Avvalendomi dell’esperienza personale di disabile affetto da una malattia genetica, nelle mie immagini oniriche, si nota come tale “apparizione” dello Scorpione rappresenti il momento indicante un tempo indefinito, in cui si situa il cambiamento sia psichico che fisiologico; intendo sostenere che nei momenti in cui la psiche “sente” il messaggio del corpo, di quanto è rappresentato dalla materia di cui siamo fatti, questo si pone come agente coagulante apportante senso, che si rivela facilitando la presa di coscienza assumente forma con il concetto di accettazione, è ben rappresentato dall’animale di Artemide, capace di indicare la via da percorrere perché guida e cavaliere ausiliare con competenze di supporto. Alchemicamente è agente indicante la richiesta della psiche d’attenzione, che diviene nuova capacità d’adattamento e conseguente nuovo approccio nei confronti del sintomo, che diventa letteralizzazione non più del sistema psichico, bensì del sistema somato-psichico.
Lo Scorpione, al pari di altri insetti rende possibile una ri-lettura del sintomo che diventa dimorante nel sistema-corpo.
L’insetto accompagna sempre l’uomo nell’attraversamento del terrore rispetto alla sua moltitudine e alla già citata capacità di adattamento. Persistendo la paura atavica di tali creature, l’unica soluzione che rimane è la loro estinzione.
Oggi l’inquinamento ambientale comporta un indebolimento delle specie animali, a tal punto che l’estirpazione degli insetti è resa necessaria dall’incombente terrore di una popolazione che temendo se stessa, teme la multiformità degli insetti.
Gli psichiatri, ma anche gli stessi analisti temono le immagini degli insetti nei sogni: 1) sono segnali di strati profondi della psiche; 2) rappresentano la possibilità di un nucleo psicotico avente capacità distruttiva.
D’accordo con Hillman, ritengo che la conoscenza degli insetti, consente allo stato attuale di fornire una lettura profonda di queste immagini in quanto, date per certe le qualità adattive e le qualità afferenti alla consapevolezza, seppur immagini conducenti a sostrati disintegranti e disintegrati, comportano la confluenza dei molti nell’uno, e quindi un collegamento all’essenzialità dell’individuo, e non al lato negativo che tali immagini veicolano.
Jung descrive l’integrazione come il passaggio di un complesso che diventa gestibile dalla psiche, controllabile. Ciò avviene attraverso ad esempio il raggiungimento della consapevolezza afferente alle qualità dell’insetto che si presenta nei viaggi onirici.
Lo Scorpione al pari di altri insetti, rappresenta la creatività della psiche dinanzi agli accadimenti traumatici che tolgono linfa alla psiche medesima, che servendosi del veleno dell’aracnide crea forme di vita straordinarie.
Senza dubbio oggi l’universo risente di un imbarbarimento che sta conducendo al collasso l’intero sistema-mondo, incapace di una reazione che sappia condurre l’intera umanità al di là delle colonne d’Ercole fino a questo momento invalicabili, rappresentate da un potere industriale soverchiante l’ordine del mondo, in cui vige la democrazia dei pochi, quei pochi che non accettano la mostruosità come forma rigenerante perché capace di mutare al mutare dell’ambiente.
L’insetto è parassita, è colui che mostra all’individuo la sua vera natura; affrontare i propri limiti, mostra una grande capacità di risolutezza che fa forza sulla propria natura, attivando un processo di trasformazione della propria vita attraverso un rovesciamento dei ruoli, che comporta il mutamento di stato del limite in punto di forza. Leva su cui poggiare per avviare il processo di trasformazione alchemica, che si rappresenta costantemente come un attraversamento della sofferenza. Capita che questa mutazione faccia più paura delle limitazioni esistenti.
Lo Scorpione nella società rappresenta la chiave di volta racchiusa nel mistero esistente nella sua stessa natura: artefice del proprio destino, sacrificante e sacrificato apportante senso, derivante da una messa in discussione della propria identità.
Oggi la società è massificata, teme il confronto ad armi pari, e la conoscenza e la maestosità del modus agendi dell’insetto fanno paura perché risulta essere incontrollabile. La tipologia psicologica rispondente allo Scorpione è rappresentata dalla logica mediatrice, che appare nella modalità fredda in cui sembra operare attraverso una continua recisione di cordoni ombelicali apportanti vincoli.
La società civile manca di individualità capaci di sostenere il carico, il vero carico della responsabilità di un popolo e degli strati sociali più deboli.
La politica manca di personalità mediatrici consce della responsabilità palesata dai grandi mutamenti geopolitici che si susseguono con un ritmo incalzante. Ne risente l’ambiente, dove si vive uno sfaldamento tra la natura e colui che è stato insignito dei galloni di “creatura d’ingegno”: l’uomo. La Natura spinge verso un nuovo ordine, l’uomo vuol mantenere l’ordine attraverso lo “sterminio” sistematico di tutti gli esseri inferiori che della natura sono i più grandi contribuenti.
Il segreto dello Scorpione risiede nel suo apparire misterioso e terrificante perché capace di generare paura, per il solo fatto di mostrare la propria natura. Tant’è che se non attaccato, non punge.
Probabilmente fa paura perchè si adatta sempre. È silente, capace di subitaneità: questa è risolutezza e caparbietà dinanzi ad una realtà mutante che si rivolta contro le sue stesse creature perchè non ascoltate.
Tutto il mondo per la psicologia primitiva è divino, e tutti gli animali sono divini: questo a conferma di una grande esperienza conducente al nucleo fondante della psiche espressa dagli insetti, dallo Scorpione in particolare: senso, telos, fine individuazione; tutto attraversando la valle del Fare Anima, niente altro che il mondo infero tanto vituperato e bistrattato dalla cultura ecclesiastica, che per mezzo della figura del Cristo ha demonizzato ogni creatura che potesse, arcaicamente strutturata similmente a Mefistofele.
Come scrive in maniera magistrale Hillman, meno male che i sogni che prendono forma da Psyché rendono onore agli insetti e alla natura: ricordano chi siamo da dove veniamo e che non dobbiamo temere noi stessi.
Lo Scorpione è senso di comunità il GEMEINSCHAFTSGEFUHL, radice di ogni presa di coscienza comunitaria volta al raggiungimento del mantenimento di uno stato di equilibrio del sistema sociale, della politica e della società vissuta non più come estranea all’individuo, bensì facente capo ad una struttura psico-socio-politico-culturale.
Concludo riportando un passo di Hillman: “Non tutto è perduto. Molto è recuperabile, anche se solo a tratti, improvvisamente. I nostri sogni recuperano ciò che il mondo dimentica. Il politeismo pagano ormai dimenticato si propaga in forme animali. In quegli animali abitano gli Dèi antichi: il salmone e i grandi cervi celtici, gli orsi dei vichinghi, i maiali, gli ippopotami, i coccodrilli e i gatti egizi, i lupi e le aquile romane, e il BE’GOTCIDI dei Navaho. Gli antichi Dèi sono ancora presenti nei nostri sogni – quelle cattedrali zoologiche in cui c’ è una dimora per gli insetti di Belzebù e di Mefistofele. Gli animali possono continuare a esistere come Dèi, vivi e non dimenticati, nelle icone dei nostri sogni e nelle ossessioni vitali dei nostri complessi e sintomi, i piccoli insetti indistruttibili. Cantiamone le lodi.
GAUDEAMUS” (HILLMAN, J., ANIMALI DEL SOGNO, PAG. 138, RAFFAELLO CORTINA EDITORE, 1991, MILANO).
Cantiamo le lodi del nostro mondo infero popolato da tanti rappresentanti del pantheon il cui plenipotenziario per il valore trasformativo è lo Scorpione.
Gaudeamus Scorpionem.
Dottor Alfredo Vernacotola
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