L’esaltazione dell’Imperfetto
L’invenzione delle dottrine esoteriche legate alla concordanza tra i numeri, la geometria e gli elementi della natura è certamente merito dei pitagorici: partendo dal suono emesso dalla vibrazione di corde messe in tensione stabilirono rapporti numerici fissi che per loro potevano avere a che fare con i segreti della terra e del cielo. Pitagora era infatti un pensatore affascinato dall’idea di scoprire tutti i segreti della natura; ma era innamorato anche della musica e scoprì che due corde pizzicate insieme producono un suono armonico a seconda della loro lunghezza e tensione. L’atto stesso della scoperta, forse portava con sé il sapore del miracolo.
A queste proporzioni numeriche era associato anche un corrispettivo geometrico applicato pure nella valutazione del rapporto esistente tra le posizioni planetarie nel loro peregrinare in cielo e la posizione dell’uomo nel suo vivere in società e in un preciso luogo, quasi sempre considerato il centro dell’universo. Si sviluppava così la “geometrizzazione” dello spazio e del tempo: due fattori divenuti indivisibili sotto l’unificazione di figure spaziali che i Platonici consideravano ideali ed eterne.
Ma furono i Babilonesi a tracciare per primi questo percorso in cui vi era una parallelo tra la natura e i numeri. Particolare enfasi venne data soprattutto a quelli estrapolati dai cicli di Venere durante i suoi passaggi al sorgere e al tramontare. In antica Babilonia, infatti, la dea Ishtar, espressione divina del pianeta Venere, oltre a essere effigiata come una donna alata veniva rappresentata con una stella a otto punte. Il numero otto si riferiva al suo ciclo sinodico, ossia al numero di anni occorrenti affinché si compissero 5 congiunzioni inferiori col Sole, ovviamente prima che essa tornasse approssimativamente sulla stessa posizione zodiacale di partenza.
Così i Babilonesi, e forse chi prima di loro, avevano trovato il parallelo tra le caratteristiche del pianeta in rapporto al Sole, il ciclo delle semine, e lo spazio fisico e sociale. Il simbolo della stella a otto punte non era solo una figura astratta, ma era il simbolo del comportamento del pianeta, antropomorfizzato perché funzionale alla vita sociale e culturale della comunità: scandiva un ciclo costituito da 5 tappe fondamentali.
A ciò arrivarono tramite le loro osservazioni: spazio e tempo erano divenuti inscindibili per la costruzione di una dottrina fondata sui numeri. Per facilitare questo compito Babilonesi e Maya edificarono i loro templi-osservatori astronomici con la speranza di vedere il punto da cui gli “Dei salivano al cielo”. Ergersi su quelle grandi torri significava avvicinarsi al divino, cioè quasi praticamente afferrare i pianeti nel loro solcare il cielo stellato.
Ogni piano della torre, Ziqqurat, era per l’adepto uno stadio evolutivo verso la conoscenza e verso l’acquisizione di una verità rivelata dal sacerdote consacrato al Dio Nabù (Mercurio) ossia l’astrologo. Sette erano i piani delle torri come sette sono i pianeti osservabili a occhio nudo, compresi Sole e Luna, la coppia sacra da cui si dipana la geometrizzazione del tempo e dello spazio. È dal rapporto tra questi due astri che nasce il calendario così come la divisione del cielo stellato affinché i naviganti potessero orientarsi al buio; è da qui che nasce l’idea della contrazione e dell’espansione che trova un corrispettivo sia dal punto di vista della conquista dello spazio geografico e sia del proprio spazio interiore. L’idea del fuggire dal centro ossia da sé stessi, per poi farvi ritorno è una costante dell’uomo antico e moderno.
L’adepto che supera le sette stazioni prima di raggiungere l’apice della torre si preparava così a slegarsi dalla sua condizione spaziale terrena per divenire spettatore di una nuova geometrizzazione da interiorizzare: il cielo, i pianeti, le stelle, l’orizzonte, saranno visti con gli occhi di chi accede a uno spazio sacro che conduce al punto di massima elevazione fisica e spirituale.
Ma quello non sarà altro che l’inizio di un percorso che vedrà l’adepto (quasi sempre figlio dell’astrologo) cimentarsi nella tecnica dell’osservazione. Vedere il mondo da una visuale più ampia doveva equivalere a un allargamento della propria coscienza e il ché mette in evidenza la stretta connessione tra l’ascesa e le dimensioni cognitiva, emotiva e religiosa dell’individuo.
Tornando alla questione dei numeri, sappiamo bene che dodici sono i segni zodiacali come dodici sono le lune piene da un solstizio d’estate all’altro mentre sette sono i giorni della settimana perché sette è il numero dei corpi celesti mobili prima della scoperta di Urano, Nettuno e Plutone. Sappiamo pure che la logica tuttora attuale era quella di associare ogni giorno a un pianeta (Luna=Lunedì, Marte=Martedì, Mercurio=Mercoledì etc. etc.). Ma se gli antichi fossero stati già a conoscenza di Urano, Nettuno e Plutone, il tempo quasi certamente sarebbe stato diviso in maniera diversa: non più una settimana ma una “decimana”.
Questo accadrebbe se solo volessimo dividere il mese in tre decani e non in quattro cicli di sette giorni come facciamo tuttora. Questo sarebbe accaduto se gli antichi, con tali moderne conoscenze, lo avessero fatto in passato. E lo spazio-tempo avrebbe assunto una geometrizzazione diversa con tutto quel che ne consegue sotto il profilo dell’organizzazione sociale e dei riti da compiere per mettersi in comunione con il cosmo. Perciò è innegabile che la questione geometrica sia fondamentalmente culturale. Il valore numinoso presente nei numeri dipende dalle scelte di certi popoli, da quel che per loro è rilevante prendere in considerazione.
Il numero sette, dunque, è un numero mistico, metafisico, sacro, ma nella misura in cui si accetta quella logica di calcolo del tempo. Una logica utile in antichità, ma che oggi per alcuni sembra sbilenca dato che i corpi astrologici sono aumentati. Ed è chiaro che la logica di quei tempi fosse strutturata sulla teoria della luce: 7 erano i corpi celesti visibili a occhio nudo e perciò la radiazione luminosa doveva avere pressappoco la stessa funzione dell’idea di coscienza, illuminazione. Senza contare, però, che per i moderni astrologi Urano, Nettuno e Plutone, i pianeti invisibili a occhio nudo, infatti sono al di là della coscienza individuale perché riguardano i movimenti delle grandi masse di persone e le intere generazioni. Però per convenzione continuiamo a contare il tempo così come abbiamo appreso, così come ci è stato tramandato; e lo facciamo per abitudine e comodità. L’obbiettivo era quello di pareggiare il numero dei corpi celesti mobili con il ciclo lunare di ventinove giorni e perciò si giungeva al famoso sette per quattro= ventotto giorni, una cifra non precisa, ma assai vicina al ciclo effettivo della Luna.
Anticamente, e tuttora, per elaborare il loro calendario gli uomini si avvalevano di “approssimazioni”. Perciò le misurazioni sono sempre state arbitrarie. Per esempio, sebbene si dica che i Maya avessero un calendario che considerasse persino i secondi d’arco, si tratta pur sempre di approssimazioni. Insomma, applicavano un conteggio millimetrico del tempo ma partendo da stime approssimative del rapporto tra Sole, Luna e Venere. Lo stesso continuiamo a fare oggi: l’anno dura 365 giorni, ma è un’approssimazione. In realtà sappiamo che dura qualche ora in più e il calcolo varia ancora a seconda del nostro punto di riferimento, che sia il Sole o una stella lontana.
Ma tutti siamo pronti a stappare lo spumante a cavallo tra il 31 Dicembre e il primo di Gennaio: abbiamo diviso il tempo in maniera convenzionale e approssimativa per far combaciare il movimento di rotazione terrestre con quello di rivoluzione. Siccome questo movimento non è perfettamente sincronizzato si usano approssimazioni. Quindi è anche vero che il rapporto tra numeri sacri, spazio e tempo deriva da approssimazioni e non da leggi universali precise. Questa è l’esaltazione dell’imperfetto.
Sembra che l’uomo cerchi di trovare la perfezione pur usando misurazioni imperfette; ed è questo un tentativo di emancipazione rispetto alla natura e allo stesso tempo il mezzo tramite cui crea un legame indissolubile con essa. Ecco: il numinoso, lo spazio sacro, la geometrizzazione del tempo e dello spazio forse non sono altro che l’eredità inconscia di un uomo che vuol vincere sulla natura pur senza rinnegarla. E la consapevolezza che i propri mezzi di misurazione del tempo siano limitati nonostante l’ingegno, significava e significa a volte tuttora, che la natura è vittoriosa e che pertanto va rispettata perché nasconde una perfezione che non sappiamo ancora scorgere totalmente ma che le diamo a prescindere; data sulla fiducia e la speranza che un tempo saremo in grado di siglare per sempre. Forse il carattere numinoso delle cose risiede proprio in questa fiducia nel futuro.
Giuseppe Galeota Al Rami,
BIBLIOGRAFIA
Babilonia -P. Brusasco- Raffaello Cortina Editore.
Complesso, archetipo, simbolo -J. Jacobi- Bollati Boringhieri.
Conversando coi pianeti -A. Aveni- Edizioni Dedalo.
Gioco e realtà -D. Winnicott- Armando editore
Gli archetipi dell’inconscio collettivo -C. G. Jung- Bollati Boringhieri.
I misteri di Mithra -D. Ulansey- Edizioni mediterranee.
Il cielo di Babilonia -M. Baigent- Marco Tropea Editore.
Il grande spettacolo del cielo -M. Bersanelli- Sperling&Kupfer.
Il totemismo oggi -C. Levi-Strauss- Et Al. Edizioni.
Immagini e simboli -M. Eliade- Jaka Book.
La nascita dell’astrologia -N. Campion- Astrolabio.
La natura sistemica dell’uomo -P. Bertrando, M. Bianciardi- Raffaello Cortina editore.
La scrittura celeste -G. Pettinato- Mondadori.
L’uomo e i suoi simboli -C. G. Jung- Raffaello Cortina Editore.
Scienza e scienze umane -M. De Chiara, C. Discepolo- Edizioni Ricerca ’90.
Storia dell’astrologia –F. Boll, C. Bezold, W. Gundel- Laterza.
Storia dell’astrologia -K. Von Stuckrad- Oscar Mondadori.
Tetrabiblos di Claudio Tolomeo -S. Feraboli- Arnoldo Mondadori editore.
Verso un’ecologia della mente -G. Bateson- Adelphi.
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QUALCHE PICCOLO CONSIGLIO DI LETTURA
Valentina C.
Salve, molto interessanti queste riflessioni sulla convenzionalità del calendario e della misurazione del tempo. In effetti si potrebbe dire che il tempo stesso non è altro che un’immagine dell’eternità, e in quanto tale destinata a essere imperfetta rispetto al suo modello. Copie di copie. Tuttavia ho due domande/osservazioni: io sapevo che le lune in un anno sono tredici e non dodici, e mi pare che questa conoscenza fosse alla base anche dei modelli calendrici dei Maya che lei cita. Secondo quesito: il fatto che il 7 sia un numero fortemente simbolico mi ha sempre lasciato la convinzione che gli antichi, anche se avessero conosciuto i moderni pianeti che lei cita, non avrebbe in effetti inventato la “decimana”. Tra l’altro nel suo articolo si sottolinea come i tre pianeti più esterni anche in astrologia, poiché invisibili ad occhio nudo, abbiano una funzione psichica/archetipica piuttosto diversa dai sette solitamente noti. Cosa ne pensa? Grazie per l’attenzione e cordiali saluti.
Giuseppe Al Rami Galeota
Grazie per il commento. I cicli lunari completi da UN SOLSTIZIO ALL’ ALTRO sono 12. 13 sono quelli incompleti. Per quanto attiene il 7 non sarebbe stato sdoganato perché non sarebbe nata la teoria della radiazione luminosa.
Valentina C.
Salve, perché sottolinea da solstizio a solstizio e non da equinozio a equinozio? ( a parte che andrebbe specificato quale solstizio, poiché la lunghezza del mese lunare varia dal solstizio d’estate a quello d’inverno). ma una volta l’anno cominciava proprio con l’equinozio. Detto questo non mi sembra molto preciso definire i cicli della Luna incompleti, è sempre questione di punti di vista. Se consideriamo la rivoluzione attorno alla Terra, ovvero da luna nuova a luna nuova, la Luna ci impiega un certo periodo di tempo, periodo che non è incompleto ma semplicemente inferiore a quello che si ha tenendo in considerazione la posizione della Luna rispetto alle stesse fisse, e che la Terra si muove, per cui la Luna per raggiungere la medesima posizione ci starà di più e sforerà il ciclo del novilunio. Secondo questa logica allora questo secondo ciclo sarebbe un sovrappiù, ma in realtà è solo questione di punti di vista. Detto questo, 365 giorni non coincidono con 12 lune. Se dividiamo 365 per il ciclo i due cicli lunari, tra 27 e 29, ovvero 28 otteniamo 13. Questo significa che mediamente in un anno solare abbiamo 13 lune. L’esaltazione dell’imperfetto è anche questo. Altrimenti dovremmo mettere in ballo, per gli stessi principi, anche la differenza tra anno tropico e anno sidereo, ma nessuno chiama l’anno tropico o solare incompleto, anche perché è quello su cui ci basiamo. Dal punto di vista astrologico cosa ne pensa della possibile suddivisione in 13 anziché in 12 del panorama delle costellazioni sull’eclittica?
Valentina C.
Per quanto riguarda la seconda risposta temo di non averla compresa, cosa intende per teoria della radiazione luminosa? Teoria della luce? Ma quale? Cordiali saluti.
Giuseppe Al Rami Galeota
Partiamo dalla sua seconda domanda: gli antichi hanno dato valore astrologico a tutto quel che emetteva o rifletteva radiazione luminosa: pianeti, stelle, Sole, Luna.
Da ciò trassero l’idea che le influenze astrologhce agissero tramite l’irradiazione della luce riflessa dalle stelle e dai pianeti.
Se avessero saputo della conoscenza di Urano, Nettuno, Plutone (cosa che avrebbero dovuto sapere se vi fossero stati “visitatori” sulla Terra), allora non sarebbe nata questa teoria della radiazione luminosa e la spiegazione delle influenze astrologiche sarebbe stata un’altra. Non dovendo dare più risalto a quel che vedevano a occhio nudo, probabilmente non avrebbero attribuito al numero 7 quel famoso valore numinoso. Forse.
Per quanto concerne la sua prima domanda, solstizio o equinozio è altrettanto valido a seconda dei calendari antichi. Quelli nordici per esempio privilegiano il solstizio; ma quelli Babilonesi l’equinozio.
La regola è che i mesi sono 12,le costellazioni zodiacali sono 12 e i segni zodiacali sono 12 perché 12 sono i cicli lunari completi (da Luna nuova a Luna nuova) da un solstizio estivo all’altro (o equinozio di promavera all’altro, o come nel nostro caso da un solstizio invernale all’altro).
Facciamo un esempio pratico: il 21 giugno abbiamo il soslstizio d’estate. La prima Luna nuova dopo il solstizio avverrà il 24 giugno. Questo primo ciclo si conclude il 23 luglio, data di inizio della 2^ Luna nuova. La 12^ luna Nuova comincia il 14maggio 2018 e si conclude il 13 giugno, data di inizio della 13 Luna. Ma tra questa e la prossima ci sta di mezzo il nuovo solstizio. Quindi non va calcolata. Perciò, i cicli completi da un solstizio all’altro sono 12, mentre abbiamo una fase incompleta che è a cavallo tra un anno e l’altro.
Più raramente i cicli completi sono 13 ed ecco perché i Babilonesi inserivano un mese intercalare ogni tot di anni.
Se procediamo con lo stesso calcolo, ma partendo dall’equinozio di primavera abbiamo la prima Luna nuova il 28 marzo 2017 e la 12 Luna il 15 febbraio 2018. La 13 Luna invece comincia il 13 marzo, ma non si calcola perché pochi giorni dopo comincia l’equinozio di primavera.
La differenza tra Maya e Babilonesi è che i primi calcolavano il numero di Lune, i secondi il numero di cicli Lunari completi.
Giuseppe Al Rami Galeota
Per quanto attiene la sua terza domanda, aggiungere un tredicesimo segno è un’eresia per la quasi totalità degli astrologi del mondo, tranne che per qualche stravagante che non ha capito l’origine dell’astrologia e si è inventato un metodo tutto suo, non suffragato da alcuna esperienza.
Aggiungere una tredicesima costellazione, invece, è del tutto lecito: ho scritto infinite volte che in astrologia non c’entrano le costellazioni zodiacali. C’entrano solo con l’astrologia Indiana che è di derivazione Babilonese senza aver mai subìto evoluzioni. L’astrologia occidentale invece risente delle conoscenze della precessione degli equinozi ed è tropicale, non siderale, ed è di derivazione ellenistica (e forse ha risentito molto anche delle influenze nordiche: a tal proposito sto scrivendo un libro).
Quindi, delle porzioni di cielo stellato, dei confini tra una costellazione e l’altra, all’astrologia non importa nulla perché non sono il sistema di riferimento che si usa per effettuare i calcoli. Per l’astrologia non è importante lo spazio, ma il tempo, ma partendo da un calendario soli-lunare e non siderale. Diverso è per l’astrologia Indiana che invece usa le costellazioni zodiacali e quindi lo spazio. Di questo ne ho già parlato in un articolo pubblicato su questo sito.
Valentina C.
Salve, in effetti le regole sono quelle ma essendo la misurazione dei cicli piuttosto imprecisa, come sottolinea il suo articolo, si può dedurre che tali regole siano imprecise se non addirittura convenzionali o arbitrarie (nel senso che enfatizzano alcuni elementi a discapito di altri altrettanto presenti), motivo per cui non riesco in effetti a comprendere perché la 13luna venga sempre espunta…. Abitudine, probabilmente. D’altra parte un calendario veramente luni-solare dovrebbe invece tenerne conto. In secondo poi continuo a chiedermi: se l’astrologia ha introdotto i tre pianeti non visibili in seguito alle scoperte astronomiche perché non cambiare anche il numero di segni? Non c’è forse qualcosa di dogmatico in questo? O forse c’è un’altra spiegazione…. In fin dei conti anche lo spazio è importante, altrimenti non si parlerebbe di “case”, tipico concetto spaziale e non temporale. Buona giornata a lei.
Giuseppe Al Rami Galeota
Gli antichi osservatori del cielo scelsero di suddividere il tempo in 12 parti perché ciò era più funzionale ai loro scopi. Avevano tutte le conoscenze per poter scegliere l’approssimazione migliore. Scelsero quella del 12. Quindi, questa scelta arbitraria è funzionale all’utilità e non a un capriccio. Per quanto attiene i pianeti, ora le condizioni sono cambiate e perciò se ne sono aggiunti altri tre. Anzi, c’è pure qualche astrologo che già impiega altri due corpi celesti (per esempio Sedna denominato pianeta X) per pareggiare coi 12 segni.
Questo perché nella mente dell’uomo esiste sempre la necessità innata di armonia ed equilibrio. Dunque, non possiamo dire che esiste la necessità di conservare un dogma. Quella della conservazione è una necessità di chi pratica l’astrologia classica el’astorlogia Indiana (usano ancora e solo 7 pianeti). Io non sono molto convinto di questa idea dei 7 e dei 12 pianeti perché, secondo il mio parere, equilibrio e convenzione non sono sinonimi di utilità.
Quindi bisogna chiedersi il perché non si aggiunga un 13° segno. Questo accade per una logica elementare: le osservazioni condotte nei millenni non lasciano alternativa. Per un astrologo esperto non è difficile stabilire, con un interrogatorio serrato, se un soggetto appartiene a un segno, a un altro o a uno oscuro non decifrabile. Facciamo un esempio: se fosse vero che bisognerebbe aggiungere Ofiuco, prima di tutto tutti gli astrologi del mondo avrebbero scorto una differenza tra esso e i due segni adiacenti: Scorpione e Sagittario. Nessuno ha notato nulla. Inoltre, i confini temporali di un dato segno andrebbero a sconfinare in un altro momento dell’anno. Per esempio se alla data del 19 gennaio si considera il Capricorno, l’introduzione di un altro segno all’interno del sistema porterebbe al fatto che nella stessa data c’è per esempio l’Aquario. Nessuno ha mai notato ciò. Quindi, il 12 è un numero immutabile non perché lo vogiamo noi astrologi, ma perché lo dicono i fatti.
La necessità di Ofiuco è nata per via di un fraintendimento: da parte degli astronomi che confondono lo zodiaco tropico con quello siderale, e da parte degli astrologi che, credendo agli astronomi, hanno dimostrato di non conoscere la loro stessa materia, ossia il punto di riferimento per cui i segni cominciano all’equinozio di primavera e non a seconda delle stelle.
Valentina C.
Salve, io non sono certo un’esperta ma alcune questioni mi hanno lasciato sempre perplessa. L’approssimazione migliore sarebbe quella del 12 in base a conoscenze che però si sono rivelate imperfette come le altre, ciò in base a una specifica utilità: quale esattamente? Se per i pianeti tali conoscenze vengono integrate, perché nelle altre cose no?
“Nessuno ha notato nulla”. Anche prima di Galileo nessuno aveva notato nulla ma il sistema geocentrico era totalmente sbagliato, quindi io non chiuderei così le possibilità. Dentro ad un sistema di pensiero, in qualunque campo, nessuno nota nulla finché le cose non diventano così plateali da non poterle più ignorare nonostante le abitudini millenarie. Se i segni cominciano con l’equinozio di primavera (però non si tiene conto di un fenomeno quale la precessione degli equinozi perché non si considerano le stelle), allora mi chiedo, tali segni da dove saltano fuori, visto che non hanno corrispondenza con le costellazioni effettivamente osservabili?
Ma allora perché invece nel caso dei pianeti ci si basa sui pianeti effettivamente osservati?
Non mi è molto chiaro, grazie.
Giuseppe Al Rami Galeota
Grazie per le domande stimolanti. Quale utilità? Questioni agricole e relative all’organizzazione sociale. Ma spiegherò tutto e meglio in un libro perché non voglio rivelare le mie scoperte per ora. Nessuno ha mai notato nulla e il paragone con Galileo non regge perché un conto sono i fenomeni fisici e un conto quelli psicologici per individuare certe tipologie. Le ripeto che le controprove sono state già effettuate: a ogni periodo di 30 gradi è riconoscibile un solo segno zodiacale dalle specifiche peculiarità. I pianeti invece non sono campi di spazio vuoto ma corpi fisici e perciò la logica con cui osservarli è diversa. Nel primo caso si verifica se vi sono, in tutti quelli nati nello stesso periodo, degli specifici tratti comuni. Nel secondo caso invece si individua il pianeta e si valuta cosa ha di diverso rispetto a chi non lo ha in posizione rilevante nel proprio quadro di nascita, una volta calcolate le effemeridi. I segni zodiacali saltano fuori dalla diversa inclinazione dei raggi del sole rispetto ai tropici e all,equatore a partire dal equinozio di primavera. Grazie.
Valentina C.
Salve, non voglio certo farle anticipare nulla, attenderemo i suoi sviluppi, anche perché ero convinta che l’astrologia fosse attuale per la sua utilità spirituale…. visto che il contesto economico/sociale è molto diverso andrebbe compreso allora in che senso ci è utile dopo tanti millenni, visto che quel tipo di conoscenze relative all’organizzazione pratica di una certa società sono ormai obsolete.
Il paragone con Galilei non riguarda la scienza fisica ma la forma mentis e può riguardare ogni disciplina, come spiega anche Thomas Kuhn nel celebre libro La struttura delle rivoluzioni scientifiche. Un cambio di paradigma avviene nella mente e soltanto dopo nella società, ma a lungo non si è in grado di notarlo. Cordiali saluti.
Giuseppe Al Rami Galeota
Lei mi ha chiesto l’utilità della costruzione dello zodiaco In 12 parti e non l’utilità dell’astrologia. Di quest’ultima possiamo dire che è quasi la stessa di 2500 anni fa, ma che vi sia un’utilità spirituale questo dipende solo dall’approccio di chi studia. Non è il mio. In merito alla forma mentis, le assicuro che che è tesa alla scoperta non alla conservazione di un dogma. Ma lei mi aveva chiesto il perché di 12 segni dando per scontato che non fosse mai stato messo nulla in discussione. Però le avevo detto già che nulla era stato mai osservato di diverso, e non perché manchino gli strumenti per scorgere cose nuove o perché la forma mentis sia orientata alla conservazione di un dogma. I segni non sono 12 per una scelta arbitraria. Sono 12 a prescindere dalle 12 Lune! E lo dimostrano i fatti, ossia le osservazioni. E queste osservazioni non possono di punto in bianco variare scoprendo qualche variabile celata. Semmai ulteriori variabili possono aggiungere informazioni, e non stravolgere l’intero sistema. Questo perché la storia lo insegna: ogni scoperta astrologica è stata sempre un tassello in più e non una rivoluzione, uno stravolgimento. Le 12 lune non sono la causa, ma i una corrispondenza.
Giuseppe Al Rami Galeota
Cioè, se usassmo un altro punto di riferimento per dividere lo zodiaco i segni rimarrebbero sempre 12 perché questi non derivano dalla personale divisione del cielo. Essi sono 12 a prescindere. Che poi i segni siano 12 come le 12 lune è una coincidenza incredibile. Per questo molti pensano che l’astrologia sia di derivazione aliena. Quindi, non è il paradigma numerico quello da scardinare. Qui si tratta di scoprire il perché è 12 e non se quel 12 può divenire un 13.
Valentina C.
Salve, grazie dell’approfondimento. Ma se l’astrologia fosse di origine aliena questo significherebbe che non sarebbe più così legata alla dimensione terrestre, alla diversa inclinazione dei raggi solare rispetto a punti e/o momenti specifici del pianeta Terra… per definizione ciò che è alieno è extraterrestre e quindi ne deduco che allora l’astrologia sarebbe legata sì alla dimensione delle stelle, cosa che rimetterebbe in discussione tutto quello che ci siamo detti in precedenza… Il mio intento comunque non era quello di scardinare nulla, ma solo di comprendere maggiormente quanto, a causa del suo carattere intrinsecamente imperfetto, come sottolinea l’articolo, può generare dei leciti dubbi e/o incomprensioni.
Per quanto mi riguarda il carattere paradigmatico del 12 mi resta piuttosto oscuro, perché in effetti non riesco a capire in che modo salti fuori… forse ne deduco che è più legato all’osservazione dei tipi umani che del mondo astronomico/astrologico. Quindi si tratterebbe di strumenti per comprendere meglio le varie “maschere” umane.. anche se il discorso è ovviamente più complesso. Buon proseguimento a Lei.
Giuseppe Al Rami Galeota
Sono lieto di esserle stato utile e spero di esserlo ancora. Alcuni studiosi di astrologia dicono che questa materia sia di derivazione aliena soltanto perché non riescono a spiegarsi come sia possibile che gli esseri umani siano arrivati a stabilire che esiste una corrispondenza tra l’inclinazione dei raggi solari e le 12 tipologie caratteriali. Questa conoscenza così straordinaria, a parere di alcuni astrologi, ci è stata lasciata da antichi visitatori. Io non sono d’accordo. Per comprendere come sia possibile che l’uomo abbia individuato queste 12 tipologie associandole ai 12 cicli lunari e all’inclinazione dei raggi solari, sto effettuando delle ricerche che vedranno la luce in una mia prossima pubblicazione. Il mio più grande obiettivo e risolvere questo mistero.
Giuseppe Al Rami Galeota
Tra l’altro vorrei confermare quanto dice e che io ripeto da molto tempo: dato che gli alieni provengono da un altro sistema solare cosa ne possono sapere di quello che accade al nostro e della corrispondenza con le tipologie astrologiche?