La Città del Drago
Il giorno dell’arrivo del primo degli Dei la terra tremò per ogni dove e il cielo si incendiò illuminando ogni cosa. Accadde come se un drago uscisse dall’abisso dell’infinito, ardente del suo fuoco divino e danzante, guerriero e saggio, capace di risvegliare la vita.
Si presentò così, agli uomini che abitavano allora il nostro mondo, il Dio che si compiacque di scendere e di vivere tra di noi.
Quando vide la nostra povertà e la schiavitù a cui i Signori della notte ci avevano costretti, ci fece dono della ruota della conoscenza perché ci mostrasse l’eterno Shan in cui trovare fratellanza, libertà e sapere.
Costruì un grande cerchio di pietre e chiamò i Progenitori perché vi entrassero e prese a danzare con loro nel vento per varcare insieme la Porta di Luce.
Il potere della ruota fu tanto grande che diede vita ai primi Dei di cui oggi noi siamo la discendenza.
Grazie ad esso potemmo liberarci dal giogo dei crudeli Signori della notte che avevano dominato su di noi da sempre per poter finalmente disporre di noi stessi.
Quando venne il tempo, il carro celeste del primo degli Dei venne fuso in una grande ruota d’oro per lasciare testimonianza e ricordo della sua venuta sul nostro mondo.
Questa e le sue reliquie divine vennero raccolte in un inaccessibile tempio nascosto nella grande montagna che guardava alla pianura in cui era sceso.
Da qui uomini eroici per quel tempo andarono tra i popoli di allora a far conoscere il suo dono e poter costruire un nuovo mondo.
Intorno a questo tempio venne edificata una grande città, tanto immensa che si estendeva da una parte all’altra delle montagne sino al grande fiume che scorreva nella pianura distante.
Nel tempo essa venne ricordata attraverso le generazioni come la città del Drago, la città della ruota d’oro illuminata dai tre raggi del sole divino che mai tramonta.
Tah-ai e il dono della “Ruota degli hat”
Esisteva un tempo in cui il mondo era posseduto dai Signori del Buio. La Grande Luce non era ancora caduta dal cielo a portare la Gemma Verde e gli uomini non conoscevano la grande magia per scacciare i Signori.
Quando i Signori erano di buon umore, allora l’uomo trovava cibo e la raccolta era prospera. In quei giorni non aveva freddo perché il grosso occhio luminoso nel cielo mandava il suo sguardo di fuoco a scaldare la terra.
Ma quando i Signori erano adirati, allora non c’era un posto dove l’uomo potesse ripararsi dal freddo, né una preda da cacciare. I branchi distruggevano le dimore degli uomini e questi ultimi lottavano fra di loro per contendersi il cibo.
In quel tempo viveva Tah-Ai. Anche lei, come la sua gente, aveva paura dei Signori malvagi, ma la sua curiosità era più forte della paura. Di tutto era curiosa. Passava il tempo a guardarsi intorno, si chiedeva chi fossero i Signori e se mai esistessero Signori buoni. Si domandava se era vero quello che si diceva, che dietro l’orizzonte finiva il mondo e che chi vi si avventurava cadeva in un abisso senza fine. Si chiedeva perché il cielo piangeva quando l’occhio di fuoco se ne andava e perché l’acqua del fiume correva sempre senza poterla fermare. Ma soprattutto si impressionava ogni volta che vedeva il mondo tingersi tutto di nero come se un manto scuro scendesse dal cielo ad avvolgere lei a la sua dimora. E dietro il manto mille occhi luminosi la guardavano.
Quando la Grande Luce scese sulla terra, Tah-Ai pensò che erano arrivati i Signori Buoni. Ma ogni volta che si avvicinava, la luce la feriva agli occhi e doveva tornare indietro. Ancora tre lune dovettero passare prima che Tah-Ai potesse avvicinarsi.
Un giorno la sua costanza fu premiata: gli Immortali si accorsero di lei e le fecero dono di 22 pietre magiche con le quali poteva conoscere il linguaggio di tutte le cose del mondo. Da quel giorno Tah-Ai si divertì moltissimo a giocare con le pietre magiche e divenne molto abile nel fare cose mai viste. Poteva parlare con gli animali e con le cose, sapeva trovare l’erba della felicità e cambiare i colori del mondo. Da quel giorno i poteri di Tah-Ai divennero noti in tutto il villaggio ed ella diventò forte e potente.
Ma Tah-Ai non era soddisfatta. Voleva conoscere la grande magia delle pietre.
Allora tornò dagli Immortali per avere quello che cercava. E disse loro: “È molto grande il dono che mi avete fatto. Ora posso giocare e divertire la mia gente, posso conoscere i nomi delle cose e parlare con gli esseri diversi da me. Ma non mi basta. Il mondo è governato da Signori cattivi ed io voglio sconfiggerli. E voglio insegnare ai miei figli il modo per dominare il mondo”.
Allora uno degli Immortali, il più vecchio, fece segno a Tah-Ai di sedersi di fronte a lui in mezzo al cerchio e le disse: “Tah-Ai, tu hai dimostrato di far buon uso delle 22 pietre magiche, e anche nella ricchezza e nella potenza hai saputo essere umile. Non ti sei persa nella prosperità. Per questo ora ti faccio dono del Sigillo di Spirito”. E così dicendo le mise una mano sulla fronte. “Con esso la vita e la morte, il cielo e la terra non avranno per te più segreti. Potrai sconfiggere i malvagi e unirti ai giusti. E potrai farne dono a chi riterrai degno di riceverlo”.
Tah-Ai sentì la fronte bruciare sotto la mano dell’Immortale, ed in quel momento vide intorno a sé tutto ciò che la circondava e che prima non vedeva.
Quando il vecchio tolse la mano, sulla fronte di Tah-Ai brillava una gemma verde.
Fu così che Tah-Ai poté vedere tutti i mondi che stavano intorno a lei, la sua potenza crebbe tanto, fu capace di comandare i venti e le piogge e allontanare le bestie feroci.
Finalmente vide i Signori nel loro vero aspetto e non ne ebbe più paura anzi provò pietà per loro. Con la gemma verde poteva parlare con i morti e con la sua potenza assicurare prosperità per tutta la sua gente.
Divenne il Maestro del villaggio e tutti andarono da lei per imparare a giocare con le 22 pietre magiche. Tah-Ai si rivelò ai suoi amici più attenti e portò anch’essi nel cerchio degli Immortali facendo loro dono della gemma verde.
E fu così che da quel giorno i Signori malvagi non osarono più comparire sulle terre di questo mondo perché ormai troppo grande era la potenza degli uomini.
La danza del Drago
All’inizio del tempo c’era solo il vuoto. Esisteva l’abisso degli abissi, ribollente e senza fine del caos. Era incomprensibile, profondo e immenso e si perdeva nell’infinito che è all’origine del tutto.
Poi, un giorno, questo abisso si squarciò all’improvviso, e dentro ad esso si aprì una breccia e si formò una grande voragine.
E da questa voragine uscì fuori con un salto il Drago da cui ha origine la nostra esistenza.
Per prima cosa si rannicchiò su se stesso chiudendosi come l’uovo generatore, poi si alzò in piedi e si stese in tutta la sua altezza aprendo le braccia che diventarono gigantesche e possenti ali, dispiegandole in tutta la loro estensione. Lanciò il suo urlo verso il grande vuoto, tanto forte che risvegliò la vita che esso nascondeva.
Il Drago si fermò, immobile, per guardarsi intorno, muovendo solo la coda in segno di sfida e di determinazione.
Il suo sguardo era terribile. Era come un immenso serpente in stato di veglia, con lo sguardo acuto dei rapaci, ipnotico e pietrificante come quello dei rettili.
Guardava davanti a sé con intensità e fissità pronto a colpire, rapido e senza esitazione, ogni suo possibile nemico. Aveva l’acutezza della percezione, la costanza della vigilanza, aveva il potere di uccidere, ma aveva anche una conoscenza delle cose segrete che gli dava saggezza.
Il Drago era enorme e pieno di forza. Poteva volare nell’aria con le sue ali, poteva esplorare le inaccessibili grotte che scendevano nel cuore della Terra, poteva dimorare nelle acque e poteva eruttare il fuoco con il suo fiato.
E non lo si poteva neppure guardare a lungo perché la sua figura che era di fuoco, brillante e luminosa, faceva abbassare gli sguardi.
Poi il Drago portò le braccia sui fianchi sollevandole sino a serrare le mani sul petto per trovare tutta la forza di cui poteva disporre e accennò al suo primo passo di danza.
Dal suo fiato infuocato nacquero i primi dei. Li fece a sua somiglianza e trasfuse in loro l’amore per la vita, la forza e la conoscenza.
Perché essi potessero imparare ad essere dei e ad evocare il potere del Drago diede loro la ruota delle saz-hat. Dal sangue degli dei nascemmo infine noi. Da loro apprendemmo come diventare uomini e ci venne trasmesso il potere del Drago.
La leggenda di Fetonte
La leggenda narra che un Dio anticamente scese sulla Terra, in un luogo oggi conosciuto come la valle di Susa. Il suo aspetto era quello di un Drago sapiente, fatto di fiamma, che danzava creando radure nell’erba.
La leggenda riporta che il Dio si pose all’interno di un cerchio di pietre che era stato costruito dai suoi due assistenti di metallo dorato. In questo cerchio di pietre insegnò agli uomini le scienze, l’agricoltura e soprattutto la conoscenza dello Shan che trasmise agli uomini attraverso l’Arte dell’Alchimia.
Quando venne il tempo di accomiatarsi dagli uomini costruì con il metallo del suo carro celeste una grande ruota d’oro, forata al centro, in cui era custodita tutta la conoscenza che lasciava in dono all’umanità.
Dopo che fu ritornato al cielo le sue reliquie e la grande ruota d’oro vennero raccolte dagli Ard-Rì, i suoi allievi, per essere custodite nel Tempio del fuoco, una grotta sulle falde della Montagna Sacra.
Intorno a questo tempio venne edificata la città di Rama. A più riprese eroi leggendari la ampliarono ed estesero la sua potenza a tutta le terre conosciute. Ma la sua grandezza era quella di custodire l’antica conoscenza, lo Shan, l’arcaico nome del Graal; una luce che si irradiò per tutta la Terra e fu la base del sapere dei Druidi del tempo.
La città di Rama era protetta da un grande Drago che interpretava le forze cosmiche dell’universo scaturite dal Vuoto primordiale. Il Drago insegnava ai cavalieri del tempo a lottare e a danzare nel vento e li introduceva alla conoscenza mistica dello Shan.
Il grande cerchio di pietre custodiva al suo interno il segreto dello Shan.
Venivano da ogni parte del mondo per vedere il grande cerchio di pietre e per conoscere il suo segreto.
Quando le acque si portarono via la civiltà madre, Rama rimase la sola a testimoniare l’antico potere del Drago. I millenni la cancellarono ma la conoscenza che custodiva è ancora viva nelle tradizioni di tutta la Terra.
Ancora oggi si narra che il cerchio di pietre esiste ma è invisibile e si mostra solo nella notte di Samain a chi sa cercare. In quella notte, tutti gli abitanti del posto, umani e non, visibili e non, si incontrano tra le eterne maestose pietre e celebrano il ritorno alla Terra ancestrale.”
Fonte: dal libro “Il Cuore Antico, Tradizione dei Nativi europei tra Storia e Mito”
di G. Barbadoro e R.Nattero
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