Le Lampade di Dendera
Articolo di Agostino De Santi Abati
Ufficialmente, sono solo la raffigurazione di un fiore di loto con al suo interno un serpente, che simbolicamente rappresentano la nascita della vita, ma veramente il significato è solo quello ? Sir Joseph Norman Lockyer padre dell’Archeoastronomia, quando dichiarò la sua teoria, è il caso di dirlo, prese lucciole per lanterne? In questo articolo investigheremo in ambito etimologico su alcuni nomi per cercare una conferma alle teorie “strampalate” di Sir Lockyer.
Se si vuole trovare i segreti dell’universo, bisogna pensare in termini di energia, frequenza e vibrazioni. (Nikola Tesla)
L’archeologia ufficiale si rifiuta di accettare determinate teorie e molte di queste, vengono additate dal mondo accademico/scientifico, come pure e semplici fantasie, è il caso anche delle famose Lampade di Dendera. In questo articolo, tenteremo analizzando etimologicamente e comparando tra loro alcuni termini, di confermare a discapito dell’archeologia ufficiale, che in quei bassorilievi, di cui si discute da oltre un secolo, vengono raffigurate, appunto, delle lampade ad incandescenza. La città di Dendera (in arabo: دندرة, detta «la città della dea») è un’antica città egizia, posta sulla riva occidentale del Nilo a circa 4 km a nord di Qena e a 615 km dal Cairo, importante per la presenza del tempio di epoca greco-romana dedicato alla dea Hathor. Nota con il nome di Lunet ta-netheret, fu capitale del 6º nomos (distretto) dell’Alto Egitto, fu un’importante sede di culto della Dea Hathor, divinità che fu poi associata durante il periodo ellenistico alla Dea greca Afrodite. La città cambiò nome in Τέντυρις (Τέντυρα), Tentyris, in epoca romana, poi fu un importante centro della provincia d’Egitto e poi della provincia Tebaide.
Foto 3 schema del complesso
Foto 4 Tempio di Hator (luogo n°6)
Il Tempio di Hator, è all’interno di un complesso, che copre all’incirca un’area 40.000 m² ed è completamente circondato da un muro a secco, sono presenti al suo interno cappelle, santuari ed un lago sacro, oltre ad una chiesa cristiana, (guarda caso come mai?) ed a due mammisi ovvero i luoghi della rinascita. Benché le attuali strutture, risalgano al periodo tolemaico-romano, vi sono comunque prove, che il sito era presente sin dal periodo detto regno antico. Le più antiche strutture, potrebbero risalire infatti al regno di Pepi I (circa 2250 a.C. mentre sono evidenti i resti di un tempio eretto durante la XVIII dinastia. Al di sotto del tempio, furono rinvenute una serie di 12 camere, che una iscrizione, permette di attribuire al regno di Tolomeo XII. Tali camere sotterranee, erano utilizzate per la conservazione di offerte e di immagini divine. In una di esse, fu ritrovato un frammento rappresentate il sovrano Pepi II (VI dinastia), questa, la denominazione delle stanze:
1.Grande sala ipostila 2.Piccola sala ipostila 3.Laboratorio 4.Magazzino5.Ingresso delle offerte 6.Tesoro 7.Uscita verso il pozzo 8.Accesso alla scala del pozzo 9.Sala delle offerte 10.Sala dell’Enneade 11.Santuario principale 12.Cappella del distretto di Dendera 13.Cappella di Iside 14.Cappella di Sokar 15.Cappella di Harsomtus 16.Cappella del sistro di Hathor 17.Cappella degli dei del Basso Egitto 18.Cappella di Hathor 19.Cappella del trono di Ra 20.Cappella di Ra 21.Cappella del collare Menat 22.Cappella di Ihi 23.Luogo puro 24.Corte della Prima Festa 25.Passaggio
Foto 6 Sir Joseph Norman Lockyer
Tra i tanti bassorilievi, che decorano il tempio di Hathor, tre attirarono l’attenzione in modo particolare, furono quelli scoperti dall’archeologo francese, Auguste Mariette nel 1857 e provengono dalle decorazioni di una delle cripte del tempio. Tre distinti bassorilievi, che differiscono l’uno dall’altro per la variazione di elementi precisi. Si tratta secondo l’archeologia ufficiale, di rappresentazioni simboliche del fiore di loto associato con l’immagine del serpente, tradizionalmente legato ai miti egizi della creazione. Come affermato, a inizio articolo si discute su queste rappresentazioni da oltre un secolo e precisamente dal 1894, quando Sir Joseph Norman Lockyer (Rugby, 17 maggio 1836 – Salcombe Regis, 16 agosto 1920) scienziato e astronomo britannico, fondatore tra l’altro nel 1869 della rivista scientifica Nature, (di cui rimase l’editore fino a poco prima della sua morte) ed il primo inoltre ad affermare che Stonehenge ed altri cerchi di pietre fossero legati a scopi astronomici. Per questa ragione fu definito anche “il padre dell’archeoastronomia.”. Lo scienziato affermò, che si trattasse invece di lampade elettriche ad incandescenza, simili ai tubi di Crookes e che questo documentasse le conoscenze degli antichi egizi sull’elettricità. Benché, nessuna altra scoperta abbia in seguito confermato tale ipotesi, questa ha continuato a trovare proseliti.
Ricostruzione delle probabili lampade di Dendera
Alcuni, hanno anche ipotizzato che essendo la pubblicazione delle immagini di 10 anni precedenti alla scoperta di Crookes sia stato questi ad ispirarsi, nella forma, al modello egizio, ma la cosa risulta ininfluente visto che il suo tubo è l’evoluzione di quello creato dal fisico tedesco Heinrich Geissler.
L’archeologia ufficiale, così interpreta i bassorilievi:
Le cosiddette, “Lampade di Dendera”, rette da probabili sacerdoti, che potrebbero sembrare appunto delle grosse lampade a incandescenza o, secondo altre interpretazioni, dei tubi di Crookes per l’emissione di raggi X, per l’egittologia classica sono SOLO la raffigurazione del fiore di loto e del serpente, cioè il segno geroglifico: j t r . t , n T r y , t A . w y jtr.t ( leggi: jeteret) (Institut d’Égyptologie Université PaulValery, Valeurs phonétiques des signes Hiéroglyphiques d’epoque Gréco-Romaine, Montpellier, 1990, 537, nn.1501-1509)
Utilizzo del simbolo all’interno di una “frase”
La rappresentazione sui bassorilievi, rappresenterebbe così il serpente primordiale, che si erge dal bocciolo del fiore di loto (allungato graficamente per contenere il serpente). Gli egizi, simboleggiavano talvolta, l’emergere dalle acque del Grande Spirito della vita, come un fiore di loto che sboccia, dai petali rovesciati per rivelare il dio della Luce (non elettrica!) e del Movimento. Il loto è in sé una forma del Dio. Di seguito, un utilizzo del simbolo, all’interno di una “frase”, scritta con i caratteri geroglifici: La traslitterazione del geroglifico, ovvero la rappresentazione in caratteri del valore fonetico, è: s a H a j t r . t y (pronunciato, più e meno: saha jteretj) il cui significato è: cerimonia relativa all’erezione di santuari, cappelle, templi. Quindi, il simbolo in questione, sarebbe tutt’altro che misterioso, trattandosi di un comune geroglifico, il cui significato risulta sensato e coerente negli innumerevoli testi, in cui è presente. E in questo contesto, raffigurerebbero simbolicamente, l’innalzamento dei due santuari primordiali di Buto e Nekhen. Quindi, se per l’archeologia ufficiale, i simboli ritratti nei bassorilievi, sono stati definiti fiori di loto con al centro un serpente che nasce, dobbiamo qui fare alcune precisazioni in merito. Il simbolo dell’ankh (☥), conosciuto anche come chiave della vita e croce ansata, è un antico simbolo sacro egizio, che essenzialmente simboleggia la vita. Gli dèi sono spesso raffigurati, con un ankh in mano, o portato al gomito, oppure sul petto. In funzione di geroglifico l’ankh, oltre che significare “vita”, assume diverse sfumature, in base al contesto in cui è inserito, come si evince dalla foto in questa pagina (foto 9). Quindi, stesso discorso,. possiamo farlo per il geroglifico j t r . t , n T r y , t A . w y jtr.t ( leggi: jeteret).
A confermare quanto detto per il simbolo dell’Ankh, ecco cosa ci dice Ippolito Rosellini (Pisa, 13 agosto 1800 – Pisa, 4 giugno 1843), egittologo italiano, considerato unanimemente padre fondatore dell’egittologia italiana, nel 1825 nel libro “Il sistema geroglifico del sig. Champollioon il Minore” ( potete scaricarlo interamente da internet in formato pdf )
<<Questi simboli si veggono in diversi modi rappresentati, poiché talora si rappresenta una parte per esprimere il tutto: due braccia, per es., con un arco e una freccia significano una battaglia, o un esercito ordinato in guerra; e di ciò fa fede Orapollo. Talora si fa dipingendo la causa per rappresentare l’effetto. Nella iscrizione di Rosetta la parola che nel testo greco significa mese, nel geroglifico è espressa per l’immagine della luna crescente, piegate in braccia le corna, di che Orapollo stesso ci aveva dato notizia. L’idea di scrivere con i suoi derivati è resa nel medesimo testo di Rosetta per la figura di un pennello o di una canna. Non di rado poi, quasi per metafora, adopravano l’immagine di un’oggetto, per esprimere un’idea differente. L’ape, a cagion di esempio, indicava un pòpolo ubbidiente al suo re: con lo sparviere volante significavano il vento, ec. Orapollo lo insegna, ed i presenti monumenti lo attestano. Finalmente molti di questi segni non sono altro che veri enigmi, i quali hanno il loro fondamento nella convenzione. ecc…….>>.
Quanto detto dall’Archeologo Italiano e cioè:
Non di rado poi, quasi per metafora, adopravano l’immagine di un’oggetto, per esprimere un’idea differente.
Penso sia sufficiente, per spiegare che se nei bassorilievi, sono rappresentati un fiore di loto con all’interno un serpente, questi mi sembra più che chiaro, che abbia più di un significato, come dimostra d’altronde l’esempio dell’ankh., quindi l’idea che nel bassorilievo, sia rappresentato qualcos’altro è del tutto plausibile. Ma vediamo, quali erano i significati che venivano attribuiti al fiore di loto e al serpente nell’antico Egitto. Il fiore di Loto simboleggiava il sole, quindi colui che genera, la rinascita, nonché l’Alto Egitto, questi significati compaiono in tre diverse leggende sulla creazione.
In una di queste, il sole sorse da un fiore di Loto, nato dal caos primordiale, formato da acqua. In un’altra, diffusasi a Eliopoli, il fiore, nacque dal fango dell’Oceano Nun. Il fiore sbocciò rivelando il dio del Sole Atun. La terza leggenda, sempre proveniente da Eliopoli, differisce dalla seconda solo nell’affermare, che fu il dio Ra a nascere dal Loto. Nella scrittura, veniva usato anche per rappresentare numeri il simbolo di un fiore significava 1000. Dalle tre leggende, si evince che Il loto è collegato alla resurrezione e all’immortalità, (infatti una delle peculiarità è quella della longevità dei suoi semi capaci di produrre la pianta anche dopo quattrocento anni). Ecco perché i faraoni egizi, venivano rappresentati con accanto dei fiori di loto. Oltre ad essere collegato alla resurrezione ed alla immortalità, il loto è un simbolo femminile, quindi legato alla creazione e alla generazione ( Osiride viene fatto nascere dal fiore di loto ) ed alla rigenerazione, indicando grazia, fertilità e fecondità, tutte virtù, tipiche del mondo femminile. Questo simbolismo, prende spunto dalla forma del fiore di loto, un calice che sembra raffigurare il ventre femminile, da cui nasce la vita. Terzo significato, quindi, il loto è anche inteso come un contenitore, un involucro, esempio di tale similitudine lo abbiamo nella foto (fig 11) dove appunto fiori di loto e vasi canopi (la cui forma guarda caso assomiglia moltissimo alla raffigurazione del loto chiuso non sbocciato ) sono raffigurati insieme [ Vasi e fiori di loto, rilievo parietale, colonnato del tempio di Amon (Patrimonio dell’Umanità Unesco, 1979), Luxor. Civiltà Egizia, Nuovo Regno, XVIII dinastia.] Prima di passare al simbolo del serpente e visto che stiamo parlando del Loto dobbiamo necessariamente menzionare il vetro, infatti se supponessimo che il simbolo rappresentato sui bassorilievi è in realta,’ una lampada, (con al suo interno il filamento) questa, doveva necessariamente essere Trasparente, per fare luce .Sembra, che il vetro e la sua lavorazione siano apparse intorno al 2000 avanti cristo nella zona, si pensa della Mesopotamia e che poi si sia sviluppato in Egitto, durante il periodo del Faraone Thutmosi III. Ecco come ne parla nel 1812, Domenico Sestini (Firenze, 1750 – Firenze, 1832) archeologo e numismatico italiano, celebre viaggiatore nel Vicino e Medio Oriente nel libro, Illustrazione di un vaso antico di vetro ritrovato in un sepolcro presso l’antica Populonia….( che potete tranquillamente scaricare da internet in formato pdf).
Figura 11 fiori di loto e vasi canopi
…Negar certamente non si può, che gli Egiziani siano stati sempre considerati fra i primi, che s’ applicarono con maggior successo ad imitare la lucentezza, il colorito, e il trasparente delle pietre preziose. I loro Savj molto si occuparono intorno alle operazioni chimiche e fisiche, e ne fecero al popolo un mistero eguale a quello della loro Teologia. Da ciò derivò quella gran premura, che i Greci ebbero di farsi iniziare tra i medesimi, i quali come abili Chimici facevano lor delizia dell’Arte Vetraria. Ed infatti ‘tutte le sostanze, onde il nostro globo è formato, e che potevano essere utili all’ uomo, diventarono lo scopo essenziale della Chimica. I mezzi più sicuri per riuscirvi, furono l’oggetto di tale studio, e dissipando le tenebre dell’ignoranza, questa scienza diffuse i suoi lumi su tutte le sostanze, delle quali essa volle occuparsi. Tutti gli elementi furono sottoposti alle sue esperienze. Tutti i mezzi furono impiegati a perfezionare l’arte loro, ed il fuoco fu quello tra tutti che riuscì il più utile, e la scoperta del vetro, che ne provenne, fu considerata come una delle più importanti, e delle più meravigliose. Copto città del Sayd, o sia dell’ Egitto superiore, fu creduta la prima, che fabbricasse Vasi fini, e trasparenti , dei quali valevasi per conservare ogni sorta d’ odori soavi, e delicati. Svetonio e Strabone raccontano che Augusto, allorché ritrovavasi in Egitto, si fece presentare la frale spoglia d’ Alessandro il Grande, rinchiusa in una cassa vitrea, ove l’aveva deposta Seleuco, dopo averla levata da un’urna d’oro, ove era stata per l’avanti.
Fatta questa precisazione, che ci permette di avanzare l’ipotesi, che tali fiori di loto, rappresentassero in realtà dei “contenitori” di vetro, passiamo al simbolismo del serpente. In positivo, rappresenta l’energia, la rigenerazione In negativo, la tentazione, il demonio. Il serpente è, in tutte le civiltà, preso a simbolo dell’essere primordiale. Esso è il serbatoio pulsionale, e quindi considerato il generatore delle energie. In opposizione all’uomo, il serpente compare all’inizio della catena degli esseri viventi[…] La sua lunghezza, evoca la linea; sinuoso, la curva, la spirale o il cerchio. Che cosa dunque, rappresentava il serpente o meglio il cobra, per gli antichi Egizi? Il cobra mortale, era per loro una fonte di ammirazione, e il modo in cui erano allevati, già pronti a colpire sin da piccoli con questa attitudine, il cobra ricordava agli Egizi lo stesso sole, e il modo in cui esso sorge, ogni giorno all’alba e colpisce immediatamente, con i suoi raggi come il cobra. Un’antica tavoletta babilonese, elenca una costellazione Nutsirda, “il principe del Serpente”, chiamata in semita Namassu, “il rettile”, e in Sumero–accadico An–u–gir “Signore degli Inferi”, che presiedeva a morti e malattie. I Greci chiamavano questa costellazione Asklepios (Esculapio, figlio d’Apollo), che era egli pure il loro Dio della Medicina Da tutto questo ne deduciamo come, appunto, il serpente nato dal loto che gli egizi chiamavano con il nome “SEREF”, che significa “illuminare”, rappresentasse l’energia vitale la vibrazione il generato e il generante, quindi di per sé, possiamo anche identificarlo simbolicamente, con il raggio solare, la luce e quindi può essere ricondotto, in senso figurato, senza nessuno sforzo, alla luce che nasce da una lampadina. Ma quindi, gli egizi avevano veramente scoperto l’uso della corrente elettrica 4000 anni prima di Benjamin Franklin? Si sa che il fenomeno dell’elettricità fu studiato anche dagli antichi greci e dai babilonesi, e che quindi questi antichi popoli erano per lo meno a conoscenza e quindi, esiste la concreta possibilità, che qualcuno possa aver sfruttato, questo elemento naturale. Fra i tanti dei venerati a Dendera abbiamo prova della venerazione della coppia Tefnut Shu.
La dea Tefnut, donna dalla testa di leone, non sembra essere nota per caratteristiche sue proprie.
È detta compagna del dio dell’aria Shu, e quindi fa parte delle divinità primordiali, ma anche figlia di Ra. A volte è nominata in associazione con Hathor, il che spiega il carattere orgiastico del suo culto Il dio Shu incarna l’aria che separa il cielo (Nut) e la terra (Gheb) e permette alla luce del sole di dare vita agli esseri umani e a tutto il creato. Egli è padre di Nut e Gheb, ed è solitamente raffigurato come uomo con una piuma di struzzo simbolo del suo nome sul capo. Il suo nome potrebbe derivare dalla parola usata per indicare secchezza – shw shu, è la radice di parole come ‘a secco’, ‘riarso’, ‘avvizzito’, ‘luce del sole’ e ‘vuoto’ (condizione affinché nelle lampade avvenga la trasmissione tra anodo e catodo). Legato al sole a volte è raffigurato con il disco solare in testa, che lo uniscono al sole. E ‘stato uno degli dei che proteggevano Ra nel suo viaggio attraverso il mondo sotterraneo, con incantesimi per scongiurare il nemico di Ra, la biscia d’acqua-demone Apep. La sorella-moglie di Shu, Tefnut, viene simbolicamente rappresentata con la testa di leone e i due erano conosciuti come gli “dei leoni gemelli” (anodo e catodo?) e un’altra indicazione della loro forte presenza a Dendera è che uno dei molti nomi del tempio era H3T m3-hs3wy o H3T m3wy, che significa ‘il palazzo della coppia di leone’”.
Nei Testi dei Sarcofagi (formule funerarie, riportanti rituali magico-religiosi) i gemelli felini, Tefnut e Shu vengono collegati alla dea gatto Bast e a un dio gatto di nome Basti. Per triade egizia si intende un gruppo di tre divinità che vengono adorate nel medesimo luogo. Rappresentano padre, madre, figlio e queste “famiglie” secondo la storiografia classica furono create dal clero egizio per rendere meno astratte le divinità al popolo. Abbiamo visto confermata la presenza nel tempio di Dendera degli dei Shu e Tefnut che probabilmente erano rappresentati insieme al loro figlio che potrebbe essere Nefertum detto anche Nefer-tem era una antico dio che veniva venerato nella città di Menfi, il suo nome significa “il bellissimo Atum” o “il giovane Atum” perché inizialmente venne associato alla divinità Atum (immagine del dio creatore di Heliopolis). Figlio di Path e della dea leone Sekhmet (a heliopolis era considerato figlio di Bastet) era rappresentato con varie forme: come un fiore di loto (quindi con il significato anche di contenitore) , in quanto era considerato dio del profumo che estendeva la sua protezione benefica fino ai confini orientali dell’Egitto o come giovane uomo con in mano una lancia uncinata che sul capo portava quattro piume verticali, uomo con testa di leone oppure come un fanciullo in piedi sopra un leone.
Prometeo
Nel corso degli anni questa divinità venne collegata anche alla figura adolescente di Horus mentre i Greci vollero chiamare questo dio Iphthimis (nfr-tm) pronunciando il suo nome come Eftem e assimilandolo alla loro figura mitologica di Prometeo (che guarda caso è legato alla luce) infatti, nel mito greco, Prometeo si recò da Atena affinché lo facesse entrare di notte nell’Olimpo e, appena giunto, accese una torcia dal carro di Elio e si dileguò senza che nessuno lo vedesse. Secondo altre leggende, egli ritrovò la torcia nella fucina di Efesto e ne rubò qualche favilla e, incurante delle conseguenze, la portò agli uomini. Venutolo a sapere, Zeus promise di fargliela pagare; così ordinò a Efesto di costruire una donna bellissima, di nome Pandora, la prima del genere umano, alla quale gli dei del vento infusero lo spirito vitale e che tutte le dee dell’Olimpo dotarono di doni meravigliosi. La comparsa di una “bolla” che circonda il serpente rappresenta l’involucro protettivo del cielo, l’ambiente in cui nasce il sole (e quindi l’energia) è associato con l’utero o placenta Nut che inghiotte il sole ogni sera e dà alla luce il sole ogni mattina. La “bolla” che circonda il serpente rappresenta anche, come abbiamo già visto, il geroglifico effettivamente utilizzato nell’antica lingua egizia, che indicava il “santuaro primordiale, il luogo sacro, il sacro palazzo” tale simbolo è attestato in abbondanza a Edfu, Karnak, e ovviamente a Dendera. Quello che potrebbe aiutarci a comprendere le immagini dei 3 bassorilievi presenti all’interno del tempio sono proprio i geroglifici incisi sugli stessi, ma purtroppo l’unica traduzione reperibile per le iscrizioni (di cui a quanto pare non vi è nessuna pubblicazione) è quella di Diego Barucco Siracusano, classe 1978. Laureato in Scienze Geologiche che fornisce nella sua pagina web (della cui attendibilità ovviamente non posso garantire). La traduzione per esempio della colonna di geroglifici di fronte alla mangusta con i coltelli è la seguente:
“Per eliminare la distruzione dei forti pilastri della terra, per eliminare la distruzione del valore dell’uomo contro tutti i nemici, dalla distruzione dell’orizzonte là dove sorge il sole”
Mentre l’iscrizione sopra al bulbo recita:
“Oro offerto all’arma”
Le traduzioni delle restanti iscrizioni, molto più confuse e frammentarie, sono riportate nella pagina che segue: www.misteria.org/dendera_barucco.htm.
Bassorilievo in cui è evidente la presenza di uno strano elemento
Il fatto che si parli di armi, potrebbe in un certo qual modo avvalorare l’ipotesi delle lampade, e a ben guardare i bassorilievi, gli oggetti raffigurati, sembrano proprio essere strumenti, adibiti a qualche genere di funzione, inoltre a questi tre bassorilievi, dobbiamo aggiungervene un quarto sempre presente all’interno del tempio di Dendera.
Ingrandimento della sfera con il simbolo MW
Un enigmatico bassorilievo che raffigura uno strano apparecchio che potrebbe rappresentare forse un originale modello di pila a combustione? Una imbarcazione stilizzata, con una sfera con inciso, quella che sembra una saetta simbolo dell’elettricità. Una pila a combustibile, è un dispositivo elettrochimico che permette di ottenere elettricità direttamente da certe sostanze, tipicamente da idrogeno ed ossigeno, senza che avvenga alcun processo di combustione termica.
Geroglifici a confronto in cui compare il bilittero MW
Qualcuno, naturalmente, obbietterà che il simbolo nella sfera altri non è che il geroglifico che indica il MARE ma che ovviamente, come spiegato assume vari significati in base al contesto in cui viene utilizzato. Il simbolo viene tradotto con il bilittero, MW (che guarda caso sono le iniziali dell’odierno termine Mega Watt? O solo una coincidenza?).
Tre tipologie di MW
Nella foto alcuni simboli ritrovati in vari luoghi dell’Egitto e come viene riscontrato anche dall’egittologo Henry George Fischer si può notare come «Il numero di onde angolari è variabile, ma le due estremità sono sempre in discesa. Questi tratti terminali sono talvolta leggermente più lunghi degli altri.» Nella foto alcuni termini tradotti dal geroglifico si noti la presenza del bilittero MW presente anche nel termine che identifica la città di DENDERA, ciò dimostra appunto la capacità polisemica dei geroglifici cioè la proprietà di una parola, in questo caso di un simbolo di esprimere più significati in base al contesto in cui si trova.
Comparazione tra alfabeto ebraico e geroglifici
Ecco, che la presenza del geroglifico, che rappresenta il mare, in termini come VENTO o CIELO o nel nome dello stesso dio AMON l’invisibile e nel nome Dendera, assumono un significato che va oltre la semplice rappresentazione del mare.
Concluderemo, questo lungo articolo proprio esaminando etimologicamente alcuni termini tra cui il nome Dendera. Iniziamo proprio dal geroglifico del fiore di loto, la cui traslitterazione in lettere è: j t r . t , n T r y , t A . w y jtr.t (leggi: jeteret) per comprenderne il significato traslittereremo in lettere ebraiche. Il sistema alfabetico ebraico come evidenziato nella foto deriva da quello egizio.
Il lemma così traslitterato risulterà essere il seguente גיטרת JETERET in ebraico attuale è utilizzato per indicare la CHITARRA, strumento a corde che usa le vibrazioni delle stesse, per produrre suono. Il termine, trova la sua origine nel lemma (sostantivo femminile) יֹתֶ֫רֶת yothereth, trascrizione fonetica: (yo-theh’-Reth) con il significato di appendice, estremità, lembo che a sua volta è composto dai termini יָתַר yathar, con il significato di : per rimanere sopra, abbondano, ha avuto un po’di sinistra, aveva lasciato, hanno preminenza, lasciare, lasciare un residuo, lasciare di sopra, lasciando, a sinistra, lasciato alle spalle, rimasto, lasciare che rimangono, più che sufficiente, di preservare, prosperare in abbondanza, rimangono, il resto , è rimasto, rimanendo, resti, riservati, il resto, di ricambio, sopravvivendo, e dal lemma EHRET הרת una delle forme del termine הָרָה HARAH, con il significato di: concepimento e quindi ciò che viene generato. Da cui avremo, quindi, che il termine יֹתֶ֫רֶת yothereth assume il concetto di: LA PARTE CHE GENERA, che possiamo interpretare anche come STRUMENTO GENERATORE. Interessante, risulta anche, una seconda interpretazione del termine jtrt che potrebbe anche leggersi ITERTY עיטרתי con il significato di: decorato, avvolto, ornato, metterlo, Intorno al, adornata. Formato dai termini עָטָה atah (aw-taw’), da rivestire, coprire, mettere un coperchio, riempire, messo su, sicuramente, deviare e da רתי che deriva da ארתיח Artih che sta a significare: qualcosa che ribolle che si riscalda, surriscalda fluido riscaldato fino al punto in cui diventa un gas irritabile; Seccato. Indicherebbe, quindi, i fiori di loto come degli OGGETTI DI DECORO CHE SI SURRISCALDANO, (naturalmente il significato va visto in un’ottica ampia tenendo ben presente la polisemia della lingua ebraica e il suo conseguente utilizzo in vari contesti) Si guardi infine al termine גיטרת CHITARRA composto da גיט git Terza persona singolare forma di געבן (gebn) che significa DARE e da רת forma abbreviata di רְתֵת retheth Trascrizione fonetica: (Reth-ayth ‘) che ha come significato TREMITO, TREMOLIO. Quindi chitarra è un termine composto dalla frase DARE VIBRAZIONE. A questo punto, possiamo completare il significato del fiore di loto, attribuendogli il significato di STRUMENTO GENERATORE DI VIBRAZIONI. Se, l’interpretazione del geroglifico del fiore di loto, può portare ad immaginare un probabile strumento che genera vibrazioni, interessante risulta l’interpretazione del geroglifico (foto 21) che indicherebbe la città di DENDERA.
Il quadrilittero, ottenuto dalla trasliterrazione con i simboli egizi IWNT, tradotto in ebraico è יונת letto YONAHT, una delle forme per indicare la colomba יוֹנִים YONAH. Con aggiunta del termine נת, NAHT con il significato di notte, a ribollire, nata, per sollevare se stessi, a gonfiarsi. Quindi il significato di Dendera in geroglifico, potrebbe essere LA COLOMBA CHE RIBOLLE.
In ambito cristiano la colomba simboleggia lo spirito santo cioè l’energia di Dio infusa agli uomini ma per comprenderne meglio il simbolismo leggiamo cosa dice l’esegesi biblica sulla colomba.<< Per capire sempre meglio questa potenza, questa forza, questa energia vorremmo fermarci su quattro momenti, quattro livelli di ricerca sulla manifestazione dello Spirito: come forza fisica, come energia vitale, spirituale, come realtà che si identifica a Dio e poi, come un dono universale. Inizialmente, la “ruah”, questo respiro, questo vento come forza fisica. Lo Spirito è un termine che ci può sfuggire – non così il Figlio e il Padre, più aderenti alle nostre esperienze – per questo parlare dello Spirito non è semplice. Il vento, il respiro rimandano ad una forza, ad un movimento misterioso, non identificabile nell’effetto, ma in colui che regge il vento, in colui che regge il respiro, in colui che mette in movimento le cose.
Confronto tra un moderno isolatore e lo Djed egizio
Vista l’esagesi biblica, riferita allo spirito santo, rappresentato simbolicamente da una colomba, mi sembra naturale che l’energia prodotta (o emissione di luce), da queste lampade era considerata dono degli dei. Quindi, uno dei significati simbolici, della colomba è appunto l’energia e prova ne abbiamo, in quel termine che completa il lemma YONAHT cioè נת, NAHT, che può assumere anche il significato di RIBOLLIRE, termine che potremmo considerare praticamente sinonimo del lemma זד ZED, nome tra l’altro dell’oggetto (rappresentato nei bassorilievi) su cui poggia la Lampada, nella parte alta. In ebraico attuale, si pronuncia ZOD e assume il significato di FARE MALE, MALVAGIO mentre in ebraico biblico זִיד (zud o zid) era utilizzato per indicare, il FRIGGERE, o il BOLLIRE.
Lo djed potrebbe essere uno strumento che poteva emettere un raggio laser?
Strano, che un simbolo come quello dello zed (o Djed) è sempre stato solo indicato dagli egittologi, unicamente, come la rappresentazione della spina dorsale del dio Osiride, re dell’Oltretomba sede del fluido vitale, simboleggiante la stabilità e la vita eterna. Il fatto stesso che tale oggetto sia considerato sede del fluido vitale (poiché rappresenta la spina dorsale poiché ne ricorda la struttura) perché in alcune raffigurazioni e statue il faraone è rappresentato mentre stringe tra le mani il simbolo dello Djed quindi solo simbolo di vita eterna? O anche di potere? Potere di dare o togliere la vita, dare o togliere l’energia (anche vitale) in esso contenuta che permetteva l’illuminazione dei fiori di loto, generatori di luce. Interessante, constatare come la forma dello Zed, sia replicata in alcuni oggetti con funzione di ISOLATORI installati sui pali della corrente elettrica. Torniamo quindi al nostro studio dei termini e analizziamo la parola “Djed”, secondo gli studiosi ha origine dal termine ḍdi, parola che appunto significherebbe “essere stabile” termine invece che nella Bibbia indica il nome DODAI o DODO דדי che a sua volta deriverebbe dal verbo דוד (DWD), probabilmente nel senso ACCAREZZARE, SFIORARE curioso è che lo stesso termine letto al contrario dia origine al verbo ידד (yadad), con il significato di LANCIARE e che la parola יד ( Yad ) invece significhi MANO. In ebraico il sostantivo maschile דד (DAD) indicava il capezzolo, cioè l’orifizio, il pertugio, del seno femminile, da cui fuoriesce il latte. Quindi, volendo interpretare il tutto, il Djed altro non era che un OGGETTO STABILE (che bastava) SFIORARE con MANO per LANCIARE dal PERTUGIO. Ptha che stringe tra le mani lo djed Museo Egizio di Torino
Ultima curiosità, il termine Djed lo ritroviamo, anche nel nome di un reggente della XXXma dinastia, il faraone Djedhor Setepeninhert il cui nome viene così traslitterato Ḏd ḥr stp.n ini hrt cioè Djedhor Setepeninhert con il significato di Horo dice: [che egli viva], scelto da Inhert
Passiamo ora, all’analisi del termine DENDERA, così da scoprirne il significato, il cui nome in arabo è دندرة, ( dindirra, dandara). Una prima analisi etimologica, vede il nome essere composto dai termini DEN + DERA che potremmo ricondurre a:
DEN dal mediopersiano دين (din) (plurale دینها (din-ha) o ادیان (Adyan) con il significato di FEDE RELIGIONE derivante dal sanscrito दिन (dina). Con il significato di POVERO BISOGNOSO DERA, una parola anche lei di estrazione persiana, con diverse connotazioni. The original Persian word derah or dirah means a tent, camp, abode, house or habitation. Derah o Dirah significa una tenda, campeggio, dimora, casa o abitazione.
Quindi, avremo che in antico persiano Dendera era in realtà DEN DERAH.
In definitiva, CASA DELLA FEDE cioè TEMPIO. Un secondo etimo, invece, potrebbe essere il seguente:
دن • (din) seconda persona maschile singolare attivo imperativo di دان (dana) Dalla radice د ي ن (din). 1. a dovere (denaro) 2. a prendere in prestito 3. a prestare 4. per costringere 5. a render spregevole 6. a presentare , a cedere , a obbedire
درة • (durra) f (singulative, collettiva در (Durr), paucal درات (Durrat) o درر (durar)) 1. Perla oppure درة o درة • (Dirra o Darra) f (plurale درر (Dirar)) 1. capezzolo , mammella 2. Latte
Quindi, con il probabile significato di: PRENDERE LA PERLA/CAPEZZOLO/LATTE che potremmo interpretare come “ciò che sprigiona luce”?
Abbiamo già parlato del geroglifico che indica la città di Dendera, la cui traslitterazione è IWNT con il significato in ebraico di YONATH cioè COLOMBA, ma vi è una seconda versione, che identifica lo stesso geroglific,o con la traslitterazione Lvnht cioè LUNET. Proviamo a cercarne il significato. Lvnht cioè LUNET potrebbe derivare dalla frase araba حط لون LOON HATTA, dove il termine Loon لون, identifica, una determinata categoria di uccelli acquatici, conosciuti anche come “spiriti del deserto” cioè le Gavie (Gavia J.R. Foster, 1788) genere di uccelli a cui appartengono le strolaghe dal becco giallo, della famiglia Gaviidae, ottimi nuotatori, migrano dalle terre del nord Europa, sino al Mar nero e nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ormai estinte in Egitto, mentre il termine Hatta حط o yaḥuṭṭu (vedi testo Dizionario dello studente arabo-inglese, Francesco Giuseppe Steingass (1884), Londra: WH Allen) con il significato di: a mettere, luogo, stabilire di mandato per abbattere a deporlo, degradare, umiliare a disprezzare a scendere, scendere per cadere, andare giù per lucidare e marchio di cuoio. Quindi il termine LUNET possiamo interpretarlo come:
LUOGO IN CUI LO SPIRITO DEL DESERTO (IL LOON, IL COLORE cioè la LUCE) ATTERRA.
A questo punto, proviamo a dare un significato ai successivi geroglifici, che compongono il nome della citta di Dendera. I restanti geroglifici sono così catalogati e corrispondono alle seguenti sigle e lettere: G1 T R8 T H8 O49 e vengono traslitterati nella seguente frase Tywt ntrt het niwty che trasformeremo in lettere ebraiche, così da ottenere una frase di senso compiuto.
טיוט נטרת הט ניוטי
טיוט Tiot-, Tiotim, Tioti Progetto, bozza
נטרת Nteret termine che deriva da Ntar נטר mantenere, mantenere la guardia, riserva
הט Het una delle forme del termine נָטָה Natah per allungare, sparsi, estendere, inclinare, piegare
ניוטי in egiziano indica locale, del luogo, la città.
Con i probabili significati di
CITTA’ IL CUI PROGETTO (è quello di essere) A GUARDIA DELL’ESPANSIONE (del regno). (baluardo contro le invasioni)
CITTA’ IL CUI PROGETTO è QUELLO DI OSSERVARE L’INCLINAZIONE (dei raggi solari) (tempio dedicato al sole)
DENDERA termine che trova il suo sinonimo nel lemma TENTYRIS (in greco Τηντηρις,Τέντυρις ) che in realtà è anch’essa una frase composta da due parole Την + τηρις
Την LEI
Τηρις > τηρείς > τηρώ >> OBBEDIRE, OSSERVARE, RISPETTARE, GUARDARE
Con il significato quindi di COLEI CHE FA RISPETTARE, CHE OSSERVA
Τέντυρις composto a sua volta da Τέντυ + υρις
Τέντυ viene tradotto con Teddy diminuitivo derivante dall’antico nome greco Θεοδωρος (Theodoros); composto dai termini θεος (theos, “dio”) e δωρον (doron, “dono”), dove il trilittero ddi sarebbe da ricondurre all’ebraico דדי , parola che appunto significherebbe “essere stabile” e quindi TEDDY (Τέντυ) starebbe a significare DONO STABILE (continuativo) in riferimento ovviamente al sole. Υρις deriva probabilmente dal termine ebraico אוּרִי URI con il significato di FOCOSO, FIAMMEGGIANE, LUCE, in greco antico Ἶρις nome che veniva dato al messaggero degli dei, all’arcobaleno, alll’iride dell’occhio), al fiore il cui significato è torcere intrecciare Alla luce degli etimi trovati otterremo il secondo significato IL DONO STABILE DELLA LUCE.
Ed infine, terminiamo la ricerca etimologica, tornando a esaminare il termine DENDERA traslitterandolo in lettere ebraiche, anche in questo caso tale nome, risulterà essere un concetto espresso con più termini דנדרה il lemma ottenuto, darà origine alle seguenti parole: il termine DEN דנ è una delle forme di נֵד NED, significa CARICARE, דר DER è una delle forme di נֵ֫דֶר (neder), con il significato di A OFFRIRE e infine דָּר (dar) GENERAZIONE. Alla luce degli etimi così ottenuti, il concetto racchiuso nel termine DENDERA è נד נדר דר NED NEDER DAR cioè
CARICARE (AUMENTARE D’INTENSITA’) PER OFFRIRE GENERAZIONE
In conclusione, di articolo ricapitoliamo gli etimi sin qui trovati in modo tale da avere una visione d’insieme
FIORE DI LOTO 1 — יֹתֶ֫רֶת –JETERET — STRUMENTO GENERATORE
FIORE DI LOTO 2 — עיטרתי — ITERTY — OGGETTO DI DECORO CHE SI SURRISCALDA
DJED 1 — זִיד – ZED – FRIGGERE, BOLLIRE
DJED 2 — OGGETTO STABILE (che bastava) SFIORARE con MANO per LANCIARE dal PERTUGIO
DENDERA 1 — IWNT — יונת — YONAHT — COLOMBA CHE RIBOLLE
DENDERA 2 — DEN DERAH — CASA DELLA FEDE cioè TEMPIO.
DENDERA 3 — DIN DURRA — CIO’ CHE SPRIGIONA LUCE
LUNET — LOON HATTA — LUOGO IN CUI LO SPIRITO DEL DESERTO (IL LOON, IL COLORE cioè la LUCE) ARRIVA.
DENDERA 4 — CITTA’ IL CUI PROGETTO (è quello di essere) A GUARDIA DELL’ESPANSIONE (del regno). (baluardo contro le invasioni)
DENDERA 5 — CITTA’ IL CUI PROGETTO è QUELLO DI OSSERVARE L’INCLINAZIONE (dei raggi solari) (tempio dedicato al sole)
DENDERA 6 — TENTYRIS — COLEI CHE FA RISPETTARE, CHE OSSERVA
DENDERA 7 — TENTYRIS — IL DONO STABILE DELLA LUCE
DENDERA 8 — CARICARE (AUMENTARE D’INTENSITA’) PER OFFRIRE GENERAZIONE
Allacciando tra loro i vari significati otteniamo il probabile significato dei termini considerati, così il FIORE DI LOTO altro non è che UNO STRUMENTO GENERATORE OGGETTO DI DECORO CHE SI SURRISCALDA.
Lo DJED è un OGGETTO STABILE CHE BASTA SFIORARE CON MANO PER LANCIARE DAL SUO PERTUGIO PER FRIGGERE E BOLLIRE.
Per concludere DENDERA era una CITTA’ TEMPIO DELLA FEDE LUOGO DELLA COLOMBA CHE RIBOLLE E CHE SPRIGIONA LUCE CHE RISPETTA CHE PROTEGGE E CHE OSSERVA IL SOLE CON IL POTERE DI CARICARSI E GENERARE POICHE’ HA IL DONO STABILE DELLA LUCE
Le lampade, fanno parte di quelle conoscenze misteriche, donate da quelle divinità primordiali, alieni venuti da altri mondi? O forse conoscenze misteriche, tramandate da popoli che abitarono la terra in età antichissime e che erano tecnologicamente avanzate e di cui rimasero solo i segreti tramandati, che solo i sacerdoti potevano conoscere e che venivano probabilmente, utilizzate, in particolari riti, il cui significato è rimasto occulto o si è perso nel momento in cui o i sacerdoti morivano senza rivelare nulla a nessuno o perché le divinità, venivano soppiantate da altre e quindi ovviamente da altri segreti da tramandare. In questo articolo, mi auguro di aver portato a nuove riflessioni riguardo le lampade di Dendera evidenziando lati ancora poco chiari.
Naturalmente, chi ha scritto questo articolo, non è un egittologo, non è un esperto di geroglifici, ma è solo un appassionato, che si è cimentato per togliersi qualche dubbio e sollevarne degli altri, cercando delle risposte a un mistero nascosto da millenni, ci sarò riuscito? (come affermerò sempre d’ora in avanti).
A conclusione dell’articolo vi esorto a prendete il “TUTTO” come semplice curiosità.
LA RICERCA
La ricerca in qualsiasi ambito dello scibile umano NON può prescindere dalle CONOSCENZE ESOTERICHE. Chi non le ritiene necessarie non completerà MAI i propri studi poichè non ne conoscerà l’origine.
AdSA
Fonte: immagineperduta.it
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