Il Fungo Perfetto
Qualche giorno dopo che Cicci ebbe ricevuto il suo libro fatato, anche Eugenia ne ricevette uno, con caratteristiche differenti rispetto a quello di Gioia: infatti questo era molto antico e consumato dalle mani di chi lo aveva consultato nei secoli. Il libro aveva il potere di parlare e ammoniva chi lo prendeva in mano a leggerlo con attenzione, perché dopo ogni lettura la corrispondente pagina tornava pulita, senza traccia d’inchiostro alcuno, ma ingiallita dal tempo.
Lì per lì Eugenia era contenta, tuttavia si chiedeva perché fosse spettato a Cicci quello nuovo: forse che essendo il suo vecchio, fosse latore anche di qualche terribile malattia? – s’interrogava Eugenia ed interrogava il libro che rispose alla sua ennesima domanda: Effettivamente io porto un tarlo più che una malattia vera e propria, non colpisce tutti, solo chi umile non è.
Questa risposta sibillina non piacque ad Eugenia, che intanto aveva in auge di rubare il libro di Gioia, perché, a suo dire, lei sola doveva avere un libro fatato.
Qualche giorno dopo, Cicci ed Eugenia stavano preparando l’occorrente per il nuovo anno scolastico: penne-scrivi-da te; quaderni a righe e a quadretti per trascrivere le pozioni alchemiche; il libro fatato e naturalmente la merenda “cucinati-all’istante” di cui Cicci era ghiotta. Non mancava nulla!
Quand’ecco che il nonno arrivò dicendo che aveva ingaggiato, fra tutti i bambini del villaggio, la “caccia al funghetto perfetto”. I bambini erano tutti eccitati e contenti.
Gioia trascorse un’ora in compagnia di Elvise per chiedergli perché mai fosse così importante la “caccia al fungo perfetto”. Il Drago le rispose che per il momento non avrebbe potuto svelarle il segreto ma che esso sarebbe stato detto al vincitore: Il Fungo rappresentava un vero premio prestigioso e molto importante!
Al VIA tutti i bambini si sparpagliarono per i boschi intorno al Castello, anche Cicci ed Eugenia. La seconda voleva a tutti i costi prendere il Fungo, ma si mise sulla scia di Cicci, perché convinta che Elvise le avesse rivelato dove cercare. Intanto Gioia cercava e cercava, ogni tanto qualche bambino urlava di averlo trovato, ma il nonno ed i suoi ministri sostenevano che quello “perfetto” fosse un altro.
Ad un certo punto Cicci ed Eugenia s’imbatterono nella Grande Quercia a cui Cicci chiese indicazioni per trovare il “fungo perfetto”. Il libro fatato di Eugenia, che si materializzò all’improvviso, iniziò a ripetere “Io porto un tarlo più che una malattia vera e propria, non colpisce tutti, solo chi umile non è”.
Quando finalmente il libro tacque, iniziò a parlare la Grande Quercia dirigendo i suoi rami verso sud-est. Eugenia corse avanti convinta d’esser sulla strada giusta, mentre Cicci si fermò a ringraziare la Grande quercia e poi s’incamminò convinta di esser ormai fuori dai giochi: Eugenia aveva troppo vantaggio. Cammina cammina lungo il sentiero, proprio dove erano passati sicuramente quasi tutti i bambini, Cicci colse un luccichio e si fermò ad osservarlo per accorgersi che il baluginio veniva dal biancore di un funghetto piccolo piccolo, seminascosto fra le foglie. Si chinò a raccoglierlo e mentre lo toccava seppe, senza alcun indugio, che Quello era il Fungo Perfetto.
Tutta contenta alzò gli occhi al cielo per vedere Elvise stendere sopra di lei le sue immense ali e sorriderle con consapevolezza.
Arrivata al villaggio intorno al Castello le venne rivelato che il Fungo rappresentava il Prescelto dagli dei del bosco ad essere il futuro Re/Regina, ad essere il Pescatore, ovvero colui che Pesca le risorse del bosco per ridistribuirle, secondo leggi antiche come la notte dei tempi.
Eugenia era livida di rabbia, ma intanto sogghignava perché l’indomani sarebbe iniziata la Scuola di Magia e lei aveva in serbo una sorpresa per Cicci.
Venne il mattino; Eugenia lamentò un terribile mal di pancia e implorò la madre di restare a casa, mentre Cicci fu costretta ad incamminarsi da sola alla volta della Scuola. Prima di partire però il nonno le porse il Fungo perfetto, perché esso non solo indicava chi n’era in possesso d’essere come il prescelto, ma anche ne chiariva la classe di appartenenza a cui si veniva iscritti d’ufficio. Cicci partì tutta felice.
Giunta che fu in prossimità della porta d’accesso della Scuola presso la Caverna oscura, sotto la cascata, si vide accerchiare da tre tipetti, due sorelle gemelle ed un ragazzo molto più grande che la strattonarono, per sottrarle la sacca. Sopraggiunse un ragazzo molto alto che la difese da quei tipacci e poi entrò lesto attraverso il passaggio sotto la cascata. Rimasta sola Cicci si decise a chiedere aiuto alle Forze della Natura, affinché le insegnassero a “passare”. Ma proprio quando era assorta, i tre tipacci rispuntarono, buttandola giù dalla cascata e rubandole il sacco contenente il suo corredo scolastico.
Cicci risalì la china, ma giunta alla porta della Scuola, questa non si aprì e dei folletti la respinsero perché non la riconobbero. Senza Fungo, non aveva diritto ad entrare!
Cicci corse dal Drago convinta che lui avrebbe potuta aiutarla. Il Drago era introvabile, del nonno nessuna traccia.
Giunta a casa, trovò sua sorella che, sentita la storia, l’apostrofò col solito ritornello “Cicci combina pasticci, Cicci combinaaa pasticciiiiii!”
Gioia si ritrovò a piangere sommessamente e corse fuori disperata e fu allora che si accorse che anche il Bosco era cambiato, ma la Grande Quercia era sempre là; allungando dolcemente i suoi rami, l’accarezzò mentre dalle sue fronde usciva un suono melodioso che arrivando dritto al Cuore della ragazzina, le comunicò che senza il suo Fungo, tutto il bosco non poteva più riconoscerla perché era lei che senza si sentiva sperduta dentro un abisso.
La Grande Quercia le spiegò che il Drago le aveva insegnato il significato del Bene e del Male e che ora si doveva preparare a vivere da sola come un’adulta, per imparare a trascendere la sua stessa vita terrena.
Quella che stava vivendo Cicci era la Verità, il grande insegnamento del Drago, che era morto, quando lei era caduta dalla cascata per salvarla dalla acque torbide del fondo; il Drago aveva dato la vita per lei; Cicci era la prescelta, ma senza Fungo che la identificava come Regina, doveva imparare a vivere fra gli uomini, senza esser del tutto umana; imparare ad esser Regina senza un regno da governare; imparare a sentire col Cuore per ricevere e trasmettere consapevolmente messaggi a distanza attraverso i suoi sogni, l’unico appiglio che le era rimasto della sua vita.
Divenuta adulta Cicci seppe trascendere se stessa e fu allora che ritrovò il Drago perché lei stessa mise al mondo dei piccoli Draghetti blu fra cui ce n’era uno Nero, come la notte e seppe che il Nonno era tornato e che lei poteva finalmente esser Regina, perlomeno nei suoi sogni. Il padre era proprio il Principe Nero, colui che quel giorno lontano di molti anni addietro l’aveva salvata, anche se non era bastato, dalla furia dei tre fratelli.
Incontrò dunque nuovamente il Drago Elvise, che le presentò ufficialmente suo marito, colui il quale era intervenuto per salvarla, suo marito il Drago Nero, che l’abbracciò con tenerezza per poi accucciarsi insieme in posizione da Sfinge da cui dominare le Valli col loro sapiente sguardo che comprende ogni Conoscenza, perché la Gnosi Suprema è l’onniscenza e la consapevolezza d’esser padroni del proprio destino, sempre e comunque.
Cinzia Vasone
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