Non propriamente mostri, ma come tali vissute sostanzialmente per le loro abitudini, erano le Amazzoni
Per chi, rispetto ad un’etimologia ambigua, ritiene che Amazzone significhi “senza mammella”, questo sarebbe stato il segno fisico distintivo della popolazione di sole donne che, inizialmente stanziata lungo le rive del fiume Amazzonia, si trasferì successivamente in Cappadocia, comunque oltre le frontiere del mondo greco. Il seno mancante era quello destro, amputato per compiere senza difficoltà, come i maschi, le operazioni di tendere l’arco e calibrare il giavellotto prima del lancio.
Sì perché le Amazzoni assumevano in sé, oltre a quelle femminili, anche le prerogative dei ruoli e del comportamento dei maschi, salvo le necessità della riproduzione, per cui due volte l’anno si recavano ai confini del loro Paese, si accoppiavano con gli uomini delle tribù vicine e trattenevano poi presso di sé le figlie nate da questi incontri fortuiti, rispedendo i maschi alle tribù d’origine o, nelle versioni più cruente, uccidendoli.
Si narra in altre descrizioni sulle loro abitudini, che i maschi convivessero sì con le Amazzoni, ma per occuparsi delle faccende domestiche e, affinché non nascesse in loro la tentazione di viaggiare o di apprendere arti marziali, le madri in tal contesto “provvedevano” a fratturare le braccia e le gambe ai figli piccoli. Naturalmente queste sono esagerazioni messe in circolo per sminuire la potenza e le capacità di siffatte donne guerriere.
Il potere supremo era condiviso da due regine, una per gli affari interni e una per la difesa dalle aggressioni esterne, che comportava la necessità di un esercito efficiente e sempre all’erta. Addestrate nel combattimento a cavallo, le Amazzoni maneggiavano con grande abilità implacabili asce a doppio taglio, usavano archi di bronzo e si proteggevano con uno scudo a forma di mezzaluna o di foglia d’edera.
Fra gli dei, fu Dioniso a doversela vedere con le Amazzoni. Al ritorno dal viaggio che, come poi sarebbe accaduto ad Alessandro Magno, lo portò ai confini orientali del mondo conosciuto, il dio del vino e il suo seguito, ne incontrarono la resistenza ad Efeso, dove lo stesso Dioniso in precedenza le aveva spinte. Un gruppo di Amazzoni si salvò rifugiandosi nel tempio grandioso di Artemide Efesia e un altro cercò scampo imbarcandosi in fretta e furia per Samo, ma Dioniso le inseguì per mare e, quando le affrontò, sulla terra ferma, ne fece strage in un lago di sangue.
Alla bellissima Ippolita, regina delle Amazzoni, il mito collega poi una delle dodici fatiche d’Eracle. L’eroe doveva impadronirsi della sua cintura d’oro, che la figlia di Euristeo, il “committente” delle dodici fatiche, voleva a tutti i costi. (Al di là della pretestualità della richiesta, si deve ricordare come nell’antico costume greco, la donna che scioglieva la cintura, esprimeva con questo gesto, la decisione di non voler più appartenere solo a se stessa, ma all’uomo per il quale si liberava da quel vincolo). L’impresa è raccontata in molte varianti, difficilmente conciliabili fra loro. Nella più nota, Ippolita, innamoratesi del muscoloso Eroe a prima vista, era disposta a concedergli il suo tesoro in cambio di un amplesso, ma dei rumori sospetti interruppero la trattativa, cosicché Eracle uccise Ippolita, fiutando una trappola. Era, sposa di Zeus, infatti, vestitasi come le Amazzoni, aveva messo in giro la voce di come lo straniero fosse intenzionato a rapire la regina e le sue compagne si erano pertanto preparate a difenderla: per la moglie di Zeus, Ippolita infatti rappresentava una trasgressione vivente al ruolo “normale” della donna, che lei incarnava e quindi doveva morire. In questa versione Eracle affronta le Amazzoni e fa strage anche delle compagne di Ippolita e prende da sé la fatale cintura. Fra le tanti varianti un’altra dice invece che questo fu il prezzo che Ippolita dovette pagare per riscattare Melanippa, che regnava con lei sulle Amazzoni ed era stata fatta prigioniera; ed una terza che Eracle ebbe il cinto da Teseo, che aveva fatto prigioniera Ippolita. Teseo, col consenso di Eracle, si prese Antiope, sorella di Ippolita, come schiava.
Insieme con le tre irriducibili guerriere viene nominata anche Pantariste, che uccise con le sue mani il greco Tiamide (compagno di Eracle), corso ad avvertire i compagni rimasti sulle navi della brutta piega che avevano preso le cose.
Nello schema consueto del personaggio in malafede che commissiona all’eroe un’impresa difficile, che può costargli la vita, rientrano anche Iobate (re della Licia) e Bellerofonte (figlio di Poseidone). Questi fu messo alla prova da Iobate, che gli affidò il compito di sconfiggere il fortissimo esercito costituito dalle Amazzoni, loro alleate. La tecnica adottata da Bellerofonte non fu diversa da quella messa in opera con successo nell’impresa della Chimera: grazie al cavallo alato Pegaso, egli potè affrontare i nemici e le nemiche del cielo, dove non potevano giungere le loro frecce micidiali, ma da dove in compenso egli li poteva abbattere sotto una pioggia di grosse pietre.
Se Teseo non partecipò alla spedizione di Eracle nella terra delle Amazzoni, come vuole una tradizione, tuttavia egli si recò presso di loro più tardi e avrebbe deciso di rapire Antiope al momento della partenza, dopo esser stato da lei accolto benevolmente.
Orizia (o la stessa Ippolita se, come qualcuno afferma, non fu uccisa da Eracle) decise di vendicare l’onore della sorella Antiope ed insieme quello delle Amazzoni, organizzando una spedizione contro Atene. La lotta, durata mesi, fu aspra e cruenta e forse capitò che Antiope, ormai compagna di Teseo, si trovasse a combattere contro il suo stesso popolo; c’è infatti chi sostiene che morì sul campo uccisa da un dardo dell’Amazzone Molpadia e che entrambe furono seppellite presso il Tempio della Madre Terra, anche se altri raccontano che fu uccisa dallo stesso Teseo quando irruppe armata e resa furiosa dalla gelosia nella sala dove si stava celebrando il banchetto per le sue nozze con Fedra (figlia del re di Creta, Minosse).
Ritroviamo ancora una regina coraggiosa delle Amazzoni a Troia, come una degli Alleati più preziosi di Priamo. Era dunque inevitabile che si scontrasse direttamente con Achille, il più forte e temibile degli eroi greci. Il suo nome è Pentesilea e c’è chi sostiene che ebbe la meglio sull’eroe, ma la versione maggiormente diffusa è quella che sostiene il contrario, ovvero che Achille, togliendo l’elmo per vedere chi vi si celava, scoprì con immensa sorpresa come si trattasse di una donna e profondamente colpito dalla sua fiera bellezza, si pentì d’averla uccisa e volle possederla, benché quel corpo splendido fosse ormai senza vita. Tersite, sgradevole tanto per la bruttezza quanto per l’indole maligna e subdola, lo accusò di necrofilia e l’eroe non ci pensò un attimo ad ucciderlo, dopo avergli fatto saltare tutti i denti con uno dei suoi colpi micidiali.
Il cadavere di Pentesilea, venne recuperato perché gli fossero riservate degne esequie, non si sa se per il “senso di colpa” di Achille o per volere dei troiani. Le gesta degli eroi e degli dei, raccontate nell’Iliade, mettono in evidenza i caratteri fisici e spirituali di tutti i personaggi presenti nel poema che ne escono con caratteristiche profondamente umane, tanto da essere così simili agli uomini, pur essendo in taluni momenti anche esempi da seguire, come per esempio il senso dell’Onore che gli uomini del tempo onoravano.
Le Amazzoni infine sono il segno di una cultura profondamente maschilista che voleva le donne a casa come moglie o concubine o schiave. Il fatto che vivessero donne che, al contrario, erano dedite a lavori perlopiù considerati oggetto di monopolio maschile, serve a rendercele oltremodo simpatiche.
C’è chi è convinto che le Amazzoni non esistettero veramente se non nella fantasia di leggende e miti; io sono portata a credere che ogni leggenda o mito nasconda una verità scomoda che si serve di storie per essere tramandata di bocca in bocca.
Saluto pertanto le Amazzoni di oggi: donne che combattono tutti i giorni in casa o in ufficio, siano casalinghe o dirigenti, tutte donne che lavorano oggi come allora.
Cinzia Vasone
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paolo69
Le amazzoni poligame ed estremamente bellicose si sono sempre distinte per la loro bellezza ed il loro carattere mascolino e fiero, bellissime e graziosissime donne del mondo del Sole e della sacra Luna Nera, si sono addolcite solo in un momento, quando il loro unico dio Akenaton degli egiziani ha scelto con grazia degli dei di posare il suo tocco mortale sui mondi delle amazzoni per donare alla grandi donne della gloria degli dei delle spoglie mortali, le amazzoni vivono con noi come gli dei, essendo loro stesse di origine divina in quanto figlie di Aton il Sole di un mondo lontano e remoto