Da qualche mese ci arrivano notizie, video ed immagini inquietanti dall’Australia, il continente collocato ai nostri antipodi, divorata dalle fiamme. Le prime cause addotte, come motivazione del tragico evento che si sta consumando, sono state ascritte al caldo torrido con temperature ben più alte del normale. Le elevatissime temperature avrebbero provocato una serie di incendi in gran parte del del Paese, soprattutto nella fascia climatica sub-tropicale. Ma quali sono, poi, le cause collaterali che hanno favorito l’incontenibile propagarsi del fuoco, come in uno scenario apocalittico di matrice cinematografica? I fulmini ed alcuni comportamenti umani consapevolmente od inconsapevolmente colposi, di certo, contribuiscono ad aggravare la drammatica situazione. In più, è necessario menzionare anche il singolare modo di operare di una particolare specie di uccelli rapaci, conosciuti anche come “sparvieri”, il cui aspetto etologico è ancora oggetto di studio e non ancora del tutto chiarito. Sembra, infatti, che questi rapaci contribuiscano alla propagazione degli incendi, trasportando con i loro terribili artigli alcuni pezzi di legno infuocato nei territori vicini. Si esclude, con ragionevole certezza, che gli sparvieri compiano tali azioni per “divertimento”, apparendo, invece, come elementi significativi di una vera e propria “strategia di caccia”, comportando la fuga di animali e di insetti che costituirebbero, in tal modo, prede più facilmente raggiungibili. Si tratta di un fenomeno molto datato, conosciuto gà da molto tempo dagli aborigeni australiani, al punto che i rapaci venivano chiamati anche “uccelli piromani”. Nello specifico, è stato rilevato che gli incendi stanno causando un disastro ambientale senza precedenti, nonostante siano al lavoro centinaia centinaia di addetti ai servizi di emergenza. Alle cause naturali, bisogna aggiungere i criminali che appiccano fuoco per gli scopi più disparati, perfino solo come “passatempo”. Dal mese di novembre 2019, sono state iniziate azioni legali nei confronti di circa 180 persone, tra cui una buona parte di minorenni, accusati di aver appiccato il fuoco e di aver innescato fiamme devastanti. L’aspetto più sconvolgente consiste nel fatto che, ancora adesso, nonostante la situazione sia completamente precipitata, ci sono ancora persone che accendono fuochi, mettendo a repentaglio la loro stessa esistenza, quella degli altri e di tantissime specie animali. L’esperto Giorgio Vacchiano, ricercatore in selvicoltura e pianificazione forestale dell’Università degli Studi di Milano, in una recente intervista, ha sottolineato come gli incendi in Australia abbiano già percorso circa 8 milioni di ettari, una superficie più o meno doppia a quella degli incendi del 2019 in Siberia e in Amazzonia. L’ecosistema è molto diverso da quello europeo, trattandosi soprattutto della distruzione di foreste di eucalipto e del bush, una savana quasi arida con alberi bassi e fitti. Ed è proprio una vegetazione che si può definire “nata per bruciare”, da quando l’Australia ha compiuto il suo viaggio dall’Antartide verso la posizione attuale circa 100 milioni di anni fa. Come si diceva in apertura, l’emergenza climatica appare un fattore sempre più determinante, in considerazione del fatto che il 2019 è stato per l’Australia l’anno più caldo e più secco dal 1900 fino ad oggi. Nello stesso anno sono state registrate temperature medie di 1,5 gradi più alte rispetto al trentennio 1961-1990, mentre le massime di oltre 2 gradi in più. Inoltre, è mancato oltre un terzo della pioggia che mediamente cade sul continente, provocando un lungo periodo di siccità che ha provocato l’evaporazione e la disseccazione della vegetazione. Di conseguenza, più la siccità ha una lunga durata, più vaste sono le dimensioni delle parti vegetali che potenzialmente sono infiammabili. Il mutamento climatico australiano, ancora più evidente che in altre parti del mondo, è stato originato da diversi fattori concomitanti. In primo luogo, è giusto annoverare El Nino, cioè un riscaldamento periodico dell’Oceano Pacifico meridionale, quest’anno però non determinante. Grande influenza, invece, ha avuto il Dipolo dell’Oceano Indiano, una peculiare configurazione che indirizza aria umida sulle coste africane e secca verso quelle australiane. In tale contesto, si è inserito un riscaldamento improvviso della stratosfera antartica, colpevole di portare ulteriore aria calda e secca verso l’Australia, nonché lo spostamento verso nord dei venti anti-alisei (Southern Annular Mode), favoriti in questo cambio di rotta sia dal cambiamento climatico che dal buco dell’ozono. Ormai tutte le istituzioni di ricerca australiane sono abbastanza concordi sugli effetti disastrosi del cambiamento climatico in atto, cercando di monitorare e di conoscere con congruo anticipo gli eventuali fenomeni meteorologici pericolosi. Gli incendi in Australia stanno provocando una vera e propria ecatombe di animali. E’ preoccupante, doloroso e commovente apprendere come la strage di innocenti creature si stia sempre più aggravando. Sono strazianti quelle immagini che presentano i milioni di koala, canguri ed altri animali divorati vivi dalle fiamme o di quelli che, pur riuscendo a fuggire, sono rimasti orrendamente mutilati. Il WWF Australia ha conteggiato circa un miliardo di animali morti. Per altre stime, si tratterebbe di una cifra esagerata, ma il risultato non cambia: è un’apocalisse ambientale che ci deve toccare e coinvolgere direttamente. Come si accennava prima, milioni di vittime sono rappresentate dai koala che vivono sulla costa centro-nord del New South Wales, e poi tantissimi canguri ed altri animaletti tipici dell’emisfero australe, come i wallaby, un altro marsupiale molto simile al canguro. E si aggiunge un altro evento tragico, la decisione cioè di una comunità aborigena AYP di abbattere diecimila cammelli selvatici, per il fatto che avrebbero potuto consumare troppa acqua, già scarsa per gli esseri umani. Le riserve idriche di quel territorio sarebbero al limite dell’esaurimento e, pertanto, cecchini dagli elicotteri sono destinati a sparare ai poveri animali. Lo scenario diventa emblematico e preoccupante per un futuro dove i conflitti, forse fra non troppo tempo, saranno intrapresi per la conquista delle poche risorse rimaste sul nostro pianeta, soprattutto dell’acqua, sempre meno disponibile per il fabbisogno della popolazione mondiale crescente in maniera esponenziale. Grazie alla grande diffusione delle immagini postate sui social, si sta creando una campagna di sensibilizzazione senza precedenti. Alcune storie sono davvero toccanti, come la scena ripresa con il cellulare, che ci mostra una donna che salva tra le fiamme un piccolo koala, un gesto purtroppo nobile quanto vano, poiché il piccolo Lewis (così era stato ribattezzato il cucciolo) è morto dopo pochi giorni nell’ospedale veterinario dove era stato portato per le cure. Più fortunata, invece, è stata Abigail, il canguro femmina salvata dai volontari che ogni mattino le danno da bere, così come è stata a lieto fine la vicenda documentata da Cath Hill. L’allevatrice ha registrato come i suoi pascoli fossero stati minacciati da una gigantesca lingua di fuoco nella regione di Victoria e di come il suo vecchio cane sia stato eroico nel mettere in salvo le pecore, dopo averle condotte al sicuro in un angolo della fattoria , nonostante fosse stremato dallo sforzo e impaurito dall’avvicinarsi del fuoco. Lungo la strada che conduce a Batlow, una delle città più disastrate dagli incendi, sono stesi i corpi di migliaia di animali: le automobili sono quasi costrette a compiere una sorta di slalom per aggirare le carcasse abbandonate e proseguire il percorso. La Native Wildlife Rescue, l’organizzazione ambientalista che da anni difende il territorio, sta compiendo centinaia di salvataggi disperati, barcamenandosi fra mille pericoli tra le varie specie di animali agonizzanti. Ed, all’opposto, si assiste quasi ad una lotta per la sopravvivenza, quando si arriva alla drammatica decisione di dover scegliere di abbattere numerosi animali per preservare la vita umana, come è successo nel già evidenziato episodio dell’uccisione dei cammelli selvatici. Si è parlato anche di scelte sbagliate da parte del governo australiano. In realtà, quello che sta avvenendo in Australia è l’ennesimo disastro ambientale provocato, in gran parte, dal comportamento scellerato del genere umano, la specie più pericolosa per la sopravvivenza del pianeta Terra.
VIENI A CONOSCERE LA NOSTRA ORGANIZZAZIONE - Clicca sui loghi qui sotto -
SE TI E' PIACIUTO L'ARTICOLO CONDIVIDILO SUL TUO SOCIAL PREFERITO
QUALCHE PICCOLO CONSIGLIO DI LETTURA