L'arazzo di Bayeux: un documento storico attendibile
L’arazzo di Bayeux è uno dei più importanti capolavori artistici d’oltralpe, conosciuto anche con il nome di “arazzo della Regina Matilde” ed ancora prima indicato con il suggestivo appellativo di “Telle du Conquest”. In realtà, contrariamente a quanto creduto dalla cultura di massa, non si tratta di un vero e proprio arazzo, ma di un tessuto ricamato, la cui realizzazione ha un’origine alquanto controversa e misteriosa, non essendo certo se sia stato compiuto in Normandia o in Inghilterra. Per quanto riguarda l’epoca storica, gli studiosi sono concordi nel ritenere che l’opera d’arte sia venuta alla luce nella seconda metà dell’XI secolo, descrivendo eventi apicali in merito alla conquista normanna dell’Inghilterra, che ebbe come momento culminante la battaglia di Hastings avvenuta nel 1066. Per l’altissimo valore documentale e storico relativo alle notizie fornite sulla Normandia e l’Inghilterra dell’XI secolo, l’arazzo di Bayeux nel 2007 è stato registrato dall’UNESCO nel “Registro della Memoria del mondo”. Dal punto di vista strutturale, l’opera risulta costituita da nove “pezze”, raggiungendo una lunghezza complessiva di 68,30 metri. Le singole pezze di lino hanno una lunghezza che parte dai 2,43 metri fino ai 13,90 metri, per una larghezza simmetricamente costante di 50 centimetri. Il ricamo fu realizzato con filo di lana, in ben nove tinte diverse naturali. Fino agli ultimi anni del XVIII secolo, l’arazzo era custodito nella cattedrale di Bayeux, mentre attualmente può essere ammirato dai numerosi visitatori nel “Centre Guillaume-le-Conquerant” della stessa cittadina, situata nel dipartimento del Calvados nella regione storica della Normandia.
Lo scenario grafico dell’arazzo è imponente ed impressionante, considerando che le varie azioni sono rappresentate in sequenza con l’apparizione di 126 personaggi (alcuni critici hanno voluto vedere nella straordinaria opera alcuni spunti tecnici antesignani dei moderni fumetti). Come era consuetudine nell’epoca medioevale, ogni scena risulta arricchita da una sintetica didascalia in lingua latina e si sostiene che la parte finale sia andata perduta, dove probabilmente era disegnata la trionfante incoronazione di Guglielmo. I distinti personaggi sono 126, ma alcuni ripetuti più volte, per cui, contando con precisione chirurgica, si ottiene un totale di 626 persone, a cui si aggiungono 202 cavalli e muli; 505 animali di altro genere, 49 alberi e 37 edifici. E’ necessario sottolineare come la conta non sia affatto semplice e molti esperti giurano che risulta differente ogni volta che si ricomincia l’attività di numerazione. Come abbiamo già accennato, ogni singolo elemento contribuisce affinchè l’arazzo si imponga come inestimabile testimonianza storica del periodo convulso ed oscuro di riferimento. Vi sono informazioni così importanti che sono servite agli storici per poter completare importanti ricostruzioni sugli usi e sui costumi dell’epoca. Ad esempio alcune immagini ci consentono di concludere che le imbarcazioni vichinghe fossero sospinte da un tipo particolare di vele, oppure che le armi adoperate dalle due parti in conflitto fossero ugualmente di fattura scandinava. E per la prima volta nella storia, almeno per quanto sia stato accertato, appare l’uso delle “insegne” messe in campo dai due schieramenti contendenti, allo scopo di poter distinguere chi fossero gli amici e chi i nemici.
Secondo la maggior parte degli studiosi, le prime notizie riferite all’arazzo di Bayeux risalirebbero ai primi anni del dodicesimo secolo, quando il cronista Balderico di Bourgueil dedicò ad Adele di Normandia, figlia prediletta di Guglielmo il Conquistatore, un poemetto nel quale decantava un arazzo, intessuto in seta, oro ed argento che era stato composto per celebrare le gesta dei Normanni. Alcuni critici hanno osservato come i materiali e le misure indicate nel poema non corrispondessero esattamente all’opera di cui ci stiamo occupando, mettendo in discussione finanche la reale esistenza della bella principessa. Tuttavia, si ritiene che il cantore abbia tratto spunto, per la redazione del suo poema, in maniera diretta od indiretta, proprio dall’arazzo di Bayeux. Se, invece, vogliamo fare riferimento a dati storici più attendibili, dobbiamo compiere un salto di quasi quattro secoli, arrivando al 1476, quando nell’inventario dei beni conservati nella cattedrale di Bayeux compare anche l’arazzo, addirittura con l’importante annotazione che era esposto lungo il perimetro della navata dello stesso edificio religioso, per alcuni giorni ad ogni stagione estiva. Di seguito l’arazzo scampò ad alcuni devastanti saccheggi, come quello degli Ugonotti del 1562. La fama internazionale dell’opera iniziò a diffondersi alla fine del Seicento, quando alcuni eruditi, come Antoine Lancelot cominciarono a comprenderne l’importantissimo valore storico. Come accadde per altri preziosi manufatti medioevali, l’arazzo rischiò di essere distrutto dalla furia della Rivoluzione Francese, venendo adoperato come telone di copertura degli approvvigionamenti. Lo scempio fu evitato grazie all’intervento di un funzionario di polizia e poi affidato alla Commissione Nazionale per le Arti, conservato in un deposito nazionale, per evitare le incomprensibili e dilaganti manifestazione del periodo del Terrore. Napoleone volle, poi, l’arazzo a Parigi per scopi propagandistici e lo fece esporre nel Museo intitolato a sè stesso, appunto chiamato “Musée Napolèon”. Preparandosi ad attaccare l’Inghilterra, un particolare dell’arazzo attrasse l’ambizioso condottiero, ciòè l’apparizione di un corpo celeste sulla città di Dover, molto simile alla cometa apparsa nel 1066, l’anno della famosa battaglia di Hastings. La coincidenza, tuttavia, non portò fortuna all’imperatore francese. L’opera d’arte tornò a Bayeux nel 1804 e nel corso dell’intero diciannovesimo secolo la sua fama crebbe notevolmente a livello internazionale, stimolando anche importanti emulazioni, come quella della ricca possidente inglese Elisabeth Wardie che finanziò la creazione di un copia delle stesse dimensioni, attualmente conservata nel Regno Unito presso il museo di Reading.
Le origini dell’arazzo, come anticipato in apertura, sono del tutto incerte, anche se si tende ad attribuirne la committenza all’arcivescovo Oddone di Bayeux che, in realtà, risulta il personaggio più importante nella raffigurazione dell’opera dopo Guglielmo il conquistatore. Vi è da notare che solo pochi dei numerosi personaggi presenti sull’arazzo hanno un nome preciso: Harold Godwinson, Edoardo il Confessore, Guglielmo, Oddone e l’enigmatica Elfgyva, a cui si aggiungono nomi sconosciuti alle altre fonti medioevali, come Wadard, Vital e Turold. Secondo alcuni studiosi, l’arcivescovo Oddone, non menzionato da altre fonti come uno dei principali attori della battaglia di Hastings, avrebbe commissionato l’arazzo per rendere eroica la propria figura e destinarlo ad adornare un lussuoso palazzo che possedeva a Roma, ma che poi, per motivi di opportunità, avrebbe deciso di lasciarlo a Bayeux. Oddone avrebbe affidato la fattura dell’opera ad alcuni artisti che vi avrebbero lavorato a Canterbury, presso l’abbazia di Sant’Agostino negli anni ‘/0 ed 80 dell’undicesimo secolo. Secondo altri storici, l’arazzo sarebbe stato commissionato dall’imperatrice Matilde e, seguendo quest’ultimo filone, la sua realizzazione dovrebbe essere inquadrata negli ultimi anni dell’undicesimo secolo.
Come abbiamo già detto, in linea generale l’arazzo racconta l’invasione dell’Inghilterra da parte di Guglielmo e, secondo gli esperti, pur mostrando un certo intento celebrativo nei confronti dei Normanni, gli autori si mantengono su posizioni abbastanza neutrali. Sembra quasi che gli ideatori di tale complessa opera d’arte abbiano avuto l’obiettivo di stimolare una convivenza pacifica tra Normanni ed Anglosassoni, sottolineando le qualità positive anche di alcuni personaggi sconfitti come Harold o il re Edoardo il confessore. L’arazzo si può leggere nell’ottica della necessità di avviare un’integrazione del regno anglo-normanno, in un periodo successivo all’entusiasmo della vittoria per i vincitori e al trauma dell’invasione per i vinti. Nell’intreccio raffigurato trapela una sfiducia nei confronti del mondo aristocratico ed un forte sentimento di “pietas” senza distinzione nei confronti dei caduti nel conflitto, a prescindere dallo schieramento di appartenenza.
Quando abbiamo parlato di Napoleone, si è fatto riferimento alla coincidenza notata dall’imperatore francese in merito al corpo celeste raffigurato sull’arazzo e quello apparso nella sua epoca. Nell’anno 1066, infatti, nei cieli inglesi apparve una grande scia luminosa di color bianco-azzurrino. Questo evento, ricollegato dai posteri alla cometa di Halley, sarebbe stato ricordato come una triste premonizione. In quei tempi, non contaminati dall’inquinamento atmosferico e luminoso dei nostri giorni, la visibilità della cometa fu chiara ed intensamente limpida. E’ giusto osservare che tutti i principali fenomeni naturali osservati nell’età antica ed in quella medioevale hanno inciso in maniera profonda sull’ideologia umana, ispirando riflessioni mistiche e visioni religiose. Dal punto di vista simbolico, l’arazzo è ricco di segni mutuati dalla mitologia norrena, come lo stendardo del corvo sacro ad Odino che impugna uno dei cavalieri di Guglielmo il conquistatore. In particolare, i popoli scandinavi credevano che i due corvi, chiamati Huginn e Muninn portassero al loro padrone Odino notizie provenienti dal mondo degli umani. I due volatili, infatti, avevano il compito di osservare tutto ciò che avveniva sulla Terra, rappresentando anche un importante legame con la dimensione sciamanica, potendo viaggiare tra i diversi regni di Ygdrasil ed incarnando le stesse straordinarie capacità che si riconoscevano al padre degli dèi Odino di poter uscire dal corpo e di intraprendere viaggi spirituali.
Osservare, ammirare e studiare l’arazzo di Bayeux è dunque una straordinaria esperienza di viaggio nel tempo. Quando ho avuto il piacere di visitare la pittoresca regione della Normandia, non ho potuto fare a meno di organizzare un’escursione nella ridente cittadina di Bayeux, allo scopo soprattutto di guardare da vicino il famoso e prezioso tessuto. Non posso negare che l’intera raffigurazione suscita una forte emozione, come se quasi magicamente quell’arazzo pulsasse di vita propria e tutti gli elementi disegnati rimanessero impressi fra le trame del tessuto solo per una sorta di incantesimo. Considerare l’arazzo come un inestimabile documento storico non è affatto un azzardo, come sostenuto da qualcuno, alla luce non solo della ricchezza delle informazioni che presenta, ma anche della loro pregevole precisione. In particolare mi sono fermato davanti alla porzione di arazzo dove è evidenziata l’incoronazione di Aroldo che presenta la grande spada, simbolo del suo particolare “status. A sinistra vi è l’aristocrazia militare, alla destra del re è posto l’arcivescovo di Canterbury con i paramenti sacri, a rappresentare il clero, mentre cinque personaggi sono collocati all’esterno del palazzo a ricordare il resto della società. In un’unica immagine, a similitudine di una fotografia, sembra che gli artisti abbiano eseguito la disposizione del committente di dare un volto significativo alle tre componenti fondamentali della struttura sociale medioevale. Possiamo concludere, affermando che nel caso dell’arazzo di Bayeux, l’arte si mette al servizio della storia, donando ai posteri un vero e proprio “documento” di uno dei periodi più misteriosi per lo sviluppo della civiltà umana.
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