La struttura del cosmo buddhista
Articolo di Americo Marconi
Il monte Meru è identificato in una montagna geografica che appare come un castello roccioso con due cime principali la Nord di 6400 metri e la Sud di 6660 metri, collegate da una lunga cresta. Si trova in territorio indiano a ovest del ghiacciaio del Gangotri, a nord-ovest del Sumeru Parbat e a sud-ovest del monte Kailāsa che si trova in Tibet. In tibetano sono chiamati rispettivamente Ri-rab, il Meru, e Gangs Ti-se, il Kailash.
L’Abhidharmakośa (il Tesoro dell’Abhidharma) scritta da Vasubandhu intorno al V sec. d.C., è un’importante dissertazione sull’Abhidarma della scuola filosofica Vaibhāsika dei Sarvāstivādin. Scuola dell’Hīnayāna che poneva alla base della sua riflessione la coesistenza temporale del passato, presente e futuro, oltre a sostenere l’esistenza di tutti i fenomeni (dharma) tanto da potersi definire panrealista. L’Abhidharmakośa è divisa in nove capitoli, il terzo capitolo è dedicato al mondo (loka). In esso l’universo è diviso in tre sfere di esistenza (tridhātu).
Il livello inferiore è chiamato Kāmadhātu, mondo del desiderio, in cui vi è la superficie terrestre, piatta e circolare, con al centro il monte Meru o Sumeru , mitica montagna assiale di forma piramidale a base quadrata: il versante est è formato da cristallo purissimo, quello sud da lapislazzuli blu, quello ovest da rubino, quello nord da smeraldo. La cima penetra nel cielo e intorno ad essa ruotano il sole e la luna.
La terra è circondata de sette catene montuose d’oro, partendo dal Sumeru l’una alta la metà dell’altra, separate da sette laghi di acqua pura. L’oceano esterno di acqua salata bagna le quattro isole o continenti (dvīpa) affiancati da otto subcontinenti.
A est è collocato il continente Pūrvavideha, affiancato da due isole più piccole, il suo colore è bianco a forma di mezzaluna. I suoi abitanti sono molto alti e vivono a lungo, pacifici e vegetariani, caratterizzati dal volto a mezzaluna. L’attributo principale è la montagna Vidhea fatta di gioielli.
A sud si trova Jambūdvīpa, sempre affiancato da due continenti più piccoli, è di colore blu e di forma trapezoidale. È il nostro mondo in cui nascono i Buddha e il Dharma. Il suo attributo è il piccolo bosco di alberi jambū che esaudiscono tutti i desideri.
A ovest c’è il continente Aparagodaniya, sempre con due continenti più piccoli, di colore rosso rubino e forma circolare. Gli abitanti sono quattro volte più alti di noi, col viso rotondo, conducono una vita pastorale. L’attributo è la mandria di giovenche, ognuna delle quali esaudisce ogni desiderio.
A nord è presente Uttarakuru, che significa dalla voce sgradevole, con i suoi due continenti più piccoli. Di colore verde e forma quadrata, abitato da giganti dal volto quadrato che vivono mille anni nella più completa abbondanza senza dover desiderare nulla. Una settimana prima di morire però odono una terribile voce che preannuncia la morte, in quei setti giorni la loro sofferenza sarà ben più grande di quella dell’intera vita di un uomo.
Oltre i continenti il grande oceano si estende fino alle montagne di ferro che circondano l’universo. Tutto l’insieme dell’universo poggia su una base d’oro.
Al di sotto della superficie terrestre, posti sotto al Meru, si trovano gli inferni: otto livelli di inferni caldi circondati da quattro livelli di inferni periferici e otto inferni freddi con altrettanti inferni periferici. Sono abitati dai preta, fantasmi tormentati da fame, sete, stanchezza, allucinazioni spaventose e governati da Yama, la morte.
In ascesa le prime tre balze del Meru sono abitate dai nāga, divinità acquatiche custodi di tesori, e da varie categorie di semidei; la quarta balza è abitata dai quattro re custodi delle direzioni (caturmahārāja) chiamati pure quattro guardiani dell’universo (lokapāla).
Sulla cima del Meru vi è un paradiso terreste chiamato Trāyastrimśa (trentatré), dimora di trentatré divinità con il palazzo di Indra.
Al di sopra della cima i primi quattro cieli che sono le ultime quattro dimore degli dèi del desiderio (kāmaloka). Tutti i cieli, man mano che si sale di livello, sono sempre più vasti e sono da intendersi come palazzi divini (vimāna).
Il secondo livello è chiamato Rūpadhātu, da rūpa che significa forma, o mondo delle forme, e comprende 17 cieli suddivisi in cinque gruppi, ove dimorano gli dèi della sfera della forma pura (rūphaloka).
Il terzo livello è chiamato Arūpadhātu, del mondo senza forma, ed è posto ancora più in alto con i quattro cieli più elevati ove vivono gli dèi senza forma (arūphaloka) l’ultimo dei quali rappresenta l’esistenza suprema, regno dove non c’è percezione né appercezione. Questa è la pura dimora dove è possibile conseguire l’Illuminazione, è qui che i Buddha raggiungono il risveglio ed emanano i corpi formali attraverso i quali si manifestano agli esseri umani.
La possibilità di rinascita nei vari regni dipende dagli stati mentali nei quali si è vissuti: se un essere umano è vissuto nel desiderio e nell’ignoranza, rinascerà in regni inferiori o addirittura animali ed infernali; se ha praticato la meditazione, a secondo del livello di profondità meditativa o grado (Dhyāna), potrà rinascere in forma più pura a livelli sempre più alti.
Brano tratto dal libro “La Montagna Infinita” di Americo Marconi
https://www.riflessioni.it/testi/americo-marconi-montagna-infinita.htm
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