L’improvvisa esplosione del gotico non può corrispondere solo a nuovi concetti artistici, deve implicare anche la conoscenza di dottrine iniziatiche – La misteriosa struttura della cattedrale di Chartres ci guida verso piani superiori di esistenza.
Per la maggior parte delle persone il mistero non consiste che nell’inconsueto. Chi potrebbe meravigliarsi di ciò che vede ogni giorno? La cattedrale di Chartres, una delle più celebri dell’Occidente in uno dei luoghi più rinomati di Francia, non è per i visitatori che un monumento gotico. Eppure quanti misteri!
Tanto più difficili da chiarire in quanto tra gli uomini di quei tempi e noi c’è stata una rottura che ha disperso tutta una forma di civiltà su cui gli uomini del secolo ventesimo hanno solo opinioni scolasticamente prefabbricate.
La stessa arte gotica è un enigma al quale non è mai stata data soddisfacente risposta. Il gotico è sempre sfuggito ai tentativi di fissarne l’origine. Si presenta improvvisamente, senza elementi premonitori, verso il 1130, e nel volgere di pochi anni raggiunge il suo apogeo, completo e totale, senza prove né tradizioni. E lo straordinario è che si trovano, improvvisamente, maestri di bottega, artigiani, costruttori, in numero sufficiente per intraprendere, in meno di cent’anni, la costruzione di più di ottanta immensi monumenti.
Contro il nostro attuale concetto estetico di «arte», coloro che edificarono Chartres non pensavano certamente ad animare con uno slancio verticale il paesaggio orizzontale della Beauce. Non avrebbero iniziato a costruire una cattedrale se non l’avessero giudicata «utile». E non è sicuramente per un motivo casuale, anche se artistico, che la chiesa è situata proprio là dove si trova, se ha un’orientazione inconsueta per le chiese cattoliche: la forma della sua ogiva, la sua larghezza, la sua lunghezza. la sua altezza non sono il risultato delle riflessioni di un esteta.
In altre parole, i rapporti dimensionali della cattedrale non sono stati scelti per «renderla graziosa», ma perché sono il risultato di una necessità, diremmo oggettiva, alla quale i costruttori non potevano sottrarsi. E così le famose vetrate che mai si è potuto analizzare e riprodurre, e che, inondate di luce, presentano straordinarie proprietà; tutto è stato predisposto sino al minimo particolare, sino al labirinto, una specie di cammino scritto sul pavimento. attualmente invaso di sedie; sino alla lastra bianca rettangolare, che ogni anno al solstizio d’estate (21 giugno), nell’ora di mezzogiorno locale, è illuminata da un raggio del sole di Saint-Jean-d’Eté, che penetra da uno spazio praticato nella vetrata detta di Saint’Apollinaire, la prima del muro ovest di questo transetto.
E tutto ciò è stato realizzato da uomini che sapevano quel che facevano. Possedevano certo una scienza molto più grande se ad esempio Notre-Dame, che ha settecento anni, ha subìto, con le offese del tempo, almeno un gravissimo incendio e, tuttavia, tranne qualche piccolo intervento, non ha mai avido bisogno di essere consolidata, puntellata, restaurata. In realtà sappiamo molto poco di questi straordinari architetti che la progettarono, dei costruttori che la edificarono; ci si chiede se questa penuria di notizie e di dati non sia stata voluta fin dall’origine, come per sottrarli ad ogni inchiesta. Tralasciamo la spiegazione semplicistica della Fede, che solleva, forse, le montagne. E questi uomini indubbiamente avevano fede, ma ci vuole altro per equilibrare la più larga volta gotica conosciuta (e anche una delle più alte): è necessario possedere vere conoscenze
scienti fiche. Donde proveniva questa scienza? Ci rappresentano sempre il Medio Evo come un’epoca oscurantista. Come conciliare tutto ciò? Cluny si spiega con i suoi monaci saggi… Ma non Chartres, Amiens, o Sens, o Reims, che nulla hanno di monacale, che sono templi costruiti per il popolo da laici, cioè da persone appartenenti a questo popolo «ignorante». Solo nella Francia del nord, al tempo in cui si costruiva Chartres, vi erano circa venti cattedrali in costruzione, della stessa importanza. E poi quante chiese minori! Tutte erette a mano, e la Francia allora non contava più di quindici milioni di abitanti.
Né i monaci di Cluny né quelli di Citeaux hanno costruito Chartres. Perché questa chiesa magnifica, immensa, fu costruita in quel borgo che era Chartres? Chartres sarebbe forse un luogo privilegiato? La cattedrale di Chartres è eretta su un poggio dalla storia misteriosa, che nell’epoca cristiana fu uno dei luoghi di pellegrinaggio più frequentati e conosciuti di Francia; ma ancor prima i Galli vi si recavano in folla e, ancor prima, tutto il popolo celtico vi giungeva d’oltre Reno. I pellegrini dell’era cristiana ripercorrevano un cammino che generazioni e generazioni, prima di loro, avevano già compiuto, generando un fenomeno probabilmente addirittura anteriore agli stessi Celti.
Che cosa vi cercavano? Che cosa li spingeva a prendere bordone e pellegrina? Una penitenza? Questo è un atto specificamente cristiano, e il pellegrinaggio avveniva ancor molto prima. Un tempo. come oggi, non si compiva un pellegrinaggio senza la speranza di ricevere in cambio un qualche beneficio, un’influenza benefica. Si affronta un pellegrinaggio come si inizia una cura. Ma il pellegrinaggio è fatto eminentemente religioso; è dunque un beneficio religioso che si va cercando. Si cerca lo «Spirito». Luoghi in cui l’uomo si può impregnare di spirito, dove si sviluppa in lui il senso del Divino. Per gli antichi si otteneva ciò sia per dono innato, sia per ascesi, ammaliamento ritmico o somatico; ma si è sempre assegnata con particolare attenzione questa azione «formativa» ai luoghi di pellegrinaggio. Più sensibili di noi all’azione e alle virtù delle forze naturali, gli antichi conoscevano questi luoghi molto meglio di noi, tanto che siamo costretti, per ritrovarli, a ricercare i segni che vi furono lasciati: megaliti, dolmen o templi.
Questo spirito è designato con svariati nomi: Wouivre è il suo antico nome gallico. Per similitudine, gli antichi chiamavano Wouivre le correnti che oggi chiameremmo «cosmiche» o, almeno, «magnetiche». Le rappresentavano mediante serpenti alati e, a volte, mediante uccelli: le sirene. I luoghi dove correnti telluriche e correnti aeree, a causa della loro natura, si ricongiungevano, davano origine a dragoni, draghi, alle Melusine. Ce n’erano di buone e di cattive. I luoghi dove queste correnti buone erano particolarmente attive si contrassegnavano con pietre che in qualche modo le condensavano. A volte queste pietre si ergevano alte per raccogliere così le correnti celesti; noi ora le chiamiamo menhir.
Ma non si equivochi, si trattava di pietre utilitarie, funzionali. Così accadeva per i dolmen. Il dolmen è pietra di religione. E situato in un luogo dove la corrente tellurica ha un’influenza spirituale sull’uomo; è situato in un luogo dove «soffia lo spirito». Fra tutti i luoghi sacri, contrassegnati da dolmen o templi, ve n’era uno, più considerato di tutti gli altri, situato nel paese dei Cumuli. E Chartres non è la civitas de Carnutiis. È Carnut-Is: «il luogo sacro dei Carnati». Precisamente, non vi è all’origine la città, ma solo il luogo sacro da cui pare che verso il III secolo il paese abbia preso il nome per estensione.
Nei suoi Commentarti de bello gallico, Giulio Cesare disse che i Druidi avevano un luogo di riunione in un punto della foresta carnuta. Ed ecco tinello che dice Suchet, storico della cattedrale: «Se si considera la sua posizione (quella della cattedrale) essa è posta nel punto più alto della città, su un
luogo sul quale c’era, un tempo, secondo i nostri antichi annuali, il bosco sacro nel quale i Druidi si riunivano per fare i loro sacrifici e devozioni». «Là», dice Bulteau, altro storico, «si trovavano il santuario per eccellenza dei Druidi e il seggio del loro tribunale sovrano».
L’analisi della posizione di Chartres, nel complesso del territorio francese, rivela un altro particolare interessante: esiste in quella che in altri tempi fu la Gallia belga, nelle antiche province di Champagne, Piccardia, Ile-de-France e Neustria, un certo numero di cattedrali che hanno per nome Nôtre-Dame (XII e XIII secolo). Ora, queste chiese ci permettono di tracciare sul terreno. quasi con perfetta corrispondenza, la costellazione della Vergine tale e quale si vede nel cielo.
Origini del gotico
Per ciò che concerne Chartres abbiamo tutti i dati dei problema. Qui nasce il Divino, e il poggio di Chartres non doveva essere contaminato, e per questo fra tutte le cattedrali di Francia Chartres è la sola in cui non sia stato sepolto un re, un cardinale o un vescovo. Il poggio doveva restare vergine. L’iniziazione non è un grado di conoscenza, ma uno stato. Essere iniziati significa essere introdotti, essere integrati nel gioco delle forze naturali, comprenderle, impregnarsene; significa essere collegati a queste forze, dunque essere religiosi.
La dislocazione di alcune cattedrali francesi richiama la disposizione delle stelle nella costellazione della Vergine (dal latino religare legare insieme). In breve significa essere penetrati dallo Spirito. A Chartres, e in qualche altro luogo, una qualità particolare della terra permette all’uomo di ottenere questa integrazione, questa iniziazione. Si può supporre con molte probabilità che il pellegrinaggio di Chartres sia stato al principio il fenomeno di un’élite che veniva a cercare la consacrazione finale, quella della «nuova nascita». Più tardi vennero le folle, ma senza dubbio, per molto tempo, ebbero libero accesso solo al simulacro, e non al passaggio delle tre nascite nella navata coperta.
Perché, contrariamente alla generalità delle antiche chiese cristiane, la cattedrale di Chartres non ha l’abside rivolto verso Est ma verso Nord-Est di 47° secondo le coordinate fornite dall’Istituto Geografico Francese? La Terra ruota da Ovest verso Est. La Terra, come il Sole e gli altri corpi celesti, è immersa in quello che gli alchimisti chiamano Spiritus Mundi il quale è animato di moto relativo contrario, un movimento cioè che va da Est verso Ovest. Così doveva stare il sacerdote all’altare, rivolto verso oriente. Ecco perché le chiese sono sempre state «orientate», nel senso letterale del termine.
Perché allora Chartres è rivolta non verso Est ma verso Nord-Est? Non vi è una spiegazione: è il senso della corrente tellurica. Si viene a Chartres per chiedere qualche cosa alla Terra. è nella corrente terrestre che bisogna bagnarsi; a questa corrente bisogna presentarsi di fronte.
Chartres è un monumento gotico. Il gotico appare contemporaneamente, come d’incanto, in tutto l’occidente cristiano; e sempre nelle abbazie benedettine o cistercensi. Cistercensi, soprattutto. E ancora: il gotico appare dopo la prima crociata e, più precisamente, dopo il ritorno nel 1128 dei nove primi Cavalieri del Tempio. Ciò presuppone che ci fu una precisa volontà di diffondere questo sistema di costruzione e questo implica che i promotori, religiosi, s’aspettavano dalla volta a crociera, che è l’elemento composito caratterizzante l’arte gotica, una valida azione religiosa. È dunque tutto il mistero del gotico a forgiarne la sua stessa storia.
Verso la fine dell’XI secolo, senza dubbio dopo i Persiani, Cluny, sembra, scopri l’ogiva e le sue proprietà. L’azione fisica e fisiologica dell’ogiva sull’uomo è, in effetti, straordinaria. Che questo sia dovuto al mimetismo, all’azione delle linee di forza o ad altre cause, poco importa; resta il fatto che l’ogiva agisce sull’uomo. L’uomo sotto l’ogiva si raddrizza, si mette in piedi.
Anche storicamente è molto importante: al tempo dell’ogiva risale la comune, la presa di coscienza individuale dell’uomo emancipato dalla «razza dei signori». Essa è in effetti costruita sulla tradizionale rappresentazione dell’uomo con la stella a cinque punte (figura in questa pagina).
Questa inclusione dell’uomo nella volta è solo simbolica? Anche in questo caso, il simbolo rimane senza azione diretta sull’uomo stesso? Da questa ogiva, gli «inventori» del gotico trarranno risultati ancora maggiori, incrociandola. Significava ritrovare là il grande segreto della pietra musicale, della pietra sotto tensione, perduto dacché non si seppe più trasportare le enormi tavole dei dolmen. L’ogiva a crociera è architettata sul principio della trasformazione delle spinte laterali in spinta verticale. Nel gotico, costruito su una dinamica di pressione, le forze sono dirette dal busso verso l’alto; la volta gotica tende ad innalzarsi. Ma perché il termine «gotico»? Tre proposte
etimologiche sembrano valide.
1. Una etimologia celtica. Nel dialetto celtico, Ar-Goat è il paese degli alberi, del legno. Il monumento gotico è opera di carpentieri. La volta gotica, tracciata a terra e prefabbricata, si monta su impalcature calibrate. Senza carpentieri, senza legno, niente volta sulle ogive a crociera; è un’arte goatica.
2. Un’etimologia greca. Dal greco goezia, magia; Goes, stregone; goétis. sortilegio. È un’arte di raggiro. Di coinvolgimento. Da una geometria terrestre a una geometria cosmica… L’idea di un’azione magica. È un’arte goetica.
3. Un’etimologia cabalistica. Si fa derivare l’arte gotica da l’argotico (dalla nave Argo), primitivamente lingua segreta cabalistica, alchemica. La cattedrale è un athanor di trasmutazione umana.
Come spesso accade, i tre significati si intrecciano.
La scienza gotica fu insegnata ai costruttori religiosi dai monaci di Citeaux, questi «missionari del gotico», come li chiamava Pierre du Colombier. La storia racconta che nel 1118 nove cavalieri francesi, guidati da Hugues de Payns, devoti, religiosi e in timore di Dio, si presentarono al re di Gerusalemme Baldovino II, dichiarando che avevano progettato di riunirsi in comunità e di proteggere con missione di polizia le strade percorse dai pellegrinaggi. Il re Baldovino II accettò la loro offerta e la storia narra che in seguito, dall’area che essi occupavano, sul luogo dell’antico Tempio di Salomone. fu dato loro il nome di Cavalieri del Tempio, o Templari. Fra i cavalieri figurava anche André de Montbard, lo zio di San Bernardo, abate di Clairvaux.
Nel 1128 Hugues de Payns ritorna in Francia. A partire da questa data, e per circa centocinquant’anni, si viene manifestando quello che è stato chiamato il miracolo della fioritura gotica. Il gotico appare in un sol colpo, completo, totale e in tutto l’Occidente. «Si stenta a credere». scrive Régine Pernoud, «che una tale espansione in una volta così rigorosa e rapida abbia potuto essere dovuta all’attrattiva di una nuova formula decorativa». Il fatto è che non si tratta di una nuova formula decorativa ma di uno strumento iniziatico di civilizzazione. Qualcuno ha risvegliato la «bella addormentata nel bosco» e tutti i suoi servitori si sono svegliati nello stesso
tempo. E lavorano con nuovi procedimenti su dati nuovi, culturalmente, commercialmente e artisticamente. Vi è qualcosa di meglio e di più, nel gotico, che nuove soluzioni tecniche. Vi è insita la costruzione di Templi che sono vestiboli del Regno di Dio, e questa richiede una scienza più alta di quella dei calcoli di forze e di resistenze. È necessaria una conoscenza delle leggi dei Numeri, una delle leggi della materia, una delle leggi dello spirito e, per agire sugli uomini, una conoscenza delle leggi fisiologiche e psichiche.
Qualcuno ha rivelato questa scienza. Bisogna che i Cavalieri del Tempio abbiano portato in Occidente uno straordinario documento iniziatico.
Tre lastre, dice la tradizione, ressero il Graal. Che cosa era dunque il Graal? Nella tradizione cristiana è un vaso che servì al tempo dell’Ultima Cena e fu poi utilizzato da Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il sangue del Crocefisso. Ciò che cercano i Cavalieri della Tavola Rotonda è questo vaso, custodito, come racconta la leggenda, nel Castello Avventuroso del Re Pescatore (è in corso l’Era dei Pesci). La leggenda cristiana del Graal è un adattamento di una leggenda celtica ben anteriore. E il termine stesso è un vocabolo celtico.
Probabilmente il termine deriva dalla radice «Car» o «Gar», che ha il significato di «pietra». Il Gar-Al o Gar-El potrebbe essere sia il vaso che contiene la pietra, o il vaso di pietra (GarAl), sia la Pietra di Dio (Gar El). Le due etimologie d’altra parte sono molto vicine. È indubitabile che il simbolo è alchemico. La leggenda del sacro vaso si ritrova in altri luoghi e in altri tempi. Sotto qualsiasi nome esso indica con costanza un vaso il cui contenuto si divinizza; è penetrato dalla Divinità; in seguito a ciò è trasmutato.
L’alchimia, è noto, è l’arte — e la scienza — di raccogliere, fissare e concentrare la corrente vitale che bagna i mondi ed è responsabile di ogni vita. La concentrazione che riescono a ottenere gli Adepti, e che fissano su un sostegno, è ciò che si chiama Pietra Filosofale. Questa pietra permette all’Adepto di agire su tutte le cose, segnatamente — ed è qui la prova della pietra — cambiando in argento o in oro i vili metalli. Questa corrente vitale —lo Spiritus Mundi degli Alchimisti, lo Spirito del Mondo —agisce senza ostacoli su ogni cosa, compreso l’uomo.
Ammettiamo che in certi luoghi, per una «concentrazione» della corrente vitale, questa azione evolutiva sia accelerata; e tanto più accelerata quanto l’uomo sia posto in una condizione più ricettiva», e si ottenga come risultato, cercato nei pellegrinaggi, una forma di «mutazione».
Tre lastre e i loro simboli
Ammettiamo poi che il «modo» con cui l’uomo è posto in questa condizione ricettiva possa agire sul senso della sua «mutazione». Ed ecco facilmente spiegato il simbolo delle tre lastre, anche se quasi schematicamente. Quando l’uomo, in qualche modo, diventa il «vaso», il «Graal», e il suo contenuto, gli sono offerte tre vie di accesso alla «mutazione», che sono rappresentate e condizionate dalle tre lastre: la lastra rotonda, la lastra quadrata e la lastra rettangolare. In modo meno allegorico: l’Intuizione, l’Intelligenza e la Mistica. Si tratta di tre manifestazioni evidenti della personalità umana. Quali rapporti esistono tra queste tre facoltà e le lastre, rotonda, quadrata e rettangolare?
La lastra rotonda si è palesata molto presto nella storia dell’Umanità. I Cromlechs, i Ronds-de-Fées sono lastre rotonde. La si ritrova nella rappresentazione della croce celtica che è circondata da un cerchio. Sempre situata su sbocchi di correnti telluriche, essa appare come una pista di danze rituali che si ballavano in girotondo e che erano un mezzo d’accordo con i ritmi naturali. Il girotondo, iniziato nei limiti del cerchio più lontano dal centro, doveva avvicinarsi a poco a poco al centro, man mano che i ritmi penetravano l’uomo e lo liberavano da un’ingombrante personalità. Il danzatore doveva in delirio sacro risalire i cicli naturali sino alla loro origine, dove con uno stato alterato della coscienza poteva mettersi in contatto con questa origine. Ancora: l’uomo che gira. evade dallo spazio. Ma evadere dallo spazio significa evadere dal tempo. Penso ai doni profetici delle druidesse che si manifestavano in una specie di delirio, durante la danza; penso a David che danza davanti all’Arca e che profetizza; penso ai dervisci danzatori. I girotondi nella cattedrale di Chartres erano consuetudine nel tempo pasquale, e guidati dal vescovo stesso. Alcuni hanno creduto di vedervi una rappresentazione del movimento degli astri. E una spiegazione ben intellettuale per un’attività tutta fisica! Si trattava più semplicemente della ricerca di una condizione che avvicinasse allo stato medianico e che permettesse un’incorporazione nei ritmi naturali. La lastra rotonda era rappresentata, davanti al Tempio di Salomone, dal Mare d’Airain che conteneva dell’acqua, le cui proporzioni definite erano in rapporto con i pesi della Terra, secondo l’abate Moreaux. I Templari — e non solo loro —hanno fatto della lastra rotonda il centro delle loro chiese. E in questo centro che essi ponevano l’altare.
Per dare una spiegazione alla lastra quadrata, è necessaria maggiore acutezza. Essa deve permettere il passaggio dalle conoscenze istintive alla coscienza; è una lastra di iniziazione intellettuale. Più frequentemente è rappresentata sotto forma di scacchiera; è così la primitiva tessera, diventata gioco di bambini, che all’origine era lastra di abaco, tavola di lavoro, tavola di Numeri. E ancora la tavola di Pitagora. Il simbolo più chiaro di questa tavola è la scacchiera che solo la Dama e il Cavaliere possono percorrere in tutti i sensi, montando la cavalla, la «cabala», la conoscenza. Si ricordi che il gioco degli scacchi utilizza il cerchio nel quadrato, mentre Torri e Alfieri sono ridotti a rimanere nelle loro verticali o diagonali.
L’indicazione è preziosa. Non si passeggia nei Numeri per la sola virtù del cervello più di quanto non si faccia musica addizionando delle note. E necessaria un’iniziazione, almeno istintiva, alle leggi dell’armonia, alle leggi naturali. E una tavola-trappola nel cui percorso l’intelletto, abbandonato a se stesso, si illude sulle proprie creazioni e si trova «intrappolato» nelle sue illusioni come l’Alfiere o la Torre nelle loro linee. Realizzare la quadratura del cerchio significa trasformare l’iniziazione istintiva in iniziazione cosciente, ragionata, attiva.
Bisogna «montare la cavalla», cioè la cabala. La tavola quadrata non è una tavola di vita ma una tavola di organizzazione. La ritroviamo nel Santo dei Santi del Tempio di Gerusalemme; e, forse, è la base delle costruzioni templari, perché l’Ordine utilizzava molto il piano quadrato nelle sue commende o fortezze; unito, d’altra parte, spesso a una chiesa a pianta rotonda.
La tavola rettangolare è una tavola mistica; una tavola di rivelazione. Essa non ha né spiegazione né avvicinamento intellettuale possibili. Essa è la tavola dell’Ultima Cena, la Tavola del Sacrificio.
Non è affatto strano che esse si presentino nella pianta della cattedrale di Chartres nell’ordine in cui le abbiamo analizzate a partire dal portale reale, quello che custodisce re e regine che non hanno più nome. La loro nascita corrisponde proprio alle tre nascite realizzate nella navata coperta. Certo la cattedrale non è più interamente quella di una volta: il vandalismo clericale, il vandalismo anticlericale sono passati pure là.
L’altare maggiore ha lasciato il luogo sacro, dapprima per il santuario, poi per l’incrocio dei transetti. Ha abbandonato la tavola mistica, la tavola della Cena per la tavola quadrata: il prete volge le spalle agli influssi della Terra e del Cielo. Non è più una salita al Golgota ma una discesa in toboga. Si è addobbata la chiesa di altoparlanti; il discorso sostituisce il Verbo; e la tavola rotonda è riempita di sedie per favorire il sonno dei benpensanti. Non bisogna affatto stupirsene: l’Era volge alla fine, e la sua forma religiosa con lei. Secondo la carta del Cielo dell’Istituto Geografico Nazionale, l’equinozio di primavera avrà termine nella costellazione dei Pesci — che contrassegna l’Era cristiana — verso l’anno 2010: fra trentatré anni! Non c’è dunque motivo di scandalizzarsi. Malgrado tutto questo, il vecchio «athanor» non ha perso tutto il suo potere.
La cattedrale di Chartres è citata da tutte le guide come un modello di realizzazione estetica. Ma è ben altra cosa. È uno strumento di azione religiosa, uno strumento diretto, che possiede per se stesso un potere sugli uomini; è uno strumento di passaggio da un mondo a un altro, sottile proiezione di un’armonia celeste che anima la materia. Seguiamo il cammino dell’uomo nella cattedrale come era ai tempi della sua spogliazione primitiva. Vi sono tre entrate nel portale occidentale di Chartres, ma una sola via; in effetti le porte laterali non sfociano nelle navate laterali come nella maggior parte delle altre grandi chiese. Tutte e tre sfociano nella navata.
A destra è la porta della nascita che presiede Maria, incarnazione cristiana della Madre divina. A sinistra la porta dei Tempi, presieduta dall’ascensione del Cristo su una nuvola sostenuta da due angeli. Al centro vi è la porta della fede mistica — almeno la giudicherei così — tra quella del lavoro della natura e quella del lavoro dello spirito. Nel timpano si trova lo stupendo Cristo benedicente tra i quattro simboli evangelici alati. Egli domina i dodici apostoli disposti a tre a tre ed è circondato nelle curvature da dodici angeli e dai ventiquattro vecchi dell’Apocalisse. E tra questi vecchi che si trova l’Adepto che porta i matra, segnalato da Fulcanelli nel Mistero delle Cattedrali. Ancora qui ritroviamo le tre vie sormontate dall’ogiva.
Per entrare nella chiesa gotica, l’uomo non si china, si raddrizza perché Dio lo ha voluto dritto. Egli entra. Ed eccolo improvvisamente dimentico del proprio peso, alleggerito dalla potenza evocatrice mimetica di queste pietre; è ritto, cammina verso l’altare risalendo il corso della corrente tellurica, l’ineffabile dono della Terra Madre, di Nôtre-Dame. Ed eccolo davanti alla tavola rotonda, davanti al Labirinto.
Il nome di Labirinto è stato dato a questi disegni sulle lastre a causa, senza dubbio, di una certa complicazione delle loro vie.
Ma il labirinto di Chartres (non più di quelli di Amiens o, un tempo, di Reims) non è, propriamente parlando, un labirinto, nel senso che è impossibile smarrirsi perché non esiste che un «cammino». ed esso conduce al centro. E tutti i labirinti conosciuti delle varie Nôtre-Dame hanno questo stesso
cammino. Questo è dunque fissato. Ciò implica che si desidera essenzialmente che le persone che entrano nel «dedalo» seguano un certo tracciato; che percorrano un cammino e non un altro. E non c’è dubbio che questo cammino dovesse essere percorso secondo un rituale. II labirinto è un cammino di danza scritto sul suolo. È un’applicazione ragionata delle virtù del girotondo.
Riflettiamo. Il visitatore è in un luogo che è stato scelto per l’utilizzazione umana di una corrente tellurica che affiora, la quale deve avere estreme analogie con le correnti magnetiche.
Far girare un uomo in un campo, in modo determinato, significa provocare in questo uomo delle azioni determinate. Evidentemente bisognava farlo senza calzature; e non per penitenza ma perché i piedi fossero in contatto diretto con questa pietra, accumulatore delle virtù della corrente. È probabile che questa marcia rituale dovesse essere eseguita soprattutto all’epoca delle grandi pulsazioni della corrente tellurica, che doveva coincidere con il pellegrinaggio. In primavera, certamente, come lo fanno pensare i «girotondi di Pasqua» che guidava il vescovo. L’uomo giunto al centro del labirinto, dopo averlo percorso ritualmente, dopo averlo «danzato», sarà un uomo trasformato e, per quanto ne so, nel senso di un’apertura intuitiva alle leggi e alle armonie naturali: alle leggi e alle armonie che forse egli non comprendere ma che risentirà in se stesso. Uno stato «ricettivo» è già più di quanto non possieda la maggioranza degli uomini.
Dopo aver compiuto il suo «cammino di Gerusalemme» il pellegrino andava verso la tavola quadrata, ora sotto il nuovo altare. La primitiva pavimentazione è, come già detto, scomparsa. Ci si può fare un’idea di quel che fosse la tavola quadrata mediante quella che sussiste ad Amiens all’entrata del coro (figura in questa pagina). Questa tavola quadrata di Amiens ha l’apparenza della proiezione verticale di una piramide.
È in questo luogo, in mezzo all’incrocio dei transetti, che tutti i Numeri della cattedrale diventano evidenti: là dove possono essere compresi dai sensi. Là si affermano tutte le proporzioni.
È pure là dove possono essere «ragionati» — per chi ha la capacità — sotto il fuoco delle tre grandi rose. Il mistero delle «rose» nelle cattedrali gotiche rimane intatto. Bisogna scartare a priori ogni idea di arte per l’arte. È certo che sono state installate per la loro azione. Secondo Fulcanelli queste rose avrebbero una corrispondenza alchemica: «La rosa rappresenta dunque da se stessa», scrive in Les Demeures philosophales, «l’azione del fuoco e la sua durata. E per questo che i decoratori medioevali hanno cercato di tradurre nei loro rosoni movimenti della materia stimolata dal fuoco elementare.
così come possiamo notare sul portale nord della cattedrale di Chartres, nelle rose di Toul…».
I tre piani
Le tre rose di Chartres presentano d’altra parte una particolarità eccezionale: esse sono costituite da pietre incavate per inserirvi le vetrate, e non si tratta, come per le altre cattedrali, di un insieme di pietre adattate. Checché ne sia è solo all’incrocio dei transetti, cioè nella tavola quadrata. che l’influsso simultaneo delle tre rose è percepibile. Nei tempi in cui esisteva ancora la tribuna, la luce delle vetrate alte del coro non arrivava affatto sino là. perché simbolicamente la tavola mistica è chiusa e non si apre che mediante una «porta stretta». E’ in questo luogo della tavola quadrata che stavano i «Cavalieri», cavalcatori della «Cabala», non ammessi ad entrare nella tavola mistica. Là la cattedrale «parlava» al cervello perché è il luogo — e non solo simbolicamente — delle misure e dei paragoni, e forse i disegni della pavimentazione ne costituivano una chiave.
Tre vie confluiscono in questo incrocio dei transetti, e simbolicamente queste corrispondono a tre stati umani. Attraverso la navata che è il primo passaggio «naturale», l’uomo giungeva a questa tavola quadrata, quella della «comprensione», solo dopo aver percorso la tavola rotonda; dopo aver in qualche modo conosciuto una nuova nascita, dopo essersi spogliato dell’egocentrismo umano per integrarsi. come parte attiva, nell’armonia delle forze e delle forme terrestri e cosmiche.
La seconda via è attraverso il transetto Sud-Est, attraverso il portale detto dei Cavalieri. custodito da due cavalieri dai piedi in squadra, riservato simbolicamente a quelli che erano istruiti dalla «Cabala», che «montavano» la Cabala, cioè istruiti nella scienza delle leggi e delle armonie naturali. La terza via è attraverso il transetto Nord-Ovest al quale si accede mediante il portale detto degli «Iniziati». Questo portale ha un legame misterioso con l’alchimia. Nel pannello della porta centrale è Sant’Anna, la madre della Madre. Per gli alchimisti è la matrice da cui tutto è nato e tutto il portale è, con essa, dedicato al cristianesimo esoterico con la sua porta di sinistra consacrata alla Vergine.
Nel portale di destra, consacrato, si dice, «alle figure dell’Antico Testamento che simbolizzano Gesù», il timpano è occupato da Giobbe sul suo letame, che mi sembra sia un rebus. Solo un Adepto avrà la capacità di interpretare tutto questo portale. Le vetrate, le lunghe lancette che si trovano sotto la grande rosa, sono pur sempre parlanti. La vetrata del centro rappresenta ancora Sant’Anna con la Vergine bambina; è probabile che questo portale sia, simbolicamente, riservato ai filosofi studiosi della Grande Opera.
La tavola mistica, inclusa nel coro, era chiusa. Come ora, due vie di accesso davano la possibilità di entrarvi. Una era riservata ai cappellani ed era situata a sinistra del coro vicino al santuario. Davanti a questa porta, parimenti, la pavimentazione è stata cambiata. Questo ingresso era pure contrassegnato da una tavola quadrata. Gli stessi cappellani passavano dunque per una rappresentazione della tavola quadrata. La tavola mistica non ammette gli ignoranti. L’altro ingresso, porta stretta, conduce nell’arcata centrale della tribuna, e si situava alla punta della tavola quadrata, incrocio dei transetti. Attraversarla significava rinunciare al mondo materiale. Significava accedere alla terza nascita che succedeva alla seconda morte. Ogni cerimoniale in questo luogo diventava segreto. Solo più tardi il pubblico fu ammesso ad assistere alla celebrazione rituale.
Durante tutto il suo viaggio, l’uomo che penetrava nella cattedrale era bagnato da effluvi tellurici, sonori, visivi, luminosi, nei quali gli effetti del rito dovevano assumere un’ampiezza e una potenza straordinari, e l’uomo doveva esserne profondamente segnato.
Il castello nella corona di spine
Vi sono in Chartres tre tavole. Vi sono parimenti tre piani. Il primo piano è quello che riguarda la recinzione del luogo. La pianta della cattedrale. E a due dimensioni e facilmente analizzabile. La sua misura — il suo «modulo» — è di 0.82 m.; il secondo piano è quello relativo al volume della sola navata centrale, luogo di viaggio iniziatico, connesso con l’erezione dell’architettura. E il piano dell’armonia realizzato tra le linee geografiche, i suoni musicali e i colori della luce. Esso è legato alla posizione di Chartres sul globo terrestre. È a tre dimensioni e la sua misura è di 0.738 m. Non sono arrivato sino alla conoscenza del terzo piano, ma solo alla convinzione della sua esistenza. Forse non ha neppure una misura. Logicamente deve essere un piano a quattro dimensioni nel quale interviene il tempo. Ma non è facilmente decifrabile, sebbene il maestro di bottega ne abbia certamente lasciato le «chiavi» ben visibili, come ha fatto per gli altri piani. Sono senza dubbio queste le «chiavi» che permettono di aprire le porte di questo regno dell’armonia essenziale della terra e del cosmo in movimento; armonia la cui legge la scienza attuale ricerca invano esaminando degli epifenomeni. E così rimane esclusivamente la scienza degli epifenomeni.
Qui termina l’analisi del Tempio d’Occidente. Forse altri vi troveranno cose più importanti e, se non si perdono nella tavola quadrata dove le speculazioni cerebrali girano a vuoto, potrebbero scoprire il passaggio dei ritmi spaziali ai ritmi temporali, perché chi inscrive lo spazio inscrive il tempo. Chi giungerà a questo punto dovrà trovare la terza misura, la misura segreta, la «vecchia misura» che fu quella pure delle Piramidi e del l’empio di Salomone.
Il libro è aperto, gli uomini sono liberi.
La Bella è addormentata, ma il suo castello giace nella sua corona di spine.
fonte: MAURIZIO GRANDE – UN MISTERO ARCHITETTONICO E CULTURALE
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