La pedagogia montessoriana
La pedagogia montessoriana va collocata fra quegli autori i quali, muovendosi dalle ricerche e dai risultati propri della scienza da loro ipotizzata, si proposero di trarne conclusioni ed applicazioni d’ordine pedagogico. Nel caso della Montessori l’antropologia, la biologia, la neurologia infantile sarebbero appunto le scienze da cui prendere spunto per occuparsi di “pedagogia sperimentale”, ricavando per via induttiva e rigorosamente scientifica i principi e le regole del suo Metodo.
La pedagogia sperimentale si serve di un materiale strutturato con funzione educativa, atto a promuovere l’esercizio e lo sviluppo dei sensi. A tal proposito è bene ricordare come l’educazione sensoriale occupi un posto rilevante nella pedagogia montessoriana, in quanto ha lo scopo di avviare il fanciullo verso le attività intellettive superiori. Il materiale didattico montessoriano non costituisce pertanto un semplice sussidio didattico, ossia un valido aiuto all’insegnante, bensì è strumento di sviluppo vero e proprio del bambino.
Con l’uso di tale materiale infatti l’alunno non ha bisogno di essere istruito e corretto continuamente dall’adulto, in quanto gli stessi materiali strutturati favoriscono l’AUTOEDUCAZIONE e l’AUTOCORREZIONE, limitando così il compito dell’educatore alla semplice direzione dei lavori.
La funzione dell’insegnante non è quindi quella di “insegnare”, ma quella di porre se stessa come anello di congiunzione fra l’alunno e la “Casa dei Bambini” (il nome con cui vengono definite le scuole montessoriane). E’ inoltre punto di unione tra il materiale, causa di stimolazioni continue ed il bambino, vero centro dell’educazione.
Ne deriva l’acquisizione dell’AUTONOMIA (comportamentale), che è fondamentale per lo sviluppo psicofisico del bambino. Si promuove altresì l’INDIPENDENZA del bambino: aiutato a far da sé, viene automaticamente spronato a fare sempre meglio, perché trova soddisfazione già nell’atto stesso di agire. La “lezione” in questo clima si attiene alle regole della concisione, semplicità e obiettività. L’insegnante fa risparmio di parole per porre l’accento su determinate caratteristiche proprie di ciascun materiale strutturato, ideato dalla Montessori. Tale materiale viene presentato all’alunno secondo la “Lezione dei tre tempi”.
PRIMO TEMPO: associazione del nome all’oggetto illustrato dall’insegnante all’allievo; la docente presenta il materiale pronunciandone il nome o la qualità con chiarezza, ad esempio “Questo è grande!”(indicando l’asta blu/rossa del 10, lunga un metro, ovvero dieci decimetri, che potete vedere nella fotografia in sovrimpressione); “Quello è piccolo!”(indicando l’asta della numerazione lunga un decimetro);
SECONDO TEMPO: rafforzamento delle differenze percepite attraverso la ripetitività dell’esercizio; il bambino potrà ripetere l’esercizio per tutte le volte che egli riterrà; in questo tempo l’insegnante chiederà al bambino di darle “grande” o “piccolo” ed il bambino dovrà consegnarle l’asta corrispondente alla richiesta;
TERZO TEMPO: la verifica; l’insegnante chiederà “Cos’è questo?” ed il bambino risponderà adeguatamente oppure se la verifica desse risposta negativa, l’insegnante riproporrà la lezione al Primo tempo.
Il fine primario dell’educazione intellettuale è costituito pertanto dalla formazione di competenze, in quanto, come afferma la Montessori in “L’autoeducazione nelle scuole elementari”: “colui che capisce da sé ha un’impressione improvvisa: sente che la sua coscienza si è sgombrata e qualche cosa di luminosa risplende in essa; il capire allora non è indifferente: è il principio di qualcosa, talvolta è il principio di una vita che si rinnova in noi”.
La pedagogista ritiene inoltre che il mezzo principale che porta all’educazione sia costituito dall’agire secondo uno scopo. Il lavoro, in quanto corrispondente ai bisogni interiori di colui che lo compie, ne ordina la vita e ne regola i rapporti sociali. Ma attenzione: mentre l’uomo adulto agisce per vedere il lavoro ultimato, quindi trae giovamento dal risultato, il bambino si applica perlopiù perché trova realizzazione già durante l’esecuzione dell’attività e non tende quasi mai al fine ultimo; per lui si tratta di lavorare giocando.
Alessandro Marcucci, pedagogista ed educatore italiano, Ispettore centrale per la scuola primaria scriveva un’interessante testimonianza, che metteva in luce il senso formativo del Metodo e coglieva le chiusure mentali del governo fascista. Protagonista della vicenda un alto funzionario della Pubblica Istruzione, inviato presso una Casa dei Bambini per ispezionarla e riportare notizie specifiche sul Metodo. Quel giorno l’insegnante era raffreddata e perciò seguiva il lavoro infantile attraverso una finestra che dava sul cortile, dove i bambini erano intenti alla pulizia delle aiuole e alla cura delle piante nei vasi; ebbene il funzionario si manifestò contrariato per non-aver-potuto verificare di persona l’attuazione pratica del Metodo. “Il fatto che bambini di scuola (dell’infanzia) con spontaneità svolgessero il proprio lavoro, non aveva rivelato nulla del sistema educativo che organizza e disciplina pensiero, sentimento ed azione…”.
Un’altra importante testimonianza giunge dall’Addetto culturale dell’Ambasciata Indiana a Roma, il quale sosteneva nel 1952: “…Era l’epoca in cui l’India lottava per liberarsi dalla dominazione straniera e noi apprezzammo l’opera della nostra amica, la dottoressa Maria Montessori, perché s’ispirava a quei principi di libertà morale e spirituale che ci furono insegnati dal nostro grande capo e maestro spirituale, il Mahtma Gandhi. Quell’ideale di libertà fu chiaramente dimostrata nel campo dell’educazione; ella spiegò chiaramente che la libertà non è incompatibile con la disciplina. Essa e le centinaia di insegnanti che applicavano il suo Metodo in India sapevano suscitare nei bambini profonde reazioni di interesse ed attenzione, tali per cui non erano mai stati creduti possibili dai precedenti psicologi. Anche i bambini “anormali” per la forza del suo Sistema (educativo), acquistarono un equilibrio (psicofisico) interno. La Dottoressa Montessori ha operato una grande rivoluzione in India…” (Madanjeet Singh, Conferenza tenuta alla morte di Maria Montessori presso Sala Besso, in Roma, in occasione della manifestazione in suo onore).
Si può dunque affermare che l’autrice del Metodo sia di idee essenzialmente cognitiviste, in quanto è convinta sostenitrice che l’uomo (in questo caso il Bambino), sia ATTIVO, capace cioè di esplorare da solo, volontariamente, il mondo alla costante ricerca di informazioni da elaborare secondo passaggi interni, soggettivi.
Questo individuo dunque si muove in maniera cosciente tra gli oggetti a lui disponibili (stimoli), al fine di percepirli attraverso i sensi. Percepire infatti significa attribuire un significato ad una data stimolazione, con un concetto di direzione dell’attenzione da focalizzare e di selezione dei dati raccolti. Il tutto crea un arricchimento interiore del Bambino, rispondente all’esigenza personale di miglioramento e di sviluppo. In questa maniera l’individuo può agire, modificando con il suo essere, l’ambiente stesso in cui vive, in una interazione ciclica fra individuo ed ambiente, il cui prodotto finale è l’esperienza; e l’insieme di esperienze forma l’individuo, sviluppandone tutte le capacità per il raggiungimento di competenze.
In conclusione: una prospettiva cosmica (aperta al tutto) quale si è effettivamente dimostrata la pedagogia montessoriana, può dischiudersi ad un’umanità migliorata che conduce al superamento di ogni forma di gretto nazionalismo e di conseguenza di basso razzismo, nei confronti di individui con bisogni educativi speciali. Tutto ciò ovviamente ha un alto valore pedagogico e morale di applicazione di fatto dell’Art.3 della Costituzione Italiana.
L’educazione cosmica significa dunque promozione di una coscienza che colga il legame fra natura ed umanità, che scorga il rapporto d’interdipendenza e d’organica connessione che unisce i membri di tutto il genere umano.
Cinzia Vasone
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