Non è facile
ricostruire la cultura, la vita, le pratiche educative, le impostazioni pedagogiche e didattiche nel periodo medioevale, per la presenza di una molteplicità di situazioni e di soggetti sociali e per l’accentuata stratificazione dei modelli educativi in un contesto territoriale molto ampio (come esempio basti pensare al fiorire del Sacro Romano Impero per volere di Carlo Magno).
Lo stesso assetto sociale basato, più che sulla famiglia, sul gruppo, sulla Corte, produsse e sostenne una cultura materiale e formale apparentemente non profonda, ma di fatto molto elaborata nelle tecniche, nei linguaggi, nei simboli, nei metodi di trasmissione.
Occorre evitare l’errore di far coincidere la cultura, l’educazione solo con quanto risulta dalle fonti materiali e scritte (testi e trattati di pedagogia), poiché in società, quasi totalmente analfabete dal punto di vista dell’uso della letto-scrittura, ma colte per tradizione orale, per mezzo di cantori e menestrelli, sono i ruoli sociali e le attività lavorative a contrassegnare la vita delle persone e a scandirne i ritmi evolutivi culturali.
Nel Medio Evo pertanto la conoscenza risulta funzionale ai modelli di vita proposti, quali la vita monastica o quella cavalleresca in alternativa alla vita di Corte o di campagna. Ne deriva la necessità di dare un’organizzazione globale della cultura, utilizzando strumenti che vanno dalla formulazione di regole e di statuti alla definizione di principi e di verità universali.
Una serie di regole precise stabilisce, altresì, i doveri del monaco, le caratteristiche della vita comunitaria, le forme di reclutamento, la formazione spirituale, il controllo del comportamento.
“Alle mense dei fratelli non deve mancare la lettura. Né avvenga che uno qualsiasi, a casaccio, afferri un libro e si metta a legger a refettorio, ma ci sia un lettore stabilito per tutta la settimana, il quale entri nel suo ufficio la domenica!” *
La lettura, la scrittura, la copiatura dei testi non portano quindi ad una vera e propria padronanza culturale, come noi oggi la intendiamo; le stesse biblioteche non sono infatti indice di reale diffusione della cultura, ma luoghi in cui il sapere viene circoscritto e scremato da forme di identità di libero pensiero.
A difesa della cultura propriamente detta, però, circolano altresì epistole che esprimono la preoccupazione di non limitare l’istruzione all’educazione del solo clero: “Possiate raccogliere non soltanto i fanciulli di condizione servile, ma anche i figli degli uomini liberi. E si formino scuole di ragazzi istruiti… E non permettete che i vostri allievi, leggendo o scrivendo, alterino il testo; se fosse necessario scrivere un Vangelo, un Messale, il compito sia affidato a uomini d’età matura, che vi si dedichino con ogni diligenza”. **
Tali esortazioni però danno il senso della cultura del tempo, basata essenzialmente sul senso religioso, come forma di assoluta conoscenza a cui rimandare ogni trattato di stampo esoterico e pedagogico.
Tra l’educazione scolastica e quella cavalleresca non vi è, come sembrerebbe lecito pensare, una sostanziale differenza; entrambi i modelli educativi infatti sono contraddistinti dall’interpretazione del senso cavalleresco che presuppone un ideale a cui votarsi, sia che si conduca vita da eremita, sia che si combatta fieramente sui campi di battaglia. Non a caso si assiste al fiorire di Ordini Cavallereschi anche fra gruppi di dichiarata fede monastica, come quello dei Cavalieri del Tempio, detto i Templari, la cui ragione di vita consiste nel dar voce (all’interno degli adepti), al desiderio di raggiungere le profonde verità di fede, occultate, affinché non cadano in “mani sbagliate”.
Per quanto riguarda gli ordini cavallereschi, la scansione per distinguere i diversi gradi di conoscenza e capacità belliche oltre che tattiche, era contraddistinta per età: al primo livello, quello più basso troviamo il paggio, (sette- quindici anni), poi lo scudiero (fino ai ventuno anni), infine il cavaliere ordinato. Nota non di poco conto: le armature del Cavaliere hanno un costo elevato, cui vanno sommati i costi del seguito che lo accompagna, pertanto l’educazione cavalleresca si connota del riconoscimento di certi ideali, che ne favoriscono l’ascesa di un vero ruolo professionale, le cui materie di studio sono perlopiù padronanza dell’arte militare, destrezza fisica e capacità d’intrattenere rapporti sociali di alleanze strategiche.
A tale modello educativo si contrappone il problema pedagogico postulato da S. Tommaso (XIII sec.), il quale sostiene la tesi secondo cui solo a Dio è possibile riconoscere la funzione di “autentico maestro” e l’educatore è colui che “guida”, perché possiede l’arte della conoscenza. L’allievo pertanto si affida al suo maestro, come un “malato” fa col suo medico.
Gli oggetti, le parole, le idee e soprattutto i simboli costituiscono in tal contesto il supporto affinché si realizzi la condizione della conoscenza, ma non sono essi stessi l’essenza profonda del sapere, che è velato per dettato divino. Anche l’araldica in tal contesto assume significati di gnosi, finalizzata al riconoscimento di persone ed intenti, verso un salvifico ideale religioso, cui attenersi strettamente.
Molto forte è per tutto il Medioevo, il richiamo al senso religioso dell’esistenza, che assume connotati di assunzione di veri e propri dogmi che sono indiscutibili per definizione. Tutto è misurato attraverso la lente della “cristianità”; pertanto o un oggetto, un evento o una persona, passano indenni attraverso tale lente, oppure sono condannati all’oblio, se non alla vera e propria condanna a morte, per “eresia”.
Di fronte al dilagare di pensieri così assolutistici, anche i modelli educativi ne rispecchiavano i fondamenti, in quanto la cultura è madre e figlia del suo tempo. La caccia all’eretico dapprima, piuttosto che quella alle streghe poi, hanno infatti condizionato secoli di buio e di terrore, annientando conoscenze millenarie di medicina, basata sull’uso consapevole di estratti di erbe e di decotti; anche l’alchimia perde il suo valore gnostico, per assumere significati sempre più esoterici e velati, mentre la ricerca della pietra filosofale diventa il pretesto per consentire dissertazioni filosofico-religiose, in salotti secreti, ovvero privati.
Le crociate portarono essenzialmente sangue e distruzione, annientamento di culture ed il proliferare di menti grezze ed ottuse che anteponevano il terrore, la violenza, le persecuzioni e le torture al significato vero del rispetto della cultura e dei corpi, contenenti Anime. Si mirava dunque ad estirpare l’Anima dai malcapitati attraverso flagelli inflitti con crudeltà inaudita e sprezzo di quegli stessi valori di rispetto reciproco, che Gesù con Maddalena sua sposa, avevano insegnato.
L’educazione era finalizzata in tal contesto al diffondersi della cultura della paura; e, come un vero riflesso condizionato ai sospettati d’eresia, prima ancora che fosse “dimostrata” l’accusa, venivano confiscati beni e proprietà e i di loro parenti, costretti anche a fuggire nottetempo, cercavano con ogni mezzo, quali l’abiura ed il disconoscimento della parentela, di evitare, per quanto possibile, destini terribili per se stessi ed i loro congiunti.
Detto ciò è comprensibile pensare come la scelta di “prendere i voti” e dedicarsi a vita monastica, non fosse dettata principalmente da desideri di incontri spirituali, bensì da forme di baratto e di compra/vendita d’indulgenze ecclesiastiche, che servivano altresì a stabilizzare sgabelli traballanti, in nome di alleanze più o meno strategiche.
In tal contesto si comprende appieno il motivo per cui la tradizione orale, fosse preferibile a quella scritta e dunque la cultura era sotterranea, esoterica, velata.
Tutto dunque acquistava il senso del non-senso, affinché il senso di alcune azioni fosse palese a chi possedeva le chiavi per comprendere e l’educazione era il mezzo per portare avanti le proprie convinzioni in un labirinto in cui era facile perdersi…
Da qui alla costruzione di cattedrali meravigliose, il passo è breve.
Mosaici, muri perimetrali, pietre angolari, labirinti e affreschi, pavimenti e architravi, colonne e statue inneggiavano al senso profondo della cultura, senza sovvertire l’ordine del tempo, ma rimarcando i valori della propria cultura che affondava radici in tempi remoti.. oggi come allora, viviamo forme d’intolleranze e di persecuzione, in nome di un delirio che non è cultura , ma propaganda dogmatica. Sta a noi scegliere chi e cosa vogliamo essere.
* Turbessi Regole monastiche antiche
** Bowen Storia dell’educazione occidentale
Cinzia Vasone
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