La Consapevolezza
è spesso citata nel linguaggio odierno, come un giudice che decreta un prima ed un dopo; un pieno ed un vuoto; il rosso ed il nero.
Ma cos’è esattamente la consapevolezza? Come la si può com-prendere se non se ne ha “consapevolezza”, ovvero esperienza diretta cosciente? Etimologicamente parlando significa Cognizione ed indica l’atto di presa di coscienza di qualcosa, implicando dunque un “prima” inconsapevole ed un “dopo” più cosciente e strutturato.
Questa parola denota un fenomeno estremamente intimo, e di fondamentale importanza. Non è un superficiale essere informati, né un semplice sapere. La consapevolezza è una condizione in cui la cognizione di qualcosa si fa interiore, profonda, perfettamente armonizzata col resto della persona, in un tutt’uno coerente che sa di sapere o di saper fare. È quel tipo di sapere che dà forma alla morale, ai comportamenti etici, agli stili di vita e si connota di autodisciplina.
La consapevolezza non si può inculcare: non è un dato o una nozione. Non passa per proprietà transitiva da un soggetto A ad un soggetto C, solo perché anche B la possiede, ma è qualcosa che va conquistato da se stessi, in quanto sapere identitario, davvero capace di elevare una persona al di sopra dell’ignoranza e della piena formazione.
È il caso della consapevolezza del rischio, che non frena ma rende accorti; della consapevolezza delle proprie capacità, che orienta ed entusiasma; della consapevolezza del dolore, che rende compassionevoli e gentili; della consapevolezza di essere amati, che rende invulnerabili.
Diventare consapevoli di quanto accaduto, di come siamo cambiati, di quale futuro ci sta davanti è un passo fondamentale nella direzione giusta. Chi è consapevole non subisce ma può affrontare e rielaborare. Consapevolezze condivise rendono possibile un agire comune. Per chi evita, o non riesce ad affrontare, un percorso di consapevolezza, il terremoto rischia di trasformarsi in un passato che non passa.
Esiste anche la consapevolezza di avere consapevolezza, tra tutte la più difficile da provare perché racchiude in sé tutte le altre; ma, al contempo, è la più facile perché ti pone in condizione di sapere prima di sperimentare, permette di esser coscienti delle proprie possibilità e capacità prima ancora di averle messe in gioco, in quanto frutto di un momento catartico dove tutto ha senso. In questo sentire la consapevolezza è pace, armonia, gioia, equilibrio, empatia.
Socrate disse in un momento di profonda conoscenza di Sé che sapeva di non-sapere, volendo indicare come il Mondo dentro e fuori di noi sia vastissimo e inconoscibile dai sensi.
Nel momento in cui si ha percezione di se stessi e del proprio agire, in un istante di coscienza evoluta, che noi chiamiamo consapevolezza si diventa padroni del proprio Sé infinito e tutto ha senso, perfino ciò che non sappiamo diventa alla nostra portata e l’illuminazione è un attimo che segue questi lunghi attimi di conoscenza interiore.
La consapevolezza è dunque cognizione di causa; è l’effetto che produce la causa, causa di effetto appunto. Non è un gioco di parole ma una legge interiore di consapevolezza di chi sa e tace, ma agisce.
Cinzia Vasone
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