Qualsiasi conoscenza comunicata in segreto e detta a pochi eletti, si dice sia esoterica. Per quale motivo dovrebbe esserci una conoscenza segreta?
Proviamo a dare una risposta partendo dall’antica Babilonia. Fu in Mesopotamia che vennero sviluppate le conoscenze astrologiche e magiche; ed esse erano rivelate solo ai propri figli e al governante della città. Questi insegnamenti solo in rarissime occasioni erano divulgati ad altri che erano al di fuori della cerchia familiare. L’astrologia, le conoscenze magiche, mediche, la cultura in generale, erano comunicate di padre in figlio sotto invocazione del Dio Nabù che, non a caso, era il protettore dei bambini e la divinità scelta dai sacerdoti a simboleggiare la conoscenza.
Nabù era il dio messaggero, quello legato alla scrittura e all’insegnamento, poi divenuto il Mercurio della mitologia Greca quando la cultura babilonese contaminò l’occidente (non va dimenticato, infatti, che il periodo ellenistico sorse durante il declino di Babilonia). Questa tendenza a tramandare le informazioni di padre in figlio dipendeva, probabilmente, dal fatto che solo chi era istruito e appartenente a un certo ceto sociale poteva capire meglio certi concetti. Se il sapere veniva associato al dio Nabù vuol dire che era considerato sacro e perciò doveva essere protetto.
Ma c’è dell’altro. Le conoscenze astronomiche erano assai importanti per i navigatori perché questi potevano andare alla ricerca di terre con cui intrattenere rapporti commerciali. Il che significava favorire il proprio commercio e tutelare la propria ricchezza. Perciò la necessità di avere segreti, di tramandare le informazioni attraverso un linguaggio criptico, segreto, esoterico, doveva essere lo stratagemma per garantire la prosperità di certi mercanti e non solo. E lo studio dell’astronomia, in tempi antichi, non era assolutamente disgiunto dalle considerazioni di tipo astrologico.
L’astrologia moderna può intendersi esoterica non solo per via di una particolare branca sviluppatasi soprattutto nel medioevo e attraverso gli scritti di alcuni autori contemporanei, (cosa di cui non sono fautore) ma è esoterica in quanto accessibile solo a una ristretta cerchia di persone: solo quelle predisposte a dedicare la propria vita a tale studio. E per me è esoterica solo in questo senso. Per chi studia come semplice passatempo, a dire il vero è precluso molto di quel che si può apprendere, appunto perché solo l’esperienza e la supervisione di un maestro possono illuminarci su alcuni punti oscuri della materia, altrimenti travisati (come spesso avviene).
Gli schiavi e la gente poco istruita di un tempo non poteva far altro che storpiare questa conoscenza “sacra” esattamente come accade ancora oggi quando una moltitudine di autodidatti cerca di approcciarsi all’astrologia. E poi, non possiamo dar torto a questo assioma: tanto più la conoscenza vien divulgata e tanto più è soggetta a distorsioni. Ne è prova la nascita dell’oroscopo sui 12 segni zodiacali, invenzione nata ai primi del ‘900 a scopo pubblicitario, proprio per diffondere l’astrologia su larga scala. Diffusione equivale a semplificazione, e ciò significa perdita di tutto ciò che richiede approfondimento e riflessione, anche a costo di storpiare un sapere millenario.
De Santillana e Von Dechend nel loro “il mulino di Amleto” hanno spiegato che il mito era il sistema migliore per parlare di qualcosa senza farsi tuttavia scoprire dai non addetti ai lavori. Per esempio il mulino, il gorgo, il pilastro del mondo, non erano altro che la stella polare. La conoscenza esoterica, il segreto da mantenere e da divulgare a pochi eletti era quello del legame tra uomo e natura. Il funzionamento del cosmo insomma. E assieme alla conoscenza astronomica era doveroso conoscere anche molto del significato nascosto nei rapporti geometrici e numerici che si creavano tra i pianeti e i segni zodiacali.
Oggi siamo in grado di svelare un po’ di quegli arcani, ma di esoterico è rimasto ancora molto. Da svelare, decifrare, comprendere e rivelare, c’è ancora un intero iceberg sommerso nelle profondità di questo mare che è la conoscenza. E spesso ci domandiamo se in fin dei conti sia giusto divulgare saperi di straordinaria sapienza a un popolo che mette la propria approvazione agli oroscopi o ai video delle soubrette rifatte.
C’è poi l’altra fetta, direi immensa, di esasperanti tuttologi che senza un reale studio approfondito, si schierano animatamente a favore della loro verità, che purtroppo nasce dalla lettura di mille articoli fake in cui si cerca di persuadere il lettore. “Vi daremo la verità perché siamo svegli!” “Noi siamo contro il sistema e perciò siamo più fighi e intelligenti di voi”.
È bene mettere le cose in chiaro: io non ho alcuna verità. In fin dei conti, essa è magmatica, si rimescola, muta forma a seconda dei punti di vista, a seconda dell’evolvere dei fatti e degli strumenti conoscitivi. Tutto è provvisorio.
E a mio parere lo è anche la conoscenza esoterica. Ciò che sta dietro a considerazioni ermetiche dell’astrologia non è altro che il frutto della filosofia di quei tempi. E col cambiare delle filosofie sono cambiati anche alcuni assiomi di questa mia materia. Qualcuno resiste nel tempo, come per esempio la dottrina dei quattro elementi, cosa che non avrebbe retto se solo la cultura Cinese dei 5 elementi avesse avuto più pregnanza in occidente.
Perciò, quel che sappiamo delle conoscenze ermetiche dell’astrologia non è altro che il frutto delle mode, delle filosofie, della culture, delle contaminazione culturali tra le tradizioni babilonesi, egizie, greche, e poi arabe in ordine di tempo. E questo è ovviamente indipendente dal valore di verità offerto dagli auspici astrologici.
Il che equivale a dire che, a mio parere, non esiste una conoscenza ermetica che sia dimostrazione di una verità universale e immutabile; ma è bensì la straordinaria risposta in migliaia di anni al tentativo di dare un ordine e un significato alle cose. Recuperare quei significati, ovviamente può essere illuminante almeno per comprende l’ingegno umano. Però esiste uno scontro coi fatti che tramite osservazione empirica e aneddotica permette di riconoscere il fondamento pratico dell’astrologia, indipendentemente da come cerchiamo di spiegarlo, indipendentemente dalle dottrine esoteriche utilizzate a supporto teorico dei fatti.
“Anche le più belle teorie possono valere zero se non c’è esperienza; e anche la più grande esperienza non serve a niente se non c’è la conoscenza adatta per poterla interpretare”. Questo significa che le conoscenze astrologiche non possono essere scisse in conoscenze ermetiche/teoriche e conoscenze pratiche.
Sappiamo bene che la teoria permette di leggere i fatti in un determinato modo, permette di compiere un’analisi ermeneutica basata appunto su di un supporto di regole codificate. D’altra parte è anche vero che la pratica può esser utile per il famoso “explanation building” che nel linguaggio dell’epistemologia sarebbe la costruzione della teoria stessa in itinere. Ciò rimanda un po’ al concetto orientale di “vuota la tua coppa”, l’esoterica immagine della liberazione dai vincoli della conoscenza per acquisirne una nuova.
In questo senso la conoscenza è esoterica in quanto non ancora rivelata, o presente solo a livello potenziale nella mente del ricercatore. Come è facilmente intuibile da questi miei discorsi, il mio approccio è rivolto al passato come base di partenza per l’interpretazione dei fatti, ma considerando il fatto che le stesse regole di lettura possono essere riviste attraverso l’esperienza e quindi proiettandosi nel dinamismo della ricerca e nel futuro. Questo fa dell’astrologia non una fede, ma un’arte, una scienza ermeneutica, e come tale può essere in costante evoluzione se solo vogliamo.
Perciò non è solo esoterico quanto è tramandato, ma è esoterico quanto ancora di sconosciuto. Ed è abbastanza complesso e quindi esoterico anche il linguaggio scelto per la stesura di questo articolo, appunto a dimostrazione di quel che intendo per conoscenza che può esser appresa solo dopo un certo percorso conoscitivo.
Tutto questo avrà fatto venire in mente la questione della resilienza, ossia della capacità di tornare alla condizione di equilibrio dopo un evento destabilizzante. Se le conoscenze possono essere modificate e possiamo cambiare ciò che è tradizione, allora di sicuro c’è un momentano squilibriofornito appunto dalla nuova acquisizione. E per squilibrante dobbiamo intendere qualsiasi tipo di evento, fatto, pensiero. La psicologia stessa insegna il dinamismo delle cellule neurali in funzione del processo denominato “neuroplasticità” e che consiste nella costante ridefinizione dei circuiti cerebrali su cui passano le informazioni e che si organizzano in base alla pregnanza dello stimolo, a seconda dell’intensità dell’esperienza e a seconda delle esperienze già acquisite secondo un principio legato alle generalizzazioni. Questo significa che noi, pur essendo sempre la medesima persona possiamo cambiare a seconda di come interpretiamo la realtà.
E se la realtà può essere interpretata allora significa che esistono interpretazioni più valide rispetto ad altre, appunto perché alcune non permettono il salto evolutivo necessario alla crescita e al benessere. Ora, se queste conoscenze alternative divengono precluse ai più, sono a carattere esoterico. E lo continuano a essere anche nel momento in cui vengono rivelate poiché ciò che fa la differenza è “l’Insight”, l’illuminazione generata dall’acquisizione del nuovo punto di vista. Si tratta di un effetto esplosivo perché non si riferisce solo alla comprensione di nuovi concetti, ma al farsi persuasi della loro importanza ed efficacia. Insomma, l’effetto è quello della rivelazione, quello di vedere con occhi diversi e non solo di sapere che esiste un’altra prospettiva. E la rivelazione continua a essere esoterica agli occhi degli altri perché ognuno vive l’illuminazione nel proprio modo specifico che non può essere equiparato a quello di altri: tutti siamo diversi.
L’effetto della rivelazione e quindi dell’illuminazione generato dall’astrologia è vero solo nella misura in cui si ritorna alla concezione babilonese in cui per esservi conoscenza deve esserci un maestro e un discepolo. A dire il vero, le moderne scoperte e ricerche in campo pedagogico spiegano che lo studente non deve essere più considerato come un contenitore vuoto da riempire, cioè da indottrinare, ma deve essere accompagnato per mano a sviluppare le proprie competenze e la propria autonomia. Perciò il maestro dovrà avere lo scopo di saper individuare ciò che esoterico dentro l’allievo stesso, ciò che è nascosto perché ancora inesplorato o solo presente a livello potenziale.
Dunque è esoterica non solo la conoscenza in sé, ma pure l’esperienza intima tra maestro e discepolo. Così la realtà diviene l’insieme delle conoscenze e dei rapporti, costruito sulla base dell’ermeneutica del maestro e l’ermeneutica del discepolo. E ciò significa che la realtà è anche la fusione di due punti di vista. E anche solo comprendere questa cosa, non penso sia a portata di tutti.
Giuseppe Al Rami Galeota
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