La tranquillità della mente, il silenzio, l’autocontrollo e la purezza di cuore, questi sono gli aspetti della concentrazione mentale
Bhagavad Gita, Cap. XVII, vv. 14-15-16
E’ detto nei Purana che, con l’affermarsi del Kali Yuga (Era oscura), l’umanità parlerà tanto del Brahman, ma, poiché sarà assorbita dalla vita sensoriale, non cercherà di comprendere, di armonizzarsi e di essere Quello. Possiamo vedere che molti sono indifferenti o persino contrari alla verità e all’esperienza spirituale. In queste condizioni, come può una persona che non ha in sé le qualità di base indispensabili: aspirazione, zelo ed autocontrollo, e non è in grado di concentrare la sua mente neppure sulla ripetizione di qualsiasi mantra o Nome di Dio, comprendere la Realtà ultima che è più sottile del sottile?
Ecco perché, nella tradizione spirituale di ogni religione, l’attenzione interiore, l’aspirazione, l’autocontrollo e la concentrazione sono basilari nei primi passi della vita spirituale.
Dedicare la propria vita alla concentrazione, o tapas, è l’ideale più alto dell’esistenza umana in ogni credenza sacra. Il termine tapas significa aspirazione e sforzo spirituale. Nulla si ottiene senza lo sforzo di concentrazione. Tutte le scoperte della scienza sono il risultato di tale dedizione – anche se esse appartengono al regno della natura esteriore, l’universo fenomenico. L’intenso tapas assieme ad una sincerità e purezza assolute sono indispensabili per la scoperta della Verità spirituale, la quale deve essere realizzata da ciascuno in modo personale, giacché essa è inerente alla propria reale natura.
Tapas è la concentrazione di tutte le nostre facoltà, ed è considerato come la maggiore di tutte le virtù, in quanto è l’essenza stessa di esse. Tapas rende possibile l’impossibile. Nella Taittiriya Upanishad troviamo che Bhrigu viene indirizzato da suo padre Varuna a cercare Brahman (la Realtà Ultima) per mezzo di tapas, la concentrazione, la quale è Brahman. Vediamo allora Bhrigu, impegnato nella concentrazione, che s’innalza da uno stadio all’altro rigettando il fisico, il corpo vitale, il mentale e l’intelletto fino al conseguimento ultimo della consapevolezza non-duale della Beatitudine Brahmanica. Questo è il significato del mantra Rig vedico, yat sanoh sanum aruhat: «Innalzandoci da uno stadio all’altro, il sentiero diventa sempre più chiaro; allora Indra fa dono della sua grazia ai devoti, rivela la Verità e li porta verso se stesso» (R.V.: I, 10, 2). Ed è anche detto che coloro i quali sono in tal modo indirizzati non devieranno mai dalla Legge Divina – essi agiscono spontaneamente in conformità ad essa, sempre in sintonia con l’universale (I, 69-4). Il Supremo è onnisciente, saggio e silenzioso e così è il devoto per mezzo della Sua Grazia.
Vidya – Luglio-Agosto 1976 – Lo splendore continuo della consapevolezza interiore – Visvanatha Swami – Dal «The Mountain Path» – Aprile 1975 – (Estratto)
tratto da:
http://www.vidya.org/index.php?option=com_content&view=article&id=19:lo-splendore-continuo-della-consapevolezza-interiore&catid=15&Itemid=38
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