Chi Sei?
Appena entrata in quest’avventura che è lo scrivere per IlSapere.org, mi è stato chiesto di dare una breve descrizione di ciò che sono. E da qui sono sorti mille quesiti, la voglia e l’ispirazione per scrivere questo primo articolo.
Esordisco con una domanda che racchiude il tutto: Chi Sei?
Analizziamo innanzitutto, secondo la grammatica italiana, le componenti di questa frase interrogativa: Chi- pronome interrogativo; Sei- voce del verbo essere, seconda persona singolare, tempo presente. Soffermiamoci su quest’ultimo; il verbo “essere” viene usato principalmente in tre modi:
- Esistenza: per esprimere il fatto che una certa cosa esiste;
- Identità: per esprimere l’identità di qualcuno;
- Predicazione: per esprimere una proprietà di un certo oggetto.
“Esistenza” significa etimologicamente stare da, perché deriva dal composto latino ēx + sistentia, che vuol dire avere l’essere da un altro, esterno a sé. L’esistenza infatti non ha l’essere in proprio, ma esiste solo in quanto è subordinata ad un essere superiore. Può avere diversi significati; allora cosa vuol dire per il senso comune che un oggetto fisico “esiste”? Si potrebbe tentare di darne una definizione, ponendola al posto dei puntini all’interno della frase: “Un oggetto esiste se e solo se…”, ma si ritiene, in generale, che la questione non possa essere posta in questi termini, e che semplicemente l’esistenza non possa essere definita.
Il senso comune dispone tuttavia di un significato intuitivo: un oggetto fisico esiste se ricade all’interno del complesso spazio-temporale con il quale l’umanità è sempre a diretto contatto, in un certo momento. È allora possibile dare la seguente definizione: “Un oggetto fisico O esiste se, e solo se, O è, nel momento attuale, collocato spazialmente all’interno dell’universo con il quale siamo in contatto”. Questa è la definizione che deriva dal senso comune dell’esistenza. Un altro modo di considerare e verificare l’esistenza è di considerarla in base alla sua effettualità, cioè alla sua capacità di produrre effetti su qualcos’altro.
Quanto sopra riportato è una generalizzazione che, se consente di comprendere i principali usi del vocabolo, non rende conto della varietà dei significati e delle implicazioni che il concetto di Essere ha avuto nel corso della storia dell’umanità.
Sin dall’antichità l’uomo si è posto domande quali “Chi sono?”; “Da dove vengo?”; “Perché sono qui?”, e ha tentato continuamente di dare risposte a tali interrogativi attraverso la filosofia, le varie religioni e la fisica contemporanea.
Il filosofo che per primo mette a tema esplicitamente il concetto di Essere è Parmenide che nota come l’essere sia unico e non possano esserci due esseri perché se uno è l’essere, e l’altro non è il primo, allora è non-essere; afferma perciò che il divenire, il mondo e la vita sono tutte illusioni. C’è un solo essere, statico, uno, eterno, indivisibile, ossia uguale a sé stesso nello spazio e nel tempo perché diversamente, differenziandosi, sarebbe il non-essere. Per Parmenide l’Essere è una dimensione assoluta; poiché l’essere coincide col pensiero, quest’ultimo non è in grado di oggettivarlo, perché per farlo dovrebbe uscirne fuori: ma ciò è impossibile, perché al di fuori dell’Essere non c’è nulla. Per cui Parmenide non dice cosa è l’Essere; egli ce lo consegna senza un predicato: l’Essere è, e basta.
L’ipotesi coincide suggestivamente con la teoria della relatività di Albert Einstein che nel 1900 dirà: «se prendessimo un binocolo e lo puntassimo nello spazio, vedremmo una linea curva chiusa all’infinito» in tutte le direzioni dello spazio, ovvero complessivamente una sfera. Per lo scienziato infatti l’universo è sferico sebbene finito, fatto di uno spazio ripiegato su sé stesso; una sfera non chiusa, perché fuori dell’essere e dello spazio infinito non può esservi nulla, ma tendente a chiudersi all’infinito.
Successivamente Platone concepisce l’Essere non più staticamente contrapposto al non-essere, ma ipotizza una loro parziale convivenza. L’Essere, secondo Platone, è strutturato in forma gerarchica: a un massimo di Essere corrisponde un massimo di valore morale, rappresentato dall’idea del Bene. A mano a mano che ci si allontana dal Bene, però, si giunge a contatto col non-essere.
L’uomo, secondo Platone, si trova a metà strada tra Essere e non-essere. Per spiegare la situazione paradossale in cui si trova l’uomo, egli introduce una differenza tra essere ed esistere. Mentre l’Essere è qualcosa di assoluto che è in sé e per sé, l’esistenza non ha l’essere in proprio: l’essere le viene “donato”. Così l’uomo non sussiste autonomamente, ma esiste in quanto ha ricevuto l’essere da qualcos’altro. Utilizzando una metafora, Platone concepisce l’esistenza come un ponte sospeso tra essere e non-essere.
Aristotele concepisce l’essere come evoluzione dalla potenza all’atto. Da un lato vi è l’Essere eterno e immutabile, identificato con la vera realtà, che basta a sé stesso in quanto perfettamente realizzato; dall’altro però vi è l’essere in potenza, che è soltanto la possibilità di un ente di realizzare se stesso, ovvero il suo essere in atto, la sua essenza. Anche il non-essere quindi in qualche modo è, almeno in potenza. E il divenire consiste propriamente in questo perenne passaggio verso l’essere in atto.
Con Plotino la concezione platonico-aristotelica viene ricompresa in una visione più ampia: per lui infatti al vertice di tutto non c’è l’Essere statico, ma l’Uno, che è superiore rispetto alla stessa dimensione ontologica. Dall’Uno discende l’Intelletto, in cui risiede propriamente l’Essere parmenideo, e infine l’Anima.
Nella scienza, il discorso dell’Essere viene trattato soprattutto nel XX secolo dalla scoperta delle particelle elementari subnucleari e delle forze mediatrici delle interazioni subatomiche. Il Novecento si è aperto con la scoperta da parte di Max Planck dei “quanti” di energia e con la successiva definizione della meccanica quantistica a partire dagli anni venti del XX secolo, che si occupa dello studio dell’infinitamente piccolo e delle proprietà microscopiche della materia.
Di quest’ultima si è giunti a rivoluzionarne totalmente il concetto, scoprendo che la materia non è affatto qualcosa di fisso, scontato, e rigidamente meccanico come pensavano i democritei e gli empiristi dell’età moderna, ma è al contrario una funzione dell’energia, il risultato macroscopico di fenomeni non meccanici e immateriali. Ne risulta che i corpi non sono fatti di materia inerte, bensì di luce, di energia.
A ogni modo rimane aperto il dibattito se l’Essere si riduca alla realtà fisicamente parcellizzata degli atomi, oppure sia da concepire come la totalità dell’Universo secondo una visione olistica. Una concezione quest’ultima che si avvicina alla filosofia del Tao, per il quale ogni singolo aspetto del cosmo è una parte dell’energia universale.
Dopo aver parlato del concetto di Essere a livello filosofico e scientifico, torniamo alla domanda che affligge gran parte dell’umanità: Chi siamo?. Molti cercano di rispondere, ma le parole e la forma pensiero vengono generate dalla mente; a tal proposito bisognerebbe accennare all’automatismo che accomuna ogni essere umano.
Quanti sono i processi automatici? Digerisci, fai circolare il sangue e la linfa, muovi i muscoli, e poi percepisci, senti, pensi, senza sapere come e perché. Analogamente, sei te stesso senza saperlo. Non c’è nulla di sbagliato in te in quanto te stesso; non devi correggerti, ma solo “mettere a punto” l’idea di te stesso. Bisogna imparare a distanziarsi dall’immagine e dallo specchio, e ci si deve allenare a ripetersi “Non sono la mente, non sono le sue idee”, per poter capire, davvero, chi si è. Se lo fai con pazienza e convinzione, arriverai a vederti veramente come la fonte eterna e universale dell’Essere – Coscienza.
Quindi, alla domanda “Chi Sei?”, non pensare per formule; la risposta non è nelle parole.
L’enunciazione più adatta è: “Io sono ciò che rende possibile la percezione, la vita stessa, oltre lo sperimentare e la sua esperienza”.
Sii e basta. Non c’è da scalare montagne o giacere in caverne. E neppure ti dico “Sii te stesso”, giacché non ti conosci. Limitati ad Essere. Non sei ne il mondo “esterno” dei percepibili, ne quello “interno” dei pensabili, ne il corpo ne la mente.
Ecco ciò che siamo… Un “qualcosa” ancora da scoprire.
Sara
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Valentina Castalia
in realtà questa differenza non esiste nel pensiero antico, viene introdotta nelle concezioni religiose medievali (es Tommaso d’Aquino )