Into the Wild
Nel 2007 uscì al cinema il film Into The Wild, diretto da Sean Penn. Il film è tratto dal libro di Jon Krakauer che narra la storia di Chris McCandless, un giovane statunitense che decide di lasciare tutto, girovagare per due anni come un vagabondo e giungere infine in Alaska, dove troverà la morte per un errore di valutazione rispetto al cibo di cui nutrirsi durante l’inverno.
Il film è diventato ben presto un cult grazie alla splendida interpretazione di Emile Hirsch e alla superba colonna sonora, che include molte canzoni di Eddie Vedder. Sicuramente il successo del film è da ascriversi anche a citazioni di grande effetto sulle menti giovanili, come: “« se vuoi qualcosa nella vita, allunga la mano e prendila… », agli scenari fantastici in cui è ambientata la storia, ma anche all’idea di avventura, coraggio e anticonformismo che il film porta avanti.
Negli Stati Uniti il tema della natra incontaminata è piuttosto diffuso già dai tempi della fondazione del Nuovo Stato, grazie al contributo di pensatori quali Henry David Thoreau e John Muir, padre dell’ambientalismo moderno.
La sensibilità europea rispetto alla natura è piuttosto differente: da millenni il rapporto uomo-natura è più stretto e “addomesticato”, incentrato più che sulla natura selvaggia sull’idea di giardino, o paesaggio.
La natura in Europa è da sempre profondamente connessa all’operato umano.
Le valutazioni su questo fatto sono molteplici. Il successo del film anche in Europa lascia però intuire che spesso l’idea di natura incontaminata viene intesa come l’unica vera idea di natura.
La natura modificata dall’uomo, al pari degli animali domestici, parrebbe avere perso la sua forza primeva.
Ma è davvero così?
Esiste davvero qualcosa di originario, puro, incontaminato? Dove è possibile trovare la differenza tra natura e cultura, tra natura e uomo?
Se la natura evolve, fin dove ci spinge la sua evoluzione? E se l’uomo fa parte della naura, è forse davvero possibile escludere che il suo sviluppo, e dunque ciò che spesso definiamo antinaturale, non faccia parte dell’evoluzione stessa della natura?
La fine del film, che a questo punto rivela in parte la sua natura ideologica, induce un’ulteriore riflessione.
Perché l’isolamento dal consesso umano dovrebbe essere considerato naturale? Il protagonista del film rifiuta ogni relazione umana come se fosse aliena al suo essere.
Eppure in punto di morte sui suoi libri consunti scriverà: “la felicità è tale solo se condivisa”.
Cosa cela tale riflessione? La consapevolezza finale di aver compiuto un grave errore di valutazione rispetto alla natura, a se stesso?
“Nessun uomo è un’Isola,
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del Continente,
una parte della Terra.
Se una Zolla viene portata via dall’onda del Mare,
la Terra ne è diminuita,
come se un Promontorio fosse stato al suo posto,
o una Magione amica o la tua stessa Casa.
Ogni morte d’uomo mi diminusce,
perché io partecipo all’Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la Campana:
Essa suona per te.”
John Donne
Valentina C. (16/09/2017)
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