Alla ricerca delle Impronte lasciate dagli Dei: i misteri s-velati sulle antiche civiltà.
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Consiglio questo libro perchè è di una bellezza intuitiva sfolgorante. Leggendolo si entra in un portale dove la geologia, la mitologia e l’archeoastronomia si connotano di un continuum organico.
Scrive l’autore come prefazione al libro “Impronte degli dei”: “Tutti i segnali provenienti dalle antiche civiltà, suggeriscono che le catastrofi fisiche che nel passato hanno stravolto la configurazione della Terra erano intimamente connesse con il comportamento dell’uomo. Se passiamo la vita a perseguire il benessere e il successo perdiamo l’opportunità di imparare a crescere e a progredire. E per questo pagheremo un prezzo altissimo. Questo è il messaggio fondamentale che ci hanno lasciato le civiltà scomparse”.
Il libro inizia con la presentazione del Documento del comandante Piri Reis (XVI sec), che descrive le coste di una Terra lontana dalle normali rotte indoeuropee, in una mappa consultabile ancora oggi. La carta di Piri Reis fu realizzata a Costantinopoli nell’anno 1513 d.C.; essa è molto importante perchè contiene elementi a suffragio della tesi di una glaciazione recente di parti dell’Antartico, in seguito ad un’improvvisa traslazione verso sud della crosta terrestre. Poichè sulla Mappa di Piri Reis le coste sono disegnate come oggi si rinvengono tramite carotaggi ed esami computerizzati, con strumentazioni quindi che perlustrano il terreno sottostante la coltre di ghiaccio, si desume che tale carta (secondo lo stesso Reis copiata da una preesistente in suo possesso), possa essere stata disegnata in un tempo anteriore l’ultima glaciazione, ovvero prima del 4.000 a.C., quando le coste di quella zona erano libere dagli attuali ghiacci. Come è possibile che sia esistita una civiltà capace di rilevare le coste frastagliate dell’Antartico e disegnarle rispettando le corrette proporzioni, ben 4000 anni prima della “nostra era”?
Se aggiungiamo che tutte le civiltà antiche presentano elementi fra loro di forte analogia, sebbene le distanze fisiche fra un continente e l’altro siano ingenti (specie se consideriamo che secondo la storiografia ufficiale, non c’erano mezzi tcnologici che supportassero viaggi così lunghi e impervi come le traversate degli oceani), allora vien da chiedersi come e quando ci furono gli “incontri” fra le civiltà del passato. Hancock offre al lettore quegli elementi dimostrandone la connessione profonda a livello ancestrale.
Questo libro si legge davvero tutto in un fiato perchè ogni pagina richiama tutte le altre. Lo consiglio vivamente. Per me è stato come aprire un “portale” inseguendo il mio desiderio di conoscenza: dall’incoscienza alla consapevolezza; dalla semplice curiosità, allo studio mirato sulle antiche civiltà… un amore che cresce ad ogni rilettura del libro. La prima volta che lo lessi oltre una decina di anni fa, ne rimasi affascinata, tanto che da allora mi capita di rileggerlo di tanto in tanto, interamente o a sezioni.
Impronte degli Dei.
Chi erano gli dei? Quando sono vissuti? Come e perchè s’insediarono fra gli antichi popoli insegnando loro la/le Conoscenza/e? Che nesso c’è a livello architettonico-culturale fra le antiche civiltà? Quale legame riscontriamo fra le piramidi dell’America, quelle d’Egitto e tutte le altre che man mano emergono dall’oblio del tempo?
Questo libro non dà risposte certe, ma risponde certamente ai quesiti con delle riflessioni, con degli spunti, che sono i risultati delle ricerche di Graham Hancock nel suo lungo viaggiare alla ricerca delle “impronte” lasciate “dagli dei”, in tutti i più famosi siti archeologici del mondo. Essi rappresenterebbero in Terra, ciò che era visibile in Cielo nel 10500 a. C, ovvero dando a noi la chiave della datazione in cui gli antichi costruttori assemblarono insieme “pietre” formando quegli splendidi templi, patrimonio dell’Umanità. Gli Antichi vollero fissare l’attenzione su quel particolare Tempo, segno inequivocabile di una svolta epocale di tale portata da volerne imprimere la memoria, ponendo l’accento sulle costellazioni, come riferimento “fisso” per dare a noi, posteri, un modo per orientarci. In particolare sono richiamate la “Costellazione di Orione” per le piramidi, e la “Costellazione del Drago” per Angkor Wat in Cambogia.
In “Impronte degli dei” Hancock mette sapientemente in evidenza tutte le sincronicità, che sembrano portare ad una matrice comune, in un linguaggio semplice che incalza il lettore a proseguire nella lettura, rendendo quest’ultimo partecipe delle “Ricerche” narrate.
Il Libro è davvero interessante e di facile lettura sebbene affronti tematiche di archeoastronomia. Il lettore giunge all’ultima pagina comprendendo chiaramente come esistano “tracce”, “piste antiche” che ci riportano ad un tempo remoto in cui gli antichi abitanti di questo pianeta vollero tramandare messaggi, utilizzando la pietra come elemento perpetuo, meno soggetto a cambiamenti climatici ed all’erosione, che non semplici abitazioni di legno e manufatti di terracotta.
Esistono dunque delle “Impronte” lasciate dai nostri progenitori. Sta a noi ricalcare quelle orme per s-velare i misteri che ancora oggi ci richiamano all’antico sapere dei popoli andati.
Cinzia Vasone (22/01/2016)
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