Quando si parla di cyberbullismo, si intende una tipologia di attacco continuato, ripetuto, offensivo e sistematico nei confronti di qualcuno, utilizzando gli strumenti della rete. E’ stato il docente canadese Bill Belsey a coniare il termine e di seguito, partendo dai sistemi giuridici anglosassoni, è stata operata la distinzione tra cyberbullying vero e proprio, che può intercorrere tra soggetti minorenni ed il cyberharassment (cybermolestia)che, invece, avviene tra adulti oppure tra un adulto ed un minore. Il termine generale, comunque, è usato indifferentemente per entrambe le fattispecie. I comportamenti antisociali che ne conseguono possono costituire violazioni del codice civile, del codice penale o della normativa in materia di privacy.
La cronaca attuale ci dice che, purtroppo, ben il 35% degli episodi di bullismo attualmente si verifica nelle chat dei siti internet e dei molteplici social network. Le manifestazioni possono essere di varia natura: si può far girare foto spiacevoli o compromettenti, inviare comunicazioni contenenti materiale offensivo o anche minacce di tanti tipi che possono arrecare un non lieve danno psicologico ai destinatari. Studi statistici recenti hanno rivelato che in Gran Bretagna, di media più di un ragazzo su 4, avente l’età compresa tra gli 11 e i 19 anni, ha subito minacce via e-mail o messaggi, mentre in Italia, secondo l’indagine sulla Condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, quasi un quarto dei ragazzi ha trovato false informazioni riguardanti sé stessi e divulgate sui siti internet.
I sociologi hanno cercato di tracciare le differenze che esistono tra il bullismo praticato nella vita reale ed il cyberbullismo. In primo luogo, è stato giustamente evidenziato che il cyberbullismo, a causa della sua diffusione per “strade virtuali”, appare più complesso da individuare e di conseguenza è molto più difficile trovare i responsabili ed opporre immediato rimedio alle azioni compiute, ad esempio con la cancellazione di informazioni offensive. Inoltre, il molestatore via etere presenta barriere etiche molto indebolite, in quanto non si espone di persona ed ha perfino la possibilità di fingersi un’altra persona, sostituendosi a qualcun altro oppure inventando un’identità del tutto fittizia. Gli psicologi hanno osservato che il bullo virtuale è molte volte una persona introversa e poco combattiva che utilizza internet per trovare il coraggio di compiere azioni o dire cose per lui impossibili da attuare nella vita reale. Un altro elemento di rilevante importanza è la facoltà di poter arrecare danno a qualcuno senza limiti spazio-temporali, superando qualsiasi distanza e dedicandosi alla turpe azione con comodità e nei momenti della giornata più congeniali. Per quanto riguarda il profilo psicologico di coloro che subiscono gli abusi virtuali, come nel bullismo tradizionale, anche nel cyberbullismo è preso di mira soprattutto colui che è considerato “diverso”, o per aspetto estetico, o per comportamento, per orientamento sessuale o politico, abbracciando la più ampia gamma di vili discriminazioni.
I risultati delle persecuzioni virtuali sono spesso nefasti, in quanto possono provocare l’isolamento sociale, con gravi danni psicologici conseguenti, fino a portare in alcuni casi a sindromi depressive e in casi estremi anche ad intenti di suicidio ed all’azione stessa di autolesionismo. I molestatori e, in particolare i molestatori giovani, molto frequentemente non si rendono conto dei danni che provocano nelle loro vittime, esibendosi con disinvoltura in alcuni deprecabili comportamenti. Gli studiosi ne hanno enucleati alcuni: il “flaming” che si realizza con la trasmissione di messaggi violenti e volgari, miranti a provocare confronti tumultuosi nei forum on-line; l'”harrasment” con la spedizione sistematica di messaggi offensivi che vogliono ferire profondamente qualcuno; “la denigrazione”, sparlare con cattiveria e rovinare la reputazione di qualcuno; la “sostituzione di persona”, quando si tende a farsi passare per un’altra persona, per spedire messaggi offensivi o pubblicare testi censurabili; l'”inganno”, quando si ottiene la fiducia di qualcuno per carpirne i dati e divulgarli poi on-line o per altri scopi criminosi; l'”esclusione”, quando si mira ad escludere deliberatamente qualcuno da un gruppo, per provocarne sentimenti di sconforto e di emarginazione; il “cyberstalking”, quando le molestie e le denigrazioni diventano a tal punto minacciose e sistematiche da ingenerare nel destinatario un grave timore per la sua sicurezza o per quella dei suoi cari; il “doxing” che si verifica, quando si diffondono pubblicamente via internet dati personali o sensibili di un soggetto contro o senza il suo consenso.
I dati statistici raccolti negli ultimi anni non risultano particolarmente attendibili, in considerazione della rapidità di cambiamento che caratterizza lo stile di vita degli adolescenti e per l’esponenziale mutamento dei sistemi di comunicazione digitale sempre più globali e sofisticati. I modelli teorici che hanno cercato di spiegare il cyberbullismo sono molteplici e di diverso genere, analizzando in particolare i fenomeni di aggressività a partire dai fattori del disagio e della devianza. Le teorie più importanti si basano sul fatto che la personalità del fanciullo si forma a partire dal rapporto con i genitori, che rappresentano per lui gli agenti di facilitazione dei valori sociali e delle funzioni di controllo. Più specificatamente è la teoria dell’attaccamento, postulata da Bolwby nel 1989 ed adattata prima al dilagare del bullismo e, negli ultimi anni al cyberbullismo, che chiarisce la funzione protettiva della relazione sana con il caregiver ai fini dello sviluppo del fanciullo, oppure, al contrario come un rapporto di conflitto con lo stesso caregiver possa rappresentare un ostacolo nel processo di crescita. Di grande importanza, per capire anche i fenomeni via etere, è stato il contributo di Oliviero Ferraris che, nell’anno 2008, è riuscito a fotografare una sintesi delle cause originarie degli atti persecutori, sottolineando come i comportamenti dei bulli molto spesso si fondano si disagi nati nell’ambito familiare che spingono gli individui ad assumere atteggiamenti vessatori nei confronti dei più deboli, in relazione all’apprendimento pregresso e metabolizzando il vissuto spiacevole con sentimenti di rivalsa. Nel primo caso il soggetto si appropria di un modello comportamentale appreso in famiglia, mentre nel secondo caso tende ad invertire il proprio ruolo, passando da vittima di abusi a vero e proprio persecutore nei confronti degli altri. Tra le definizioni tecniche di “cyberbullismo”, una delle più accreditate è sicuramente quella di Smith che lo definisce come “una atto aggressivo attuato tramite l’ausilio di mezzi di comunicazione elettronici, individuale o di gruppo, ripetitivo e duraturo nel tempo, contro una vittima che non può facilmente difendersi”.
Il principale nemico della lotta al bullismo, in generale, e, pertanto, anche al cyberbullismo, è il silenzio. E’ molto importante che i genitori stabiliscano un costruttivo rapporto di ascolto e di comunicazione con i loro figli sia per prevenire eventuali episodi di emarginazione, sia per combattere gli episodi effettivi di molestia. Il sistema migliore per combattere il cyberbullismo è mettere in atto un’adeguata educazione sentimentale ed emotiva. Uno dei dilemmi più difficili da risolvere, anche per i genitori, è quello se sia opportuno controllare la navigazione on-line dei ragazzi. E’ d’obbligo premettere che i genitori hanno il dovere di controllare le azioni dei figli minori, un obbligo che oltre ad essere di carattere etico, assume veri e propri connotati giuridici. Ciò nonostante è sempre meglio stabilire delle regole e non risultare troppo invadenti ed invasivi, minacciando la fiducia reciproca e l’autostima dell’adolescente. Le prevenzioni più efficaci sono quelle che tendono a limitare il tempo che il minore passa on-line, offrendogli altri stimoli ed incoraggiandolo ad altre attività che possano impiegare meglio le sue energie. Al giorno d’oggi, a seguito del proliferare di segnalazioni di abusi, è sensibilmente aumentata la presenza su internet di associazioni che si occupano di cyberbullismo, a cui è possibile rivolgersi in casi difficoltosi o per dirimere dubbi e perplessità.
A parte i rimedi civilistici e penalistici già adeguabili ad alcune fattispecie di comportamenti, nel giugno 2017 è stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale la legge 29 maggio 2017 n. 71, recante “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. L’obiettivo della legge è quello di contrastare i comportamenti di cyberbullismo in tutte le loro manifestazioni, con azioni di carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, assicurando interventi senza distinzione di età, soprattutto con l’ausilio delle istituzioni scolastiche. Grande rilevanza è stata attribuita alla richiesta motivata di oscuramento del web contenente elementi offensivi: la vittima di cyberbullismo, che abbia compiuto almeno 14 anni, i genitori o gli esercenti le responsabilità sul minore, possono inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore, diffuso nella rete internet. Se il titolare del sito non dovesse provvedere entro 48 ore, l’interessato può rivolgersi al Garante della Privacy che interviene direttamente entro le successive 48 ore. Il provvedimento legislativo ha inteso, inoltre, responsabilizzare il ruolo della scuola nella lotta contro il cyberbullismo. In ogni istituto tra i professori dovrà essere individuato un referente per le iniziative contro il bullismo ed il cyberbullismo. Al preside sarà affidato il compito di assistere in maniera immediata la famiglie dei minori coinvolti in atti di bullismo e di cyberbullismo, convocando, se sia necessario, tutti gli interessati per adottare misure di assistenza per la vittima, nonché sanzioni ed eventuali percorsi rieducativi per i persecutori. In linea generale, poi, il MIUR ha l’obbligo di predisporre linee di orientamento di prevenzione e di contrasto, mirando soprattutto alla formazione del personale docente e degli allievi. Infine, si segnala che è stata estesa al cyberbullismo la procedura di ammonimento da parte del questore prevista in materia di stalking (art. 612-bis c.p.). Quando si tratti di condotte di ingiuria, di diffamazione, di minaccia e di trattamento illecito di dati personali, commessi mediante internet, da minori con più di 14 anni nei confronti di altro minorenne, il questore convoca il minore, insieme ad un genitore o altra persona esercente la potestà genitoriale. Gli effetti dell’ammonimento, tuttavia, cessano col compimento della maggiore età e sono applicabili fino a quando non sia proposta querela o non sia presentata denuncia. In ambito politico e di alta amministrazione, si segnala che la Presidenza del Consiglio ha istituito un tavolo tecnico con il compito di stilare un efficace piano d’azione per contrastare e prevenire i tristi episodi di bullismo e di cyberbullismo, con lo scopo anche di realizzare una vera e propria banca dati che possa consentirne il monitoraggio.
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