Il Serpente di Sant’Ambrogio
Per carpirne i segreti e i significati più reconditi dobbiamo risalire alla notte dei tempi.
Il serpente primordiale è un rettile che si trova attorcigliato al caduceo di Asclepio, figlio del sole, a quello di Ermete e al dio celtico Belenos o Beli.
E’ espressione della dualità che ricongiunge la forza ctonica (tellurica) della Madre Terra con la forza Solare. Una simbologia che si colloca nel centro, nell’omphalos, accanto alla pietra a guardia dei tesori preziosi della terra.
I simboli che rappresentano una sacralità profonda erano nell’antichità di difficile comprensione. Si collocavano nel centro proprio perché dovevano essere ben difesi ed il raggiungerli equivaleva ad un’importante conquista iniziatica.
Anche a Milano, “terra di mezzo”, “luogo di perfezione”, “centro del mondo”, abbiamo l’immagine del serpente accanto ad una pietra.
A pochi passi dalla colonna del destino, all’interno della basilica di S.Ambrogio, sul secondo pilastro di sinistra è scolpito un rettile di bronzo a cui la tradizione popolare attribuiva molta importanza.
Alcuni storici ci dicono che la basilica di S. Ambrogio fu innalzata sulle rovine di un tempio di una divinità solare e a testimonianza di ciò riportano l’immagine della vipera, che sì può ammirare sulla colonna di marmo.
Era usanza che in un certo giorno dell’anno, che la Chiesa asseriva essere quello di S. Angelo, dopo la solennità di Cristo risorto, le madri portassero davanti alla figura serpentina i loro bambini perché in tal modo pensavano di preservarli dai mali.
La Chiesa, purtroppo, ha cercato molto spesso di appropriarsi dei simboli pagani, trasformandoli sotto nuove forme, perché il rifiuto del paganesimo appariva forse indispensabile, nei primi secoli, per la supremazia del messaggio di Cristo. Si dichiarò che il serpente di bronzo nella chiesa di S. Ambrogio era quello fabbricato da Mosè dietro suggerimento della divinità e portato a Milano dall’oriente dall’arcivescovo Arnolfo II intorno all’anno 1000. Lo sforzo della Chiesa era volto ad affermare l’antichità delle vestigia cristiane in confronto a quelle pagane.
Tra i vessilli della città dì Milano Viscontea, esisteva nell’antichità, una bandiera bianca con dipinta una biscia azzurra, la stessa della basilica di S. Ambrogio e oggi meglio conosciuta come bandiera Insubre, con la croce rossa in campo bianco.
Quindi anche “El Bisson” meneghino è espressione di questo Drago primordiale.
Comparve nello stemma dei Visconti intorno al 1100, in sostituzione di sette corone d’oro in uno scudo d’argento che era stata l’insegna nobiliare viscontea fino a quel tempo. Dopo una crociata el Bisson si ritrovò in bocca il saraceno a significare la forza mangia-arabi dei conti di Angera, che sarebbero divenuti poi duchi di Milano.
L’insegna ducale che vediamo in bassorilievo sul castello e da altre parti, impresso sui vessilli sventolava sulle mura cittadine di mezza Italia 658 anni fa, quando Milano dominava dal Monferrato a Verona, spadroneggiava in Emilia fino all’Adriatico, dettava legge da Genova alla Toscana, “arrivando” fino a Perugia e minacciando repubbliche potenti come Venezia o signorie come Firenze.
Questo biscione ha il saraceno a sinistra o a destra? Curiosamente, sul balconcino della Loggia degli Osii in piazza Mercanti, è in ambedue i lati. Ma non ha molta importanza. Importante è ben altro.
Infatti la cosa straordinaria è che non si tratta di un biscione, ma di una spada a biscia che si è via via enfatizzata nella riproduzione sullo stemma. Ricorda la flamberga del paladino Rinaldo, una spada svizzera studiata proprio contro i saraceni.
Questa è una simbologia di matrice celtica: l’alloro come la quercia erano fra le piante sacre conosciute dagli antichi sacerdoti del popolo degli Insubri, che, ricordiamolo, hanno fondato Milano.
Non a caso vengono “ritratte” in questo stemma assieme al Biscione, o Serpente, Ouroboros, simbolo che fa parte integrante del dio Cernunnos (dio dalle corna di cervo); serpente che si muove a spirale, che rappresenta il cambiamento e la perpetua trasformazione di tutto ciò che vive.
Il Serpente rappresentava altresì la forza tellurica, ed era anche indice di forze sotterranee, di magnetismo terrestre.
Il Dio Cernunnos lo teneva in una mano, e nell’altra un torques: ebbene, questo voleva rappresentare l’unione del Divino (le forze cosmiche) con l’Umano, la Natura (le forze telluriche).
Non è stato “ideato” per caso, come non sono stati ideati per caso gli altri simboli presenti nella città.
Tutto, presso i Celti, doveva avere uno scopo, rappresentare un’Idea, un Pensiero da focalizzare e da trasmettere anche ai posteri.
Non a caso in molti luoghi dove il druidismo è stato emarginato dai missionari cristiani si racconta di storie sulla cacciata dei serpenti, in molte parti del nord Italia come ad esempio in Valcamonica.
Il Serpente, presso la tradizione celtica, era uno degli attributi del Dio Cernunnos, il dio dalle corna di cervo, che si muove sinuosamente a spirale a rappresentare il ciclo della Vita, il tempo, il cambiamento e la perpetua trasformazione di tutto ciò che vive.
Cernunnos viene solitamente rappresentato, seduto, con in una mano un torques e nell’altra, appunto un serpente, simbolo delle forze della Dea Terra.
Spesso viene accompagnato da tori e cervi, simboli di fertilità e grazia.
È interessante notare come si possa intravedere un parallelismo tra il Biscione di Milano e quello tenuto in mano da Cernunnos.
Cernunnos è il Signore degli animali, il Grande Serpente, e viene a volte insolitamente rappresentato con una testa d’Ariete.
Perché questo simbolo? Perché l’Ariete, ricordiamolo, è il primo segno che apre la stagione primaverile, è quel simbolo che rappresenta più di altri gli Inizi, la rinascita e la trasformazione ed in sostanza il Risveglio di tutte le creature viventi.
Ailinn
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