il gioco della dama e la sua simbologia
03Come è risaputo, il gioco della dama appartiene alla categoria dei tradizionali giochi “da tavolo” e prevede il confronto soltanto di due giocatori. L’etimologia del termine “dama” è di chiara derivazione latina, traendo origine dal vocabolo latino “domina”, che significa letteralmente “signora” e, pertanto, metaforicamente sta ad indicare il pezzo più importante della serie e, di conseguenza, il gioco nel suo complesso. Sulle origini della “dama”, le fonti sono abbastanza controverse, potendo essere stata importata in Europa dall’Oriente o dall’Egitto (ipotesi più verosimile), anche se le prime testimonianze certe risalgono al trattato castigliano “Libro de los juegos” del tredicesimo secolo, elaborato su disposizione dell’illuminato re Alfonso X, non a caso denominato “il saggio”. Tra i giochi indicati nel trattato, spunta l’ “alquerque”, che sarebbe stato in voga nel Mediterraneo orientale già nel XV secolo a.C..
Le regole generali del gioco della dama prevedono che il confronto si svolga su una scacchiera composta da 64 caselle, una bianca ed una nera, disposte in maniera alternata, e con 24 pedine di cui dodici bianche e dodici nere. Di solito, per convenzione, il colore delle pedine viene assegnato per sorteggio ed il giocatore a cui toccano quelle bianche comincia il gioco. In realtà, cominciare il gioco può risultare vantaggioso e, per questo motivo, le pedine bianche spettano a turno ad entrambi i giocatori. Qual è lo scopo del gioco, almeno quello di più immediata evidenza che può determinare la vittoria dell’uno o dell’altro? L’obiettivo che deve prefiggersi ogni giocatore è quello di “prendere” tutte le pedine dell’avversario: nel gergo si dice “mangiare le pedine”; in subordine il giocatore deve cercare di confinare le pedine rimanenti dell’avversario in una posizione che non abbiano più libertà di movimento, in quanto circondate da quelle nemiche. Nell’uso del gioco più comune, le pedine possono essere mosse solo in avanti, avanzando solo di una casella per volta in maniera obliqua (occupando le caselle nere). Quando una pedina entra in contatto con una pedina avversaria che abbia dietro di sè, sempre in posizione diagonale, una casella vuota, può “mangiarla” ed occupare la stessa casella vuota, procedendo all’eliminazione dalla scacchiera della pedina “fagocitata”. Allo stesso modo si può compiere anche il doppio salto, qualora la pedina ne incontri un’altra nelle stesse condizioni, arrivando a poter eliminare anche due, tre o più pezzi nemici con una sola abile mossa. E’ importante riuscire con le proprie pedine a raggiungere la prima fila avversaria: a questo punto la pedina si trasforma in “dama”, acquistando tale dignità con il segno visibile di due pezzi sovrapposti. La dama diventa la figura forte della scacchiera, in quanto può muoversi sia in avanti che all’indietro ed, inoltre, può essere solo mangiata da altre dame ma non dalle pedine superstiti. Un’altra regola importante consiste nel fatto che il giocatore, quando si trova nella situazione adatta, è sempre obbligato a “mangiare” i pezzi avversari e, tra le varie possibilità di movimento. deve optare per quella che gli consenta di eliminare più pezzi possibili. Se, infatti, un giocatore volesse evitare di “mangiare” un pezzo, il regolamento di gioco prevede il cosiddetto “soffio”, cioè l’avversario ha la possibilità di eliminare la pedina o la dama che non ha eseguito la presa di sopraffazione. Questa regola può essere considerata utile per evitare eccessivi tatticismi e rendere il gioco della “dama” lineare e dinamico.
Il tavolo da gioco della dama e le varie combinazioni delle pedine possono ricordare un campo di battaglia. Si dice che lo stesso Giulio Cesare conoscesse questo tipo di passatempo e ne avesse ricavato utili spunti per sviluppare una forma di strategia difensiva a forma di piramide. Uno dei primi trattati sulla dama italiana è quello scritto dal Lanci nel 1837, anche se il gioco cominciò a diffondersi a livello nazionale soprattutto tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Il primo campionato di Dama si svolse nel 1925 e, dopo la nera parentesi della seconda guerra mondiale, riprese nel 1948. Nei decenni successivi iniziò a configurarsi l’idea della dama, non semplicemente come gioco o come attività sportiva, ma come vera e propria “attività della mente”, in grado di stimolare le attitudini riflessive dell’intelletto. Quando si parla di dama, tuttavia, è impossibile non paragonarla agli “scacchi” poichè, secondo il comune sentire, “il campo del confronto” sarebbe uguale per entrambi i giochi. In realtà, non è esattamente così. I giocatori della dama usano “la damiera”, mentre i cultori degli scacchi adoperano “la scacchiera”. E non bisogna neanche lasciarsi ingannare dalle differenze delle regole che disciplinano le due attività. Non vi è dubbio che il gioco degli scacchi sia molto più complesso e macchinoso, mentre le disposizioni che regolano la dama, osservando con uno sguardo di immediata evidenza, sono più semplici e comprensibili, consentendone una maggiore diffusione. Proprio il fatto che la dama si basa su pochi fattori determinanti, può portare il giocatore a sottovalutare le mosse dell’avversario, commettendo facili errori e mettendo a rischio il conseguimento della vittoria.
Il gioco della dama è anche legato ad un’importante simbologia esoterica, quella della “triplice cinta” presente in numerosi siti archeologici italiani ed europei. La Triplice Cinta, costituita in linea generale da un triplice quadrato concentrico, in apparenza rappresenta il “gioco del filetto”, una sorta di antesignano della dama in epoca medioevale. Tracce della triplice cinta si rinvengono già durante il I secolo a.C. in ambito pagano, con particolare riferimento ai rituali magici dei sacerdoti druidici. Per alcuni si potrebbe trattare delle cosiddette “tre cinte sacre di mura” tanto care ai Celti, capaci di rievocare perfino l’antica capitale di Atlantide. Per altri, questo simbolo con i Templari avrebbe assunto una connotazione iniziatico-massonica, volendo indicare i tre gradi delle iniziazioni misteriche. In epoca medioevale si cominciarono a definire “i tavoli da gioco” come li conosciamo ora: il lato delle caselle nere/bianche, chiamato scacchiera o damiera, avrebbe voluto esprimere l’immagine della Gerusalemme celeste, presente nel libro dell’Apocalisse di Giovanni di Patmos, mentre il filetto disegnato sull’altro alto avrebbe avuto il valore della Gerusalemme terrestre. Un altro legame simbolico evidente della triplice cinta si può intravedere con i “mandala” di matrice orientale, costituiti da quadrati concentrici che vogliono indicare la capacità dell’uomo di intraprendere il viaggio della conoscenza per poter raggiungere l’integrazione con il Principio Universale. Ai quattro lati del disegno sarebbero collocate quattro porte che corrispondono ai quattro punti cardinali.
Dal punto di vista sociale, il gioco della dama viene considerato istruttivo e didascalico, soprattutto quando viene praticato dai bambini e dagli adolescenti. Tra le attività ludiche, la dama è una di quelle che invita maggiormente alla riflessione ed all’autocontrollo, distogliendo gli utenti da altri tipo di distrazioni, come i videogiochi o i social network, il cui utilizzo prolungato senza autodisciplina può avere notevoli effetti negativi. Nel periodo dell’emergenza pandemica, nonostante la sospensione dei tornei ufficiali, la passione per il gioco della dama non si è placata e vi è stata una vera e propria esplosione di confronti virtuali. Si tratta di un gioco che è capace di unire l’anziano al bambino, il nonno al nipote, diventando uno strumento di sensibile coesione sociale e di trasmissione di esperienze da una generazione all’altra. E’ necessario precisare che il gioco della dama, pur avendo una disciplina di base fondamentale, di cui abbiamo accennato prima, ha regole specifiche nei diversi Paesi, anche se è in corso un’opera di unificazione e di istituzionalizzazione del suo regolamento. A ciò si aggiungono anche differenze di carattere semantico e linguistico: ad esempio nelle lingue germaniche “dam” significa “diga” a differenza dell’etimologia latina del termine, a cui abbiamo fatto riferimento nella parte iniziale del presente scritto.
Le opere artistiche che raffigurano “soggetti damistici” sono abbastanza diffusi. Tra queste, si distingue l’anfora a figure nere di Exechias che, secondo gli storici, risalirebbe al VI sec. a.C.. In essa sono rappresentati i personaggi omerici, Achille ed Ajace che giocano a dadi o alla cosiddetta “Petteia”, una sorta di dama del mondo ellenico pre-classico. In epoca tardo-medioevale, anche se sono gli scacchi ad interessare di più la vena degli artisti, non mancano alcuni disegni del gioco della dama, come è il caso di una tavoletta di modeste dimensioni, dipinta nella prima decade del Quattrocento dal pittore Niccolò di Pietro Gerini. Questa singolare tavola ha come soggetto Sant’Agostino che gioca su una scacchiera con dei pezzi molto simili a quelli della dama. Tale rappresentazione ha anche un grande valore simbolico, in quanto tendente ad evidenziare un importante momento del processo di conversione del santo. E’ nel diciassettesimo secolo, però, che si moltiplicano le raffigurazioni aventi come soggetto il gioco della dama. In particolare, spicca la figura di un artista, Michail Sweerts, nativo delle Fiandre, con le due opere “Giocatori di dama” e “Un uomo e una donna giocano a dama” (i protagonisti sono un gruppo di eleganti giovinetti nella prima, mentre nella seconda appaiono ricchi esponenti dell’alta borghesia).Di particolare pregio sono anche due dipinti sullo stessa tema eseguiti da Per Angelo Caroselli, che fanno capire come il gioco della dama era diffuso nella Roma papalina seicentesca, soprattutto nell’ambito delle scommesse di azzardo. Circa due secoli dopo è il genio di Courbert a concepire l’opera denominata “I giocatori di dama”, dove i protagonisti del confronto sono descritti con mirabile naturalezza, Nel ventesimo secolo è, invece, il grande Matisse che in almeno sei quadri fa riferimento al gioco della dama, in un tripudio di felice accostamento di colori accesi e forti.
In questa breve sintesi, ho voluto dedicare un pò di spazio ad un gioco molto diffuso e popolare, al quale, tuttavia, non si attribuisce la giusta considerazione. Al di là delle apparenze e degli approcci superficiali, la “dama” può riservare molte sorprese e la sua conduzione non è affatto scontata. E’ un gioco, quello della dama, che può essere accostato ad un particolare stile di vita: non sempre le scelte che sembrano più semplici portano alla vittoria.
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