Negli ultimi decenni abbiamo di frequente sentito parlare di “fisica” o di “meccanica” quantistica, negli ambiti più disparati e diversificati. Attualmente essa è considerata la teoria meccanica più completa, per poter comprendere il comportamento della materia, la radiazione e le reciproche interazioni, partendo dai fenomeni propri dell’energia atomica e subatomica, campi in cui le teorie fisiche classiche si erano mostrate molto lacunose. Si può dire che la meccanica quantistica, insieme alla relatività, rappresenti la linea di confine tra la fisica classica e quella moderna, risultando fondamentale per lo sviluppo di altre branche della fisica, come la fisica atomica, la fisica nucleare e subnucleare, nonché la fisica delle particelle. La nascita della vera e propria “teoria dei quanti” si fa risalire al fisico danese, Niels Bohr, nel 1913, con l’elaborazione di un modello empirico che avesse la capacità di riunire i risultati riguardanti la stabilità dell’atomo di idrogeno e del suo spettro di emissione. I pregressi studi, infatti, come l’equazione di Rydberg, avevano contribuito alla codificazione delle regole formali da parte di Bohr. Il fisico danese riuscì a calcolare i livelli energetici dell’atomo di idrogeno, potendo dimostrare che, utilizzando tale sistema, un elettrone non avrebbe potuto assumere qualsiasi valore di energia, ma soltanto alcuni e precisi valori derivanti da una proporzione matematica, anche se restava ancora da conoscere i motivi per i quali l’elettrone riuscisse a percorrere solo alcune particolari traiettorie chiuse. Alcuni anni dopo, nel 1924, il fisico francese Louis de Broglie formulò l’ipotesi, secondo la quale l’elettrone, oltre a costituire un corpuscolo, assumesse anche un comportamento “ondulatorio”, manifestandosi in fenomeni di evidente interferenza. Nei due anni successivi, Heisenberg e Schrodinger delinearono rispettivamente la “meccanica delle matrici” e la “meccanica ondulatoria” che, in realtà, non sono altro che due tipi differenti di espressione della meccanica quantistica. Un’ulteriore importante svolta fu compiuta nel 1948 da Richard Freyaman che intuì come una particella quantistica possa percorrere tutte le possibili traiettorie lungo il suo moto e come i relativi diversi “cammini” formino interferenze in grado di provocare un movimento ondulatorio. Questa particolare intuizione avrebbe aperto la strada ad interpretazioni sconvolgenti ed applicabili anche a fenomeni ritenuti “paranormali”. Di particolare importanza è la cosiddetta “legge di Planck”: l’estensione del concetto di “quanto di luce” a quello di “quanto d’azione” ed il conseguente abbandono del principio di “continuità” tanto acclamato dalla fisica classica.
Dal punto di vista sostanziale, ci sono grandi differenze tra la fisica classica e quella quantistica, abbracciando dispute non squisitamente scientifiche, ma anche di carattere filosofico ed epistemologico. Da ciò è derivato il fatto che, per risolvere alcuni nodi fondamentali, sono nate ulteriori interpretazioni della fisica quantistica, anche con l’idea di comporre la stessa con alcuni principi della fisica classica, con risultati per la verità insoddisfacenti. In particolare, non è stato mai del tutto risolto il problema della “quantizzazione”, secondo cui ogni stato è rappresentato da un vettore dello spazio di Hilbert (dal nome dello scienziato ideatore), non potendosi determinare fra tutti i possibili spazi di Hilbert, quale dovrebbe essere scelto, alla presenza di specifiche condizioni. I postulati si limitano semplicemente ad affermare che esista una “mappa” utilizzabile dai rispettivi operatori, senza stabilire in maniera adeguata come si possa fissare la corrispondenza tra ciò che è osservabile e l’operatore preposto. Attualmente la comunità scientifica ritiene che, nonostante gli entusiasmi del XX secolo, la fisica quantistica non sia in grado di descrivere tutti i fenomeni fisici, a partire dal grande problema rappresentato dalla sua incompatibilità con i postulati della “relatività ristretta” e “generale”. Alcuni studiosi hanno, comunque, tentato di generalizzare i principi della meccanica quantistica, armonizzandoli con il quadro complessivo della relatività ristretta, generando la cosiddetta “teoria quantistica dei campi”.
Da una visione superficiale, la fisica quantistica potrebbe sembrare una disciplina scientifica come una altra. Tuttavia, ci dobbiamo chiedere cosa la renda così affascinante. Prima di tutto, ad accrescere la sua attrattiva, è la possibilità di applicarla in molteplici campi: dai laser alla risonanza magnetica, per fare qualche esempio. E negli ultimi anni, alcune teorie legate alla meccanica quantistica sono entrate anche nella cultura di “massa”, influenzando opere letterarie, cinematografiche e perfino artistiche. La particolarità che più salta all’occhio è la sua natura di Giano Bifronte: secondo la fisica quantistica, come già accennato in precedenza, tutte le particelle avrebbero una doppia natura, comportandosi sia come corpuscoli che come onde. Mentre la fisica classica presenta caratteri di più marcata “prevedibilità”, la meccanica quantistica ci riporta nel “caos primordiale”. Secondo i suoi principi, infatti, più si conosce l’esatta posizione di una particella, tanto più incerto diventa il calcolo della sua velocità, sconfessando le convinzioni degli scienziati classici. A tale proposito, è necessario richiamare il principio di “indeterminazione”, formulato dal fisico Heisenberg, secondo cui, effettuando una misurazione, possiamo stabilire solo la probabilità che l’elettrone si trovi in un determinato punto, a causa di quella che viene denominata “sovrapposizione degli stati quantistici”. E’ come se l’elettrone, al momento della misurazione, collassasse in un singolo stato, con la sorprendente conseguenza che lo stesso scienziato, attraverso gli strumenti di misura, contribuirebbe alla creazione della realtà che sta osservando.
Un altro fenomeno peculiare della meccanica quantistica è il cosiddetto “effetto tunnel”, ovvero il fatto che le particelle abbiano la capacità di superare una barriera, come se si trattasse di un fantasma che attraversa un muro. Questa propensione spiegherebbe il decadimento delle sostanze radioattive che partirebbe da particelle che superano una barriera energetica all’interno dei nuclei. La circostanza ancora più sconvolgente è il cosiddetto “intreccio”, conosciuto con l’appellativo anglosassone di “entanglement”. Per comprendere questo fenomeno, si possono prendere due fotoni in “sovrapposizione di stati” paragonandoli a due monete che girano all’infinito, mostrando entrambi i lati. Se queste due monete fossero portate ai lati opposti dell’universo, secondo la meccanica quantistica, effettuando la misura su una delle due e visualizzandone un determinato lato (testa o croce), anche l’altra moneta, posizionata nel lato opposto, risulterebbe nella stessa posizione. Questa proprietà sconvolgente è alla base per poter concepire la possibilità del “teletrasporto quantistico”, non più una semplice fantasia alla “Star Trek”: le informazioni del fotone di partenza sono trasferite nel fotone destinatario, grazie all’intermediazione dei fotoni intrecciati. In realtà si tratterebbe più di un trasferimento di “informazioni” che di un vero e proprio trasferimento di “materia”.
La meccanica quantistica, in realtà, non spiega nei dettagli in che cosa consista “una misurazione”. Ad esempio, nell’esperimento della doppia fenditura con singoli fotoni, il più grande risultato che si possa ottenere è quello di verificare le previsioni probabilistiche della matematica. Nel 1979 fu compiuta un’importante simulazione a Londra da parte di Chris Dewdney e colleghi che crearono i presupposti per la previsione della teoria per le traiettorie di particelle che attraversano la doppia fenditura. Negli ultimi anni, i fisici sperimentali hanno verificato che tali traiettorie esistono davvero, anche se hanno adoperato una tecnica discussa e non ritenuta del tutto attendibile, quella chiamata della “misurazione debole”. Un altro passo importante è stato fatto dall’università di Vienna che ha testato le predette teorie, inviando molecole sempre di più grandi dimensioni attraverso la doppia fenditura.
La fisica quantistica ha aperto la strada alle più varie speculazioni, affermando progressivamente l’ipotesi che potrebbero esistere anche i cosiddetti “mondi paralleli”, non più ricostruzioni soltanto fantasiose, ma portate avanti anche da una parte della comunità scientifica. Uno studio approfondito in tal senso è stato compiuto dai ricercatori della Griffith University a Brisbane, in Australia, in collaborazione con alcuni studiosi statunitensi. Lo studio, ovviamente, non ha dimostrato l’esistenza materiale di realtà parallele, abitate da nostre copie su pianeti con caratteristiche sovrapponibili a quelle che conosciamo, fornendo una formulazione matematica dell’esistenza di altri mondi. Secondo alcuni scienziati, l’esistenza di queste realtà parallele che, invece di non incontrarsi mai, sarebbero in grado di influenzarsi reciprocamente, potrebbe consolidare la stessa base scientifica della meccanica quantistica, con particolare riferimento al mondo invisibile degli atomi e di tutto ciò che è ancora più piccolo. La fisica moderna, pertanto, potrebbe sostenere la cosiddetta teoria del “multiverso”, postulando l’esistenza di universi coesistenti fuori dal nostro spazio-tempo, nel linguaggio comune chiamati “dimensioni parallele”. La parola “multiverso” fu inventata, con un inedito neologismo, dallo scrittore e psicologo americano William James, diventando in seguito la base per la formazione di un nuovo genere di letteratura fantastica. Il concetto di multiverso è stato per la prima volta spiegato in maniera coerente nel 1957 da Hugh Everett, adattando alcuni studi pregressi nel campo della meccanica quantistica. Di seguito, ciò è stato sostenuto come possibile conseguenza di alcune applicazioni scientifiche, in particolar modo della teoria delle stringhe e dell’inflazione caotica, denominata anche “teoria delle bolle”. E’ necessario ricordare che, dal punto di vista filosofico, la possibile esistenza del “multiverso” affonda radici antiche, in quanto la “pluralità di mondi” simili alla Terra era stata già intravista dagli atomisti greci, trovando un certo rafforzamento con la rivoluzione copernicana che riconosceva l’immensità dell’universo, seppure con metodi ancora non sofisticati come quelli contemporanei. La scoperta dell’esistenza di miliardi di galassie sembrava confermare le idee di uno dei più grandi precursori dell’idea moderna del “multiverso”, il filosofo rinascimentale Giordano Bruno, ingiustamente condannato al rogo dalla Chiesa Romana. La comunità scientifica ufficiale, tuttavia, colloca la “teoria del multiverso” tra le “scienze di confine”, nonostante sia stata difesa da illustri scienziati come Hawking, Weinberg, Greene, Kaku, Turok, Vilenkin, Smolin ed altri. I precitati studiosi hanno presentato ciascuno un diverso modello di multiverso, pur concordando sulle linee principali della teoria fondamentale. Una parte più tradizionalista dei fisici ha ritenuto il concetto di “multiverso” dannoso per la fisica teorica, in quanto costituirebbe una “pseudoscienza”, una mera speculazione non confermabile con dati sperimentali.
Dal punto di vista cosmologico, l’esistenza di universi paralleli potrebbe essere usata per risolvere il misterioso dilemma del “fine tuning” (traducibile in “regolazione fine”, o “perfetto accordo”) nei confronti dello svilupparsi della vita. E’ stato osservato, infatti, che alcune costanti naturali del nostro universo sono armonizzate proprio per consentire l’esistenza delle forme di vita e che una loro piccolissima variazione avrebbe reso questa evenienza impossibile. Alla luce di questa osservazione, alcuni scienziati ritengono che vi siano innumerevoli universi regolati da leggi fisiche diverse e che soltanto un piccolo numero di essi sia adatto ad ospitare esseri viventi. Gli scienziati hanno individuato una serie di parametri “finemente regolati”, tra cui possiamo menzionare la densità dell’energia oscura, l’intensità delle forze fondamentali (gravità, elettromagnetica, nucleare forte e debole), la massa delle particelle e le dimensioni spaziali/temporali. In sintesi, si può affermare che se i precitati parametri fossero anche lievemente diversi, non vi sarebbe stato lo sviluppo della vita nel nostro universo, perché gli atomi sarebbero rimasti stabili e, di conseguenza, non si sarebbero formate le stelle, tantomeno le molecole di carbonio. In quest’ottica, la teoria degli universi paralleli rappresenta una “terza via” di spiegazione filosofica dell’armonia dell’universo, rispetto alla “coincidenza fortuita” (caos) ed al “progetto intelligente” che presuppone un intervento divino o soprannaturale a monte. Seguendo l’ipotesi del multiverso, come si accennava in precedenza, sono stati creati parecchi soggetti letterari e cinematografici, più o meno con il comune denominatore di raccontare l’evolversi di eventi interconnessi in vari mondi o dimensioni coesistenti, superando le barriere dello spazio e del tempo a cui sono legati i nostri sensi.
Come spesso è accaduto nella storia della conoscenza, molte importanti scoperte scientifiche sono emerse quando alcuni studiosi con caparbietà hanno deciso di muoversi ai margini della scienza considerata ufficiale, troppo spesso manipolata dal potere politico e da quello religioso. A volte le conseguenze di alcune intuizioni sono assolutamente imprevedibili e possono aprire la strada ad applicazioni fino ad un certo momento del tutto inimmaginabili. Lo stesso Einstein, ad esempio, non poteva concepire che la sua teoria della Relatività, nel futuro, avrebbe potuto facilitare le funzioni del “Gps”. Nell’universo esistono ancora molte regioni sconosciute e l’aspetto più difficile, molto spesso, è comprendere quali siano esattamente gli elementi che dobbiamo cercare, senza incorrere in pregiudizi cognitivi. Sotto il profilo psicologico ed etico, la teoria del multiverso ci rende ancora più responsabili: ogni decisione da noi presa in questo universo potrebbe influenzare altri mondi. E’ un’idea ancora molto sfuggente, ma nello stesso tempo seducente ed affascinante: supporre che ogni nostra scelta, anche la più problematica, possa avere infinite alternative, potrebbe contribuire a rassicurarci.
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