Tanti e tanti anni fa, c’era una popolazione che viveva a contatto con la Terra, dalla quale traeva forza ed energia
Si racconta, fosse l’unico popolo scampato al diluvio universale, perchè situati sul tetto del mondo. Vivevano in un piccolo paradiso, da dove si poteva toccare il cielo con un dito.
La gente conosceva il linguaggio della pioggia, sapeva persino parlare al sole e alle stelle.
Erano consapevoli della sacralità della vita, e non temevano di morire, perchè ogni giorno passato, senza la consapevolezza della morte era un giorno sprecato. Dopo la morte c’è vita, dicevano i maestri.
Sin da bambini erano stati educati all’impermanenza. Tutto cambia, il tempo cambia e si muove sempre, nessuna forza può fermarlo. Quindi non soffrivano il distacco, perchè non vivevano nell’attaccamento.
“Ognuno è l’artefice del proprio destino o karma individuale,” alla luce di questo, nessuno di loro considerava la rinascita come un semplice caso, ma come il frutto di azioni e attitudini passate. “Vuoi sapere chi eri” diceva il Buddha “guarda chi sei adesso, vuoi sapere chi sarai, guarda ciò che fai adesso”.
Il Tibet regione dell’Asia Centrale, attualmente rientrante nei confini geo-politici della Cina, è l’unico paese al mondo che ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca interiore.
I Tibetani, l’unica popolazione che ha offerto i suoi figli, per scoprire i tesori dell’essere umano. Era consuetudine, che ogni famiglia affidasse il proprio primogenito a qualche monastero. Era un onore, oltre che una gioia, avere un componente della famiglia che si dedicasse alla crescita interiore. E’ così, per millenni, i tibetani isolati dalla civiltà, vivevano felici.
Nel 1950, la Cina con il suo esercito armato comunista distrusse 2000 anni di storia, di tradizione e di meditazione. Le vittime furono 90mila: monasteri distrutti o chiusi, monaci deportati, uccisi, famiglie intere smembrate. La più grande calamità del xx secolo. Oggi la situazione è ulteriormente peggiorata: foreste abbattute, animali selvatici sterminati, il territorio impoverito. Dal 1963 la deforestazione procede senza sosta, 6000 monateri rasi al suolo, opere d’arte e tesori della letteratura distrutti o venduti. Eppure i tibetani erano un popolo semplice e pacifico, vivevano lontano da tutte le altre civiltà, persino arrivarci era difficile. Non avevano armi, carri armati, droni o bombe.
Ma perché la Cina invase il Tibet?
Le motivazioni sono diverse e di varia natura: 1) Il Tibet era un paese ricco di risorse, si stima che sul tetto del mondo giacciono 1 miliardo di tonnellate di ferro e 1 milione di tonnellate di rame; 2) la Cina aveva la necessità impellente di reperire grandi spazi in cui fare i test nucleari e scaricare i rifiuti tossici loro e di altri paesi; 3) per ragioni strategiche, i cinesi preferivano che ai confini occidentali del loro paese, vi fossero le invalicabili montagne dell’Himalaya; 4) per cancellare ogni traccia dell’etnia regale Tibetana, con la sua millenaria cultura; 5) perché temevano la diversità fino a sentirsi minacciati.
Nella diversità c’è il progresso, nell’uguaglianza c’è la morte spirituale. Il Dalai Lama scrive: “ogni volta che incontro uno straniero, provo sempre la stessa sensazione, gioia, sto conoscendo un altro componente della famiglia dell’umanità”.
La Cina ha smantellato nel tempo, tutte le secolari tradizioni tibetane, imponendo la cultura cinese, eliminando diritti civili e religiosi, applicando sistematicamente la tortura verso donne e uomini con il preciso intento di cancellare ogni traccia di cultura e religione tibetana, assimilandola a quella della madre patria Cina.Vietato l’uso della lingua tibetana e l’insegnamento della storia del Tibet. Questa misure hanno ridotto i tibetani ad un’infima minoranza nel loro stesso paese, e ciò rappresenta un genocidio culturale. Il persistere di questa situazione, entro pochi anni porterà alla scomparsa della civiltà tibetana.
Il Dalai Lama, nel 1959 scelse l’esilio in India non per vigliaccheria, ma per portare avanti una lotta non armata nei confronti della Cina, lotta che ancora oggi va avanti in modo pacifico e costante da parte del tibetani … con repressioni e odio da parte dei cinesi.
Dal 2009, la resistenza tibetana ha già praticato più di 130 auto immolazioni. Monaci buddisti, padri e madri di famiglia, adolescenti e giovani scelgono di darsi la morte con il fuoco, di diventare torce umane in segno di protesta. Cercano, in questo modo, di scuotere le coscienze, per ottenere la libertà del popolo tibetano e il ritorno della loro guida, il Dalai Lama.
A distanza di molti anni si può dire che la fuga del Dalai Lama ha consentito al Tibet di essere costantemente presente nella coscienza internazionale. Infatti non è andato tutto perso, questo popolo ha tramandato una tradizione spirituale millenaria che attualmente riceve grande eco nel mondo intero. Infatti la diffusione sempre maggiore di tecniche di meditazione da parte della società occidentale, sta facendo sì, che studi sempre più numerosi vadano a carpire i più intimi segreti di questa antica pratica, di cui i tibetani sono maestri.
Sedersi e pensare al nulla di fronte a delle candele accese o a un bastoncino di incenso, che emana un gradevole profumo, per molti occidentali, potrebbe sembrare inutile e ridicolo. Tuttavia questa pratica innocente, è riconosciuta dalla medicina tradizionale, come strategia terapeutica alternativa per curare i mali del nostro tempo: stress, ansia, emicrania, ipertensione e panico.
Secondo la culture buddista esistono 84 diverse emozioni negative: rabbia, odio, gelosia invidia, ignoranza e orgoglio ecc. La meditazione può elevarci al di sopra delle forze negative che ci fanno soffrire.
Si è così scoperto che alcuni monaci Tibetani con la meditazione, riescono a controllare la temperatura esterna.
In particolare, hanno dimostrato di essere in grado di alzare la temperatura corporea esterna di almeno 17 gradi Fahrenheit, misurandola dalle dita dei piedi e delle mani, mentre quella interna resta invariata.
Gli scienziati dell’ Università di Harvard, guidati da Herbert Benson, furono primi che riuscirono a studiare questi monaci grazie al Dalai Lama che durante la sua visita ad Harvard nel 1979, acconsentì nell’ aiutarli a prendere contatti e convincere i monaci, ad essere da loro studiati.
Ciò che ne seguì, fu una serie di visite nei più remoti monasteri dell’Himalaya per tutti gli anni ’80.
Non scoprirono soltanto che i monaci potevano aumentare la temperatura esterna, mantenendo invariata quella interna, ma scoprirono anche che alcuni di loro, riuscivano ad abbassare il metabolismo al 64 %. Per avere una visione più chiara di quanto sia notevole il fenomeno, considerate che durante il sonno il nostro metabolismo scende soltanto del 10-15%.
Non si conosce ancora come i monaci riescano a produrre il calore, ma la risonanza magnetica che mostra i cervelli dei monaci mentre meditano, ”rivela differenze sostanziali nella circolazione del sangue dell’intero cervello”, spiega Benson. “ Allo stesso tempo, certe zone del cervello diventano più attive e nello specifico, quelle che controllano l’attenzione e le funzioni autonome come la pressione del sangue ed il metabolismo.”
I monaci tibetani sono conosciuti per vivere incredibilmente a lungo, e questo non ci sorprende più di tanto, se consideriamo la meditazione costante alla quale si sottopongono, lo stato di pace in cui vivono e il paradiso incontaminato che li circonda.
Inoltre una recente scoperta documentata dalla BBC dimostra che Gesù era in realtà un monaco buddista chiamato Issa, che trascorse ben 16 anni in Tibet. Difatti dall’età di 13 anni fino a 29 anni non esiste alcuna testimonianza biblica sulla vita del Messia. Gli esperti sono convinti che Gesù sia stato portato in India all’età di 13 anni per essere educato da saggi maestri, per poi ritornare da adulto in Palestina. A quei tempi il buddismo aveva una storia lunga 500 anni, mentre il Cristianesimo non esisteva ancora. Gli studiosi Vedici notarono il livello elevato di illuminazione di Gesù, e come di consuetudine a quei tempi, lo sottrassero ai genitori; lo chiamarono il” figlio di Dio” e gli insegnarono i testi sacri buddisti. Pare fosse il più grande e il più dotato tra i 22 allievi Buddha, era l’unico ad incarnare la spiritualità del Signore. La presunta scoperta della vita di Gesù in India si allineerebbe perfettamente con gli anni perduti non documentati, nonché col valore simbolico della sua nascita in Medio Oriente. Qualora questa scoperta fosse confermata, ci fornirebbe un ulteriore prova che il Paese delle Nevi e la sua straordinaria civiltà, sono un patrimonio che l’umanità tutta dovrebbe custodire gelosamente, e difendere dai continui attacchi, che ne minacciano la sopravvivenza.
Ci auguriamo che tutti possano comprendere la ricchezza di questa meravigliosa e unica civiltà, patrimonio che andrebbe difeso. Purtroppo è minacciata nella sua stessa sopravvivenza e se morisse, una parte di noi morirebbe con essa.
La loro cultura e’ profondamente diversa dalla nostra, ma è un tesoro prezioso di conoscenze spirituali e di espressioni artistiche. Conoscere il Tibet, capire il profondo legame che mantiene con le sue radici, apprezzarne il rispetto per l’ecosistema, la disponibilità al dialogo e alla tolleranza religiosa, vuol dire anche entrare in contatto, con la parte migliore di noi stessi.
Tina Camardelli (22-04-2018)
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