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Home» Articoli Esoterici»I Cinque Elementi con cui gli Antichi Egizi identificavano quella che per noi occidentali può essere chiamata Anima.
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I Cinque Elementi con cui gli Antichi Egizi identificavano quella che per noi occidentali può essere chiamata Anima.

Nell’Antico Egitto erano cinque gli elementi fondamentali che servivano all’Anima affinché il corpo potesse splendere di nuova luce, dopo la morte: l’Akh, il Ba, il Ka, il nome e l’ombra.

L’Akh, elemento immortale, è l’energia che emerge dalle tenebre del caos e fa sì che ciò che è stabile diventi dinamico, consentendo al defunto di trasmigrare fra le stelle, in una costellazione divina. A lui si recavano pertanto offerte alimentari, giacchè l’espressione “Akh ben rifornito” sembra far riferimento alle offerte funerarie, al ricco allestimento delle tombe.

L’Akh è un concetto spirituale legato all’uomo; esso rappresenta il principio solare, l’energia cosmica, l’energia creatrice che si trasforma in qualcosa di simile alla luce di Ra, che rappresentava l’Akh per eccellenza, garantendo così la permanenza e la stabilità della creazione. L’Akh esiste prima come condizione virtuale e dopo la creazione si stacca dal nucleo primordiale, diventando Akh manifesto. La forma percettibile, suscettibile di muoversi ed agire dell’Akh manifesto è il Ba.

Col termine di Ba s’intendeva la parte divina, totalmente spirituale, riconducibile alla personalità dell’anima di una persona. Il Ba, infatti, era la manifestazione animata e personale del defunto, ossia la capacità dell’ordine divino di muoversi e di assumere qualsiasi forma che il morto desiderasse: muoversi in cielo, ritornare sulla Terra o raggiungere il corpo nella tomba, cioè nella Duat nel Regno dei morti. E’ dunque grazie al Ba che il defunto, come gli Dei, può assumere forme energetiche.

Il Ba rappresentava la Coscienza dell’uomo ed era raffigurato nell’immagine di una statua, ma più spesso sottoforma di uccello con testa umana, a volte anche con braccia umane per meglio assomigliare e vagare nel Regno dei morti.
Il Ba era la sostanza viva della divinità, libero di vagare anche all’esterno della tomba; era assolutamente soggettivo ed esclusivo, era il defunto stesso. Il Ba rappresenta quindi la personificazione delle forze vitali tanto fisiche che psichiche, le quali risiedono nel defunto e formano uno dei mezzi di esistenza in cui egli continua a vivere dopo la morte.

Il Ba è l’uomo stesso considerato nella sua potenzialità e nella sua latente capacità di sviluppo, che solo dopo la morte diverrà un Akh o “ombra nera”. Pertanto il Ba necessita di un corpo o almeno di una statua raffigurante il defunto, per conservare l’identità terrena; questo è il motivo per cui viene spesso rappresentato nell’atto di ricongiungersi col corpo nella tomba, planante sul cadavere o proteso in direzione del sarcofago.

Il Ka, non essendo individualizzato come il Ba, rappresenta una forza interna all’uomo, una qualità intrinseca e per questo è quell’elemento spirituale identificato con la forza vitale, elemento intangibile, invisibile, che consente al defunto di vivere, distinguendolo dal cadavere.  Il Ka reale è l’aspetto divino della personalità del sovrano che, in quanto mortale, è legato per mezzo del suo Ka agli dei ed agli antenati. Il Ka del faraone, creato al momento del concepimento, divino e perfetto, viene raffigurato come il doppio del re bambino e affianca il sovrano nella tomba. Secondo gli Antichi Egizi quindi il sovrano diventava dio nel momento in cui si univa al suo Ka, cioè durante la cerimonia dell’incoronazione, quando si sedeva sul trono del vivente Horus.

Ciascun dio era potenzialmente una “macchina creatrice” perché ogni volta che si manifestava, parlava, si muoveva o si separava dal suo corpo, lo poteva fare in virtù della particolare energia del suo Ka. Per questo motivo gli dei potevano annoverare un numero indefinito di Ka, corrispondenti ad altrettanti specificità del loro potere creativo. La coesione di tali energie era compito del serpente Nekheb-Kau, “colui che tiene insieme le energie”, rettile primordiale, indistruttibile ed invulnerabile; diversamente dal serpente che rappresentava le forze del caos che minacciavano il mondo, Hegikau, “colui che distrugge le energie”.

Anche il nome era importante perché attraverso esso si poteva identificare l’uomo col divino, tendendo all’Essere supremo. A tal proposito si ricorda che la Damnatio memoriae indicava una pena ricevuta, consistente nella cancellazione di qualsiasi traccia riguardante una persona, come se essa non fosse mai esistita. Tale pena nell’Egitto faraonico era ovviamente la più dura che si potesse infliggere ad una persona, perché ne impediva di fatto la trasfigurazione.

Pertanto il Ren, o nome proprio, è la parte che continua a dare vita ad un essere finchè viene pronunciato.  L’uomo ricevendo il nome, acquista una sua ben determinata identità ed un suo destino. Numerosi sono i nomi egizi composti da Ka, spesso in riferimento al dio Ra, ad esempio Neferkara, Bellissimo è il Ka di Ra, oppure Userkara, potente è il Ka di Ra, ancora Maatkara, giusto è il Ka di Ra.

Infine l’Ombra era utile perché nel mondo terreno della luce, essa si proietta sulla realtà circostante; pertanto per gli Antichi Egizi era importante che si potesse riprodurre, attraverso formule magiche,  l’ombra nel regno delle morti, in quanto la sua presenza avrebbe contraddistinto il defunto come degno di luce.

Pertanto Sheut, l’ombra, presente in ogni persona, di colore nero, è una parte dell’anima molto simile al Ka e per  alcuni aspetti anche l’opposto di quest’ultimo. Mentre il Ka tenderebbe a conservare gli aspetti positivi dell’esistenza terrena, lo Sheut rappresenterebbe invece l’emanazione formatasi dalla presenza di aspetti negativi. Generalmente l’ombra veniva considerata il doppio immateriale di ogni forma.

L’Antico Egitto è un mondo che richiama, ancora oggi, voci ed espressioni di dei e li rende vivi ed immortali; siamo in tanti a subire ancora oggi il richiamo di quel Regno così magico ed intenso. Siamo in tanti, altresì, a studiarne le cultura, perché quel mondo trasmette il suo fascino e la sua potente energia a chi si presta ad ascoltarne l’eco.

Cinzia Vasone

 

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AKH Ba; Ka 2019-07-05

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