Hiram Abif
Le streghe mormoravano una canzone segreta senza parole. Dietro di loro gli uomini si guardavano l’un l’altro meravigliati, perché non avevano mai sentito un suono simile e non riuscivano a comprenderlo. Alto eppure vibrante, profondo eppure allegro, e pieno di un dolore che tutti conosciamo ma che non possiede un nome in nessuna lingua umana.
«’Signora’, disse la Morte, ‘sono inerme contro la ragnatela del tempo che cade. Tutto quello che viene a me, viene, e tutto quello che mi abbandona, mi abbandona. Signora, lascia che io giaccia sopra di te’.»
Il mormorio si fece più forte.
«La Signora disse soltanto: ‘Io sono ‘.»
«Poi la Morte la tormentò e vi furono tempeste e ceneri.»
Il mormorio si interruppe.
All’inizio del X secolo a. C. Re Salomone decise di costruire, alle porte di Gerusalemme, il più grande, il più imponente e il più maestoso Tempio che mai fosse stato dedicato a Dio e alla fratellanza degli uomini. Hiram soprannominato Abif (l’Orfano o figlio della Vedova) venne scelto da Salomone come sovrintendente ai lavori. Per la mole del lavoro e della manodopera impiegata, il maestro Hiram si trovò ad affrontare grosse difficoltà che cercò in qualche modo di alleviare dividendo i lavoratori in tre classi: apprendisti, compagni e maestri e stabilì una parola segreta per distinguerli. La paga dei lavoranti dipendeva dalla qualifica e fu per questo che tre compagni, per ottenere la paga dei maestri, senza esserne degni e senza aver superato la prova, si nascosero nel cantiere del Tempio, dove Hiram, durante la pausa di lavoro, soleva passeggiare. Per carpirgli la parola segreta lo colpirono coi loro attrezzi: il primo (Jubullum) lo colpì alla gola con una regolo di ferro, il secondo (Jubella) al cuore con una squadra ed il terzo (Jubello) alla testa con un maglietto. Nonostante tutto, Hiram non svelò la parola segreta e morì mentre cercava di fuggire dalla porta d’oriente. Non vedendo il capomastro, Salomone ordinò a 9 maestri di cercarlo. Scoprironoì, infine, il suo cadavere, grazie ad un ramo d’acacia infisso nel terreno nel punto in cui gli assassini avevano seppellito il cadavere.
Il re ordinò funerali solenni e decise di dargli un sepolcro nel tempio. I maestri, durante il funerale, per dimostrare la loro estraneità al delitto e quindi la loro purezza portarono guanti e grembiuli di pelle bianca. La pioggia inondò il Tempio che da allora rimase incompiuto. I muratori si sparsero per il mondo in cerca della parola del maestro per poter continuare il suo compito. Quella parola sta ancora ad indicare il segreto massonico smarrito e che il Maestro deve cercare per mezzo dell’ascesa iniziatica, così che Hiram riviva e possa continuare la sua opera.
Hiram Abif è una figura allegorica nel rituale massonico, nella convenzione massonica si tratterebbe dell’architetto capo della costruzione del Tempio di Re Salomone, edificato attorno all’anno 988 a.C..
Secondo la versione della storia utilizzata nel tradizionale rituale massonico, l’architetto Hiram Abif venne ucciso da tre capomastri che lavoravano alla costruzione del tempio nello sforzo di sottrarre informazioni segrete al Grande Capo Mastro. Qualunque fossero queste informazioni o segreti, Abif non lo rivelò se non un attimo prima della sua morte. Nella versione massonica il corpo di Hiram venne nascosto dai tre aggressori e successivamente recuperato da Re Salomone, che gli diede un’appropriata e degna sepoltura.
Due figure tratte dalle fonti bibliche possono essere state usate come modello per la figura massonica di Hiram Abif: Hiram il Re di Tiro, oppure Hiram, capomastro di altissima competenza proveniente da Tiro. Risulta chiaro dal rituale massonico che Hiram Abif è il capomastro.
Hiram I, Re di Tiro, viene citato in Samuele II, 5:11, per aver inviato materiali di costruzione e uomini per l’edificazione della prima versione del Tempio di Gerusalemme.
Nella Bibbia, Cronache II, 2:13, si racconta di una richiesta formale fatta da Re Salomone di Gerusalemme al Re Hiram I di Tiro, per maestranze e materiali per costruire un nuovo tempio; il Re Hiram risponde: “Io ti sto inviando Huram-Abi, un uomo di grande abilità, discendente di parte materna dalla tribù di Dan e con padre nativo di Tiro. È molto capace nel lavorare con oro e argento, bronzo e ferro, pietra e legno e nell’utilizzo di lino fine tinto di porpora, blu e rosso cremisi. È un esperto in vari tipi di bassorilievo ed incisione e può eseguire qualsiasi disegno gli venga proposto. Lavorerà con i tuoi mastri e con quelli del mio signore, David tuo padre”. Nel Primo Libro dei Re, 7:13-14, Hiram viene descritto come il figlio di una vedova di Tiro, assunto da Salomone per eseguire gli ornamenti bronzei del nuovo tempio. Rifacendosi a questo passo biblico, i massoni spesso si riferiscono a Hiram Abif come al “figlio della vedova”. Hiram viveva o comunque lavorò almeno temporaneamente sul terreno argilloso (1 Re 7:46-47) lungo il fiume Jabbok, sulla riva est del fiume Giordano, vicino alla confluenza fra i due fiumi.
Secondo la Bibbia (libro dei Re), Hiram era un fonditore, “figlio di una vedova della tribù di Neftali”, “dotato di abilità, d’intelligenza e di perizia nell’eseguire qualsiasi lavoro in bronzo”, e sapeva “eseguire qualunque intaglio e creare qualunque opera d’arte”. Egli venne inviato dal re di Tiro a Salomone per aiutarlo nella costruzione del tempio. Hiram costruì due colonne di bronzo da collocare davanti al vestibolo: “innalzò la colonna di destra cui diede il nome Joakim e innalzò quella di sinistra che chiamò Boaz”, costruì il “mare di bronzo” con le dodici basi in forma di altrettanti buoi, dieci conche di bronzo su altrettante basi quadrangolari, i vasi per la cenere, le palette e le coppe. Nella leggenda massonica, il geniale artigiano diviene invece l’architetto del tempio, preposto alla direzione di tutti i lavori e di tutti gli operai. Il racconto ha una sua chiave d’interpretazione mistica e rinvia ai concetti di perfezione, meta della ricerca mistica, e di “Grande Opera” (l’opera del Grande Architetto costruttore del mondo), attraverso la cui comprensione avviene l’ingresso del sacro nel profano.
Ora “Sorridi”. E quando avrai un momento di smarrimento o indecisione, fermati, aspetta e senti il tuo cuore.
…a mia figlia Miriam con infinito amore…
Vito Ditaranto
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