Molti sono i punti di contatto tra culture indo-iranica e biblica che ho cercato di mettere in risalto nel mio libro Dall’India alla Bibbia (Enigma edizioni 2018), scritto a quattro mani con l’amico dott. Enrico Baccarini. Tra i molti, per offrire una panoramica, un racconto avestico che mostra significativi tratti analoghi a quelli veterotestamentari. Nello Zend-Avesta infatti il dio Ahura Mazda avverte Yima, re degli uomini, dell’approssimarsi di una calamità naturale destinata a distruggere tutte le creature viventi, e gli consiglia di costruire una vara in cui custodire il seme di ogni pianta e animale1. Confrontando Noè con il suo corrispettivo mesopotamico, Ziusudra, si nota come anche questi fosse un re degli uomini.
Giuseppe Di Re scrive:
Come spiega ampiamente Renè Guénon in tutta la sua opera (basandosi sulla dottrina indù iniziatica) i numeri non sono da considerare in maniera “letterale”. Ad esempio riguardo al regno di Xisuthros, sovrano mesopotamico che corrisponderebbe al Manu Satyavrata Vaivaswata indù, cioè il Manu dell’attuale ciclo, la cui durata completa è di 64.800 anni viene ripresa da Guénon in “Forme tradizionali e cicli cosmici” proprio a conferma che sarebbe questa l’ampiezza temporale del Manvantara da prendere a riferimento (cioè non le centinaia di migliaia di anni citate in altre fonti che, a suo parere, sono state indicate per nascondere la vera entità della durata del ciclo e scongiurare nefasti tentativi di previsione degli eventi dei tempi ultimi). A supporto di questa tesi c’è pure il ciclo avatarico dell’India, che pone le dieci discese di Vishnu ogni 6.480 anni, 6.480 = 64.800 anni, cioè un Manvantara completo2.
Questo intervento mostra come le lunghe epoche millenarie in età remote erano credenza condivisa da India, da un lato, e, dall’altro, liste reali sumeriche, Bibbia e l’egizio Papiro regio di Torino.
Molte sono inoltre i prestiti linguistici tra lingue indiane e indo-iraniche da un lato e sumerico e semitico dall’altro, come hanno mostrato gli studi del filologo, saggista e membro dell’Oriental Institute of Chicago dott. Giovanni Semerano. Egli collega l’avestico yava-, “cereale”, con l’accadico še’um, “cereale”3.
Egli scrive nel suo libro L’infinito: un equivoco millenario:
I Greci chiamarono Κεφῆνες [Kephênes, N.d.A.] gli Iranici, i Persiani; e quel nnome, che ha per base l’aramaico kēp (roccia), traduce l’etnico Ἀρταῖοι [Artaîoi, N.d.A.], cioè *Ἀλταῖοι [*Altaîoi, N.d.A.], che sono abitanti addossati alla grande catena montuosa Bokovoy (irlandese ard, gallic arduenna, latino arduus, “alto”)4.
Parimenti, l’«iranico puvra», “figlio”, «corrisponde alla base di ebraico peraḥ (generare), l’accadico par’um (rampollo)»5.
Perkunas, che abbiamo sorpreso come uno Zeus pluvio armato di folgore (babilonese berqu, “lampo”), ha un paredro, Dievas, che denota originariamente “il cielo”, che in sanscrito, come in latino divus, “sub divo”6, “a cielo aperta”. Dievas non fu mai ricondotto a un’analisi storica, rimase sul piano comparatistico. L’iniziale d- riproduce (come latino duo, “due”) un’originario t-: accadico tu’u (gemello), ta’uwu (doppio). Analogamente dievas deriva da base accadica tībum (> tīwum: dalire, andare in alto: detto degli dei); il verbo è tabûm (> tewûm: sorgere del sole mattutino)7.
Sempre seguendo gli studi del dott. G. Semerano, quivi e di seguito, l’accadico ḫaṭû, “commettere delitto” e l’ebraico ḥāṭā, “peccare” sono riconducibili al tamil aṭu, “distruggere”, “uccidere”. Il tamil aṭu significa però anche “essere insieme”, “essere accanto”, a cui è riconducibile l’accadico adu, “insieme con”, “appartenere a”, così come l’ebraico āṭam, “chiudere”, al tamil āṭai, “chiudere”; l’aramaico ʰatā, “venire” e l’ebraico āṭā, “venire”, al tamil aṭu, “essere conveniente”, con la stessa base: si pensi al latino conveniens, con senso di “venire insieme”; l’accadico *watāḫu (*matāḫu, “levar su”, “raccogliere”) al tamil aṭukku, “ammucchiare” e al telugu atuka, “sotto il tetto”, “soffitta in alto”; l’accadico anum o annum, “cielo” e il dio accadico del cielo Anu o Anum e il sumerico an, “alto” e il dio sumerico del cielo An al tamil an, “parte superiore”; l’accadico an, “a”, “verso”, “avanti” e l’accadico aḫi, genitivo di aḫu, “riva”, al tamil anai, “riva”8; l’accadico ennu, “amorevolezza”, l’ebraico ḥēn, “amorevolezza” e l’accadico aḫi, genitivo di aḫu, che significa anche “fratello”, al tamil annācci, “fratello anziano”; l’ebraico ḥaṭṭā’ā, “delitto”, al lamil atāvati, “violenza”; l’ebraico ʰātam, “essere arso” e l’accadico ḫawāṭu, “ardere” al tail aṭu, “cuocere”.
E si potrebbe continuare percorrendo in tutta l’ampiezza l’arco del lessico dravidico9. E non occorre aggiungere che questi esiti non escludono ricerche per approssimazioni successive10.
A chi potrebbe obiettare che il sanscrito sia una lingua indoeuropea, mentre accadico, ebraico e aramaico semitiche, il dott. G. Semerano risponde in un’altra sua opera, Le origini della cultura europea:
[…] a livello genetico, sul piano linguistico, non giova l’antitesi di indoeuropeo e di semitico […]11.
In quest’ultima opera, precedente a L’infinito: un equivoco milleneraio, il dott. G. Semerano, mostra una lista immensa di parallelismi etimologici tra semitico e mitivi religiosi dell’India antico e dell’Iran a cui si rimanda e che riportare qui non sarebbe possibile12. Stessa cosa fa per i motivi religiosi degli Hurriti, connettendoli etimologicamente al semitico13, il che rinforza l’ identificazione tra Patriarchi ebrei e Mittani esposta nei precedenti capitoli del nostro libro.
Ultimi elementi a sostegno della mia teoria (secondo la quale un gruppo di Indiani sia migrato verso la Mesopotamia e Canaan, e qui noto come Patriarchi ebrei, e di qui all’Egitto col nome di Hyksos, e infine verso la Siria settentrionale col nome di Mittani), riporto quanto si legge nel libro del dott. Zacharie Mayani, «Docteur de l’Université de Paris» e «Ancien Élève de l’École du Louvre», nel suo libro Les Hyksos et le monde de la Biblie del 1956, ove l’autore porta elementi a supporto del collegamento degli Hyksos con gli Ebrei, come ipotizzato da Andrea Di Lenardo nel 2016 con Israeliti e Hyksos, sulla basi di altri elementi, che nello straordinario studio del dott. Z. Mayani trovano conferme ulteriori, esterne e basate su altre prove. Lo studioso collega inoltre, e qui risulta estremamente interessante per il presente nostro lavoro, gli Hyksos agli antichi Indiani e agli Hurriti, su cui regnavano i Mittani14. Similmente ai Mittani, gli Hyksos non erano un “popolo”, una “nazione”, una “etnia”, perché, al di là di tutte le problematiche che pongono queste categoria, semplicemente “Hyksos” è l’ellenizzazione dell’egizio per “capi (heqa) delle terre straniere” (khaswt). Gli Hyksos governavano sicuramente su parlanti semitico occidentale (per nomi hyksos come Yakob-Hel) e su palrnati hurritico (per divinità hyksos come Teshub). Su questo punto specifico, come riporta il dott. Z. Mayani, Speiser mostra come il nome hyskos Khian sia hurritico, mentre Gustavs mostra la stessa come per il nome hyksos Smqn. Gli Hyksos introdussero in Egitto il carro da guerra: infatti, sottolinea Speiser, “carro” in egizio si dice wr(j).t, dal hurritico warat. Chantre, nelle sue ricerche sul Caucaso, terra di quelle popolazioni come Persiani, Indo-ari e Mittani, ha studiato una tribù che porta ancora il nome di Khian15. Il dott. Z. Mayani così commenta tale accostamento:
L’identité du nom des Khian modernes aver celui d’un pharaon hyksos qui comptait parmi les plus importants, est peut-être significative16.
Labib cita il nome di un faraone hyksos, ʽAaqn (ʽʼqn), che egli traduce dall’egizio come “l’asino è forte”. Nel Libro della Genesi uno dei figli del re degli Hurriti, quindi del Mittano, Seri, nel sud di Canaan, ove poi regnerà Esaù-Edom, è ʽAqan17 o Aaqan18. I due nomi appaiono identici. Così il dott. Z. Mayani:
Labib cite le nom d’un pharaon hyksos ʽAaqn (ʽʼqn) qu’il traduit de l’égyptien: «L’âne est fort». Cependant nous retrouvons ce nom dans la Gen. 36, 27: c’est celui d’un des fils du HORRITE (Hourrite) Seïr, résidant dans le Sud de Canaan: ʽaqan. Ces deux noms paraissent presque identiques19.
Il prof. R. De Vaux ha trovato i nomi dei capi degli ʽAnaqim biblici nei testi mittanici di Nuzi20, vale a dire «Ahiman, Sheshaï e Talmaï, figli di ʽAnaq»21. Dalla Bibbia sappiamo che gli ʽAnaqim vivevano a Hevron, che, sulla scia di studiosi ottocenteschi, abbiamo identificato in precedenza con Avaris, capitale degli Hyksos22. La Bibbai chiama Hevron anche Qiryan Arva, da – lo specifica – Arva, padre di ʽAnaq, eponimo degli ʽAnaqim. Inoltre il Libro dei Numeri mette in relazione, anche secondo il dott. Z. Mayani23, Hevron e Tsoan, altra città del Delta nilotico, su cui regnavano gli Hyksos:
E Hevron è stata costruita sette anni prima di Tsoan d’Egitto24.
Il nome Tsoan ricorda inoltre quelli di Zion o Sion, il monte di Gerusalemme, il deserto di Sin e il monte Sinai. Sin, come già si è detto, era il dio della Luna accadico, adorato da Abramo25. Una variante del nome del dio Sin era Suen, che ricorda a sua volta Tsoan, Zion e Sion.
Il dott. Z. Mayani mette in relazione il nome hurritico di biblica memoria Aaqan, su cui già si è riflettuto, con il nome di un hyksos analogo; inoltre, un capo degli Hyksos porta il nome Shesha26 o Sheshi27, e uno dei figli di ʽAnaq è Sheshaï, secondo il Libro dei Numeri28.
Lo studioso francese mostra anche elementi culturali ittiti negli Hyksos, come la toponomastica per quanto concerne l’etimologia di Avaris29, o Awaris30, dall’ittita auwariyash per “avamposto”31, o per quanto concerne il nome hyksos Salatis32 messo in relazione con la città ittita Salativara33, e già abbiamo mostrato34 come gli Ittiti, nel Libro della Genesi, considerino, come infatti gli dichiarano ivi, Abramo un grande principe in mezzo a loro, non in senso spirituale, ma regale35. Non ci soffermiamo tuttavia in questa sede su tali36 elementi. Concordiamo con il dott. Z. Mayani circa il fatto che gli Hyksos non fossero ittiti37, nonostante i rapporti con questi che fecero adottare agli Hyksos per es. il dio ittita Reshef38.
Sorvolando sugli altri elementi che il saggista francese apporta impiegabili per sostenere l’identificazione tra Ebrei e Hyksos, poiché già si è detto nella presente opera quanto necessario (per maggiori dettagli si rimanda alle opere di Andrea Di Lenardo in punto39), risulta invece oltremodo utile alla nostra presente opere quanto il dott. Z. Mayan aggiunge circa l’origine indo-aria degli Hyksos40. Egli sottolinea l’importanza cavallo per gli indo-iranici e per Hyksos, come elemento di legame, per esempio41. Lo studioso scrive:
Or, il nous semble que ces connexions entre les Indo-Européens et les Hyksos existent aussi bien dans ces deux pays qu’en Égypte42.
Il nome del re hyksos Bnon ricorda quello del re indo-partico Vonon. Il nome Khian, già messo in relazione alla tribù kurda di Khian (ricordiamo inoltre quanto detto nei capitoli precedenti, ovverosia che un’altra tribù kurda, quella di Mittini, discende dai Mittani secondo studiosi kurdi, il tutto a rinsaldare il legame tra Kurdi, Mittani e Hyksos), si ritrova anche in un re iranico-persiano sassanide, Khian, come osserva Jesti. Secondo costui inoltre, il nome sassanide Khian viene da quello arabo Khayyan43. Gran parte degli Arabi sono Ismaeliti, discendenti dell’eponimo Ismaele, figlio di Abramo e della principessa faraonica – secondo la Midrash – Agar44.
Secondo Mironov, il nome del faraone hyksos Apachnan45, viee dal sanscrito apaghnan, “respingere”, “distruggere”, Avaris, capitale hyksos, dal sanscrito avara, “rifugio”, “difesa”, “piazza fortificata” (da qui la fortezza Aornos in India) e il dio hyksos Sutekh dal sanscrito sutik, “molto luminoso”46.
Herzfeld menziona i Kavi, re iranici. Usa, il secondo dei Kavi, pregava la dea Ardir, nome con la stessa radice di Erdire, il nome di un re hyksos menzionato in su uno scarabeo47. Il dott. Z. Mayana così commenta la somiglianza tra Ardir ed Erdire:
Similitude remarquable48.
Uno dei re degli indo-sciti iranici Saci si chiamava Azes, che ricorda49 il faraone hyksos Assis50. Restando nell’ambito degli sciti, un loro nome è Pappi o Papi, che ricorda quello di Apopi, faraone hyksos51, Apophis o Aphobis per le epitomi di Manetone52. Secondo le cronache britanniche, la principessa faraonica che partì con Mosè nell’Esodo era Scota, nome che ricorda la Scizia, moglie di un principe scita, Miled. Anche la Bibbia parla di una principessa egizia che parte con Mosè, Bitia, la madre dello stesso Mosè (adottiva secondo il mito veterotestamentario). Suo marito per la Midrash era Caleb o Mered, un ebreo. Secondo questo paragone gli indo-sciti iranici in quanto indo-iranici sarebbero da identificare con gli Ebrei, come nel caso dell’ebreo Mered e dello scita Miled. In egizio vi era un solo segno per indicare la “r” e la “l”, quindi in geroglifico, scritture, come l’ebraico, consonantica, Mered e Miled sarebbero stati scritti nello stesso identico modo. Ma le analogie tra la storia di Scota e quella di Bitia sono molte di più e riguardano gli studi di Andrea Di Lenardo circa le migrazioni dei Popoli del Mare, alcuni dei quali erano ebrei53.
Un re degli Sciti si chiamava altresì Huksha: Hyksos54?
Per quanto riguarda l’identificazione tra Ebrei e Hyksos, invece è interessante comparare, come fa sempre il succitato dottore francese, il capo hyksos Teti con il habiru Tette55. Secondo molti studiosi, gli Habiru erano gli Ebrei.
Concludendo pertanto non abbiamo voluto riproporre una semplice e sterile riproposizione sintetica di quanto già sin qui esposto quanto piuttosto aggiungere elementi nuovi a sostegno di un tanto. Di cosa apparirà chiaro all’attento lettore: Tare, o Terah (il nome mittanico Tar?), padre di Abramo (Brahma o ab, “padre”, in ebraico, di Rama, nome indù?), di Nahor (nome indiano ancora oggi) e di Haran, era un indo-ario, adoratore del dio vedico della Luna, giunto a Ur, nella terra dei Sumeri, città ove si adorava sempre la Luna, il cui dio era chiamato in sumerico Nanna o Nannar. Da qui si spostò con i figli a Harran, l’altra città mesopotamica del dio della Luna, l’accadico Sin, o Suen. Morto Tare, Abramo proseguì per la terra di Canaan, e, con il suo esercito, entrò poscia in Egitto, scosso da una crisi della monarchia e dello Stato. Abramo e i suoi discendenti regnarono nel nord della terra del Nilo con il nome di Hyksos, “capi delle terre straniere”. Scacciati da Ahmose, faraone tebano, fondarono il regno siriaco di Mittani, ma, grazie ad alleanze dinastiche con i discendenti di Ahmose, la XVIII dinastia d’Egitto, dopo due secoli videro sul trono d’Egitto dei re nelle cui vene scorreva sangue mittanico, vale a dire hyksos, vale a dire… indo-ario. Uno di questi faraoni si chiama Amenhotep IV, meglio noto come Akhenaton, fautore di una prima forma di para-monoteismo. Suo figlio era il famoso Tutankhamon. Morto Akhenaton, nel 1333, i suoi successori ripristinarono il politeismo egizio. Ma suo nipote, Thutmose, figlio di sua sorella Satamon, renderà immortale la sua eresia, trasferendola in una terra calpestata secoli prima dai loro antenati Abramo, Isacco e Giacobbe. La Bibbia conservano ancora oggi il suo nome: Mosè.
Bibliografia essenziale
Baccarini E., Di Lenardo A. 2018, Dall’India alla Bibbia. Remoti contatti tra India e Vicino Oriente antico, Firenze, Enigma.
Burrow T., Emeneau M.B., A Dravidian Etymological Dictionary, Oxford, Clarendon Press.
De Angelis A., Di Lenardo A. 2017 (2016), Exodus. Dagli Hyksos a Mosè: analisi storica sull’Esodo biblico, Tivoli (Rm), Altera Veritas.
Di Lenardo A. 2016, Israeliti e Hyksos. Ipotesi sul II Periodo Intermedio d’Egitto e la sua cronologia, Patti (Me), Kimerik.
Di Lenardo A. 2017, Le guerre nascoste dalla Bibbia. La confederazione dei Nove Archi, Messina, Eterne Verità.
Di Lenardo A., Melis L. 2018, Shardana e Shakalasa. I Popoli del Mare, Messina, Eterne Verità.
Di Re G. 2018, intervento sul forum della trasmissione su Eterne Verità Channel con Andrea Di Lenardo e Massimo Barbetta del 20 aprile.
Flem-Ath R, Flem-Ath. R. 1997, La fine di Atlantide. Alla ricerca della civiltà misteriosamente inabissata sotto i ghiacci dell’Antartide, Casale Monferrato (Al), Piemme.
Libro di Tommaso.
Manetone, Storia d’Egitto.
Mayani Z. 1956, Les Hyksos et le monde de la Bible, Parigi, Payot.
Orazio, Carmina.
Severano G. 1984, Le origini della cultura europea. Rivelazioni della linguistica storica, Firenze, Olschki.
Severano G. 2001, L’infinito: un equivoco millenario. Le antiche civiltà del Vicino Oriente e le origini del pensiero greco, Milano, Paravia Mondadori.
1 FLEM-ATH, FLEM-ATH 1997, p. 90.
2 DI RE 2018.
3 SEMERANO 2001, p. 12.
4 Ivi, p. 18.
5 Ivi, p. 18.
6 ORAZIO, II, 3, 23.
7 SEMERANO 2001, pp. 18, 19.
8 SEMERANO 2001, p. 21.
9 BURROW, EMENEAU 1961.
10 SEMERANO 2001, p. 22.
11 SEMERANO 1984, p. VII.
12 Ivi, pp. 319-328.
13 Ivi, pp. 329-331.
14 MAYANI 1956.
15 Ivi, p. 226.
16 Ivi, p. 226.
17 Gn. XXXVI, 27.
18 MAYANI 1956, p. 229.
19 Ivi, p. 226.
20 Ivi, p. 227.
21 Nm. XIII, 22.
22 DI LENARDO 2016; DE ANGELIS, DI LENARDO 2017 (2016).
23 MAYANI 1956, pp. 227, 228.
24 Nm. XIII, 22.
25 DI LENARDO 2016; DE ANGELIS, DI LENARDO 2017 (2016).
26 MAYANI 1956, p. 229.
27 DI LENARDO 2016; DE ANGELIS, DI LENARDO 2017 (2016).
28 Nm. XIII, 22.
29 DI LENARDO 2016; DE ANGELIS, DI LENARDO 2017 (2016).
30 MAYANI 1956, pp. 229.
31 Ivi, p. 229.
32 MANETONE.
33 MAYANI 1956, p. 229.
34 DI LENARDO 2016; DE ANGELIS, DI LENARDO 2017 (2016).
35 BARBIERO 2010.
36 MAYANI 1956, pp. 229-230.
37 Ivi, p. 230.
38 DI LENARDO 2016; DE ANGELIS, DI LENARDO 2017 (2016).
39 DI LENARDO 2016; DE ANGELIS, DI LENARDO 2017 (2016), DI LENARDO 2017.
40 MAYANI 1956, pp. 232-239.
41 Ivi, p. 233.
42 Ivi, p. 238.
43 Ivi, p. 238.
44 DE ANGELIS, DI LENARDO 2017 (2016).
45 MANETONE.
46 MAYANI 1956, p. 238.
47 Ivi, p. 239.
48 Ivi, p. 239.
49 Ivi, p. 239.
50 MANETONE.
51 MAYANA 1956, p. 239.
52 MANETONE.
53 DI LENARDO 2017; MELIS, DI LENARDO 2018.
54 MAYANA 1956, p. 239.
55 Ivi, p. 239.
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