Si sta parlando molto di Mindfulness…
… e spesso questo termine viene usato come sinonimo di Meditazione, come se questa parola fosse un po’ vecchia o rimandasse ad una realtà collegata ad una pratica spirituale, o mistica o religiosa, mentre con il termine più moderno di Mindfulness ci si riferisse ad una accezione più laica e scevra di riferimenti mistico-religiosi. In realtà con Mindfulness si intendono due cose: uno stato mentale e una pratica meditativa.
Mindfulness come stato mentale
Il termine in sé deriva dall’inglese mindful che significa: essere attento, prestare attenzione. Mindfulness, è una parola composta che vede l’unione del termine mind (mente) e fulness (pienezza) e quindi potrebbe essere tradotto letteralmente come pienezza della mente. Si sostiene che il termine Mindfulness sia la traduzione inglese della parola sati che nell’antica lingua pali, significa qualcosa traducibile come: ricordarsi, tenere bene a mente. La lingua pali è una lingua di origine indoeuropea che viene accostata al sanscrito vedico ed è ancora oggi usata nella liturgia del Buddhismo Theravada. Questa traduzione ci riporta al concetto già espresso precedentemente: essere attento, prestare attenzione, tenere a mente, ricordare. Ma che cosa si tratta di tenere a mente? Nella accezione Mindfulness si tratta di essere attenti al presente, ricordarsi di vivere nel presente, di essere cioè nel qui ed ora. In questo senso il termine Mindfulness richiama uno stato mentale, cioè la capacità di essere nel presente, di essere consapevole nel qui ed ora. Possiamo dire che siamo in uno stato mentale Mindfulness tutte le volte che siamo presenti nel qui ed ora, indipendentemente da quello che stiamo facendo, l’importante è essere consapevoli che lo stiamo facendo, avendo un atteggiamento di accettazione non giudicante.
Il concetto di “hic et nunc” latino, traducibile appunto con “qui ed ora” non è nuovo in ambito psicologico. Chi si è affezionato nel tempo all’opera di Fritz Perls e alla sua Gestalt-therapy, sa che Perls ne aveva fatto un costrutto quasi “religioso” per l’importanza che attribuiva all’essere nel qui ed ora, tanto da intitolare proprio così la sua autobiografia. Tutta la sua pratica clinica è centrata nel cogliere quello che sta accadendo nel qui ed ora tra paziente e terapeuta e i vari espedienti utilizzati (tecniche) per dare voce alle mani, ai piedi, al corpo, alle emozioni e ai pensieri o alle parti di sé, con il “gioco” dell’alternarsi sulle sedie (tipica tecnica gestaltica), aveva come scopo quello di rappresentare nel presente quello che il paziente viveva, in modo da favorire insight che stimolassero il cambiamento. Ma la stessa attenzione al qui e ora, la ritroviamo anche in altri approcci psicoterapeutici sia del filone umanistico che sistemico o bioenergetico. L’idea portante è che la vita con i suoi vari eventi può realizzarsi solo nel presente, perché un attimo dopo è già consegnata al passato e un attimo prima è ancora nel limbo del futuro. Quindi molti approcci psicoterapeutici si sono concentrati nel presente perché è lì che si può cogliere e stimolare il cambiamento, ma è anche lì che può convergere il passato sotto forma di ricordo o il futuro come espressione di aspettative. Se la vita scorre nel presente è pur vero che la mente può viaggiare nel tempo e quindi sia nel passato che nel futuro, infatti se nel corso della nostra giornata ci chiedessimo dove siamo, scopriremmo che spesso ci troviamo nel passato quando ricordiamo questa o quella situazione bella o brutta che sia. Lo stesso possiamo dire del futuro quando ci troviamo a fantasticare su quello che sarà, sia come espressione di un desiderio, che come sogno ad occhi aperti. Dal punto di vista dell’osservazione psicologica considerando gli aspetti emotivi, e in particolare i vissuti emotivi negativi, vediamo che quando una persona sta con la mente nel passato si ritrova spesso a coltivare rimpianti, la nostalgia per ciò che poteva essere e che non è stato, per le occasioni perdute, oppure per ciò che si aveva e che è andato perduto, o per ciò che non si è mai avuto perché non si è saputo cogliere quell’occasione. Di fronte a questo articolarsi di pensieri, emotivamente la persona vive nel presente, cioè nel qui ed ora, un senso di tristezza oppure di rabbia se il ricordo si lega ad una ferita subita. Possiamo dire che tristezza e rabbia sono emozioni che viviamo nel presente, quando la nostra mente si sofferma o rievoca situazioni dolorose del passato. Mentre la paura con tutte le sue declinazioni, che vanno dal nervosismo all’ansia, dalla fobia al panico è una emozione vissuta nel qui ed ora quando la nostra mente viaggia nel futuro e si costruisce, cioè si rappresenta, situazioni pericolose, minacciose, o addirittura catastrofiche che nel presente suscitano un senso di smarrimento perché non si sa se saremo in grado di affrontarle e temiamo il peggio, immaginando un esito sfavorevole.
Essere pertanto in uno stato mentale Mindfulness significa essere consapevoli di essere in questo preciso momento nel presente, essere nel qui ed ora, capaci di osservare quello che sta succedendo, quello che sta accadendo adesso. Ecco perché il significato del termine Mindfulness più condiviso in letteratura non poteva che essere: attenzione consapevole, o più semplicemente consapevolezza.
Mindfulness come pratica meditativa
La Mindfulness come pratica meditativa si rifà alla Vipassana una pratica di tradizione buddhista. Vipassana, in lingua pali è una parola composta dal prefisso vi che viene tradotto come “in maniera speciale” e la radice passana che significa “osservare, guardare” pertanto assume il significato di “vedere in modo speciale … guardare in profondità … osservare le cose come sono in profondità”. E’ una pratica molto antica che alcuni fanno risalire a prima di Siddhartha Gautama, il primo Buddha Shakyamuni che la riscoprì, la praticò e la insegnò come metodo utile per “uscire da ogni tipo di sofferenza”. E’ una pratica di ritiro in se stessi, di isolamento dal mondo esterno, in cui ci si concentra nell’osservazione del proprio respiro e nell’atto di respirare. E’ una pratica di presenza mentale e di osservazione interiore in cui l’attenzione viene rivolta al proprio interno, al respiro, alle sensazione del corpo, lasciando andare i propri pensieri in modo da favorire uno svuotamento della mente, facilitando così una dimensione di silenzio e di pace interiore che si realizza nell’ essere presente nel qui ed ora.
In occidente la Mindfulness acquisisce popolarità grazie al lavoro di Jon Kabat-Zinn, un biologo molecolare dell’Università del Massachusetts. Verso la fine degli anni settanta Kabat-Zinn partecipò ad un ritiro di Vipassana condotto negli Stati Uniti da Thich Nhat Hanh, un monaco buddhista di origine vietnamita. Thich Nhat Hanh è oggi assieme al Dalai Lama una delle personalità più rappresentative del Buddhismo mondiale. Monaco della tradizione Rinzai, scuola di pensiero zen, è anche poeta, scrittore e soprattutto costruttore di pace, nonché principale rappresentante del Buddhismo impegnato. Noto attivista durante la guerra in Vietnam diede vita ad un movimento di resistenza non violenta denominato “i Piccoli corpi di Pace” che assieme a monaci e laici si prodigavano nel ricostruire nelle campagne scuole, ospedali e villaggi bombardati. Per il suo attivismo contro la guerra, Martin Luther Kinglo propose nel 1967 come candidato al premio Nobel per la Pace. Attualmente vive in Francia dagli anni ottanta dove ha fondato i Plum Village, una comunità diffusasi in tutto il mondo che vede monaci e laici impegnati a vivere “nella consapevolezza e nella pace”. L’incontro con Thich Nhat Hanh stimolò Kabat-Zinn a dar vita nel 1979 alla Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), un programma di medicina complementare sviluppato per affrontare una serie di problemi di salute riconducibili allo stress, all’ansia e alla depressione. Grazie a fondi elargiti dal National Institutes of Health, Centro Nazionale per la medicina complementare e alternativa, il lavoro di Kabat-Zinn si struttura e si amplifica. Il protocollo MBSR è un corso intensivo di formazione in 8 settimane con incontri a cadenza settimanale che riunisce pratiche di consapevolezza mindfulness, esercizi di stretching e yoga, incontri e discussioni di gruppo, compiti per casa. Lo scopo è quello di aiutare le persone a prendersi cura di sé, introducendo pratiche che aiutano a cambiare lo stile di vita in modo da coltivare una maggiore consapevolezza della propria unità psicosomatica.
Il programma MBSR iniziato nel 1979 presso la Clinica per la riduzione dello Stress del Centro Medico dell’Università del Massachusetts è ora disponibile in più di 200 centri medici, ospedali e cliniche in tutto il mondo. Il programma MBSR viene tenuto da medici, infermieri, assistenti sociali e psicologi, opportunamente formati e ha lo scopo di affiancare e accompagnare il decorso di molte malattie trattate dalla medicina convenzionale, in modo da favorire quella che potremmo definire una medicina partecipativa in cui il paziente si assume la responsabilità di partecipare al lavoro di cura apprendendo e mettendo in pratica tecniche che attivano risorse interori che favoriscono il processo di guarigione.
Il modello di base nel tempo si è ulteriormente arricchito anche grazie al contributo della psicologia soprattutto di tipo cognitivo-comportamentale, infatti oggi si parla tra l’altro di Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) che include tecniche psicologiche funzionali soprattutto nel contrastare l’ansia e la depressione. Sembra comunque che ci sia attualmente un maggiore interesse ad integrare pratiche di consapevolezza mindfulness e psicoterapie non solo cognitivo-comportamentali ma anche ad integrazione corporea e psicosomatica. Oggi il protocollo base di MBSR viene proposto e adattato per svariate forme di disagi e patologie, come: disturbi di somatizzazione, dolori cronici, malattie cardiovascolari, cancro, malattie polmonari, ipertensione, cefalea, disturbi del sonno, disturbi del comportamento alimentare, prevenzione delle ricadute nelle dipendenze patologiche, disturbi d’ansia e attacchi di panico, malattie della pelle, e più in generale malattie a manifestazione psicosomatica.
Centrale in tutti questi percorsi è la pratica della Mindfulness, intesa come pratica meditativa da intendersi, per usare le parole stesse di Kabat-Zinn come “ … un lavoro che coinvolge la regolare e disciplinata pratica di consapevolezza del respirare momento per momento e la completa accettazione non giudicante di ogni momento della esperienza, buono o cattivo che sia.” Kabat-Zinn sostiene l’universalità della Mindfulness e della sua MBSR, infatti ritiene che nonostante la meditazione Mindfulness sia più comunemente insegnata e praticata nel contesto del buddhismo, la sua essenza è da ritenersi universale e non specificatamente di carattere religioso o spirituale perché è appunto una pratica di consapevolezza, di presenza mentale nel qui ed ora. Ritiene tuttavia non sia casuale che la Mindfulness emerga dalla tradizione buddhista, perché fin dalle sue origini il Buddhismo si è proposto non tanto come una religione quanto invece come disciplina interiore, come filosofia applicata con molte implicazioni di carattere psicologico, avendo come preoccupazione fondante il sollievo dal dolore e dalla sofferenza umana. Tradizionalmente infatti l’origine del Buddhismo viene fatto risalire all’enunciazione delle Quattro Nobili Verità espresse, si presume intorno al 523 a.c. dal Buddha Shakyamuni, il primo Risvegliato appartenente alla nobile famiglia dei Shakya, nel discorso tenuto nel Parco dei Daini (o delle gazzelle), a Sarnath vicino alla città di Varnasi nel nord dell’India. In quell’occasione il Buddha annuncia ciò che aveva capito nel suo pellegrinare per il mondo, dopo aver abbandonato anni prima, fuggendo di nascosto, il palazzo reale dove il padre lo teneva “prigioniero” per proteggerlo dalle brutture del mondo. Quello che lui aveva capito si riassume appunto nelle Quattro Nobili Verità che si possono così enunciare:
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La vita è sofferenza e dolore;
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La sofferenza e il dolore sono conseguenza del desiderio e dell’attaccamento;
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E’ possibile superare il dolore la sofferenza;
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La via che porta al superamento del desiderio e dell’attaccamento che sono causa di dolore e di sofferenza è la via della disciplina interiore, che poi verrà esplicitata nel cosiddetto Nobile Ottuplice Sentiero.
Con queste premesse di straordinaria contemporaneità, diventa chiaro il motivo per cui molti occidentali, come nel caso di Kabat-Zinn ma non solo, abbiano guardato con interesse laico al Buddhismo e alle tecniche provenienti da quella cultura, come del resto anche dall’induismo che lo precede, basti pensare allo yoga e a tutta la tradizione vedica, proprio per l’interesse espresso nei confronti della sofferenza e del dolore umano con il conseguente tentativo di proporre discipline e tecniche funzionali al loro superamento.
Fonte: Physis Istitute, Articolo di Doriano Dal Cengio
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mariaeleonora
è un altra fede…invece di un dio tiranno tu sei l’artefice e responsabile di tutto in quanto particella di Dio….bellissimo se non fosse che anche qui si combatte contro l’oscuro.