Giovanna l’addotta.
Proprio mentre sto scrivendo, Mediaset manda in onda la prima puntata di ‘Misteri’ (1/7/2009), programma condotto da Enrico Ruggeri, nella quale passa un’intervista a Giovanna, un’addotta presumo d’origine sarda. Il documento, almeno in Italia, mi sembra una novità assoluta se non nel fatto in sé (in passato, altri casi di rapimenti sono assurti all’onore delle cronache, Lonzi e Zanfretta per fare un paio di nomi) almeno per il modo con il quale è stato presentato. In ogni caso, si tratta di una testimonianza drammatica sulla quale credo valga la pena di spendere qualche parola.
Giovanna, questa la mia impressione, appare una persona autentica. Sotto un profilo strettamente psicologico, Giovanna non si pone mai come un’eletta o una prescelta. In altre parole, sembra assente anche la più piccola traccia d’inflazione psichica. Il suo tono di voce è sempre contenuto, mai isterico o troppo carico. La donna proferisce frasi semplici che descrivono concetti altrettanto semplici. Anche quando riferisce fatti o considerazioni concernenti questioni verosimilmente molto complesse (biocompatibilità, ibridazione, etc.) lo fa in modo estremamente lineare, come a dire ‘io questo ho capito e non posso dirvi di più’. Non vi è traccia di tinte imbonitrici, anche se un aspetto interessante è il coinvolgimento emotivo profondo che Giovanna mostra di provare a seguito di una domanda a proposito del presunto aborto di un ovulo impiantato dagli alieni. Questo è un fatto che interviene verso la fine della prima parte e che riequilibra sostanzialmente l’unico atteggiamento non convincente della donna. Per alcuni minuti, infatti, Giovanna parla senza apparente stress emotivo di numerose gravidanze (o presunte tali) risultato dell’impianto nel suo utero di ovuli ibridi. Gravidanze interrotte sistematicamente intorno al secondo mese quando, a seguito di rapimento, i feti erano prelevati dal suo grembo. Da solo, questo fatto potrebbe facilmente creare seri problemi a qualsiasi donna. Per questo, il distacco rilevabile in Giovanna mentre racconta i fatti, appare sospetto. Il crollo successivo, tuttavia, suggerisce che quella distanza fosse solo un modo per proteggere se stessa da una ‘realtà’ troppo dura da accettare. In altre parole, la freddezza di Giovanna non nascondeva alcunché, piuttosto serviva a lei come filtro per una sofferenza potenzialmente devastante.
Fin qui la soggettività che, tuttavia e in questo caso, sembra essere corroborata da interessanti elementi ‘oggettivi’ quali:
- Presenza di evidentissime cicatrici sul corpo della presunta addotta (braccia e gambe);
- Tracce sull’epidermide di una sostanza luminescente di natura allo stato sconosciuta;
- Presenza, rilevata tramite Tomografia Assiale Computerizzata (TAC), di un oggetto probabilmente metallico posizionato nell’ipofisi del soggetto. Il referto segnala qui ed esplicitamente “l’anomala presenza di un oggetto non qualificabile”;
- Diversi referti di gravidanze (diagnosticate come ‘isteriche’) con costante montata lattea e tracciato eco-cardio del nascituro (ancorché l’ecografo non mostri la presenza di alcun esserino nel grembo della donna);
- Documentazione fotografica relativa a oggetti volanti non identificati e, per quello che si è potuto vedere, anche a una figura biancastra forse identificabile come entità extraterrestre (fotografie realizzata dalla stessa addotta);
- La salma di un feto, probabilmente l’aborto del quale parla Giovanna durante l’intervista.
C’è poco da fare, tutto questo ha dell’incredibile e se il punto di vista è di colui che vede una separazione netta fra psiche e materia, le possibilità di comprendere sia il sogno di Michele, sia i rapimenti di Giovanna in termini diversi dal disturbo psichico sono pari a zero.
Se, invece, provassimo per un attimo a ragionare nei termini proposti più sopra, allora le cose potrebbero andare diversamente. Procedendo per gradi, potremmo anzitutto dividere i nostri visitatori in due grandi categorie: quelli che provengono da quest’universo e quelli che provengono da creazioni diverse dalla nostra (con corredo dimensionale dissimile dal nostro).
Nel primo caso, il soggetto vedrebbe l’alieno sostanzialmente per ciò che è, giacché l’immagine percepita avrebbe avuto comunque origine in quest’universo. Nel secondo, è chiaro che le cose starebbero in modo diverso poiché un’entità che proviene da un mondo, ad esempio, a cinque dimensioni, quando prende a scorrazzare per il Multiverso se le porta dietro tutte quelle dimensioni. Ne consegue che la nostra mente, mancando di una o più dimensioni (non è detto che le quattro di base siano uguali alle nostre), sarebbe costretta a ricostruire l’immagine dell’alieno in modo coerente almeno rispetto al nostro corredo dimensionale. Da qui, le forme più strane ancorché perfettamente coerenti con i c.d. pattern di attivazione, ossia una libreria d’immagini residenti e alle quali fare riferimento per risolvere l’input sensoriale. Da qui immagini quali il ‘sauroide’, il ‘rettiloide’, il ‘testa a cuore’, il ‘grigio’, il ‘biondo a sei dita’ le quali non sarebbero che l’adattamento migliore disponibile al brain per visualizzare qualcosa che è in gran parte al di fuori della sua portata.
Michele vede una donna che, in quella precisa fase onirica, è una ricostruzione inconscia di qualcosa che si sta avvicinando e che lo sta cercando. Il suo inconscio l’ha percepito e il suo cervello gli restituisce quell’immagine. Magari quella cosa conosce già Michele, magari sa già che se si presenta in modo da sollecitare il suo istinto paterno per lei sarà più facile avvicinarlo e, in base a questo, invia segnali precisi che la mente di Michele traduce nella donna con passeggino vuoto. Qualcosa, però, va storto perché Michele è messo in allarme da uno specifico senso di pericolo. Forse un’essenza predatoria che la donna non riesce a mascherare completamente. Così, la scena cambia in modo repentino e Michele, ora che i sotterfugi sono diventati inutili, si trova a stretto contatto con l’alieno che letteralmente lo ghermisce da tergo. Se, poi, la dimensione tempo fosse perfettamente sconosciuta all’alieno, per noi quel che l’alieno fa si svolgerebbe in ogni tempo. In questo modo il padre, il pomeriggio successivo, è in grado di ‘vivere’ la stessa scena dell’avvicinamento e di farlo talmente bene da non rendersi affatto conto che, in realtà, ‘stava sognando’, ossia stava facendo funzionare la sua percezione ad un livello diverso da quello che tutti usiamo normalmente e che ‘costruisce’ (è letterale) il mondo intorno a noi. Qui, tra l’altro, c’è da rilevare che il padre non ha alcuna consapevolezza del ‘pericolo’ avvertito dal figlio. Questo è interessante, giacché potrebbe rafforzare l’idea dell’atto ‘attentivo’ come specificamente diretto. L’attenzione dell’alieno era puntata esclusivamente su Michele il quale e per questo motivo è stato capace di rilevarne la vera essenza (sostanzialmente predatoria), mentre il padre ne ha avuto una visione incompleta per il fatto che, non essendo lui il bersaglio, non si trovava nelle condizioni per poter percepire le reali intenzioni di quella cosa.
Se Michele riduce la sua esperienza a un sogno e, forse, ad alcuni fatti isolati nel corso della sua vita, Giovanna è rapita, impiantata, ingravidata, scippata dei feti che accoglie, sottoposta ad ogni sorta di vessazione e questa sorta di calvario sembra durare a lungo nel tempo, saturando in modo importante la sua stessa esistenza. La domanda, quindi, è se sia possibile trattare il suo caso come abbiamo fatto con quello di Michele. In fondo qui esistono segni fisici evidenti che qualcosa è accaduto e, in effetti, i rapitori di Giovanna potrebbero provenire da questo stesso universo ed essere giunti qua ‘fisicamente’.
Il fatto è che, su questo punto, condivido con gli scettici più di una perplessità. Su tutte il limite della velocità della luce, superabile solo ipotizzando che eventuali visitatori appartengano a una razza che ha una vita media di qualche migliaio di anni. In tal caso, un viaggio di cinquant’anni sarebbe per loro poco più di una passeggiata e resterebbe loro tutto il tempo per fare ciò che son venuti a fare (qualsiasi cosa possa essere). Tuttavia, c’è un’altra considerazione che mi rende perplesso. Anche ammettendo che vivano tremila anni e siano giunti qua da una stella lontana cinquant’anni luce, quanti sarebbero? Pochi, immagino. Certamente non abbastanza per riuscire a giustificare le gigantesche dimensioni alle quali il fenomeno UFO è giunto negli ultimi decenni. E tutto questo senza tenere conto di tutti i problemi di logistica che ogni esploratore dello spazio incontra qualora approdi su di un pianeta diverso dal suo (ricordo, in proposito, un’osservazione di Corrado Malanga concernente il fatto che, ad esempio, nessun terrestre sarebbe mai in grado di digerire fagioli marziani, ecco, se questo è vero non mi spiego perché non debba esserlo anche per chi si trova sulla Terra provenendo da da un altro pianeta).
Insomma, il fatto che questi ‘saltafossi’ siano qui ‘fisicamente’, mi trova alquanto dubbioso.
Altro paio di maniche, invece, è trattare i rapitori di Giovanna come esseri multidimensionali. L’unico scoglio sarebbe rappresentato dai ‘residui fisici’ che, tuttavia e in termini psicologici possono trovare, a mio modesto avviso, adeguata spiegazione.
Il punto sta nell’esigenza, riscontrabile in qualsiasi individuo, di una lettura coerente del proprio stato complessivo. In altre parole, se accade un fatto che involge la psiche di una persona, tranquilli che, di lì a poco, il corpo in qualche modo seguirà. E’ lo stesso meccanismo che sta alla base delle malattie psicosomatiche e che tende a portare nel soma ciò che il soggetto ha costruito nella sfera psichica. In altre parole, le cicatrici, lo stesso impianto, le gravidanze, etc. sarebbero sostanzialmente autoprodotte. Non a caso, l’ecografo non può mostrare ciò che fisicamente non sta lì.
Se Giovanna è rapita, il rapimento (così come tutte le vessazioni che subisce) accade in una dimensione diversa da quella propriamente ‘fisica’. Siccome, poi, la cosa si prolunga nel tempo, l’intero corpo impara ad adeguarsi (producendo le cicatrici e persino lo stesso impianto), arrivando a farlo quai in tempo reale.
Sembrerebbe buona. Peccato che rimanga il feto morto ad incasinare tutto.
Juan Matus e il problema del feto morto.
Si è ipotizzato che esistano delle consapevolezze capaci di compiere il viaggio multidimensionale e che, in forza di tale conoscenza, queste vengano a farci visita. In realtà, sembrerebbe scontato che si siano intese consapevolezze aliene (in tal caso qualsiasi consapevolezza che non appartiene al nostro pianeta, sia che provenga da Sirio, sia che provenga da un universo parallelo sarebbe considerata ‘aliena’). E dove sta scritto che a noi sia preclusa una manovra di tale portata? Possiamo legittimamente escludere che qualcuno di noi l’abbia già fatto o lo stia facendo? In fondo, cosa fanno realmente i proiettore astrali o i gruppi di sognatori lucidi che condividono il medesimo spazio onirico o, ancora, uno sciamano che viaggia nell’al di là se non propriamente un viaggio multidimensionale?
L’argomento è troppo interessante perché sia esaurito in questa sede e, quindi, mi riprometto di affrontarlo in modo più approfondito in un altro lavoro. Per quel che qui rileva, atteniamoci all’ipotetico meccanismo che potrebbe stare alla base del viaggio. E, per farlo, chiederò aiuto a Juan Matus e alla sua teoria dell’allineamento.
‘El viejo nagual’, così era chiamato dai suoi apprendisti, un giorno aveva detto loro che l’Aquila (la Creatura, il Multiverso) è fatta d’indescrivibili ‘emanazioni’ organizzate in ‘fasci’ e che ciascun fascio corrisponde ad un determinato piano di realtà, un mondo a sé. El viejo nagual disse anche che tutti gli esseri hanno dentro di sé gran parte delle emanazioni che stanno all’esterno (in alto come in basso). Ora, gli antichi stregoni toltechi avevano imparato il trucco per viaggiare attraverso le emanazioni, ‘allineando’ alle emanazioni della creatura quelle che avevano in sé. Lo stregone non faceva altro che spostare la sua attenzione al suo interno e agganciare le emanazioni di uno specifico fascio esterno, allineando le proprie emanazioni con queste. Questo faceva si che lo stregone spesso scomparisse da questo mondo per ricomparire in un mondo alieno. Scompariva da qui per comparire lì, con tutto il corpo, cappello compreso.
V’è da dire che Juan Matus era un nagual e per lui queste cose dovevano apparire del tutto scontate. Al di là, però, della posizione di ciascuno su ciò che fu (o non fu) Carlos Castaneda, proviamo, al fine di risolvere il problema del feto morto, a ragionare in termini di ‘allineamento’. Ossia, ipotizziamo che la consapevolezza ‘C’ esista in un universo parallelo al nostro, che sia abituata da molto tempo a venire proprio qui e che per venirci usi la tecnica dell’allineamento. Per C né il tempo, né lo spazio costituisce un problema perché la ‘materia’ della quale è costituito non è ‘materia fisica’, ma assomiglia di più a quella dei nostri sogni. Per lui passato e futuro non esistono e tutto avviene nel medesimo istante e nel medesimo luogo. Così, egli sa che sarà in grado di coprire qualsiasi distanza a tempo zero.
L’unico vero problema per C è di allineare esattamente il mondo che intende raggiungere e, una volta lì, di mantenere l’esatto allineamento sino a quando non tornerà indietro.
Problema, a quanto pare, tutt’altro che semplice e la cui errata soluzione potrebbe dar conto dei fenomeni più strani come ufo che cambiano colore, forma, dimensione, che appaiono e scompaiono … ufo-crash. Tutti eventi frutto di possibili errori d’allineamento. Un gruppo di consapevolezze si mette in movimento, destinazione Terra e, a seguito di uno di questi errori, si ritrova a mal partito dalle parti di una cittadina chiamata Roswell. Quando hanno iniziato il viaggio, queste consapevolezze erano qualcosa che non possiamo nemmeno provare a immaginare, ma quando hanno toccato violentemente il suolo del deserto del Nuovo Messico erano una navicella aliena. Eh, un bel mistero.
Immaginiamo adesso i nostri saltafossi alle prese con Giovanna. La ingravidano una prima volta (psichicamente che, in questo caso, non significa soggettivamente) e, facendo questo, rischiano qualcosa perché è chiaro che la donna dovrà farsi carico, in qualche modo, di mantenere l’esatto allineamento per l’ovulo che le hanno parcheggiato in grembo. Probabilmente, giocano su meccanismi naturali, propri d’ogni femmina, tesi a proteggere in ogni modo la vita del nascituro. E gli dice bene. Infatti e per diverse volte ripetono l’operazione con successo. Tuttavia, anche per Giovanna viene il momento sbagliato. Qualcosa va storto, l’allineamento si sfasa e il feto è attirato fatalmente nella realtà fisica con la forma che il video mostra. Forma che forse non ha alcunché di simile a ciò che sarebbe diventato quell’essere se fosse sopravvissuto, ma che probabilmente è l’unica forma che un’informazione di quel tipo può acquisire una volta che il suo stato vibrazionale degrada a livello della nostra realtà.
***
In sostanza, gli ‘alieni’ sarebbero qui da sempre ed anche in numero rilevante ma sarebbero percepibili solo in una dimensione che, per noi, è essenzialmente onirica. Ciononostante, essi sarebbero capaci di rendersi visibili adeguando in modo opportuno il loro stato vibrazionale a quel che chiamiamo ‘realtà fisica’. Viaggiatori multidimensionali (‘esploratori’ per usare il linguaggio castanediano) che si accompagnano alla razza umana sin dagli albori della coscienza e che, con il passare delle epoche, l’uomo stesso ha percepito in modo diverso adeguandone l’immagine ai pattern cognitivi che la mente acquisiva/costruiva nel corso dei secoli. Durante la veglia noi non li vediamo solo perché facciamo lavorare la nostra percezione in modo molto selettivo, tanto da ‘degradare’ l’input sensoriale al ‘segnale consueto’, molto ben conosciuto e, in definitiva, molto rassicurante del ‘mondo dei sassi’. Tuttavia, spesso è sufficiente un lieve cambiamento nel c.d. niveau mental perché queste immagini si manifestino (con grande soddisfazione di psichiatri e psicologi, naturalmente).
Perché siano qui e cosa vogliano da noi potrebbe non essere un grande mistero, ma questo è argomento che sarà parte di un altro lavoro.
Credo sia il caso di rilevare come tutto questo sia sostanzialmente un’ipotesi, ancorché un’ipotesi di lavoro. Ora, se è vero che, come dice il mio amico Leonardo, un’ipotesi non ha grande bisogno di elementi a favore (al contrario di quel che si richiede alla sua confutazione), credo che quella qui prospettata presenti alcuni aspetti che, almeno a mio avviso, si concretano in una certa consistenza e, perché no, anche in una sostanziale coerenza.
Sul fatto, poi, che si tratti di un’ipotesi anche convincente non è giudizio che spetta a me dare. Tuttavia, chi la ritenga tale può, anche da subito, provare a verificarla di persona.
Honros (28-06-2016)
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