Storia di una Dittatura Globale (prima parte)
Durante il medioevo gli orafi divennero il luogo presso il quale i mercanti depositavano il proprio oro. In cambio di quel deposito ricevevano titoli di credito: la “nota di banco” ( “banconota”). Questa nota di banco permetteva ai mercanti di intraprendere viaggi commerciali senza dovere portare con sé il proprio oro, ma solo il titolo, la “nota di banco” appunto. Giunti nel luogo prefissato, presso un istituto analogo a quello presso il quale avevano depositato il proprio oro, potevano ricambiare le note di banco in oro. Questo sistema delle note di banco divenne così affidabile e riconosciuto, che le compravendite venivano effettuate direttamente in banconote e, nei fatti, erano pochissimi coloro che andavano a convertire le proprie note di banco nelle monete d’oro corrispondenti. In tal modo le note di banco, le banconote, divennero veri e propri strumenti di pagamento. Gli orafi, essendosi resi conto che gran parte del deposito in oro non veniva prelevato, decisero di emettere altre note di banco a soggetti bisognosi di prestito che non avevano depositi in oro presso i loro forzieri. Avvenne quindi che, in corrispondenza di una data quantità di oro depositato, le note di banco emesse dai banchieri rappresentavano un valore superiore. Nacque così la pratica bancaria di creare denaro dal nulla. Tale pratica di creare denaro dal nulla è ancora tutt’oggi in essere, infatti, grazie al meccanismo della riserva frazionaria sui depositi bancari, ogni banca privata, emette moneta elettronica per un valore esponenziale rispetto ai depositi stessi, conferendo così al sistema bancario la proprietà della moneta. Questa breve sintesi, inoltre, ci ha fatto comprendere com’è nato il sistema bancario.
Nel Rinascimento sarebbero nate le prime banche intese in senso moderno ma, fu alla fine del XVII secolo che avvenne qualcosa che avrebbe avuto ripercussioni enormi fino ai nostri giorni: la creazione delle Banche Centrali.
La Banche Centrali sarebbero stati quei soggetti che avrebbero acquisito la proprietà della moneta in tutto l’ambito di un territorio statale diventando monopolizzatrici dell’emissione del denaro e del suo prestito.
Alla fine del 600 l’Inghilterra era sfinita da anni di guerre e si trovava in una condizione di dissesto finanziario. Fu così che Il massone londinese Patterson creò una alleanza di mercanti e presta monete e concesse a re Guglielmo III un prestito di 1,2 milioni di sterline con tassi d’interessi annui dell’8% IN CAMBIO della promessa che garantì la creazione di quella che sarebbe diventata la Banca d’Inghilterra ( 1694).
Si trattava della prima banca centrale di proprietà privata del mondo moderno. In cambio, la nuova banca avrebbe prestato allo stato britannico tutto il denaro che voleva, fintanto che esso poteva garantire il debito con la tassazione diretta sulla popolazione.
Con la banca centrale, però, l’oro non cessava di essere la garanzia teorica per l’emissione di denaro. Ma il deposito aureo sarebbe stato centralizzato presso un unico soggetto, la banca centrale appunto e, l’emissione di denaro sarebbe stata notevolmente superiore al valore garantito dall’oro.
Questo fu l’inizio, per il governo inglese, che aveva rinunciato a battere direttamente cartamoneta in proprio, del suo incatenamento al debito pubblico verso la banca centrale. Nel 1698, dopo solo quattro anni dalla sua fondazione, il debito governativo aumentò da 1.250.000 sterline a 16 milioni di sterline e, naturalmente, furono aumentate più volte le tasse per ripagare il “debito”. Con l’offerta monetaria saldamente nelle mani della banca centrale privata l’economia britannica iniziò un’altalena vertiginosa fatta di boom e depressioni, esattamente il genere di eventi che, si dice, una banca centrale dovrebbe scongiurare.
Mentre il debito pubblico dell’Inghilterra aumentava spaventosamente, al di là dell’oceano le colonie americane vivevano una situazione di prosperità economica. In America, a quei tempi, non vi era alcuna Banca Centrale. Le colonie emettevano la propria valuta cartacea chiamata ‘buono coloniale’. E’ importante avere ben chiaro che, differentemente da ciò che a partire dal 1694, con la creazione della Banca Centrale, avveniva nella madre patria inglese, il buono coloniale, era valuta cartacea, non sostenuta da riserve di oro. Una valuta che veniva emanata senza creare debiti ed interessi.
Una cosa del genere, però, era quasi una bestemmia in una Inghilterra dominata dalla Banca Centrale e dal suo sistema di creazione di denaro a debito e con interesse. Così nel 1764 il Parlamento inglese approvò il Currency Act; provvedimento che vietava ai funzionari delle colonie di emettere la propria valuta e ordinava loro di pagare tutte le tasse a venire con monete d’oro o d’argento. Questo probabilmente fu il “reale” motivo che diede il via alla guerra tra l’Inghilterra e le sue colonie americane che sarebbe sfociata nella Dichiarazione d’Indipendenza del 1776.
L’analisi di ciò che avveniva in America e di come questo portò al contrasto con la madrepatria inglese è importante per mettere a raffronto quelli che erano due modelli radicalmente diversi di creazione del denaro. Dunque, con il 1694, un cartello privato, con autorizzazione pubblica del re, diede vita alla prima Banca Centrale di proprietà privata dei banchieri stessi, come oggi Bakitalia SpA. La Banca Centrale avrebbe nel tempo concentrato nei suoi forzieri l’oro presente nella nazione. La Banca Centrale, avrebbe avuto il monopolio integrale della creazione del denaro, che avrebbe prestato allo Stato di riferimento indebitandolo, debito pubblico che in quanto tale verrà ripagato con le tasse sulla popolazione, proprio come avviene ancora oggi. La creazione di denaro sarebbe stata ancora teoricamente vincolata all’oro presente nelle riserve bancarie, ma il denaro creato sarebbe stato superiore al deposito aureo.
Il “modello inglese” sarebbe stato, nei secoli successivi, adottato da gran parte degli Stati del mondo.
Il sistema delle Banche Centrali, tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, cominciò a diffondersi in tutto l’occidente, contemporaneamente alla diffusione di quelle che ancora oggi sono le antagoniste delle banche e cioè le camere di commercio ( corporations).
Le banche centrali avevano assunto il ruolo di organo centrale per uno Stato, unico legittimato alla creazione del denaro e alla regolazione del flusso monetario.
Le banche centrali detenevano le riserve auree della nazione.
Le Banche Centrali creavano il denaro che serviva al fabbisogno statale, e lo prestavano allo Stato, gravando tale debito con interessi sulle spalle del popolo che pagava le tasse: questo sistema, pur con tutte le evoluzioni avvenute nel tempo, è sostanzialmente operante ancora oggi, a prescindere dal fatto che la banca centrale sia di proprietà statale o privata.
All’inizio del XX secolo, nel 1913, venne creata la Federal Reserve.
L’affermarsi dell’attuale Banca Centrale in America, non è stato un percorso pacifico ma, fu l’ultimo atto di una lotta durata oltre un secolo. Lotta nel corso della quale, altri due precedenti banche centrali istituite in Usa vennero abbattute, da una forte resistenza che considerava illegale e dannoso il comportamento di tali banche centrali.
Infatti, la stessa Costituzione americana poneva dei principi che avrebbero fatto a pugni con l’istituzione di una banca centrale. L’articolo 5 della sezione 8 della Costituzione Americana dichiara infatti che il Congresso è l’unica istituzione alla quale è permesso creare moneta e stabilirne il valore e, la Costituzione americana non è mai stata modificata da allora. Già alcuni dei padri fondatori, infatti, vedevano il pericolo che avrebbe rappresentato la creazione di una banca centrale. Uno di questi era Thomas Jefferson, che aveva intuito i rischi legati all’emissione della moneta:
“Io credo che le istituzioni bancarie siano più pericolose per le nostre libertà di quanto non lo siano gli eserciti permanenti.” Nel 1781, mentre ancora imperversava la Guerra di Indipendenza, venne fatto un primo tentativo, con la creazione della Bank of North America, ma il suo operato suscitò così aspre polemiche che, nel 1785, la concessione che le era stata data non venne rinnovata. Emblematiche le parole di William Findley che si oppose radicalmente a questa prima forma di banca centrale:
“Questa istituzione, non non cambierà mai i propri obiettivi … monopolizzare tutta la ricchezza, il potere e l’influenza dello stato. La plutocrazia, una volta attestatasi, avrebbe corrotto la legislatura in modo che le leggi sarebbero state formulate a suo vantaggio e l’amministrazione della giustizia avrebbe favorito i ricchi”: la storia gli ha dato ragione!
Ma gli uomini che stavano dietro la Bank of North America- non si diedero per vinti.
Cinque anni più tardi, meno di tre anni dopo che la Costituzione era stata ratificata, il Ministro del Tesoro di quegli anni, Hamilton, propose al Congresso un progetto di legge che prevedeva la fondazione di una nuova banca centrale di proprietà privata.
Hamilton vinse le resistenze e furono autorizzati, nel 1791, a fondare una nuova banca centrale di proprietà privata. Ma il suo operato suscitò un tale malcontento popolare che, dopo vent’anni, nel 1811 non le venne rinnovato il mandato.
Ma nel 1812 il Paese era nel caos economico per via della guerra civile. Il gruppo di affari che sosteneva i banchieri capì che si era presentata un’altra ottima occasione e riuscirono a influenzare il congresso in modo di convincerlo ad autorizzare una seconda banca centrale, (SBUS), istituita nel 1816.
Anche questa banca centrale non ebbe lunga vita. Il malcontento popolare venne canalizzato da Andrew Jackson che nel 1829 venne eletto Presidente, con la promessa di eliminare il debito e di fare cessare l’attività della seconda Banca Centrale. All’indomani del suo secondo mandato, l’8 dicembre 1835, ritirò tutti i fondi governativi della banca e saldò il debito nazionale. L’anno successivo, la SBUS dovette chiudere per cessazione della licenza.
Le banche centrali furono fermate perché accusate di usurpazione della funzione legittima statale di creazione del denaro, tramite la quale avevano manipolato il normale corso economico e politico del Paese, null’altro di quanto fa oggi la BCE!
Per una settantina d’anni gli Stati Uniti riuscirono ad impedire che venisse instaurata una nuova Banca Centrale. E forse fu anche questo uno dei motivi della sostanziale prosperità economica di quei decenni.
Ma l’obiettivo di una Banca Centrale non era stato mai veramente deposto. Agli inizi del’900 le quattro grandi famiglie del mondo dell’alta finanza – Rockfeller , Morgan , Warburg e Rotshild- esercitarono fortissime pressioni sul governo americano affinché procedesse alla creazione di un’unica grande Banca Centrale, di cui loro avrebbero avuto la proprietà. Questo progetto però non avrebbe trovato una opinione pubblica favorevole. Il gruppo di finanzieri allora, con criminali pratiche di aggiotaggio su vasta scala, provocò una drammatica spirale di bancarotte e sequestri di beni. Lo storico Frederick Lewis Allen dichiarò : “ gli interessi dei Morgan hanno avuto la meglio dal panico del 1907 guidandone astutamente la diffusione “.
Nel 1913 Nelson Aldrich promosse al Congresso la legge sulla Federal Reserve e, dopo una colossale campagna di public relation, il 23 dicembre, venne firmato dal Presidente Wilson – su pressione dei suoi più influenti sostenitori- il Federal Reserve Act , l’atto che istituiva la Federal Reserve: qui ha inizio il secondo processo di globalizzazione delle banche che si compie oggi. Parliamo di secondo processo di globalizzazione perche il primo è stato posto in essere dalle camere di commercio con la fondazione degli stati nazione dal 1789 al 1918, argomento che tratteremo in un altro articolo che consigliamo di sovrappore a questo per avere una visione organica e completa della nostra schiavitù.
Subito dopo l’approvazione del Federal Reserve Act , Il membro del Congresso Louis McFadde , affermò :
“ qui è stato fondato un sistema bancario mondiale … un sovra-Stato controllato dai banchieri internazionali che agiscono assieme per schiavizzare il mondo secondo i propri interessi. La FED ha usurpato il Governo ”.
A tal proposito, per completezza di ricostruzione storica, voglio precisare, che i banchieri fondavano, già nel 1913, un sistema bancario sovra-nazionale e sovra-statale perche lo “stato-nazione” era controllato dal corporativismo delle camere di commercio che, gli stati-nazione, li avevano creati dal 1789 al 1918. Non è un caso, infatti, se la Camera di Commercio internazionale fu fondata a Parigi proprio nel 1919.
Lo stesso Presidente Wilson, però, alcuni anni dopo, ebbe a pentirsi di questo atto, dichiarando:
“La nostra grande nazione industriale è controllata dal suo sistema creditizio. Quest’ultimo è concentrato nelle mani di pochi privati. La crescita e le attività della nazione sono, quindi, nelle mani di pochi uomini, i quali per forza di cose, a causa dei loro stessi limiti, frenano, controllano, distruggono la genuina libertà economica”.
Questa dichiarazione venne rilasciata poiché, dopo aver assunto il controllo assoluto della moneta, la FED cominciò ad attuare una serie di manovre speculative immettendo e ritirando moneta in maniera selvaggia dando il via alla depressione del 29’ e alla II guerra mondiale in contrapposizione con le camere di commercio che davano vita la nazifascismo in Europa. Così fu che, nel 1921, il membro del Congresso Lindbergh giunse alla seguente conclusione “con il Federal Reserve Act viene creato il panico in modo studiato. Quello attuale è il primo caso di panico scientemente programmato, concepito allo stesso modo di un’equazione matematica”.
Con il Federal Reserve Act, come abbiamo visto, nasceva un sistema sovra-nazionale di banche private che da quel momento in poi avrebbe avuto il monopolio nella emissione dei dollari statunitensi.
La Federal Reserve avrebbe fatto quello che facevano le Banche Centrali. Avrebbe creato tutto il denaro della nazione, indebitando lo Stato e, di riflesso i suoi cittadini, proprio come avviene ancora oggi!
Eppure non sono mai mancati, nei decenni, persone che si schierarono contro la Federal Reserve, e i meccanismi da essa generati.
Uno dei maggiori nemici del potere della Federal fu Louis T. McFadden, Presidente della Commissione Camerale Bancaria negli anni ’30 così descriveva la FED il 10 giugno 1932 (Verbale del Congresso, Camera, pagine 1295 e 1296):
“Signor Presidente, in questo paese abbiamo una delle istituzioni più corrotte che il mondo abbia mai conosciuto. Mi riferisco al consiglio d’amministrazione della Federal Reserve ed alle banche Federal Reserve. Il consiglio d’amministrazione della Federal Reserve, un consiglio d’amministrazione di Governo, ha fregato al Governo degli Stati Uniti ed al popolo statunitense abbastanza soldi da estinguere il debito pubblico. Le predazioni e le ingiustizie del consiglio d’amministrazione della Federal Reserve e delle banche Federal Reserve, sono costate a questo paese soldi a sufficienza per ripagare numerose volte il debito nazionale. Questa maligna istituzione ha impoverito e rovinato il popolo degli Stati Uniti, è andata in bancarotta ed ha portato alla bancarotta il Governo. Qualcuno pensa che le banche Federal Reserve siano istituzioni degli Stati Uniti. Non sono istituzioni statunitensi. Sono monopoli di credito privati che si basano sul popolo statunitense per arricchire sè stessi ed i loro clienti stranieri. gli speculatori e predatori interni e stranieri, e i ricchi predatori usurai. In questa oscura cricca di pirati finanziari ci sono quelli che taglierebbero la gola di chiunque per sottrargli un dollaro dalle tasche, vi sono quelli che mandano soldi negli stati per comprare i voti per controllare la nostra legislazione, e ci sono quelli che mantengono una propaganda internazionale allo scopo di ingannarci e di spingerci a fornire nuove concessioni che gli permetteranno di insabbiare le loro malefatte precedenti e di rimettere in moto il loro gigantesco treno criminale. Questi 12 monopoli privati vennero slealmente ed ingannevolmente imposti a questo paese da banchieri che venivano dall’Europa e che hanno ripagato la nostra ospitalità minando alla base le istituzioni americane.”
Louis T. McFadden morì per un “improvviso attacco cardiaco” il 3 ottobre 1936.
Trascorsi altri tre decenni, il Presidente Kennedy, Il 4 giugno 1963, firmò l’ordine esecutivo numero 11110 che riportava al governo USA il potere di emettere moneta senza passare attraverso lo strozzinaggio della Federal Reserve e, quindi, senza produrre debito pubblico. Con un colpo di penna, Kennedy stava per dare vita al primo atto di un processo che poteva mettere fuori gioco la Federal Reserve.
Eppure, solo pochi mesi dopo l’Ordine 11110, il 22 Novembre 1963, John Fitzgerald Kennedy fu assassinato a Dallas. Dopo appena cinque mesi dall’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, il nuovo presidente Lyndon Johnson si affrettò a ritirare dalla circolazione tutte le banconote emanate con l’ordine esecutivo numero 11110.
Un ruolo decisivo nella crisi del ’29, viene attribuito alla Federal Reserve, per via della pratica di inondare il mercato con ingenti quantità di denaro, per poi, ritirarlo improvvisamente.
Tra il 1921 e il 1929 la Federal Reserve aumentò il denaro presente nel sistema e, allo stesso tempo apparve, nel mercato azionario, un tipo particolare di strumento finanziario, chiamato “prestito a margine ”. Si trattava di un prodotto finanziario che consentiva all’investitore di versare solo il 10% del prezzo di un titolo mentre il restante 90% veniva prestato da un intermediario. In questo modo si potevano possedere 1000 dollari di azioni, impiegandone 100. Questo prestito ebbe un successo clamoroso, diffondendosi ovunque. Ma il gioco aveva naturalmente il suo trucchetto: l’intermediario poteva richiedere, in ogni momento, la restituzione dell’intero 90% prestato. L’improvvisa richiesta di restituzione del denaro da parte degli intermediari finanziari provocò una massiccia ondata di vendite di questi titoli e la corsa agli sportelli bancari per prelevare moneta e saldare i debiti. Crollarono 16000 banche, e i gruppi di grandi banchieri e affaristi si gettarono nel mercato, riuscendo ad acquistare aziende e istituti di credito falliti a prezzi risibili. Ma non era ancora finita. La Federal Reserve, a quel punto, invece di fare circolare ancora più moneta per dare respiro all’economia e farla riprendere, la diminuì ulteriormente determinandola più grande depressione economica della storia d’America.
Uno dei più acerrimi avversari della Federal Reserve, Louis McFadden, diede inizio alle procedure d’impeachment contro il Consiglio della FED, affermando, in relazione alla crisi del ’29 che “Si è trattato di un evento attentamente pianificato. I banchieri internazionali hanno cercato di generare una condizione di disperazione dalla quale sarebbero emersi come i nostri padroni assoluti”.
Tutto questo ebbe ripercussioni anche sul Gold Standard.
Dai dollari scomparve la dicitura “pagabili (convertibili) in oro al portatore” ed apparve la scritta
“moneta a corso legale”. Non era più possibile richiedere oro in cambio delle proprie banconote. La banconota non rappresentava, a livello di circolazione economica interna, più l’oro, ma era diventata in se stessa un valore. Si passò quindi dal Gold Standard alla banconota corso legale.
il Gold Standard aveva cominciato a tramontare con la Prima guerra mondiale, quando gli Stati per finanziare le notevolissime spese militari, avevano bisogno di emettere enormi quantità di cartamoneta superiori all’oro presente nei loro forzieri e per questo dovettero sospendere la convertibilità.
Il sistema del Gold Standard venne progressivamente sostituito dal Gold Exchange Standard, che garantiva la convertibilità delle banconote dei vari Paesi non direttamente in oro, ma in altre valute convertibili in oro, come il dollaro.
Questo sistema del Gold Exchange Standard trovò il suo pieno compimento e perfezionamento con gli accordi di Bretton Woods del 1944, con cui la Fed acquisì il controllo di tutte le monete europee. A tal proposito è importante sottolineare che la II Guerra mondiale fu preceduta dalla nazionalizzazione delle banche centrali in paesi come Italia, Germania e Francia e, si concluse con gli accordi di Bretton Woods che affidavano agli USA il monopolio sulle politiche monetarie del mondo. Con questi accordi, infatti, solo il dollaro restava convertibile in oro mentre le altre monete erano convertibili in dollari. Con tale sistema i banchieri privati proprietari della FED riuscivano ad imporre la propria politica monetaria agli stati europei. Con gli accordi di Bretton Woods furono prese anche altre decisioni, che avrebbero avuto, nel corso dei decenni, ricadute enormi: l’istituzione del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale.
Questo sistema da una parte poneva gli USA come centro delle dinamiche valutarie globali, dall’altra li esponeva a una enorme problematica: per tutti i dollari posseduti dagli Stati in mezzo mondo, gli USA avrebbero dovuto garantire la convertibilità in oro. Quando poi il Presidente della Francia, Charles De Gaulle, mandò navi cariche di dollari verso gli USA, perché fossero cambiati in oro gli USA capirono che bisognava prendere una bella forbice e tagliare l’ultimo ancoraggio rimasto con l’oro, ovvero la convertibilità del dollaro in oro. E questo avvenne nell’agosto del 1971, quando l’allora Presidente, Richard Nixon, decretò UNILATERALLMENTE la fine della convertibilità in oro dei dollari. Tutte le monete mondiali, da quel momento, quindi, erano convertibili in dollari, ma il dollaro, a sua volta non era più convertibile in oro, ma era ESSO STESSO VALORE DI ULTIMA ISTANZA. Questa data segna il passaggio dal Dollaro Exchange Standard al Dollaro Standard. E’ da molti ritenuto che questo nuovo sistema monetario abbia giocato un ruolo decisivo nell’innescare dinamiche che avrebbero fatto prevalere la finanza sull’economia reale, dando manforte anche a quella “cultura dell’indebitamento” che sta alla base della emissione incontrollata di derivati, titoli di spazzatura e di prodotti finanziari di ogni genere.
Importante sottolineare che la caduta degli Accordi di Bretton Woods nel 1971 provocò la nascita nel 1978 del Sistema Monetario Europeo embrione dell’euro, moneta dominata da una BCE di proprietà dei banchieri privati.
Ciò che avviene adesso è che.. DA OGNI PUNTO DI VISTA… LE BANCHE CENTRALI CREANO DENARO ASSOLUTAMENTE DAL NULLA.
Ciò avviene con la Federal Reserve in USA. Ciò avviene con la stragrande maggioranza delle banche centrali nel mondo. Ciò avveniva con le banche centrali dei singoli stati europei, anche di proprietà statale, quando non c’era l’euro e continua ad avvenire oggi con la Banca Centrale Europea.
Le Banche Centrali, oggi come nel 1694, creano denaro dal nulla, e quel denaro giunge agli Stati producendo debito pubblico a carico dei popoli e, in tal modo, i banchieri, dopo aver ottenuto la proprietà della moneta conquistano anche il potere politico imponendo agli stessi stati o propri governi fantoccio ( Monti, Renzi, Merkel, Sarkò, Hollande, Rajoy) o imponendo le riforme a governi come quello greco ricattandoli appunto con il debito, senza il quale i popoli non posso più sopravvivere.
A tal riguardo è importante precisare che mentre la BCE è indipendente dai governi e dai parlamenti eletti, la stessa BCE, sottobraccio con le altre istituzioni tecnocratiche ( FMI, UE) impone le politiche a questi stessi governi e parlamenti che in quanto eletti dovrebbero essere sovrani.
Senza possedere nulla, senza garantire nulla, istituzioni quasi sempre largamene indipendenti dalle autorità elette, determinano l’indebitamento perenne degli Stati e, quindi, dei cittadini e, usurpando, di fatto, quella che dovrebbe essere una funzione pubblica, l’emissione monetaria, ottengono anche il potere politico grazie alle loro strutture sovra-nazionali come FED, BCE, FMI, UE.
Facciamo adesso un salto in Italia, per andare a descrivere un evento che avrà esiti incalcolabili sull’implosione di quel Moloch chiamato debito pubblico. Moloch che viene usato dai poteri finanziari e bancari internazionali, oltre che dalle burocrazie sovranazionali, come vera testa d’ariete contro gli stati, la democrazia, le collettività e gli esseri umani.
Andiamo adesso a ricostruire il contesto di riferimento.
In Italia abbiamo la Banca D’Italia che fu creata nel 1893 e, a partire dal 1926 il diritto di emettere moneta fu esclusivamente nelle mani della Banca D’Italia stessa: Mussolini foraggiato dalle corporations privava le banche private dell’emissione monetaria.
Nel 1936 ci fu un’altra riforma bancaria, con la quale alla Banca , per la prima volta, fu esplicitamente riconosciuta la qualifica di “Istituto di Diritto Pubblico”, nonostante che fosse sostanzialmente mantenuta la sua organizzazione interna originaria, che era quella di una società anonima (oggi “società per azioni”). Con la legge del 1936 gli azionisti privati vennero espropriati delle loro quote e la proprietà della Banca D’Italia fu affidata a Enti Statali, Casse di Risparmio e Banche pubbliche.
Nonostante tutto ciò, però il sistema truffa di indebitamento dello stato tramite creazione di denaro da parte della Banca Centrale rimase in essere. C’era comunque una quota minoritaria di denaro che veniva prodotto senza creare debito. I cosiddetti biglietti di Stato. In pratica erano creati “direttamente” dallo Stato, senza che, per il loro ammontare, generassero debito o interessi. Essi non furono una prerogativa solo fascista. Ma se ne fece utilizzo sia prima del fascismo sia dopo. Due esempi furono quelli di De Gasperi che emise biglietti di Stato da cinquanta e cento lire nel 1951; e di Aldo Moro, che vi fece ricorso per due volte, nel 1966 e nel 1975. Questa dei biglietti di Stato può sembrare solo un dettaglio. Eppure pensateci. Essi, anche se ebbero un utilizzo minoritario, smentiscono il dogma che ogni forma di denaro debba nascere come debito, venendo emanato da una Banca Centrale che lo presta allo Stato.
Nel dopoguerra, con l’avvento della cosiddetta “Repubblica Democratica” la situazione di sudditanza monetaria restò fondamentalmente la stessa. Il denaro era sempre creato dalla Banca Centrale e lo Stato si indebitava. Ma le modalità del debito erano, in un certo senso, tenute sotto controllo.
Si tenga conto, infatti, che le banche per legge erano obbligate ad investire il 6% dei loro depositi in titoli di Stato e che, sempre per legge, gli eventuali titoli di stato rimasti invenduti, dovevano essere comunque acquisiti dalla Banca d’Italia, mentre, il tasso di interesse veniva stabilito dallo Stato.
Inoltre, fino agli anni ’70 lo Stato poteva ottenere finanziamento della spesa pubblica (sempre a debito) attraverso scoperti nel conto corrente di Tesoreria presso la Banca Centrale. L’interesse era fissato nella misura dell’1% Questo scoperto era diventato un importante mezzo di finanziamento del fabbisogno dello stato.
Il sistema che abbiamo delineato, continuava a restare nella logica delle Banche Centrali, ma, almeno, entro dei limiti imposti dalla legge.
Il debito c’era sempre. Gli interessi pure ma:
I- Il debito veniva contratto verso una Banca che comunque era, per quanto formalmente “autonoma”, un istituto interno allo Stato stesso.
II- La crescita del debito era frenata dal fatto che gli interessi sul denaro “prestato” allo Stato erano decisi dallo stesso Stato.
III- Lo Stato non poteva temere di restare a bocca asciutta, o di subire ricatti estorsivi da parte dei “mercati” perché la legge, come abbiamo visto, obbligava la Banca Centrale ad acquisire i titoli di Stato rimasti invenduti.
Questa complessa architettura monetaria trovava, però, sempre più oppositori.
Gli anni settanta erano anni di grande spesa sociale e di alta inflazione. Cominciò a diffondersi il pensiero liberista: l’eccessivo intervento dello Stato in economia, tramite le partecipazioni statali e una intensa attività di sostegno del ciclo economico attraverso la spesa, “imprigionava” la società in una struttura dirigista e assistenziale, ostacolando la libera espansione di una vitale iniziativa privata di mercato.
Prendeva piede in quegli anni la visione “liberista”, strumento ideologico del grande capitale finanziario e delle banche, ostili a questa architettura, che limitativa fortemente sia i loro profitti sia il loro potere politico.
In realtà come detto sopra nel 1971 cadevano gli accordi di Bretton Woods con cui i banchieri privati proprietari della Fed controllavano le monete europee e, il nascente neoliberismo degli anni ’70 servì da scusa ideologica per creare l’euro, moneta controllata sempre dalle banche.
Tutto ciò portò al tracollo di questo sistema di allocazione monetaria, con un atto che avrà incalcolabili conseguenze sul sistema economico e sociale italiano: il c.d. divorzio tra Ministero del Tesoro e Banca D’Italia, avvenuto nel luglio del 1981 ( riforma Adreatta).
Con questo divorzio fu stabilito che LA BANCA D’ITALIA NON AVEVA PIU’ L’OBBLIGO DI ACQUISTARE I TITOLI DI STATO RIMASTI INVENDUTI.
Questa semplice innovazione innescò un processo senza ritorno. Il potere di spesa dello Stato si incentrava, infatti, sulla certezza di sapere che all’occorrenza avrebbe avuto, a prescindere, anche se a debito, i soldi che gli necessitavano, tramite le aste dei titoli di Stato. Comunque fossero andate, la Banca D’Italia, in quanto prestatore di ultima istanza, garantiva l’acquisizione dei titoli che sarebbero rimasti invenduti. Dunque nessuno degli altri acquirenti, i c.d. mercati, aveva potere di ricattare lo Stato con il tasso, il c.d. “spread”. Ma, venuto meno quest’obbligo, lo Stato non aveva più questa sicurezza. Anche perché gli altri soggetti che partecipavano alle aste, una volta saputo che la Banca D’Italia poteva non acquisire i titoli non venduti, avrebbero potuto approfittarne per pretendere tassi di interesse più alti secondo le leggi del “mercato”. La Banca d’Italia non entrò più nelle aste primarie di collocamento dei titoli di stato come prestatore di ultima di istanza lasciando campo libero alle banche private, agli operatori e agli speculatori finanziari
Il ministro Andreatta giustificò la sua azione sostenendo che voleva interrompere la politica dei soldi facili per abbassare il debito pubblico, ridurre l’inflazione e consentire all’Italia di entrare nei rigidi parametri dello SME (Sistema Monetario Europeo, ovvero l’anticamera dell’Unione Europea).
Ma gli effetti furono contrari e devastanti. I tassi di interesse sui titoli di Stato che erano sempre stati ai minimi livelli, divennero talmente elevati – arrivando a superare il 14% – da essere più convenienti degli interessi praticati dalle banche ai loro clienti migliori. Infatti, dopo il “divorzio”, passato un quindicennio, nel 1994, il livello del debito era più che raddoppiato, arrivando, dal 57% del 1981 al 124%. L’analisi di tutti i dati economici di questo quindicennio, dimostrano come gran parte di quella implosione debitoria non fu creata unicamente dalle eccessive politiche di spesa e dalla galoppante economia sommersa; infatti la concausa determinante dell’esplosione del debito pubblico, durante il periodo 1981-1994, fu l’ingente aumento della spesa per interessi sul debito, scatenato, appunto, dalla criminale decisione che Andreatta e Ciampi concertarono nel 1981, Inoltre, questa “innovazione”, esponendo il debito pubblico italiano alle manovre degli attacchi speculativi internazionali rese il paese enormemente piu debole sia dal punto di vista economico e finanziario sia da quello geopolitico. Quanto accadde nel 1992, quando gli attacchi speculativi alla lira costrinsero l’Italia ad uscire dal Sistema monetario europeo e a svalutare la lira, fu appunto il risultato di questa grande “innovazione”.
Questo è un esempio drammatico dei benefici effetti del tanto decantato principio dell’autonomia delle Banche Centrali.
Precedentemente avevo accennato anche ad un’altra possibilità che lo Stato aveva di finanziarsi, bypassando il sistema dei titoli di Stato, ovvero lo strumento dello scoperto, che permetteva di ottenere un finanziamento diretto da parte della Banca D’Italia. Ma anche questo strumento venne reso definitivamente inutilizzabile in attuazione degli obblighi derivanti dal Trattato di Maastricht stipulato nel 1992. Da questo momento, quando lo Stato italiano si indebita per finanziare il deficit di bilancio, lo potrà fare unicamente con le Banche private a livello internazionale. Enti “benefici” e “caritatevoli” quali: Unicredit, Banca Intesa, Merryl Linch, Goldman Sachs, Morgan Stanley, JP Morgan.
Nel 1992 vengono, inoltre, emanate due leggi che rafforzano il processo innescato fin dal 1981.
Il 29 gennaio 1992 viene emanata la legge numero 35/1992 (Legge Carli – Amato) per la privatizzazione di istituti di credito ed enti pubblici. Il 7 febbraio 1992 viene emanata la legge 82 con la quale il ministro del Tesoro Guido Carli (già governatore della Banca d’Italia), attribuisce alla Banca d’Italia la “facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con il Tesoro”.
In quello stesso giorno, Giulio Andreotti, come presidente del Consiglio, assieme al ministro degli Esteri Gianni de Michelis e al ministro del Tesoro Guido Carli firmano il Trattato di Maastrich, con il quale vengono istituiti il Sistema europeo di Banche Centrali (SEBC) e la Banca Centrale Europea (BCE) che ne è il vertice. Con questo Trattato viene stabilita definitivamente il superamento delle monete nazionali e la loro sostituzione con l’euro, la cui emissione sarà integralmente nelle mani della BCE.
In quel momento si sono poste le basi per la cessione di gran parte della sovranità del nostro Paese a organi bancari e tecnocratici non eletti da nessuno, esautorando invece le istituzioni democratiche che ormai ne sono completamente suddite.
Inoltre va detto che la politica delle privatizzazioni imposte come conditio sine qua non per l’ammissione all’UE, non ebbe motivazioni ideologiche ma assolutamente politiche. Infatti, come già detto in precedenza, gli stati-nazione sono opera del corporativismo delle camere di commercio e da ciò deriva che tutto ciò che è proprietà statale è sotto il loro controllo. La politica delle privatizzazioni è solo un tassello della guerra tra banche e camere di commercio per il controllo non solo delle aziende pubbliche ma, soprattutto, della banca centrale.
Infatti, la legge del 35/1992 che stabiliva la privatizzazione di istituti di credito ed enti pubblici ebbe enormi ripercussioni anche sulla “proprietà” della Banca D’Italia.
Il 4 gennaio 2004 Famiglia Cristiana rende note le quote di partecipazione alla Banca d’Italia. Quote che la Banca D’Italia aveva tenuto riservate. Si scopre così che essa, in palese violazione dell’articolo 3 del suo statuto (“In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici) è, per il 95% in mano a banche private e società di assicurazione (Intesa, San Paolo, Unicredit, Generali, ecc..), generando così il mostruoso conflitto d’interesse, ancora oggi in essere nel nostro paese, per cui le banche private proprietarie di BANKITALIA sono i controllori di se stessi. C’è da precisare, ovviamente, che la recente riforma del governo Renzi che ha aumentato il capitale sociale della banca centrale, oltre a regalare un valore di 7,5 miliardi alle suddette banche private azioniste di Bankitalia, sta lasciando entrare, nel più completo silenzio, le banche straniere nel capitale della banca centrale che ormai definire “d’Italia” sembra una presa in giro.
Nel sito WEB della Banca D’Italia si legge “- è la banca centrale della Repubblica italiana ed è parte del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e dell’Eurosistema. E’ un istituto di diritto pubblico (…)”.
Ma una tale dichiarazione non ci dà alcuna rassicurazione in termini di “interesse pubblico”.
La Cassazione, però, pronunciandosi nei confronti della Banca D’Italia, ha ribadito che un ente si definisce pubblico quando, pur essendo privatizzato, ha un fine pubblico e un sistema di controlli pubblici.
Ma, nel caso della Banca D’Italia è davvero così?
I- Il 95% della partecipazione è in mani di banche private.
II- I suoi Organi Amministrativi e di Controllo -come avviene nelle società per azioni- sono nominati dall’assemblea Generale dei “partecipanti” (cui il 95% sono private, come abbiamo visto.): in particolare il Consiglio Superiore, che poi provvede a nominare tra i propri componenti il Comitato, il Governatore, il direttore Generale e i due vice Direttori Generali;
III- Annualmente, il Consiglio di Amministrazione, autonomamente eletto, stabilisce quote di riserva variabili che, spesso, producono una quota di utili superiore alla quota di utili che viene data allo Stato, tali utili (risultato degli interessi sul prestito) la Banca d’Italia li distribuisce tra i suoi soci che sono al 95% private.
IV- La Banca d’Italia dovrebbe essere l’organo di controllo del sistema bancario ma, le banche private controllate sono proprietarie del proprio controllore.
Il 28 dicembre 2005 si è verificato un fatto in controtendenza. Nell’ambito della cosiddetta Legge a tutela del Risparmio, numero 262, al punto 10 dell’articolo 19, il governo Berlusca, eletto col voto di scambio delle camere di commercio, stabilisce che entro tre anni, a decorrere dal 12 gennaio 2006, dovevano essere trasferite a enti statali tutte le quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti privati. Entro tre anni da questa legge sarebbe dovuto intervenire un regolamento “governativo” che avrebbe dovuto disciplinare le modalità di trasferimento delle quote in possesso di “soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici”, per ritornare alla partecipazione pubblica maggioritaria della Banca D’Italia. Ma “stranamente” quella delega venne a scadenza senza che sia stato emanato il regolamento. E ancora oggi la partecipazione alla Banca D’Italia è per oltre il 95% in mani private.
Ma il vero spartiacque fu la firma, il 7 febbraio 1992, a Maastricht, del Trattato sull’Unione europea. Con il trattato di Maastricht vennero poste le basi fondamentali dell’Unione Europea per come le conosciamo oggi. Soprattutto in materia economica, venendo stabilita la nascita della moneta unica, e del Sistema Europeo delle Banche Centrali con al vertice la B.C.E: una struttura politicamente irresponsabile, libera da vincoli e controlli, indipendente dai governi e dai parlamenti ma, controllata dalle banche private.
Altro passaggio fondamentale fu la firma, a Lisbona, il 13 dicembre 2007 dell’omonimo Trattato che, nei fatti, assorbe gran parte dei contenuti presenti nel progetto di Costituzione Europea che fu rifiutata con referendum popolare dai francesi e dagli olandesi nel 2005. E allora, sempre in ossequio alla democrazia, si fece in modo di riprodurre nel nuovo Trattato, gran parte del contenuto di quella Costituzione che era stata bocciata, in modo da non dovere passare di nuovo per un referendum. Per non fare capire quello che si stava facendo, il Trattato di Lisbona fu reso pressoché illeggibile, quasi 400 pagine di diversi e disconnessi emendamenti apportati a 17 concordati e che vanno inseriti nel posto giusto all’interno di 2800 pagine di leggi.
Pare incredibile che esso sia stato approvato nel quasi disinteresse generale e senza che i media dessero il minimo risalto ad un’operazione che, di fatto, esautora gli Stati nazionali privandoli della loro sovranità. Ma come vedremo, questo “stile” si rivelerà una costante.
Prima di considerare specificatamente la moneta unica e il suo impatto, vediamo adesso quale è il fondamentale quadro delle istituzioni europee, alla luce del Trattato di Maastricht e di quello di Lisbona.
1. Il potere esecutivo è esercitato dalla Commissione Europea, oltre ad essere promotrice del processo legislativo. E’ formata da un Commissario per Stato membro e ha sede a Bruxelles.. I componenti sono nominati dal Consiglio europeo con l’approvazione del Parlamento europeo;
2. Il potere legislativo, non spetta al Parlamento Europeo (come si potrebbe erroneamente credere), ma al Consiglio dell’Unione Europea (o “Consiglio dei Ministri”), Non dimenticando però che la Commissione ha potere di promuovere il procedimento normativo e spesso ha capacità di influenza delle stesse decisioni prese in sede di Consiglio Europeo.
3. il Parlamento europeo, composto dai rappresentanti dei cittadini eletti a suffragio universale.
Il Parlamento non può approvare nessuna legge da solo. Infatti, in alcuni settori le norme sono emanate solo dal Consiglio Europeo, in altri vi è un’ardua procedura di co-decisione tra Parlamento e Consiglio. Ma il Parlamento da solo non approva nessuna legge.
4. La Banca Centrale Europea (BCE), punta di vertice del Sistema Europeo delle Banche Centrali. La Banca Centrale Europea ha il pieno controllo dell’emissione monetaria in tutta l’Unione Europea. All’interno della B.C.E., il potere effettivo è detenuto dal Consiglio Direttivo, dai governatori delle Banche Centrali.
La BCE non solo non è un organo elettivo ma, per statuto, è assolutamente indipendente dai parlamenti e dai governi democraticamente eletti.
Soffermiamoci un attimo: allo stato attuale in Europa c’è un organo di puri burocrati non eletti, la Commissione Europa che può imporre le sue direttive. La Commissione Europea è a tutti gli effetti il governo non eletto dell’Unione Europea; e i burocrati che la compongono sono fortemente influenzati dalle lobby finanziarie. Le leggi che promuove sono sovranazionali e prevalgono sul diritto interno, mentre, il Paramento Europeo, unico organo democratico europeo, è in sostanza la cenerentola d’Europa. Non può proporre leggi, né approvarle da solo, e, mentre da una parte abbiamo un ruolo del Parlamento Europeo che è marginale, i parlamenti nazionali sono stati sostanzialmente castrati, dato che i Trattati stabiliscono in modo chiaro come le leggi comunitarie prevalgono sulle leggi nazionali, e anche sulle Costituzioni.
Inquadrati i Trattati Fondamentali e le principali istituzioni europee, poniamo adesso l’attenzione su l’istituzione a cui è conferito il pieno controllo dell’emissione monetaria: la Banca Centrale Europea, appunto.
La B.C.E. è l’istituzione a cui è stata devoluta la proprietà della moneta e la politica monetaria, dalla quale dipendono le politiche fiscali ed economiche dei paesi dell’UE. La B.C.E. è nei fatti politicamente irresponsabile, libera da vincoli e da controlli, e indipendente da governi e parlamenti. è una sorta di federazione delle 17 banche centrali dei Paesi membri.
Quindi, innanzitutto tutto il potere di emissione del denaro è stato dato ad un organo bancario centralizzato; agli Stati è rimasta solo la facoltà di coniare monete. In secondo luogo questo organo è stato reso indipendente da ogni controllo e influenza. Un potere che ha effetti enormi sulla vita di milioni di persone, è gestito nei fatti da un organo di banchieri non eletti da nessuno, e che non rispondono a nessuno.
Andiamo adesso nell’antro della Bestia, nel cuore stesso del meccanismo-euro.
COME AVVIENE CONCRETAMENTE IL SISTEMA DELLA CREAZIONE MONETARIA IN EUROPA?
E (le due domande sono strettamente connesse)
COME GIUNGE CONCRETAMENTE IL DENARO A UN PAESE EUROPEO?
Il meccanismo è sostanzialmente questo:
-La B.C.E. crea il denaro DAL NULLA; da questo punto di vista si colloca nel solco delle Banche Centrali classiche.
-La B.C.E. però non “presta direttamente” il denaro agli Stati.
Tranne interventi eccezionali e temporanei, il meccanismo ordinario prevede che la B.C.E. trasferisca gli euro unicamente alle banche private, che li acquisiscono con un interesse bassissimo corrispondente all’incirca allo 0,05%. Inutile dire che il tasso di sconto è stabilito unilateralmente dalla BCE stessa.
-Saranno poi queste banche private e i mercati di capitali in senso ampio che “daranno” il denaro agli Stati, attraverso l’acquisto dei titoli di Stato di ogni singolo paese stabilendo il tasso secondo la dittatura del mercato ( le stesse banche private che acquistano il debito pubblito). Dunque, oggi come nel 1694, i banchieri privati, proprietari della banca centrale e della moneta, prestano soldi agli stati indebitando i popoli.
Più un Paese è in difficoltà finanziarie, o è considerato a rischio (magari per via delle valutazioni truffa delle c.d. agenzie di rating) più è alto l’interesse sul debito pubblico che i Paesi devono promettere ai “mercati” se vogliono che i loro titoli di stato siano acquistati.
Infatti, anche se la BCE ha recentemente acquisito il ruolo prestatore di ultima istanza, si deve precisare che la BCE ne ha facoltà a propria discrezione e non l’obbligo come aveva la Banca d’Italia prima del “divorzio” e, quindi, gli stati rimangono in ogni caso prigionieri dei… mercati.
E’ stato architettato un complesso sistema, che produce, come conseguenza, che gli Stati democratici sono stati ridotti al rango di questuanti in cerca di ulteriori prestiti indispensabili per rifinanziare il debito pubblico a cui sono incatenati o addirittura per reperire la liquidità necessaria ai servizi essenziali e al pagamento di stipendi e pensioni proprio come avviene in Grecia.
La cosa più importante da specificare però è che le banche, dopo aver acquisito la proprietà della moneta, con la strategia del debito pubblico ( creato anche dalle corporazioni nazionali attraverso spesa pubblica ed economia sommersa allo scopo di far crollare l’euro), hanno acquisito il potere politico in Europa, sia tramite le istituzioni sovra-nazionali come la BCE e la Commissione, sia tramite il controllo di governi e parlamenti nazionali.
Nel caso in cui, in un paese europeo, dovesse essere eletto un governo non gradito ai signori del denaro, basta stringere il cappio del debito e sottoporre governo e popolo alla spada di Damocle dell’uscita dall’euro, per ottenere che quel governo non gradito, nonostante elezioni politiche e referendum contrari, obbedisca come un cagnolino e approvi i diktat che gli vengono imposti in sede europea: Tsipras docet.
Facciamo un’ulteriore sintesi del punto a cui siamo giunti finora:
L’EURO E’ UNA MONETA DI PROPRIETA’ PRIVATA, EMESSA DA UNA BANCA CENTRALE SOVRANAZIONALE INDIPENDENTE DA OGNI CONTROLLO ED INFLUENZA. QUESTA MONETA, CREATA DAL NULLA, VIENE, TRAMITE UN PERCORSO COMPLESSO, PRESA IN PRESTITO DA TUTTI I PAESI DELL’EUROZONA. PRESA IN PRESTITO DAI MERCATI DI CAPITALI E DALLE GRANDI BANCHE UNICI SOGGETTI AMMESSI AD ACQUISTARE L’EURO ALL’ATTO DELLA SUA EMISSIONE AL TASSO DELLO 0,05%.
Tanto per andare nel concreto, nel caso dei titoli di stato italiani, chi sono i maggiori acquirenti. I nomi di alcuni di essi: J.P Morgan, Bank of America, Citybank, Goldman Sachs, Hsbc, Deutsche Bank, Ubs, Credit Suisse, Citycorp-Merrill Lynch, Bnp-Parisbas. Come potete vedere, alcune delle più famigerate bande dello strozzinaggio bancario, autentici criminali contro l’umanità e, potete sta sicuri che sono loro i dittatori che impongono le politiche ai nostri governi e ai nostri parlamenti.
Facciamo adesso un breve excursus per tornare nell’Italia che aveva da poco sottoscritto il Trattato di Maastricht, il Trattato con il quale abbiamo svenduto ogni barlume di sovranità monetaria e politica legandoci mani e piedi alla B.C.E. e ai “mercati”.
L’Italia degli anni ’80 era un paese ingessato e corrotto, pieno di clientele e con un’alta inflazione. Ma era anche uno dei Paesi più ricchi dell’occidente con un sistema produttivo costituito da una infinità di piccole imprese dinamiche che lo rendevano quasi un modello produttivo.
Agli albori degli anni novanta, Il 7 febbraio del 1992 veniva firmato il Trattato di Maastricht.
Dieci giorni dopo, il 17 febbraio 1992, viene arrestato Mario Chiesa a Milano, e inizia la stagione di tangentopoli. Viene spazzata via quell’intera classe politica, che dagli anni settanta, portando avanti la costruzione liberista dell’UE e di una moneta interamente controllata dalle banche, non era piu gradita al sistema delle camere di commercio che controllando la magistratura e la burocrazia, usò e ancora oggi usa, la giustizia come arma di lotta politica e sociale. Annientati i partiti politici maggioritari, emerge una classe politica nuova, fondamentalmente riconducibile al centro sinistra storico, che stringe un patto di ferro con la finanza internazionale, sdoganando per il governo uomini come Ciampi, Dini e Prodi, e gettandosi con entusiasmo sulla via delle privatizzazioni. Cioè della svendita a gruppi di affari privati di un immenso patrimonio economico pubblico.
Naturalmente la strada dell’inferno è sempre lastricata di buone intenzioni. E le privatizzazioni verranno giustificate con la necessità di “modernizzare lo Stato”, di rendere “dinamica” l’economia, e di stabilizzare il bilancio, riducendo il debito pubblico.
La vendita del patrimonio pubblico (privatizzazioni) era inoltre uno dei presupposti per potere entrare nell’euro e questo non è certo un caso.
Il risultato delle privatizzazioni. Un immenso apparato produttivo pubblico venne svenduto per due lire a gruppi di affari espressione di potenti lobby. Il guadagno dello Stato fu minimo, così come minimo l’impatto sul c.d. debito pubblico ma, il controllo del patrimonio pubblico fu strappato alle camere di commercio eterne nemiche delle banche. L’affare per gruppi privati e affaristici fu enorme. Mentre ai cittadini fu riservata una super inculata, con l’aumento dei costi per servizi che prima erano gratuiti o a un prezzo comunque “popolare” ( Vedi energia).
Le privatizzazioni furono uno dei prezzi richiesti per le splendide prospettive della moneta unica, che, come abbiamo visto, mascheravano quello che essa rappresentava davvero: la completa rinuncia alla sovranità monetaria e di conseguenza politica.
Inoltre, una delle conseguenze dell’entrata nell’euro era che i Paesi membri non potevano più svalutare la loro moneta. Questo riusciva soprattutto a quei Paesi che avevano storicamente una moneta non molto forte come l’Italia, il Portogallo e la Grecia che in tal modo davano impulso alle esportazioni e all’economia reale. Uno degli effetti dell’euro fu quello di impedire anche questa strategia ai Paesi dell’eurozona, e il contraccolpo fu micidiale. La storia che avete letto finora è solo metà della storia della nostra schiavitù, infatti, l’altra metà della storia è nella globalizzazione delle camere di commercio avvenuta dal 1789 al 1918 che tratteremo in un altro articolo dedicato. La cosa importante da sottolineare è che l’attuale globalizzazione delle banche viene realizzata in contrapposizione con quella delle Camere di Commercio con cui furono creati gli stati-nazione. Infatti le istituzioni sovra-nazionali ( UE, FMI, WTO, BCE) hanno il preciso scopo di esautorare quelle nazionali controllate dalle Camere di Commercio.
Mariano Musicò
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QUALCHE PICCOLO CONSIGLIO DI LETTURA
Leonardo Gorrieri
Complimenti! Ottimo articolo che condivido in toto, mi piacerebbe poterlo scaricare…..
Mariano Musico
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giancarlo celeste
analisi perfetta dal punto di vista storico e chiarissima nel mostrare tutti i passaggi attuati per raggiungere gli scopi. la visione della storia alla luce di quanto detto nell’articolo si presta ad essere interpretata in modo profondamente diverso